mercoledì 30 aprile 2014

Breve descrizione delle 10 Sephiroth



Oggi parliamo ancora di Cabala. Dopo l'articolo di introduzione, ecco ora una breve descrizione delle 10 Sephirot, naturalmente a cura di Monica Angeli.


Breve descrizione delle 10 Sephiroth

Keter = Corona
Simile ad una corona, che è posta al di sopra del capo e lo circonda, Keter si trova al di sopra di tutte le altre Sefirot. Così come la corona non fa parte del capo ma è cosa distinta, Keter è fondamentalmente diversa dalle altre Sefirot. Essa è il trascendente, l'ineffabile, l'origine di tutte le luci che riempiono le altre Sefirot. Nel corpo umano essa non ha una corrispondenza specifica, in quanto lo avvolge tutto, ma a volte la si associa con la scatola cranica. Secondo la Cabalà, Keter contiene una struttura tripartita, che nell'anima corrisponde alle tre esperienze di Fede, Beatitudine, Volere. Quello della struttura tripartita di Keter è uno dei segreti più importanti di tutta la Cabalà. Keter è la radice dell’Albero, che quindi è capovolto, dato che possiede le radici in alto e i rami in basso.

Chokhmà = Sapienza
È il lampo dell'intuizione che illumina l'intelletto, è il punto in cui il super-conscio tocca il cosciente. È il seme dell'idea, il pensiero interiore, i cui dettagli non sono ancora differenziati. È la capacità di sopportare il paradosso, di pensare non in modo lineare ma simultaneo. Si tratta di uno stato raggiungibile solo a tratti, e comunque richiede una grande maturità ed esperienza. È lo stato del "non giudizio", in quanto con la sapienza si percepisce come la verità abbia sempre aspetti. Nel corpo umano corrisponde all'emisfero cerebrale destro. Nel servizio dell'anima corrisponde allo stato di Bitul = Nullificazione del sè. In altri termini, è possibile raggiungere la sapienza solo tramite l’annullamento dell’ego separato e separatore.

Binà = Intelligenza.
È il prendere forma dell'idea o del concetto concepito da Chokhmà. Si tratta della sede del pensiero logico, razionale, matematico, sia nella sua forma astratta e speculativa che in quella concreta e applicata. È quella forma di pensiero che si appoggia alle parole, è può venire scambiato e condiviso tramite il linguaggio. Binà è la capacità di integrare nella propria personalità concetti e idee diverse, assimilandole e ponendole in comunicazione. Se Binà funziona a dovere, il pensiero diventa in grado di influenzare positivamente le proprie emozioni, in virtù delle verità comprese e integrate nella propria personalità. Nel corpo umano Binà corrisponde all'emisfero cerebrale sinistro. Ai suoi livelli più evoluti, Binà convoglia l'esperienza della Felicità, il trasformarsi delle giuste conoscenze intellettuali nella gioia di chi sente di avere trovato le risposte.

Da'at = Conoscenza unificante
Poiché Keter è troppo elevata e sublime per venire conosciuta e contata, il suo posto viene preso da un'undicesima Sefirà, posta più in basso, tra il livello di Chokhmà - Binà e quello di Tiferet. Essa permette l'unificazione dei due modi di pensare tipici degli emisferi cerebrali destro e sinistro: intuizione e logica. Da'at è l'origine della capacità di unificare ogni coppia di opposti. Spiritualmente parlando, essa è la produttrice del seme umano che viene trasmesso durante il rapporto sessuale. Nel corpo umano corrisponde alla parte centrale del cervello e al cervelletto. Nel Chasidismo essa diventa la facoltà dello Yichud, Unione.

Chesed = Amore
Si esprime tramite benevolenza e generosità, assolute e senza limiti. È l'amore che tutto perdona e giustifica. La creazione è motivata dal Chesed di Dio, che ne costituisce la base sulla quale poggia, come dice il verso: "Olam chesed ibanè" = "Il mondo viene costruito sull'amore". Si tratta della capacità di attrarre a sè, di perdonare, di nutrire i meritevoli come i non meritevoli. È attaccamento e devozione, (nel corpo umano) è la mano destra, che vuole chiamare a sé, avvicinare gli altri.

Ghevurà = Forza
Il fulgore di Chesed è troppo intenso per le creature finite e limitate, e se esse lo ricevessero in pieno ne sarebbero soffocate. Ghevurà si incarica di restringere, diminuire, controllare e indirizzare tale discesa di luce e abbondanza. Nel corpo umano è la mano sinistra, estesa per respingere, è ogni tipo di forza atta a porre limite e termine all'esistenza. Pur avendo delle connotazioni negative, senza Ghevurà l'amore non potrebbe realizzarsi, in quanto non troverebbe un recipiente atto a contenerlo. Inoltre, è quel calore eccitato e entusiasta che accompagna l'amore. Senza Ghevurà, l’Amore non sarebbe altro che un sentimento pio e meritevole, ma privo di dinamismo e forza attiva. Nell'anima illuminata Ghevurà si trasforma nella virtù del Timor di Dio.

