giovedì 30 settembre 2010

Olio di ricino e vecchi sospetti

Qualcuno di voi sa' chi ha eletto gente come questa? (a proposito, ma come mai sta in parlamento?)
TIM

martedì 28 settembre 2010

Un dilemma cornuto

Un dilemma cornuto, in filosofia, è un'argomentazione che può avere solo due risposte e nessun'altra, come sono appunto, normalmente, solo due le corna.
Allora se il padre del trota da' una nuova definizione dell'acronimo SPQR, le cose sono due:
1. parla seriamente; e allora dovrebbe trarre le sue conclusioni e andare a vivere in qualche paese africano (e chiedo scusa ai popoli di quel continente) dove sono abituati ad avere dittatori ignoranti e arruffapopolo;
 2. scherza; e allora farebbe meglio a intraprendere la carriera di comico, anche se in questo campo avrebbe degni concorrenti.
Ma, mi chiedo, la gente che si strappa i capelli ai comizi di gente come questa o difende a spada tratta (anzi a fucile puntato) le loro farneticazioni, non si pone qualche domanda? che figura ci fa a sostenere simili maschere da moderni guitti?
Resta sempre vero: era meglio morire da piccoli!
TIM

lunedì 27 settembre 2010

Un contributo 'consolante'

Amo Theodore Sturgeon. Per diversi motivi. Anzitutto leggere un suo racconto significa restare agganciati dalla sua scrittura discorsiva: è come se lui fosse lì, davanti al caminetto, a raccontarti quello che ha visto di persona. Poi le storie che ti racconta, che sembrano fatti comuni, di ogni giorno, anche se cominciano con "Dovemmo seppellire il pilota e Mr. Petrilli e Stein, il ragazzo, e quando avemmo finito dovemmo seppellire Rodney. Era una faticaccia per un gruppo di ragazzi ..." (incipit di 'La cassa'). E i personaggi, che ti sembra di conoscere da prima che Theodore cominci a raccontare. Così quando sabato scorso su una bancarella a Torino ho trovato Lo scrigno delle quindici perle, nella Collana Cosmo della Edizione Nord, e per di più a soli 3 euro, non ci ho pensato due volte e l'ho messo in borsa (tranquilli, l'ho prima pagato!).
Del buon Theodore forse qualcuno di voi conosce anche la legge che porta il suo nome: "Il novanta per cento della fantascienza è spazzatura, ma in effetti il novanta per cento di tutto è spazzatura", conosciuta anche come "Niente è sempre assolutamente così".
Cosa ha scritto Eddy-Theo (il suo nome alla nascita era Edward Hamilton Waldo, cambiato in T.S. dal cognome del patrigno)? Dopo essere nato nel 1918 nella Grande Mela e aver fatto una miriade di mestieri, all'età di 21 anni si dedicò alla scrittura e un suo racconto, Ether Breather, fu pubblicato nella rivista Astounding. Dalla sua penna abbiamo solo 2 romanzi "Cristalli sognanti" (che mette in discussione il concetto stesso di ruolo e identità, stravolgendo le canoniche percezioni della realtà, quasi un Philip Dick ante litteram insomma) del 1950, e "Nascita del superuomo" del 1953 (ritenuto il suo capolavoro e vincitore di un International Fantasy Award). Theodore però è famoso soprattutto per la miriade di racconti con cui ha deliziato le mie, e spero anche vostre, letture. Nel 1971 con "Scrittura lenta" si meritò anche un Premio Hugo.
Qualche filografaro saprà anche che sono sue alcune sceneggiature di episodi di serie celebri:  "The Betrayed" da The Invaders; "Licenza di sbarco" e "Il duello" da Star Trek; "A Saucer of Loneliness" e "Matter of Minutes" da Ai confini della realtà, solo per fare qualche nome.
Questa raccolta che ho con gioia davanti agli occhi contiene veramente 15 perle del nostro, racconti che non sono solo sf pura e semplice, ma raccontano il mondo di Sturgeon.
E dalla sua prefazione al libro voglio proporvi un contributo alla discussione che spesso sui blog si fa circa lo scrivere, l'ispirazione, ecc..
"Una volta mi lagnavo, con un amico comprensivo, del fatto che esiste un vuoto nella mia bibliografia dal 1940 al 1946. Quali meraviglie avrei potuto produrre se non mi fossi bloccato, gemevo io. E lui diceva no, diceva che non dovevo disperarmi. Poi, puntò sull'intero corpus delle mie opere un tipo di riflettore che io non avevo saputo usare, e mi fece notare che la mia prima produzione andava benissimo, ma che i racconti erano essenzialmente d'evasione; escluse poche eccezioni, mancava quel "Qualcosa da Dire" che caratterizzava la produzione successiva. In altre parole la pausa, il periodo di silenzio, non era affatto un arresto, una cessazione. Era un'elaborazione profonda delle idee, delle convinzioni, una selezione. Il fatto che tale processo si svolgesse a mia insaputa e al di fuori del mio controllo non c'entrava affatto. Il lavoro non si era mai arrestato. In questi anni mi sono tenuto saldamente aggrappato a questa rivelazione, e non mi lascio prendere più da crisi di angoscia quando la macchina da scrivere si ferma. Faccio invece altre cose con l'assoluta certezza  che, quando il lavoro silenzioso, sotterraneo sarà compiuto, affiorerà alla superficie. E quando questo accade, accade con una velocità accecante ... qualche volta un racconto in due ore. Ma dire che l'ho scritto in due ore significa trascurare quella complessa, costante, silenziosa elaborazione e rielaborazione che è durata mesi, spesso anni. Diciamo, allora, che l'ho battuto a macchina in due ore. Non so quanto tempo ho impiegato a scriverlo. Ho potuto batterlo a macchina soltanto quando è finito."
Consolante affermazione, specie se viene da uno come lui. Ripaga di tante pagine bianche che non si vogliono riempire anche se la storia ce l'abbiamo 'tutta qui, in testa', e non vuole uscire.
Che musica potrebbe andare per uno come lui? Forse questa? (ehi, c'è Paul Desmond al piano!)
TIM

