giovedì 11 dicembre 2014

Tutto, e il contrario di tutto (di Monica Angeli)



Ancora un dialogo con l'Angelo di Monica.
Spesso le anime che sono preda della malvagità dei lupi rapaci, si mettono esse stesse nella condizione di essere rapite e violate a causa della propria pigrizia spirituale, della propria incapacità a discernere bene e male, verità e menzogna...




Tutto, e il contrario di tutto
Mi sveglio che fuori è ancora buio, ancora non sono le sei e subito nella mente affiorano  i volti di due persone che dopo il mio ultimo scritto, in cui parlavo del vero motivo della missione, si sono allontanate; e questo mi fa capire che anche se in tanti non commentano, però leggono...
Nello stesso istante affiori anche TU, quello che tanti chiamano “il nostro Sé superiore”, ma che io conosco come il mio amico di sempre.
Questa volta il dialogo avviene da dentro, nel tempio interiore.
Ti immagino seduto su una panchina sotto un gazebo, tu bello come il sole e circondato da aiuole piene di coloratissimi fiori. Ma saresti bello anche in una discarica, perché la Tua bellezza non ha nulla a che fare con l'estetica, si tratta di qualcosa di animico, differente da quella terrena, definibile o confrontabile con niente di tutto ciò che si trova sulla terra. Tra noi terreni saresti considerato anche un bel ragazzo; tu invece sei l'essenza dell'incanto, la soavità della bellezza, la purezza assoluta.
Al solito divago, poi torno a me e penso, e la risposta non si fa attendere, come sempre...
Il Tuo tono è dolce ma deciso, e comprendo che il modo e la misura hanno la loro importanza in cielo.
Ma sento pure che in quel pensiero c'è verità, e comprendo che ogni pensiero è importante, è sacro, per questo dobbiamo fare attenzione quando riflettiamo. Il pensiero crea, e dai pensieri che abbiamo possiamo capire se siamo veramente puri, e capaci di risolvere i problemi.
C’è un attimo di silenzio tra noi, poi io riprendo a parlare dicendo:
- So che sai sempre già tutto, ma voglio farti lo stesso la domanda: è possibile che solo in pochi vogliono  essere liberi? Di certo ogni mia parola è per loro, per il loro bene, ma com'è possibile che si vogliano accontentare del niente che io gli posso dare, invece che del tutto che Voi donate, dei Vostri regali che sono tutto ciò che ci serve e che fortunatamente non possiamo comprare?
- Pensa di meno.
Questa risposta mi spiazza, continuo a ripetermela nella mente, “pensa di meno”. Ma dove sbaglio? Si sbaglia forse a pensare al bene delle creature, a volere il loro bene?
La Sua risposta non si fa attendere:
- L'errore (se così vogliamo chiamarlo) consiste sul continuare a pensare dopo aver agito: se conosci la vera motivazione, se sai il perché hai fatto quello, scritto quelle cose, non dovresti continuare a preoccuparti.
- Lo so Immenso Amore.
Sento che a questo mio modo di definirlo si irrigidisce, tuttavia conosce il mio sentimento, e il mio modo di chiamarlo in questo modo non ha nulla di sacro, è una definizione terrena; anche in questo la misura è tutto.
Passa un tempo tra di noi e accade un qualcosa mai vissuto prima.
Tutto si annulla, mi trovo altrove, e precisamente su un campo di battaglia. È una scena che definirei Grigia, i morti sono tantissimi, i feriti pure, accanto ad ogni anima il proprio Maestro che li abbraccia, li bacia, li accarezza, e il dolore si respira.
Lui interrompe i miei pensieri, e mi dice:
- Vedi? Questo accade!!
Guardo meglio e nella massa di feriti e cadaveri, di tanto in tanto si intravedono figure nette ma di cui non riconosco i volti, non mi è dato (giustamente) sapere chi sono. Penso che in fondo non ho nemmeno questo tipo di curiosità che si potrebbe definire morbosa, e Lui si illumina, come quando si compiace di un mio pensiero; e io sono felice.
Ritorno alla scena. Le anime che passano di tanto in tanto tra le creature morte sono circondate da una fitta nebbia, l'aria è fredda e tutto è buio. Alle mie spalle sento il Maestro dire:
- Migliaia e migliaia di persone ogni anno vengono portate al macello.
Mi giro, lo guardo, e rimango sorpresa: il tono era fermo, serio, ma leggo nei suoi occhi il sentimento di amore, un amore mai visto prima, quasi di devozione per coloro che camminano tra i cadaveri.
Egli invece guarda con dispiacere e dolore coloro che queste persone hanno spinto nel burrone della morte, coloro che si definiscono ‘figli di Gesù’, loro stessi ‘Gesù sulla terra’, la ‘Madonna’, ‘persone prescelte’ ecc. , quelli che si mettono a capo per intenderci. Ma mentre io mi sarei arrabbiata per questo, come una normale anima terrena, Lui li guarda senza giudicare, perché questo sentimento non gli appartiene.
Accanto a loro vedo figure maestose che con maggiore amore li accarezzano e li baciano, e allora comprendo: le vere vittime sono loro, vittime di entità che le hanno deviate, e con la loro pigrizia spirituale hanno fatto si che  maggiormente si perdessero..
Ma poi torna il pensiero all'incontrario: coloro che sembrano vittime sono in realtà anch’essi carnefici, carnefici di sé stessi, perché senza coloro che sono spiritualmente pigri, non esisterebbero i maestri, i guru…
Ritorno a me, mi guardo attorno e sono nuovamente nella mia stanza, non riesco a pensare a niente, sono ancora scossa per ciò che ho visto.
Non so nemmeno se ci siamo salutati, io e il Maestro, non lo sento accanto a me né dentro di me, sarà perché sono ancora turbata, sorpresa; anche il respiro è affannato.
Piano piano mi calmo, ritorno con la mente a Lui e chiedo:
- Ci sei?
La risposta non si fa attendere:
- Sempre… bambina mia.

