sabato 28 aprile 2012

Quelli che...


quelli che...
si sposano all'IKEA!

Quelli che... mentre ti stanno dicendo che c'è crisi, che non sanno come fare ad arrivare a fine mese, che sono in arretrato con le bollette e con le rate del mutuo, gli squilla il telefonino. E tirano fuori dalla tasca l'ultimo modello di iPhon da 700 euro.
Quelli che... sbraitano contro i razzisti. E poi c'hanno la filippina in nero che gli fa le faccende in casa mentre la moglie è dalla manicure.
Quelli che... sbraitano contro gli antirazzisti. E poi c'hanno l'albanese in nero che gli lavora sui ponteggi senza protezione e senza permesso di soggiorno.
Quelli che... sbraitano contro l'Italia razzista. E poi sono cinesi che fanno lavorare 10 connazionali in nero; e quando ne muore uno, passano i suoi documenti ad un altro appena arrivato dalla madrepatria. Tanto i cinesi sono tutti uguali, no?
Quelli che... la cultura prima di tutto! E poi piratano il piratabile.
Quelli che... sognano di scrivere un romanzo in stile H.P.Lovercraft (leggi anche: Stephen King, Alan Altieri, Neil Gaiman...). E poi si svegliano.
Quelli che... un giorno hanno sognato di essere qualcuno. E poi ci sono riusciti, porca miseria!
Quelli che... partecipano ai cortei contro la violenza sulle donne. E poi guardano solo programmi e riviste dove i centimetri di carne femminile scoperta scorrono a fiumi. Senza motivo.
Quelli che... io rispetto gli animali! E poi tengono 2 cani e 3 gatti (+ moglie e figli) in 40mq.
Quelli che... insomma avete capito, no?
... e naturalmente, ... quelli che... quella  vera!





TIM

venerdì 27 aprile 2012

Girfriend from Hell e Il margine, di Germano 'Hell'

Copertina di
Luca Morandi
Oggi un parere personalissimo su due lavori dello stesso autore.
Sto parlando di Germano Hell.
Il primo è Il margine, col quale ha partecipato alla Royal Rumble 2011 de La Tela Nera .
L'impressione che scaturisce dalle frasi brevi, spezzate, che a volte danno il senso di una moviola che procede a scatti, è quello del racconto di una fuga per la vittoria, o meglio per la vita. O meglio ancora per la vita che può restare in un mondo in cui non si può più stare all'aria aperta senza protezioni, senza vestirsi come un astronauta o un palombaro. Dove la nuova specie, che probabilmente dominerà il mondo tra qualche anno, è un ibrido di uomini e bestie, le cui avanguardie già combattono per il dominio di quel che resta del mondo.
Germano ha scritto un racconto breve e intenso, giocato su istantanee che rendono con vivacità una realtà speriamo il più futura possibile. Leggendo queste poche pagine tornano alla memoria le atmosfere di un mondo ormai morto che i film di fantascienza continuano a rimandarci, quasi come un monito per la nostra generazione. La vescica derivata dal proprio DNA che il protagonista non può permettersi di avere (la sua è artificiale e ha una durata di 5 anni, poi si vedrà) e che va impiantata spesso a causa del cancro della cenere, è il segnale che arriverà un momento in cui saremo ridotti a macchine con involucro d'uomo. E allora sarà logico che una nuova razza, più muscolare, che basa il suo potere non più sulla ragione ma sulla forza, si farà avanti all'orizzonte.
Giudizio: placet. Voto: 7.
Il secondo lavoro è  Girlfriend from Hell. Come sempre, se volete una recensione seria, andate a guardare in qualche altro blog, per esempio da Gianluca, che sta parlando di tutti gli spin-off dell'ormai leggendario progetto Survival Blog (anche se Germano ci tiene a precisare che non si tratta di uno spin-off, ma del progetto originario con capitoli extra). Qui troverete solo un mia impressione, quelle idee e immagini che la lettura del racconto lungo mi ha suggerito.
Non ci vuole molto a dire che si tratta essenzialmente di una storia d'amore, come già lo era stato il contributo di Gianluca Santini; ma a differenza di Sardegna Gialla, in questo Girfriend from Hell non si parla di un amore da ritrovare, bensì della costruzione di un amore. È quasi un volersi chiedere se in una situazione di sbando totale, di cessazione di ogni comportamento etico, di lotta alla sopravvivenza, è ancora possibile che un uomo e una donna si sentano uniti da un sentimento che cozza con la cruda realtà esterna. È possibile amare (e quindi fidarsi e affidarsi) ad un'altra persona mentre fuori tutto crolla e vale solo: ognuno per se e dio per tutti?
Germano costruisce una coppia che all'inizio sembra quasi non reggere (lei bellissima, donna di spettacolo, abituata a una vita agiata; lui alla disperata ricerca di un posto nella vita), ma via via che la fuga procede per le strade della gran bretagna, la volontà di sopravvivere (un figlio non è forse anche proprio questo?) prende il sopravvento. E tutto si affronta come un sol'uomo. Man mano che il tempo passa, i personaggi diventano da un lato più bestiali, perché devono avere un atteggiamento consono al mondo nuovo in cui si trovano a vivere; e contemporaneamente quest'imbarbarimento dà la nuova misura dell'umanità che dovrà venir fuori se vorrà sopravvivere
La costruzione di un amore, di cui avevo parlato più su, è messa alla prova radicalmente, non solo in una situazione difficile, ma proprio estrema, al limite dello svanire dell'umanità. E forse, se Hell e Zooey arrivano in un modo o nel'altro fino in fondo, è perché l'amore resta l'unico collante che tiene ancora l'uomo coi piedi ben piantati per terra e da un senso a tutto.
Anche questo è un buon lavoro, con una buona scrittura, molto leggibile.
Unico difetto, dal mio punto di vista (ma per tutti gli altri è stato un pregio!), i rimandi a contenuti multimediali. Non avendo un lettore collegato ad internet, mi è stato impossibile arrivare ai brani proposti. E poi le parti in inglese: io che non ne capisco niente, ho cercato di andare a senso.
Giudizio: placet. Voto: 7,5