Tiferet = Bellezza
È la Sefirà che si incarica di armonizzare i due opposti modi operativi di Chesed e Ghevurà. Tiferet è costituita da tanti colori riuniti insieme, cioè dal coesistere di tante tonalità e caratteri diversi, integrati in un'unica personalità. Si rivela nelle complesse emozioni provate contemplando il bello e l’armonia estetica. Corrisponde all'esperienza della Compassione, che è amore misurato, capace di premiare e di lodare, ma anche di rimproverare e di punire pacatamente, se necessario, affinché il bene si imponga sul male con forza sempre maggiore. Nel corpo umano si trova al centro del cuore.

Netzach = Eternità o Vittoria
È la capacità di estendere e realizzare l'amore di Chesed nel mondo, dandogli durata e stabilità, e vincendo gli ostacoli che si frappongono alle buone intenzioni. È costanza e decisione, è il saper vincere, cioè il non inebriarsi eccessivamente della vittoria. È il senso di Sicurezza che pervade chi sa di appoggiarsi sul luogo giusto. Nel corpo umano corrisponde alla gamba destra.

Hod = Splendore
Si incarica di rendere concrete le emozioni provenienti da Ghevurà. È la capacità dinamica dell'individuo, applicata al mutare delle circostanze esterne. È la velocità di cambiamento, l'adattarsi a nuove esigenze. È il saper perdere, cioè il non abbattersi per le sconfitte, ma l'imparare da esse ciò che va cambiato. È il senso degli affari e del vivere in società. Corrisponde alla qualità della Semplicità, che nella Cabalà viene spiegata come la capacità di non preoccuparsi troppo del futuro. Nel corpo umano essa occupa la gamba sinistra.
 

Yesod = Fondamento
È il luogo ove si concentrano tutte le emozioni, è la base segreta della propria personalità, le aspirazioni nascoste, gli ideali, le attrazioni emotive. Governa anche il riuscire a fondere insieme tutto ciò che si ha da dare, e l'indirizzarlo verso la persona giusta nel momento giusto. La sua locazione nel corpo fisico è nella zona degli organi sessuali; Yesod controlla dunque la vita sessuale, la cui giusta espressione è il fondamento su cui basare la personalità. È la qualità della Verità, intesa come tratto indispensabile per realizzare felicemente le relazioni umane.

Malkhut = Regno o Sovranità
Pur essendo l'ultima Sefirà, essa ha un ruolo importantissimo. È la somma dei propri desideri, la percezione di ciò che ci manca. È la componente che motiva e indirizza l'operato di tutte le altre facoltà. In chi accumula abbastanza meriti, è il luogo ove la luce cambia direzione, passando dalla discesa alla salita. In chi non ha meriti, è il luogo ove si fa esperienza della caduta, della povertà e della morte. Al meglio, Malkhut è il femminile per eccellenza, la sposa desiderata, la Shekhinà, o la parte femminile di Dio. Nell'anima individuale è la qualità dell'Abbassamento, senza la quale ogni atto di governo e ogni espressione di potere sono fasulli, destinati prima o poi a crollare miseramente. Infatti, a livello fisico essa è la pianta dei piedi, o la terra stessa. Malkhut è l'origine di ogni recipiente, è il mondo fisico, il più vicino alle forze del male e quindi il più bisognoso di protezione, che le viene accordata grazie all'osservanza dei precetti e alla pratica delle buone azioni.

Juan Segundo

martedì 29 aprile 2014

Simone il Mago e i moderni ciarlatani

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Dicevo qualche giorno fa che nella Bibbia troviamo tutte le risposte alle domande vere che la vita ci pone. La vita personale e quella comunitaria. Perciò, facendo anche seguito al post di sabato scorso sui falsi profeti, ho pensato di interrogarla sull'argomento. E ho trovato questo passo (Atti degli Apostoli 8,9-24) conosciuto anche come la storia di Simon Mago.

V'era da tempo in città un tale di nome Simone, dedito alla magia, il quale mandava in visibilio la popolazione di Samaria, spacciandosi per un gran personaggio. A lui aderivano tutti, piccoli e grandi, esclamando: «Questi è la potenza di Dio, quella che è chiamata Grande». Gli davano ascolto, perché per molto tempo li aveva fatti strabiliare con le sue magie.