venerdì 24 settembre 2010

Un racconto per Gelo

Non vi preoccupate, oggi non ho assunto sostanze dopanti o altro. Questo è solo per dire che ho partecipato anch'io al Fun Cool di Gelo. Provate anche voi, è divertente.
TIM

Una famiglia ... allargata

Un post di qualche giorno fa, uscito da questo garage, ha avuto ben 4 commenti, per me un vero record. E riflettevo in uno dei miei commenti di risposta che era segno che, forse, tra blogger ci si interessa veramente della vita e dell'attività degli altri.
Così volevo porre alla vostra attenzione proprio questo argomento: nel leggere i blog degli altri siamo attratti solo dall'argomento dei post, che ci può più o meno interessare, o sentiamo che dietro quelle parole c'è una persona, con le sue idee, la sua famiglia, i suoi sogni, a volte i suoi drammi personali? e nei nostri commenti come reagiamo?
E' logico che a volte l'argomento è puramente tecnico e quindi il nostro parere va di conserva, ma finora non ho trovato nessun blog, tra quello che seguo, in cui sia tutto asettico e non traspaia nulla della vita di chi scrive.
Qualche giorno fa, non ricordo dove e chi, qualcuno ha proposto un incontro 'fisico' tra blogger, per conoscersi di persona, sapere come abbiamo veramente gli occhi e i capelli e che numero portiamo di scarpe. Penso che tutto questo sia un segno, quello della riscoperta -aldilà di tutti i discorsi sulla 'rete' che allontana o impedisce i contatti individuali- della persona, del bisogno di condividere interessi e 'cose', qualunque genere di cose. Ed è anche il segno, sempre secondo me, che la funzione della rete è quella di essere mezzo non fine dei rapporti sociali, pubblici o privati.
E' vero che ci sono modi e modi di usare il web e che un articoletto di questo genere e di questa lunghezza su FB, per esempio, non sarebbe possibile (è anche per questo che io non ho un profilo, come si dice in gergo); ma un blog resta sempre per me un posto valido per incontrare gente con cui confrontarsi, che mi ha fatto conoscere la vita di tanti 'amici' di cui non conosco il peso e l'altezza, ma di cui penso di avere ben presente le gioie, le paure e le aspirazioni.
E spero che per gli altri sia la stessa cosa nei miei confronti.
Vi dedico questa. Alla prossima. Nano Nano.
TIM