TIM



giovedì 26 aprile 2012

Una brutta faccenda, di Marco Vichi

Mentre herr doctor Mana prosegue nella sua lotta contro il tempo, io sono qui a parlarvi di un libro che ho appena finito di leggere. 
Si tratta di Una brutta faccenda, di Marco Vichi, secondo romanzo con protagonista il commissario Bordelli, poliziotto che indaga nella Firenze degli anno '60.
Cominciamo con la trama:
Firenze, 1964. Sono le nove di sera e il commissario Bordelli sta apprestandosi a uscire dal commissariato quando viene bloccato da Casimiro, una sua vecchia conoscenza. L'uomo è agitato e sconvolto, non riesce quasi a parlare. Con calma il commissario attende che si calmi un po' e che gli racconti la ragione di tutta questa agitazione. Casimiro gli spiega di aver trovato un cadavere in un bosco vicino a Fiesole. Il commissario e l'agente Piras si recano sul luogo del delitto ma del cadavere non c'è traccia: il corpo sembra essersi dileguato nel nulla.
Che Marco Vichi sia bravo non lo dico solo io, che non faccio testo, ma anche e soprattutto quelli del Premio Scerbanenco, che nel 2009 lo hanno premiato per Morte a Firenze, in cui sempre il commissario Bordelli indaga tra le acque dell'Arno che hanno appena invaso Firenze.
Non avevo mai letto alcunché di Vichi e quando ho ritrovato questo romanzo nel lettore, scaricato gratuitamente chissà quando e da dove, mi son detto che era il momento di cominciare. E devo dire di aver fatto bene, visto che la storia, i personaggi, l'ambientazione, la scrittura tengono inchiodati alla pagina come non mai.
Una brutta faccenda non è, tuttavia, uno di quei gialli pieni di colpi di scena, inseguimenti spettacolari e personaggi cazzuti, ma al contrario l'atmosfera greve e piena di pioggia incanala verso la lentezza. Una lentezza in cui le cose crescono a poco a poco, maturano e poi esplodono. Il binomio Bordelli-Piras (il suo agente-pupillo sardo) tiene tutto in un bilico perfetto dal punto di vista della storia; così come, dal punto di vista della scrittura, la contrapposizione dei due caratteri permette all'autore di vedere gli eventi da due punti di vista diversi e spesso opposti.
Questo commissario Bordelli mi piace e il suo mondo anche, perché è un mondo reale, non costruito artificiosamente solo per farci stare un commissario con i suoi morti ammazzati.
Gino Cervi:
un grande Maigret!
Penso proprio a questo da qualche giorno: l'ambientazione. Ho tre libri che sto leggendo: questo (che ho finito ieri sera complice la giornata festiva), uno del commissario Maigret e una raccolta con protagonista il commissario Wallander. Tutti e tre sono personaggi seriali, protagonisti di moltissime storie (Simenon ha scritto praticamente quasi solo del commissario parigino) e tutti e tre vivono in un mondo conosciuto e riconoscibile. Così riflettevo che la bravura dei tre autori non sta tanto nell'aver costruito un mondo attorno ai propri eroi, ma nell'aver calato i personaggi in un mondo (pre)esistente. È la sfida, credo, di ogni scrittore: non creare dal nulla, ma estrarre da una realtà e far in modo che il lettore ci si senta a suo agio perché è la realtà di tutti i giorni.