Siamo a Samaria, una cittadina a pochi chilometri da Sichem, capitale della Samaria, una regione di, potremo dire con linguaggio moderno, sanguemisto, cioè ebrei tornati dall'esilio a Babilonia e popoli di altre razze e religioni che si erano sistemati lì quando gli ebrei erano stati cacciati. Ecco perché nei vangeli quando si parla dei Samaritani gli ebrei ortodossi storcono il muso. Provate solo a pensare al racconto di Gesù nella famosa parabola del buon samaritano: un samaritano era l'unico buono tra tutti gli ebrei! Orrore!
A Samaria, dicevo, quando arrivò Filippo mandato dalla comunità di Gerusalemme per l'evangelizzazione, c'era un certo Simone che era dedito alla magia. 
Non dobbiamo pensare ad un signore che tirava conigli fuori dal cappello, ma a un personaggio come ce n'era diversi in Palestina. Derivavano dai Magi, sì, proprio come quelli della stella cometa, che erano studiosi di filosofia, astronomia, medicina ecc. Più tardi, molti degenerarono divenendo quello che il nostro testo ci dice di loro: avventurieri che speculavano sulla credulità pubblica, pretendendo di conoscere i misteri delle scienze occulte, degli astrologi, degli esorcisti, degl'indovini, degl'interpreti di sogni; insomma una sorta di stregoni.
Se ci pensiamo, di quanti che leggiamo in rete potremmo dire lo stesso? Quanti filosofeggiano mischiando diavolo e acqua santa, centri energetici e sogni angelici, scritture sacre e psicanalisi?
Attenzione, pero! Perché proprio qui sta la discriminante! Nella figura di Simone, il Mago.
Quest'uomo aveva un grande seguito, tanta gente assisteva ai suoi "spettacoli" e probabilmente faceva anche dei veri e propri miracoli (o almeno così apparivano). Era preso molto in considerazione da tutti e, naturalmente, ci guadagnava, tanto che questo era il suo mestiere.
Finché un giorno... non arrivò Filippo.

Ma quando cominciarono a credere a Filippo, che recava la buona novella del regno di Dio e del nome di Gesù Cristo, uomini e donne si facevano battezzare. Anche Simone credette, fu battezzato e non si staccava più da Filippo. Era fuori di sé nel vedere i segni e i grandi prodigi che avvenivano.

Simone incontra Filippo, anche lui come i suoi compaesani si converte, accetta il battesimo e diventa un suo stretto seguace. Anche perché: era fuori di sé nel vedere i segni e i grandi prodigi che avvenivano. Ciò che colpisce Simone (pur dovendo ammettere la sua buona fede iniziale) sono i prodigi, i miracoli che i cristiani compivano nel nome del Signore: quelle persone facevano cose strabilianti davvero, e non per guadagnarsi da vivere, ma per amore. E così ci troviamo davanti a persone, come Simone, che compivano prodigi o almeno cose strabilianti in nome proprio; e persone che le compivano ma in nome di Dio.
Riflettiamo su questo: anche chi non è del Signore può compire a modo suo, miracoli e prodigi...

Frattanto gli apostoli, a Gerusalemme, seppero che la Samaria aveva accolto la parola di Dio e vi inviarono Pietro e Giovanni.
Essi discesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo; non era infatti ancora sceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo.

Non interessa in questo momento a noi ragionare sulla differenza tra ricevere il battesimo e/o lo Spirito Santo, sulla prassi della comunità primitiva e quella delle chiese attuali. Ci interessa sapere solo che Filippo era andato ad annunziare la Buona Novella e che, una volta che i samaritani aveva accolto il Signore, alcuni fra gli Apostoli che erano a Gerusalemme vanno a pregare con loro perché lo Spirito Santo inondi la loro anima dei Suoi doni. Il segno che lo Spirito prendeva possesso di questi uomini e di queste donne era l'imposizione delle mani da parte di Pietro e Giovanni.
Anche Simone vede e partecipa a questa che per lui fino a poco tempo prima sarebbe stata una messinscena; con la sua eloquenza, i suoi gesti misurati e studiati, anche lui in fondo avrebbe potuto farlo. Perciò, va da Pietro e Giovanni, che ai suoi occhi sono dei maghi forse anche più forti di lui e...
Simone, vedendo che lo Spirito veniva conferito con l'imposizione delle mani degli apostoli, offrì loro del denaro dicendo: «Date anche a me questo potere perché a chiunque io imponga le mani, egli riceva lo Spirito Santo».

Quando si va da un maestro umano, bisogna pagare per imparare, e lui era disposto a tutto pur di acquisire questi nuovi poteri.