mercoledì 22 settembre 2010

Notizie dall'Italietta 2

E' di ieri la notizia di una coppia gay inglese aggredita nel frusinate. Tutti i media che hanno riportato la notizia (giornali, agenzie di stampa, televideo di tutte le salse) hanno sottolineato che i due erano 'regolarmente sposati'. La coppia ha riportato alcune fratture ed ecchimosi varie. Mi chiedo: se non fossero stati 'regolarmente sposati', gli aggressori sarebbero stati autorizzati a piantargli un cacciavite nel cervello?
TIM

sabato 18 settembre 2010

E se la scrivessi?

Qualche giorno fa scrissi un post  in cui raccontai un fatto accadutami moltissimi anni fa, a Roma. Simone, nei commenti, diceva giustamente che ci si poteva scrivere un libro; e io risposi che mi sarebbe piaciuto ma che pareva che "la mia vena poetica sia essicata". E' da allora che ci penso e forse (e sottolineo due volte 'forse') ho deciso di prendere carta e matita e provarci. Ho buttato giù uno schizzo di quello che dovrebbe essere, qualche ambientazione, la descrizione dei personaggi e qualche altra cosetta. Non ho ancora bene in testa la storia vera e propria, ma quella spero verrà. Dicevo che non sono pienamente convinto, per tanti motivi; ma ho deciso di provarci, anche se 'la vena poetica si è essiccata', perché penso che se uno scrive -io mi definisco comunque sempre e solo un 'onesto lavoratore della penna'- deve accettare delle sfide. Non so se alla fine ne verrà fuori davvero qualcosa; non so quanto tempo eventualmente ci vorrà per iniziare e soprattutto completare il racconto. Vedremo. Ma se nel frattempo qualcuno, che sia un vero scrittore (e tra di voi ce ne sono sicuramente) volesse fare sua l'idea, gli cedo volentieri la storia. L'importante è che questi due personaggi continuino a vivere, non solo nei miei ricordi, ma anche nell'immaginazione di tutti. E questo è possibile solo se qualcuno li ferma su una pagina.
TIM

venerdì 17 settembre 2010

Segnalazione 2

Per motivi (per fortuna!) di lavoro è un po'  che non mi faccio sentire qui nel garage. Ho cercato di seguire il movimento, sempre godibile, degli amici blogger, ma non ho avuto il tempo di postare niente. Adesso voglio solo dirvi che ci sono ancora, e lo faccio proponendovi la segnalazione di un evento dal blog dello Sciamano. Devo confessarvi che ci ho perso più di qualche ora a leggere le notizie di quegli strani giornali e a tremare per la paura che quei tipi (non so se i giornalisti o i soggetti della cornaca) si materializzassero da un momento all'altro. E così eccovi il link dove andare a recuperare i file in formato PDF di The Arkham Gazette e The Greyhill Gazette che Matteo Poropat e compagni hanno 'redatto' qualche anno fa per il loro e nostro godimento.
Perciò buona lettura e fatemi sapere se vi siete divertiti anche voi!
Questa forse non è proprio in tema, ma mi piace troppo.
TIM