**Un'ultima osservazione, che però dovete prendere con le pinze, cum grano salis. Mi sto rendendo conto che la maggior parte delle mie ultime impressioni di lettura si riferiscono ad un genere letterario che tra di voi, miei abituali lettori, non suscita molto interesse. E non mi riferisco al numero dei commenti, ma proprio al fatto che quasi nessuno di voi si interessa al giallo e al poliziesco in genere. Insomma sto cominciando a sentirmi come un pesce fuori d'acqua (attenzione: non parlo del rispetto e della stima che ho verso ognuno di voi personalmente!). Pensate che sia giunto il momento di inserirmi anche in qualche altro giro?**



martedì 24 aprile 2012

Sei tutti noi, mister Mana!

Sotto quel panama,
c'è una testa che fuma!
Non si può mettere Paolo Conte nella playlist dell'MP3.
Non per snobbismo, ma perché dopo aver ascoltato una decina di pezzi, anche se di autori i più svariati, appena scattano le prime due note di pianoforte, dici subito: questo è Paolo Conte.
Ecco, Conte rompe un ritmo e ne crea uno diverso. Allora è meglio metterlo a parte, per fatti suoi, perché Conte non può esser lì e ascoltato casualmente. Conte (il maestro orchestrante, non l'allenatore!) non ti può capitare, lo devi cercare.
Forse è una prerogativa di chi abita nell'Astigianistan.
Ora, tra i fortunati abitanti di quelle colline, ce n'è uno che sta per dar vita ad una tenzone tutta particolare, dove i concorrenti sono sé e... sé medesimo.
Si può scrivere un romanzo in sei giorni sei? Non un raccontino, non una roba da poche righe; proprio un romanzo.





Bene Davide Mana ci prova.
Otto ore minime di scrittura al giorno, per sei giorni. Il target sarebbero 60.000 parole, ma 48.000 (1000 parole all’ora… hmmmm **) sarebbero già un buon traguardo.
Niente a che vedere con me che apro il file dove ripongo le poche e confuse idee sull'ultimo episodio del commissario Bacone e poi filo a catapultarmi su qualche stupido giochino on line, ma di quelli proprio da lattanti (che mio nipote di 6 anni mi sputerebbe in un occhio!).
Lui, il dottor Mana, dice di avere tutto:
Ho la struttura.Ho una outline di massima.Ho un buon cast di personaggi.Ho due directories piene di foto, mappe, ritagli di giornale, liste, appunti.Ho una pila di libri con un sacco di post-it che spuntano dalle pagine.Ho il software e la conenssione al web.Ho la musica.Ho provviste e generi di conforto.Ho una voglia dannata di scrivere questa storia. E dimostrare che si può fare.
C'è anche un premio:
... se arriverò in fondo, c’è un libro che ho una gran voglia di leggere che mi potrò ordinare.
un bicchiere
di quello buono!
E noi staremo lì (beh, poi ognuno fa quello che vuole, ben inteso!), a tifare per lui. E a mezzogiorno del primo maggio, l'aspetterò fuori dal cancello con un piatto di pasta aglio olio e peperoncino e (anche se lui è astemio) una bottiglia di Cirò rosso riserva.
Al limite, un bicchiere me lo faccio io.