Ma Pietro gli rispose: «Il tuo denaro vada con te in perdizione, perché hai osato pensare di acquistare con denaro il dono di Dio. Non v'è parte né sorte alcuna per te in questa cosa, perché il tuo cuore non è retto davanti a Dio. Pentiti dunque di questa tua iniquità e prega il Signore che ti sia perdonato questo pensiero. Ti vedo infatti chiuso in fiele amaro e in lacci d'iniquità». Rispose Simone: «Pregate voi per me il Signore, perché non mi accada nulla di ciò che avete detto»
È lotta eterna tra angeli e demoni, bene e male...
Siamo alla giusta e comprensibile conclusione: Pietro scaccia l'uomo perché capisce che in lui non abita la vera fede, il suo cuore non è retto davanti a Dio: il danaro non può comprare i doni dello Spirito. Tuttavia presso Dio c'è sempre un nuova possibilità, anche per chi, come Simone, si era lasciato prendere dai lacci del demonio che, forse, fino a quel momento aveva sempre servito seppur inconsapevolmente. Pietro gli dice che vede la sua anima chiusa in fiele amaro cioè nel veleno. Il testo originale dice "fiele di amaritudine": gli ebrei pensavano che il veleno nel serpente si trovasse nel fiele, mentre "di amaritudine" era il modo per esprimere un'idea superlativa. Pietro, insomma, vedeva Simone come completamente avvelenato dal male e stretto nei lacci del male, prigioniero. Diremo, con linguagio nostro: Simone era un peccatore, un grande peccatore, incapace di sciogliersi da ciò che lo legava alla terra per andare verso Dio.
Alla fine Simone pare riscattarsi in qualche modo: si dichiara indegno persino di pregare per il proprio peccato e chiede che sia la comunità a intercedere per lui.
Anche qui ci sarebbero da fare diverse osservazioni, ma non rientra nel mio intento in questo momento.
Cosa ci insegna la storia di Simone il Mago?
Anzitutto che anche il maligno sa fare i miracoli! Che anche chi agisce non in nome di Dio, ma del suo nemico, fa prodigi, incanta col suo parlare, ha schiere di persone che lo seguono e lo osannano. Ecco perché all'inizio ho lanciato quella frase sibillina lasciata in sospeso: "Quanti filosofeggiano mischiando diavolo e acqua santa, centri energetici e sogni angelici, scritture sacre e psicanalisi?"
Io sono fermamente convinto che qualsiasi cosa serva all'uomo per la sua crescita interiore e la sua maturità spirituale, è ben venuta: psicologia, medicine alternative, spiritualità di qualsiasi provenienza, medianicità, contattismo, espressioni artistiche di quasiasi tipo. Ne avete altre? Mettetecele!
Ma l'asino casca, come suol dirsi, quando tutto ciò viene fatto (esclusivamente!) per un tornaconto personale di potere e/o economico.
Ribatto ciò che ho sempre affermato: è giusto che, se qualcuno ha un dono e decide di metterlo al servizio degli altri, ha diritto a qualcosa in cambio. E visto che oggi non esiste più il baratto e si usa regolarmente il danaro, questo può essere usato per compensare per il servizio ricevuto. Ma deve essere qualcosa fatto col cuore, non richiesto. Come dice il Vangelo: l'operaio ha diritto al suo nutrimento (Mt 10,10) e chi decide di dedicarsi totalmente a questo, ha diritto a poter vivere del proprio "lavoro": è un operaio del Signore. Il danaro che io offro non è il pagamento di una parcella professionale, ma il modo per dimostrare all'altro che ho gradito il suo dono, che gli sono riconoscente e voglio pareggiare i conti con lui. Perciò anche un caffè al bar, una cena in trattoria, l'ospitarlo qualche giorno in casa, può essere un modo per dire: grazie!
Forse questo modo di essere e di agire segna lo spartiacque tra il Simone dell'inizio storia, con quello della conclusione. E può aiutare noi a capire quando abbiamo davanti un ciarlatano (se non un inviato del maligno!) e quando invece un'anima bella che Dio usa per elargire i suoi doni.

Juan Segundo 

sabato 26 aprile 2014

Falsi profeti, false promesse

Di chi ci possiamo fidare?
Tra l'articolo di Laura sulla metamedicina di due giorni fa e quello di Nicola sull'Ho'oponopono Cristiano che sarà pubblicato lunedì prossimo, voglio inserire una mia breve riflessione biblica a partire da un brano della lettera di Giacomo, al capitolo 3.

1 Fratelli miei, non siate in molti a fare da maestri, sapendo che ne subiremo un più severo giudizio, 2 poiché manchiamo tutti in molte cose. Se uno non sbaglia nel parlare è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo.