lunedì 13 settembre 2010

Primo giorno di scuola


Ultime notizie dalla Scuola di formazione politica PDL tenutasi a Gubbio. Dal nostro inviato alcuni momenti di una delle lezioni più seguite.
Questi però erano altri tempi.
TIM

sabato 11 settembre 2010

Roma, un libro, il sole e un rimpianto

Prendo lo spunto da un post di Ferruccio Gianola per riandare anch'io ad un episodio di molti anni fa, almeno 25. Per motivi di studio andavo a Roma ogni quindici giorni tutti i lunedì e dovevo attendere il pomeriggio di martedì per riprendere il pulman che mi riportava in Calabria. Non ricordo con precisione da che parte mi trovavo, ma ero in giro, come sempre, per librerie. Quello per i libri è un amore antico: sin dalla terza elementare ero iscritto alla piccola biblioteca di quartiere ed ero orgoglioso di tenere in tasca la tessera per il prestito libri, anche se non capivo perché la maggior parte dei miei amichetti non sapevano neanche cosa fosse una biblioteca. Ma torniamo a quel giorno di sole a Roma (Roma è sempre bella, ma quando c'è il sole in primavera o in autunno, diventa irresistibile). A piedi, prendo una traversa e su un bidone della spazzatura, in bella mostra, trovo un libro. Non ricordo ora né il titolo né l'autore, ricordo solo che era tenuto con un elastico, per evitare che si sfogliasse magari cadendo, e che era come nuovo. Mi sono guardato intorno e ho preso il libro; era un romanzo, questo lo rammento, e nello sfogliare ho sentito l'odore tipico della carta e delle cose conservate da molto tempo. Misi il volume nello zaino e proseguii. D'un tratto spunta dall'angolo dell'isolato una vecchina, vestita in modo semplice e pulito, che sorridendo mi si fa incontro. "Ha trovato un libro su quel bidone?" mi chiede. In quel momento mi sono sentito come un ladro, ma ho risposto che sì, l'avevo trovato, e non vedendo nessuno nelle vicinanze l'avevo preso. Al che la vecchina, sempre sorridendo e immaginando il mio imbarazzo, mi spiega che l'aveva lasciato lei proprio perché qualcuno lo trovasse. Quindi mi spiegò che faceva parte della biblioteca del marito, morto da anni. Erano centinaia e centinaia di libri, romanzi saggi poesie libri di fotografia e pittura; insomma i segni di una cultura 'all'antica', quando si pensava, e a ragione, che la formazione di un uomo dovesse essere anzitutto 'a tutto tondo', prima ancora che specialistica (o sarà la mia formazione classica a farmi pensare così?). La signora mi disse che capiva che ormai non restava anche a lei molto da vivere e poiché non aveva trovato nessuno, biblioteca, privati, parenti, che volesse quei libri, ne disseminava ogni giorno qualcuno in giro per le strade del suo quartiere, nella speranza che potessero fare del bene a qualcuno. Conversammo ancora qualche minuto, poi lei mi fece promettere di leggere quel libro, se era di mio gradimento, e poi di passarlo a qualcun altro che lo potesse apprezzare e farne così un a specie di catena di s.Antonio letteraria. Oggi noi lo chiameremo book crossing, ma questo la vecchina non lo sapeva. A lei interessava solo che qualcuno leggesse quei libri. Ora che anch'io mi trovo a gestire la biblioteca di mio padre, mancato 3 anni fa, capisco cosa significa trovarsi faccia a faccia con libri che sono stati la vita di una persona, sapendo anche con quanti sacrifici mio padre li aveva acquistati specie nella sua giovinezza, negli anni '50, quando acquistare un Einaudi appena uscito significava rinunciare a tre biglietti per il cinema. E capisco anche l'amarezza nel vedere che a nessuno interessano quei libri, neanche in regalo.
Forse non resta anche a me che fare come la vecchina romana.
Eppure come ci ricorda Guccini, il maestro: "infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio perchè con questa spada vi uccido quando voglio."