TIM

sabato 21 aprile 2012

Dei peccati della signora Maigret e di altri commissari

Se esistono un paradiso e un inferno anche per i personaggi letterari, allora penso che la coppia dei signori Maigret dovrebbe andare in un confessionale a lavarsi la coscienza dal gravissimo (per la chiesa cattolica) peccato di atti sessuali contrari alla morale perché compiuti prima del matrimonio. Sì, perché la timorata signora Maigret e il suo integerrimo marito hanno copulato a una settimana dal matrimonio.
È lo stesso Simenon a svelarci la cosa. 
Siamo nel 1956 e lo scrittore francese è a Cannes dove sta scrivendo  Maigret s'amuse . La storia narra di una donna trovata nuda e morta nell'armadio di uno studio medico. Sono sospettati dell'omicidio il titolare dello studio e un suo sostituto. Maigret è ufficialmente in vacanza, ma è rimasto in incognito a Parigi per non essere disturbato dai suoi colleghi del Quais des Orfevres. Così segue attraverso i giornali i suoi ispettori alle prese con questo spinoso caso giudiziario. Uno dei due medici è fidanzato con una spigliata ragazza figlia di un avvocato di grido la quale, come risulta dai resoconti giornalistici, spesso andava a casa del fidanzato dove si intratteneva anche per la notte. Non esistendo a quel tempo lettori DVD o Pay Tv di sorta, si sottintende cosa i due facessero per passare il tempo.
Maigret e la moglie stanno leggendo i quotidiani che da giorni si sono buttati sulla notizia dell'omicidio e il commissario guarda di sottecchi le reazioni della moglie alla lettura dell'articolo.
Lasciamo la parola a George Simenon che ci svela questo particolare piccante della vita del più famoso baffo poliziesco d'Europa (in America hanno Wolfe, Nero Wolfe) e della gentile consorte.
Due o tre volte la signora Maigret si lasciò sfuggire un sospiro. Alla fine, invece di voltarsi verso di lui, si mise a fisare la chiatta che scaricava mattoni.
"Che strana ragazza" mormorò.
Per stuzzicarla, egli fece finta di non udire. Dopo un po', essa chiese:
"Tu approvi?"
"Cosa?"
"Non hai letto? Le visite in rue Saint-Pères. La camera da letto... Ai miei tempi... "
Egli esitò. Non voleva farle un dolore, ma tuttavia si arrischiò a dire:
"Non ti ricordi? Il boschetto, nella vallata di Chevreuse... "
Se Martine Chapuis non aveva arrossito, la signora Maigret, al contrario, diventò di fuoco.
"Non vorrai sostenere che è la stessa cosa?"
"Perché?"
"Mancava una settimana al nostro matrimonio."
"Per questi mancano due mesi." ... *)
Ecco. Anche i più candidi personaggi (immaginate Andreina Pagnani e Gino Cervi su quella panchina a discorrere) hanno i loro segretucci.
E veniamo all'altro commissario. Bacone, Francesco Bacone.
Sì, lo so che l'accostamento è irriguardoso nei confronti di Simenon, ma nel suo piccolo anche Bacone esiste, ed è della stessa consistenza eterea di Maigret. Che poi io, il suo creatore, non sia capace di renderlo per come merita, è un altro discorso. Ma Bacone vive.
Come ho già detto da qualche parte, dopo la prima novella e il primo raccontino a puntate, ho in corso la stesura di una seconda storia lunga (che per ora sta congelata parte sull'hard disk e parte nella mia testa) e da pochi giorni ho iniziato una seconda storia breve. Non vi dico questo solo per mera e becera pubblicità letteraria, ma per una riflessione che facevo ieri sera tra me e me medesimo mentre tornavo a casa.
In fondo questi raccontini, oltre a divertirmi, mi danno l'opportunità di conoscere meglio i miei personaggi. Mi spiego. Mi sono accorto che in Una gita fuori porta... ho seguito un dei personaggi dello sgangherato commissariato di V., ho cercato di studiarne le reazioni, di mettergli in bocca le parole giuste, quelle che Gennaro Bellagamba, campano doc, avrebbe pronunciato, i gesti che avrebbe compiuto. E lo stesso vale per Francesco Bacone e gli altri presenti. Ora, in questa seconda storia breve, sto cercando di delineare la vita e il pensiero di altri/e poliziotti/e del giro del commissariato. insomma stanno prendendo vita dei veri e propri personaggi autonomi.
Voi mi direte: che bella scoperta! è così che si scrive, mica parlando della rava e della fava! Certo, lo so, ma voi sapete anche che io sono nuovo del mestiere e che sto imparando poco alla volta. Così questa scoperta mi entusiasma. E la voglio condividere con voi.
Forse, dopo questa seconda storia breve, sarò più pronto ad affrontare la novella in ibernazione e chissà che non ne venga fuori qualcosa di buono, o quanto meno di meglio della precedente.
E ora, dopo le doverose lamentazioni riguardo ai riscontri che non sono ancora arrivati (eh, quanti bei post sull'importanza del feedback!), finisco di ammorbare queste pagine. E vado a buttarmi su quelle ancora intonse del raccontino. Anzi prima vi lascio un piccolo assaggio, le prime battute, di questa nuova sudata mia opera, che potrebbe (ma la cosa è ancora tutta da vedere) intitolarsi