Fratelli, non siate in molti a fare da maestri. Proviamo a fare un giro in rete, anche nelle nostre pagine FB, e contiamo quanti sono quelli che ci bombardano con post pieni di saggezza, immagini di un mondo perfetto, dove (per parafrasare il profeta Isaia) il lupo si trastullerà con l'agnello, in cui anunciano di aver fatto la scoperta del secolo, anzi del millenio, anzi la scoperta di tutte le scoperte, quella che ci proietterà in un universo magnifico, dove scorre latte e miele (questa volta saccheggio anche la letteratura sacra islamica).
Attenzione! Non parlo di coloro che conosciamo bene, di cui ci fidiamo, di cui conosciamo le virtù personali e di cui sappiamo che ciò che viene scritto e detto è frutto di esperienza personale sincera e vera!
Parlo di tutti coloro che arrivano da noi con soluzioni miracolose. Non ci sono soluzioni miracolose, per il semplice fatto che le soluzioni, quando le troviamo, sono sempre frutto di una lunga e spesso dolorosa esperienza personale di fede. Niente è gratis su questa terra, se non l'Amore di Cristo, Figlio di Dio!
Allora è facile essere maestri... facendo andare la lingua, dice Giacomo. Ma attenzione, perché nel momento in cui ci ergiamo a maestri, proprio allora è il momento in cui siamo giudicati in modo più duro e spietato.
Dagli uomini, anzitutto, perché vogliono vedere in noi i frutti di ciò che diciamo e insegnamo. È vero che dietro lo schermo di un computer non sappiamo chi c'è, non conosciamo la vita delle persone che ci stanno parlando, inviando messaggi, foto, filmati. Ed è per questo che è ancor più facile metterci la maschera da saggi e cominciare a dare consigli. Com'era quella canzone di De Andrè? "Si sa che la gente da buoni consigli... se non può dare cattivo esempio."
Ma c'è un altro che ci giudica, o meglio: che si aspetta da noi dei risultati (non è forse questo il significato di: essere giudicati?). Ed è Dio. A maggior ragione quando diciamo di parlare in nome Suo.
Giacomo allora ammonisce a non aver fretta di diventare maestri, proprio perché abbiamo la responsabilità dell'anima e della vita di chi ci ascolta e si fida, per un motivo o per un altro, delle nostre parole. Noi, dice l'apostolo, proprio per questo, subiremo un più severo giudizio. Chi pensa di avere un dono e vuole condividerlo con gli altri, deve fare molta attenzione, perché ogni volta che parla di Dio è sottoposto ad un controllo aprofondito e puntuale del proprio modo di vivere, per vedere se pratica ciò che di cui parla.
Infatti la saggezza divina continua e dice: poiché manchiamo tutti in molte cose.
Chi può dire di essere perfetto?
Se uno non sbaglia nel parlare è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo. Il fatto, quindi, di tenere a freno anche tutto il corpo, è il segno che siamo perfetti. Siamo veramente capaci di mettere in pratica sino in fondo ciò che diciamo?
Forse qualcuno di voi sì; ma io devo confessare che troppo spesso alle mie parole non seguono i fatti.
Tutto ciò non significa che non ci siano di quelli che hanno dei doni particolari da pare di Dio, tra cui ci può essere anche quello di saper parlare; sapere, cioé, entrare con le parole nel cuore dell'uomo. Ed è giusto che queste persone dicano ciò che sentono nel cuore.
Quello che sicuramente non corrisponde alla volontà di Dio è che ci sia qualcuno che pretenda di avere sempre la risposta pronta.
Di falsi profeti è sempre stato pieno il mondo! Lo diceva anche Pietro: " ... ci furono anche falsi profeti tra il popolo, come ci saranno anche tra di voi falsi dottori che introdurranno occultamente eresie di perdizione, e, rinnegando il Signore che li ha riscattati, si attireranno addosso una rovina immediata." (2Pt 2,1).
E, soprattutto, ce ne saranno negli ultimi tempi, anzi questo sarà proprio un segno che il ritorno di Cristo è vicino: "Lo Spirito dichiara apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche." (1Tim 4,1).
Perciò dice Gesù stesso: "Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci." (Mt 7,15).
Fin qui il post. Ma volevo fare una piccola osservazione. Questo pezzo non era programmato, nel senso che quando ho aperto il blog non avevo in mente niente per oggi. Poi mi è capitata sotto mano la Bibbia (che tengo sempre vicino al computer) e ho aperto a caso e il passo che ho trovato è stato quello di Giacomo. Da qui ho pensato di condividere con voi questa riflessione. Proprio mentre scrivevo ho ricevuto alcuni messaggi da Laura, che mi diceva, dal suo punto di vista, esattamente le cose di cui avete letto finora. Pensate che tutto questi sia solo una coincidenza? O che magari queste poche parole e riflessioni siano per qualcuno che potrebbe passare di qua e leggerle? Non so, e non voglio essere di quelli che si sentono maestri e sparano sentenze. Tutto è nelle mani di Dio e tutto ciò che avviene serve ad ognuno di noi.
Pace a tutti voi!