TIM

venerdì 10 settembre 2010

Segnalazione

Un articoletto veloce veloce per segnalarvi alcuni posti dove poter rintracciare opere di poesia e prosa messi in rete gratuitamente e dove, soprattutto, mandare i propri lavori. L'idea è venuta, per la verità, a Glauco Silvestri, perciò 'sfrutto' il suo lavoro per quanto riguarda gli ebook: potete cliccare qui e qui. Ci metto di mio il blog di poesia , anche questo comunque segnalatomi  da un amico.
E così senza fare niente c'ho guadagnato un post sulla tabella delle statistiche.
Stasera mi piace questa. E a voi?
Buonanotte e sogni d'oro
TIM  

Centro di gravità. Permanente.

Riporto testualmente una riflessione che potrete trovare sul libro Il Tao per un anno, di Deng Ming-Dao, e che paragona la crisi da 'pagina bianca' con quella che, nella vita, prende quando siamo senza bussola. Viste le discussioni esistenzialisticheggianti di questi ultimi giorni mi sembra appropriata.
"Quando un artista crea, assomiglia ad uno sciamano. L'ispirazione gli giunge come un dono. I seguaci del Tao fanno lo stesso.La loro consapevolezza del Tao non è nulla di chiaramente formulato, né qualcosa che essi possiedono: è il Tao ad andare loro come un dono. Per questo le arti e il Tao sono così saldamente alleati: perché l'atto del ricevere e dell'esprimere è il medesimo.
Proprio come l'artista teme l'incapacità di fare arte, così il seguace ha il terrore di non sentire più il Tao.
Spesso le circostanze ci impongono di creare: come atleti sul campo di gara, come oratori di fronte al pubblico, come musicisti sul palcoscenico, come cuochi ai fornelli o genitori alle prese coi figli. In che modo mantenere vivo il flusso? Alcuni cercano di farlo conducendo una vita ordinata e regolare, altri mantenendosi costantemente attivi. Ognuno di noi è diverso, dunque non esiste nulla di assolutamente giusto o sbagliato. L'unica cosa che conta è sentire il Tao e tenere questa percezione in vita il più a lungo possibile. Se riusciamo a scoprire ciò che vi è di speciale e nascosto in noi, e a imparare ad esprimerlo, allora conosceremo il Tao."
Forse, allora, è meglio cercare un centro di gravità permanente.
TIM 

mercoledì 8 settembre 2010

E' arrivato Tore!

Come avevo annunciato in un commento al post di Ariano di ieri, eccovi un raccontino/favoletta per adulti (non nel senso di 'a luci rosse'!). Lo trovate sull'altro mio blog, I racconti del garage, dove ci sono anche gli altri due racconti messi finora in rete. "Tore", si intitola così, è un lavoretto di 2000 parole di una decina di anni fa, senza grandi pretese, ma mi è sempre piaciuto perché usa un linguaggio e un modo di esprimermi che non ho mai più ritrovato dopo di allora. E' una storia semplice, senza alieni, impianti sociologici e viaggi nel tempo di altri miei racconti. Fotografa la storia di uno 'scemo del villaggio' che forse non è poi così scemo. E' solo da leggere in due minuti e, se volete, conservare. Come questa canzone.
TIM