È solo un gioco, commissario Bacone!
 “Pronto, sono Sara della British Telecom. È lei il titolare?”Bacone rimase un attimo interdetto.“Chi è scusi?”“Sono Sara della British Telecom. Vorrei parlare col titolare. È lei?”“Signorina, questo è un commissariato!”“E allora mi faccia parlare col commissario” ribatté Sara-della-British-Telecom senza perdersi d’animo.Bacone non sapeva cosa fare. Guardò il portatile che aveva in mano, poi disse:“Non ci serve niente, grazie!” e riattaccò.“Geremicca!” urlò qualche secondo dopo.Il telefono squillò: telefonata interna.“Sì, che c’è?” rispose.“È lei che mi ha chiamato, commissario” disse seraficamente Geremicca.“Ma cosa ti è saltato in mente di passarmi quella tizia di prima?” si alterò Bacone.“E perché? Si è gentilmente presentata e poi ha chiesto del titolare. Quindi visto che lei è il titolare di questo commissariato, gliel’ho passata.” Poi dopo una breve esitazione: “Ho preferiva che la facevo parlare con Conci?”Com’era quel libro? Quello da cui avevano fatto pure un paio di film? Ah, ecco: L’ultimo uomo sulla terra. Bacone aveva perso l’orientamento: era rimasto solo lui al mondo a ragionare secondo certi canoni o era rimasto l’unico imbecille sulla terra?

TIM

*) da: Maigret in vacanza, A. Mondadori editore, 1979, collana Le inchieste del commissario Maigret, pag. 307.

mercoledì 18 aprile 2012

Guardando la spuma scura delle onde dalla spiaggia di Orbetello

uscire presto la mattina
la testa piena di pensieri
scansare macchine giornali
tornare in fretta a casa
tanto oggi è come ieri
senza allegria
In questo momento non ho niente da dire e, essenzialmente, ho altro a cui pensare. Quindi... 