Juan Segundo



giovedì 24 aprile 2014

Metamedicina. Un'esperienza di vita da Laura



Qualche giorno fa ho pubblicato su queste pagine un articolo sulla Metamedicina. Sapevo che una delle collaboratrici di questo blog è consulente di questa terapia alternativa (alla medicina tradizionale), così è stato facile per me chiederle di scrivere qualcosa sull'argomento e per lei rispondere con entusiasmo alla mia richiesta.
Ne è venuto fuori un bellissimo articolo in cui Laura Gambirasi ci racconta non solo della Metamedicina, ma anche di come c'è arrivata dopo un percorso personale doloroso e lungo. La ringrazio proprio per questo essersi messa nuda davanti a noi, per farci entrare ancora meglio nella conoscenza di questa tecnica di lavoro e guarigione interpersonale.
E ora, a voi una buona lettura!


Conobbi la Metamedicina in un momento in cui vivevo un'ulteriore esperienza di distacco, quella da mio padre, l'ultimo componente della mia famiglia che lasciava questa vita per percorrere un altro viaggio per raggiungere mia madre e mio fratello. Ero disperata, mi sentivo sola, senza la forza per superare un'altra prova. Era un momento in cui mi chiedevo il motivo per cui avevo dovuto vivere tante esperienze negative nella mia vita, il motivo per cui vedevo sempre tutto nero e quello per cui non mi sembrava mai di poter vivere qualcosa di positivo. Mai prima di quel momento avevo intrapreso un percorso di crescita alternativo, ancora convinta che gli unici mezzi a disposizione degli esseri umani, fossero quelli rientranti nella categoria medica. Avevo provato, dopo la separazione dal mio compagno e per due anni, a seguire un percorso con una psicoterapeuta, ma sentivo che mi mancava sempre un pezzo di qualcosa per comprendere più a fondo. Mi iscrissi così al seminario base di Metamedicina. "Liberazione della memoria emozionale" il suo titolo, senza aspettative e andando incontro all'ignoto senza aver preso nessuna informazione in merito. Durante quel seminario compresi come la mia vita producesse in continuazione effetti negativi come conseguenza di una causa che traeva la sua origine lontano nel tempo, quando, cioè ancora ero una bambina. Dopo che l'operatore lavorò con me, mi trovarono fuori dall'hotel dove si teneva il seminario, nell'atto di disegnare in terra con un pezzetto di mattone rosso, il gioco del "mondo", quello stesso gioco che aveva riempito le mie giornate di piccola bambina spensierata. Mi sentivo talmente felice, come se una parte di me, rinchiusa in una prigione fino a quel momento, si fosse sentita finalmente libera di essere ciò che voleva. E, la scoperta più bella, fu che a renderla prigioniera e poi liberarla ero stata proprio io!

Da quel momento il bisogno di saperne sempre di più, mi spinse a seguire tutti i seminari che mi venivano proposti ed ogni volta, scavavo sempre un po’ di più dentro me e riaffioravano situazioni che, piano piano, andavo a comprendere e trasformare. Decisi in seguito, di intraprendere il percorso per divenire Consulente. I seminari di formazione venivano condotti direttamente da Claudia Rainville, la microbiologa canadese che ha portato la conoscenza della Metamedicina in Italia, dopo aver scoperto quanto il  corpo racchiuda in sé i segni della nostra sofferenza sia emotiva che fisica.