martedì 7 settembre 2010

Non mi sembra di avere le idee chiare

Aiutatemi. Non mi sembra di avere le idee chiare.
Riprendo le fila dal commento fatto agli interessantissimi post di Simone e, come avevo annunciato, lo faccio diventare un articoletto. Che è questo. Troverete perciò di seguito alcune cose già dette nel commento a Simone.
Lo stesso Simone nella replica al mio commento dice una cosa interessante: "c'è sempre qualcun altro che ha studiato le stesse cose, c'è chi non capisce determinati contenuti ma sa riconoscere il valore di quello che gli metti davanti (da un piatto di pasta a un'opera darte, intendo) e c'è chi ci vuole bene e magari non capisce e non è nemmeno interessato, però un po' di sforzo lo fa anche solo per restarci vicino". E' verissimo; per certi versi è proprio quello che volevo dire io e che non ho fatto perché ... lui è più bravo di me! (la concisione è un'arte). Dicevo nel commento "si tratta forse di rispondere alla domandina: che ci stiamo a fare in questo mondo? Infatti perché noi scriviamo? alla fin fine anche lo scrittore più grande del mondo (mettici tu il nome che vuoi), alla fine è morto e sepolto. Magari gli hanno eretto statue, intitolato scuole, dedicato libri, ma è morto, o morirà. Allora se scriviamo non è per essere immortali fisicamente (del resto dell'immortalità culturale o della notorietà non me ne importa niente). Allora perché scriviamo? forse per far sapere agli altri quello che pensiamo, che visione abbiamo delle cose e del mondo. Questo sì, su questo ci sto. Quante persone posso raggiungere con un ebook gratuito in PDF da far scaricare dalla rete? 10, 50 100 persone? OK, mi possono bastare. Con quante persone riesco a 'sentirmi' scrivendo un post o rispondendo ad uno di un amico? 1, forse 3, al massimo 10. OK, mi può bastare. La mia vita (quella di Temistocle, intendo) è la trama delle piccole cose che sto facendo adesso, e se mi viene in mente di scrivere un racconto sul gatto che stamattina mi aspettava fuori dal cancello lo faccio per il gusto di dire: anche stamattina ho incontrato il gatto che mi conosce e mi aspetta. Non voglio dire che non credo nell'aldilà, nell'immortalità dell'anima e cose del genere; a 50 anni devo ancora farmi un'idea in proposito, o meglio ne ho avuto talmente tante finora che non so più da che parte cominciare. Siamo soli, come dici tu? Di fronte a queste cose, sì, siamo soli e l'unico modo per non esserlo totalmente è condividerle come stiamo facendo in quest'istante. Che siamo intellettuali, scrittori di fama, capi di stato, siamo solo noi, davanti alla nostra coscienza e a testa alta possiamo andare anche a spalare letame in una cascina del veronese in mezzo ai tamil o ai sick esiliati dalla loro terra e dalla loro guerra. E' vero che ci possono essere posti o situazioni che facilitano, ma per restare in ambito letterario Stephen King ha dato il meglio di se quando lavorava in una lavanderia e rubava il tempo ai panni sporchi che la gente gli portava. Sono 'uno di sinistra' e conosco bene le discussioni gramsciane sull'intellettuale organico al partito, sull'unione operai-intelletuale per la crescita del socialismo ecc. Ma essere intellettuali, come essere scrittori, non è un mestiere, è un modo di essere del nostro spirito. Per questo possiamo essere soli in mezzo ad una folla o in compagnia su un'isola deserta. Essere intellettuali o scrittori non ci abbandona mai, anche quando (come nel mio caso) ho forse 2 lettori fissi del mio blog e ancora nessuno -scusate la ripetizione ossessiva- ha mai letto un mio lavoro. Certo fa piacere dal punto di vista dell'orgoglio sapere che c'è qualcuno che sa che esisti (torniamo all'inizio: la domanda è: che ci stiamo a fare qui?), però la realtà è quella che viviamo giorno per giorno."
Simone scriveva: "Se nella vita ho capito qualcosa, forse è proprio che restare soli è il primo passo per finire inchiappettati." Sacrosanta verità anche questa. Noi siamo soli nelle scelte profonde (ci possono dare 100 consigli ma alla fine sceglieremo quello che ci va di più, e in quella scelta siamo soli) ma viviamo in mezzo alla gente, è nella nostra natura socializzare. Sin dall'epoca della cosiddetta 'età della pietra' gli uomini si organizzavano in gruppi e ogni cosa era finalizzata al bene proprio e comune. Ma, e non voglio fare retorica, si sta bene in gruppo quando si sta bene con se stessi.
Mi accorgo di essere andato forse aldilà di quello che era l'argomento proposto da Simone. E d'altra parte la mia non è una risposta a lui e alla sua proposta di discussione; è solo il mio modo di vedere alcune cose. Devo ammettere in modo abbastanza confuso. E' una chiacchierata attorno a un tavolo, facendo una partita di backgammon, nel mio posto segreto, il mio garage, il garage  di Demetrio.
TIM