mercoledì 3 dicembre 2014

Chiese e libertà del cristiano



“Quanto ai pagani che sono venuti alla fede, noi abbiamo deciso ed abbiamo loro scritto che si astengano dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, da ogni animale soffocato e dalla impudicizia.” (Atti 21,25)


Molte chiese e comunità cristiane hanno una lettura molto “letterale” della Bibbia, nel senso che affermano che ciò che la Scrittura dice va preso e osservato, appunto, alla lettera.
E questo ha ricadute non da poco sulla vita stessa della comunità e soprattutto su chi vuole avvicinarsi ad un gruppo cristiano per approfondire la propria fede e condividerla. Pensiamo ad esempio a tutte quelle comunità che, partendo dalle lettere di Paolo, obbligano le donne a velarsi il capo, a non usare prodotti di bellezza, ecc. . Non sto parlando di usare le normali norme di buon gusto e decenza (che il mondo di oggi pare aver smarrito per strada!), ma di veri e propri ‘obblighi’, pena l’impossibilità a partecipare alla vita della comunità. Come se queste cose fossero superiori all’amare Dio e il prossimo e al comportarsi correttamente nella vita quotidiana.
È vero che la Bibbia parla di norme particolari, quali l’abbigliamento da tenere, il comportamento da avere nelle assemblee e fuori, ma è anche vero che quando leggiamo un testo, biblico e no, dobbiamo sempre distinguere ciò che è stato scritto per la gente di quei tempi (e perché!) e ciò che invece è un principio di fede basilare.
Ho fatto all’inizio l’esempio della questione della carne sacrificata agli idoli.
Presso gli ebrei e i pagani era normale fare sacrifici rituali di animali e naturalmente mangiarne dopo le carni (sarebbe stato un peccato uccidere e cuocere un capretto e poi gettarlo nella spazzatura!). Quel mangiare, però, oltre che essere una questione pratica, aveva anche una valenza religiosa, di partecipazione personale al sacrificio appena fatto dal sacerdote a nome del fedele. Perciò se un cristiano andava a casa di qualcuno che gli offriva carne immolata agli idoli, era invitato a non mangiarne; infatti avrebbe significato ammettere che anche un cristiano poteva ‘partecipare’ indirettamente ai sacrifici pagani.
Oggi come oggi, in cui non c’è più chi fa sacrifici animali, la regola del non mangiare questa carne è ridicola, senza senso. Potrebbe però essere mantenuto il principio che è bene non partecipare a cose fatte anche da altri contro ciò che i cristiani considerano sacro (usando un linguaggio giuridico, potremmo dire ‘fare favoreggiamento’).
Proviamo ad applicare lo stesso principio, ad esempio, a 1Corinti 14,34: “Come in tutte le comunità dei fedeli, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la legge.” Sembrerebbe che le donne debbano far silenzio nelle assemblee; eppure in altre parti Paolo stesso (e Luca negli Atti degli Apostoli) raccontano di donne che dirigono una comunità. Perché questo? Perché ogni parola è rivolta ad una gruppo specifica, che ha determinati problemi e che vive in un determinato contesto.
Presso gli ebrei le donne non avevano alcuna voce in capitolo, perciò come sarebbe stata accettata una dottrina che lasciava libertà totale alle donne? Qualcuno li avrebbe mai presi sul serio?
E un’ultima osservazione.
Paolo introduce un concetto importantissimo: la libertà del cristiano. Nella lettera ai Galati, scrive: “… e questo proprio a causa dei falsi fratelli che si erano intromessi a spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di renderci schiavi.” (Gal 2,4) Secondo la mentalità (ebraica) del tempo, infatti, si poteva essere veramente credenti solo se si rispettavano per filo e per segno tutte le regole che erano scritte, e anche quelle non scritte: solo gli ebrei ne aveva 365 che erano indispensabile osservare!
Il cristiano invece, dice la Scrittura, è libero perché Dio non vuole sacrifici, ma giustizia e misericordia: «Che m'importa dei vostri sacrifici senza numero?»
dice il Signore. «Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di giovenchi; il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco. … Anche se moltiplicate le preghiere, io non ascolto. Le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, togliete il male delle vostre azioni dalla mia vista. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l'oppresso, rendete giustizia all'orfano, difendete la causa della vedova
». (Isaia 1, 11-19)
Ecco le vere priorità: la giustizia, assistere chi ha bisogno, una preghiera vera e pura. Queste cose non passano mai, tutto il resto rimane ancorato al luogo e al tempo in cui si vive.

Tuttavia se in una comunità c’è chi ancora non ha maturato una fede forte, ma risente della mentalità precedente, Paolo raccomanda di non scandalizzare il fratello. Dice 1Corinzi 8,9: “Badate però che questa vostra libertà non divenga occasione di caduta per i deboli. La libertà cristiana infatti non nasce nel momento in cui si diventa cristiani, ma è segno di maturazione. Solo chi ha maturato nella fede la propria personalità può dirsi libero di osservare la Parola di Dio pur sembrando che esteriormente non lo faccia. E quelle prime comunità erano ancora acerbe, appena nate alla fede, indifese dagli attacchi esterni (anche fisici) degli ebrei e dei pagani. Perciò avere dei ‘paletti’ indicatori aiuta a trovare più facilmente la strada. Ma una volta che si è imparata la via, questa si potrà percorre anche a occhi chiusi, senza bisogno che ci sia qualcuno che ci dica cosa dobbiamo e non dobbiamo fare.

Juan Segundo

 (pubblicato già qui)

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