Claudia è una donna fantastica che ama la Metamedicina come un figlio e ad essa dedica tutta la sua vita. Non ha mai paura di mostrare quanto lei stessa, in ogni istante, riconosca le sue ferite attraverso le storie di coloro che le si rivolgono. E' solita dire la frase "Si insegna ciò che si deve imparare" e, con tanta umiltà ed abnegazione, fa comprendere a chi le si rivolge, l'importanza di assumere la propria responsabilità della creazione di ogni evento positivo o negativo della propria vita.
Claudia Rainville
Mi chiedevo spesso allora, osservandola da vicino, come potesse una donna alta 1.60, sprigionare così tanta forza, tanto coraggio e un immenso magnetismo, anche e soprattutto quando deve utilizzare modi molto diretti per far comprendere alle persone quanto in quel momento non riescono a lasciare andare il ruolo di vittime. E nel tempo, ho compreso quanto la parola Amore abbia un senso più grande di quello che sempre creduto. Amore è accoglienza, ma è anche la capacità di permettere agli altri di camminare con le loro gambe. Ricordo in particolar modo un evento che mi toccò personalmente. Durante un seminario mi ammalai, contraendo (e lo scoprii molto tempo dopo) la legionella. Mi salii la febbre a 40 il secondo giorno del seminario che durava una settimana. Non riuscivo a partecipare al lavoro in sala poiché le forze mi mancavano. Un pomeriggio, stavo molto male, più che fisicamente si trattava di qualcosa che mi logorava dentro. Salii in sala in un momento in cui la febbre era scesa e dissi a Claudia "Non ce la faccio, aiutami ti prego....Non ce la faccio da sola". Lei, con uno sguardo fatto del più profondo amore, mi disse "Hai in te tutto ciò che ti serve, ma devi giungere al perdono di te stessa. E' possibile, Laura che questo sia il passaggio obbligato per te? E' possibile che tu abbia ancora bisogno di sentirti amata da me come una madre e non voglia assumere da sola la responsabilità di quella bambina che è dentro te e che ti sta urlando la sua rabbia per attrarre la tua attenzione?" Scoppiai in un pianto come mai mi era accaduto prima. Mi sentivo paralizzata per quello di cui stavo prendendo coscienza. Avevo per tutta la vita aspettato che qualcuno mi raccogliesse mostrandomi il suo amore... Aspettavo ancora a 40 anni, quella madre che mi dicesse "Ti amo figlia mia, così come sei, perché sei perfetta così ai miei occhi". Tornai in camera annichilita dal dolore. Presi un cuscino e cominciai a picchiarlo forte, urlando tutta la rabbia che mi ero tenuta dentro per così tanto tempo verso una madre che avevo ritenuto non mi amasse. La febbre, quella notte, salii oltre i quaranta gradi. Sognai Claudia che, seduta davanti a me, mi ripeteva di stare tranquilla e accogliere quel dolore, comprenderlo e lasciarlo andare. Non riuscii in questi giorni ad uscire dal letto e mi presi tutto il tempo per comprendere che quella malattia mi era giunta in aiuto perché mi fermassi e mi ascoltassi. La febbre alta mi impediva di fare qualsiasi cosa, obbligandomi all'immobilità. Usai quei giorni per parlare alla me stessa che si sentiva così piena di rabbia. Imparai a prenderla per mano e a condurla alla comprensione, ad esserle madre e padre e a farla sentire amata. Mi ci vollero dieci giorni per riuscire a fare i primi passi poiché le ossa sembravano finite, ad una ad una, sotto le ruote di un tir, ma furono i dieci giorni in cui avvenne dentro me e a livello profondo, un cambiamento enorme. Non sentivo più rabbia e rancore verso mia madre, ma comprendevo di essere stata molto amata e che ognuno di noi da’ sempre il meglio di sé stesso. Comprendevo che mia madre mi aveva amata secondo ciò che lei aveva imparato e che, sicuramente, se le fosse stato dato amore dai suoi genitori, me lo avrebbe trasmesso. Provai tanto amore verso di lei e soffrii per tutto ciò che non aveva ricevuto. Durante il seminario successivo, andai verso Claudia e la ringraziai di avermi fatto comprendere che non si deve cercare di far funzionare gli altri come mezzo per succhiare amore, ma apprezzare coloro che ci mostrano la strada per poter farcela da soli. Lei mi guardò e mi disse che mi vedeva molto cambiata, maturata e che sentiva che avrei fatto tanto per la Metamedicina. Così è oggi. Sono consulente e mi occupo di portare alle persone tutto l'amore che ho dentro. Mi sono occupata in questi anni, di comprendere che avevo riempito la mia bottiglia di acqua sporca. Una volta che l'ho sostituita con quella pulita, oggi è talmente fresca che mi piace poter dar da bere a chi ne vuole. Così è l'amore quando Gesù dice "Ama il prossimo tuo come te stesso". Come avrei potuto prima dare amore incondizionato agli altri se dentro me la mia energia fluiva nel rancore, nel giudizio verso me? Oggi mi occupo di Metamedicina quasi a tempo pieno, proponendo percorsi alle persone o attraverso i consulti rivolti a chi me li chiede. Il mio compito è di informare sempre più anime su chi siamo e cosa facciamo perché diventiamo sempre di più a seguire questa fantastica filosofia che ha in sé tutto ciò che serve per crescere.