lunedì 6 settembre 2010

Chiedo venia

Devo fare ammenda per una svista imperdonabile commessa qualche post fa.
Parlando del mio modo di scrivere ho ringraziato Simone Navarra per le sue lezioncine di scrittura. Ma, sarà l'età che avanza con relativo rimbambimento, sarà la fretta, sarà qualsiasi cosa, ho dimenticato di ringraziare anche Glauco Silvestri che ci da, pure lui, sistematicamente consigli e dritte che vengono dalla sua esperienza  di scrittore.
Mi cospargo il capo di cenere e chiedo ancora scusa .
TIM

venerdì 3 settembre 2010

Notizie dall'Italietta

Prendo lo spunto dal post del Duca per commentare a modo mio due notizie del giorno. A Serle un operaio muore a 33 anni schiacciato da un blocco di pietra. A Tallin la temibilissima Estonia prova a fermare il cammino dell'Italia verso gli Europei 2012.  Quale notizia pensate avrà più risalto oggi e domani su giornali e telegiornali? Accetto scommese.
(A proposito, alle 17.00 c'è anche Bosnia -Italia Under 21. Mi raccomando: frittatone cipollato, birra e ... rutto libero!)
(La vignetta è tratta dal portale Italia.it)
Alla prossima.
TIM

Un contributo

Stavo rileggendo alcuni vecchi post di questo blog, e mi è capitato di ritrovare un brano di Clifford Simak, tratto da 'L'anello intorno al sole', che mi sembra calzare bene per le discussioni nate in questi ultimi giorni su diversi blog amici (quelli che trovate nella famosa bandella laterale, come la chiamo io) e che cercano di leggere -ognuno dal proprio punto di vista- la situazione sociale e politica in cui ci troviamo. Ho pensato di riproporvelo, così com'è, senza alcun commento, perché qualsiasi altra parola da parte mia potrebbe solo rovinare la bellezza e la profondità del testo. Buona lettura.
E allora Vickers comprese che persino lì, nel cuore della nazione, tra le fattorie e i piccoli villaggi e nei ristoranti sui bordi della strada, ribolliva l’odio. E questo, si disse, dava la misura della cultura edificata sulla terra … una cultura fondata sull’odio e su un orgoglio terribile e sul sospetto verso tutti coloro che non parlavano la stessa lingua, non mangiavano lo stesso cibo o non si vestivano allo stesso modo. Era una cultura meccanica e sghemba di macchine sferraglianti, un mondo tecnologico che poteva fornire comodità animalesche, ma non la giustizia umana e neppure la sicurezza. Era una cultura che aveva lavorato i metalli, manipolato l’atomo, domato le sostanze chimiche, e aveva costruito utensilie strumenti complicati e pericolosi. Aveva concentrato la propria attenzione sugli aspetti tecnologici, ignorando quelli sociologici, e così l’uomo poteva premere un bottone e distruggere una città lontana senza neppure conoscere la vita e le abitudini né i pensieri e le speranze e le convinzioni delle persone che aveva ucciso. Sotto la superficie lucida si poteva udire il rombo minaccioso delle macchine, e gli ingranaggi e i pignoni, la cinghia di trasmissione, il generatore, senza il lievito della comprensione umana, erano le avanguardie del disastro.
E buon ascolto.
TIM 
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