Non è salvando gli altri che possiamo amarci. Ma è solo amandoci che possiamo condividere il nostro amore per farlo sempre più crescere. Ci sono tante, tantissime persone che hanno bisogno di andare in aiuto degli altri ma conducono vite piene di problemi. Occuparsi di sé è il primo passo e non si è egoisti quando decidiamo di farlo. Ma non possiamo, secondo me, fare tutto da soli. Abbiamo bisogno di chi ha già percorso un pezzo di strada perché ci mostri con il suo Essere e non con le parole, come si giunga a ricordare quanto siamo fatti di solo Amore. L'operatore di Metamedicina è solo uno strumento, offre solo strumenti. Ha sviluppato l'arte dell'ascolto profondo, dell'accoglienza e della compassione, ponendosi da specchio perché l'altro trovi dentro sé ogni risposta.
Juan Segundo

martedì 22 aprile 2014

Introduzione alla Sephiroth



Dopo le mini vacanze di Pasqua, eccoci ancora qui, a condividere con voi le meraviglie dell'anima, come dice il sottotitolo del blog.
E non ho trovato modo migliore se non quello di proporvi un articolo di Monica Angeli, naturalmente sulla Cabala. 
È un pezzo veramente colmo della saggezza della cabala, che ci spiega in maniera semplice e quasi poetica come, secondo la saggezza ebraica antica, avvenne la creazione del mondo da parte dell'Energia primordiale. E ci introduce anche al prossimo articolo che parlerà delle 10 sephirot.
Non voglio riempirvi di tante altre mie parole, perciò vi lascio a quelle, interessantissime, di Monica.
Buona lettura!

Secondo la Cabala, ciò che realmente cerchiamo nella vita non sono i beni materiali, ma l'Energia Spirituale, colei che pervade il mondo del 99%.

Entrare in contatto col regno del 99% è la chiave segreta per raggiungere l'appagamento esistenziale; l'appagamento è costituito, a sua volta, dalla Luce e la Luce è pace, armonia, amore, serenità, gioia, ecc… .

Vivere queste sensazioni significa essere collegati col mondo del 99%.

Secondo la cabala, la vera sostanza di cui è costituito il corpo umano ha una fonte più remota dell'origine del nostro universo fisico, e oggi il mondo scientifico concorda sul fatto che circa 15 miliardi di anni fa questo universo fisico sia esploso nell'esistenza attraverso il Bing Bang.

Quindi... c'era una volta, ancor prima dell'esistenza del concetto di tempo, una sola e semplice realtà: l’Energia, che si estendeva riempiendo l'eternità espandendosi al di là del tempo, dello spazio e del moto.

Nella cabala questa Energia che costantemente vuole espandersi, dando e condividendo, è chiamata la Causa Prima. Perché accada la condivisione o l'atto di dare, deve però esistere un destinatario, un ricevente desideroso di entrare in possesso di ciò che viene offerto.

Per qualunque forma di appagamento e di gioia emanata dall'Energia esisteva perciò un corrispettivo desideroso di riceverla: il Vaso (il destinatario). Poiché tale Energia viene definita la Causa Prima, il Vaso è definito Primo Effetto. Quindi ci troviamo dinanzi a un'infinita Energia e a un infinito Vaso: Causa ed Effetto - Condividere e Ricevere.

Pura perfezione, gioia inimmaginabile!

Il Vaso è la nostra radice, il nostro seme, la nostra origine, la nostra sorgente. Tutte le anime dell'umanità erano contenute nel Vaso e così come il corpo umano è costituito da miliardi di cellule, così il Vaso è costituito da miliardi di anime.
L'infinita forza dell'Energia è chiamata in diversi modi: Dio, Signore dell'Universo, Divino Creatore, Amore ecc… . I Cabalisti, tuttavia, si servono di un solo termine riferendosi a questa Energia: Luce.
La Luce non è Dio, ma un'Energia che proviene da Dio.

Ora l'Universo fu originato dal nulla, da un unico punto di luce; questo punto è chiamato Mondo Senza Fine. Esso era colmo di Luce, che poi si contrasse in un unico punto, uno spazio primordiale; questo punto è chiamato l'inizio.
Dopo essersi contratto, questo punto emanò un raggio, che si espanse e tutta la materia ebbe origine da quel punto.

Secondo la cabala, però, la Luce si ritrasse nel momento in cui il Vaso disse: “voglio imparare a creare Luce con le mie sole forze”. E la Luce diede al Vaso il tempo e lo spazio in cui far evolvere la propria natura divina, attraverso la ricerca della Luce.
Per dare al Vaso l'opportunità di crearsi da solo il proprio appagamento, il Mondo Senza Fine fu spezzato e trasformato in Puzzle. Ma il Vaso non riusciva a creare e a condividere in un regno che già irradiava Luce, era necessario che nascesse una zona di oscurità per far sì che l’uomo si trasformasse da entità ricevente passiva in essere capace di creare e guadagnarsi la propria Luce e il proprio appagamento.
Per nascondere la Luce splendente dal Mondo Senza Fine e creare quel puntino in cui sarebbe stato generato il nostro universo, furono perciò innalzati dieci veli. Gradualmente, di velo in velo, l'intensità della Luce venne schermata, fino a trasformarsi in semi oscurità.



Juan Segundo
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