... e questa è in omaggio









TIM

martedì 17 aprile 2012

Racconto a puntate: Una gita fuori porta... (IV e finale travolgente)

Una gita fuori porta per il commissario Bacone

Suzuki 1300 B-King:
sedotta e abbandonata
Il giovane Guerrini emise una specie di lamento, ma non disse niente.
Guerrini padre imbocco il vialetto e prosegui per una cinquantina di metri, percorrendo una stradina sterrata in mezzo a due filari di salici. La strada curvava all'improvviso sulla destra e rivelava un casolare a due piani e, a una decina di metri di distanza, un'altra costruzione bassa che sembrava essere un granaio o qualcosa del genere.
Parcheggiarono poco distante dalla porta di casa.
Sullo spiazzo c'era un vecchio modello di moto, probabilmente degli anni '50 o’60 o ‘70 (avrete capito che Bacone non era un esperto), color verde militare, che sembrava appena uscita dal carrozziere, lucida e scintillante; persino le ruote parevano appena lavate col liquido per ravvivare la gomma.
Poco distante, appoggiata ad un albero, un'altra moto, che invece sembrava abbandonata lì da tempo. Era coperta di polvere e aveva la ruota anteriore a terra.
Benny, vedendola, proruppe in un sonoro "Uau!" e dopo qualche secondo, scendendo dall'auto, esclamò con la gioia e la meraviglia di un esperto:
"Una Suzuki 1300 B-King GSX! Cavolo!"
Bellagamba era sceso anche lui nel frattempo e aveva raggiunto il ragazzo davanti alla moto. Si grattò la testa, poi chiese a Benny:
"È una moto famosa questa?"
"Famosa? Questa e' un mito!” s’infervorò Guerrini junior. “Certo se non sei un motociclista vero non fa per te. Qui bisogna essere tosti per guidarla, ma se hai le pa… se ci sai fare, insomma, la strada la divori!”
“Lui se ne intende, ve l’avevo detto!” intervenne orgoglioso Guerrini padre.
Tutti adesso erano scesi dall’auto ed erano presi dalla vista della moto.
“E quanto costa una cosa così?” chiese il commissario Bacone.
“Eh beh, ci vorranno sui quatt… facciamo anche quindicimila euro.”
Bellagamba emise un fischio. Poi sembrò accorgersi dello stato in cui era ridotta.
“Però, buttare così 15 mila euro! Guardate com’è messa! Pare abbandonata!”
Bacone si girò verso l’altra moto, quella sullo spiazzo.
“Quella, invece, mi sembra tenuta come si deve.”
“Che moto è?” chiese Tim Guerrini, avvicinandosi con tutto il gruppo.
Scooter Malaguti 48 - 1965:
l'amore di una vita!
Benny la squadrò a dovere. Poi con tono professionale enunciò:
“Malaguti Scooter 48. Motore Morini 2 tempi 48 cc. Tre marce. Anno 1965, forse ’66.” Sembrava soddisfatto della lezione appena impartita.
D’un tratto Bellagamba intervenne.
Guagliò, ma dobbiamo andare a vedere ‘sta cosa dei pacchi o passiamo la mattinata a guardare le moto?”
Francesco Bacone e Tim Guerrini raggiunsero la porta di casa e suonarono il campanello.
Una serie di voci, due forse tre, provenivano dalla casa e sembravano parlare concitatamente.
Bacone capì che il fracasso doveva aver coperto il suono e scampanellò di nuovo.
Poi ancora una terza volta, finché non si sentì qualcuno scendere precipitosamente
dalle scale e fermarsi dietro la porta.
"Che siete venuti a fare? E chi siete? No, rispondete prima alla seconda domanda. Ecco, ora ricapitolo così ci capiamo meglio. Allora: chi siete e cosa volete?"
"Sono Tim Guerrini, del posto di polizia di... "
"Non ho tempo ora. Mi chiami in questura e verrò. Forse domani!"
Guerrini stava per ribattere ma intervenne Bellagamba:
"È per i pacchi non consegnati, volevamo... "
Un panama e una camicia a fiori apparvero all’improvviso. Avvolgevano l’uomo che aveva aperto di botto la porta e che urlò:
"Chi è stato? Perché l'ha fatto?"
Poi vide il ragazzo e puntò il dito contro di lui:
"E' stato lui?"
"Si calmi, dottor Mana... "
“Chi le ha detto che io sono il dottor Mana?” obiettò alterato anzicchè no.
“All’ingresso del vialetto c’è l’indicazione col nome Davide Mana, perciò… “
“Le cose non sono sempre così consequenziali come sembrano, caro signore… “ arrossò l’uomo, puntando questa volta il dito verso il commissario Bacone che era intervenuto.
D'un tratto ripresero a sentirsi le voci di prima, che interruppero l’uomo:
"Non può entrare di là, ma non vede che è stretto!"
"E lei provi da dietro, di là forse non fa resistenza!”
Il gruppo fuori dalla porta si guardò con aria interrogativa.
"Abbiate la bontà di tacere, orsù, signori!" esclamò Davide Mana rivolto a qualcuno che sembrava trovarsi in un posto in cima alle scale. Quindi riprese:
"Comunque sì, sono Davide Mana. Allora, avete preso lo sfaticato che non effettua le consegne?"
"Veramente prima volevamo alcuni chiarimenti da lei, dottore" intervenne ancora Bellagamba.
“Senta, io non ho tempo da perdere. Se ha risolto la questione dei pacchi, bene, altrimenti… ”
Le ripeto che non ho la potenza di tiro da quell’altezza, ingegner Ciambotti!” ancora una voce da in cima alle scale.
E allora modifichi i parametri di forza o cambi arma, professor Baracca!” rispose l’altra persona che doveva essere con lui.
“Professor Baracca! Ingegner Ciambotti! Per piacere! Abbiate un attimo di pazienza e arrivo!” esclamò sfastidiato il dottor Mana volgendosi verso dove provenivano le voci.
“Il professor Baracca e l’ingegner Ciambotti!?” esclamò meravigliato Benny. “Baracca e Ciambotti quelli di Una notte da circo?"
“Sì, perché, li conosce?” questa volta fu Davide Mana ad essere stupito.
“Finalmente ho capito chi è lei! Non avevo ancora collegato il suo nome con quello della persona che conosco! Ma certamente che so chi è! Ho letto tutti i suoi resoconti sulle loro avventure! E scommetto che state facendo qualche gioco di ruolo!”
“Veramente… sì” ammise Davide Mana col tono di chi è indeciso se confessare un crimine. Ma si riprese immediatamente: “Stiamo cercando di migliorare il quarto livello di Lo zoccolo di ghiaccio”.
“Ganzo! Lo zoccolo di ghiaccio! Siete riusciti ad arrivare al quarto livello!” deliquiò Benny.
“In verità noi lo stiamo riscrivendo in vista di una partita che si svolgerà… ma perché? Lo conosci?” cambiò nuovamente tono il padrone di casa, questa volta più sull’interessato.
“Certamente che lo conosco! Lo stiamo giocando da molti mesi con i miei amici.”
“Non mi avevi mai detto che facevi cose del genere!” intervenne Tim Guerrini.
“Ma papà, è solo un gioco!” giustificò il ragazzo.
“È un gioco, è un gioco. Stia tranquillo, signore” lo tranquillizzò il dottor Mana.
Tim Guerrini non sembrava per niente tranquillizzato dalle rassicurazioni del padrone di casa, specie tenendo conto del personaggio che aveva davanti.
“Ma se è un gioco perché si sentono queste urla? E poi che vuol dire: provi da dietro che fa meno resistenza? A me pare una cosa equivoca. Comunque non mi è chiara!”
Davide Mana guardò con aria sconsolata il poliziotto da sotto la tesa del panama. Poi scrollando la testa si rivolse a Benny:
“Ragazzo, spiegagli tu di cosa si tratta.”
“Ma non pensarci nemmeno!” reagì piccato Tim Guerrini, che all’improvviso si ricordò del ruolo che ricopriva, come genitore e come poliziotto, e che lo costringeva a tenere un comportamento contegnoso.
“Ma papà! Ti assicuro che è soltanto un gioco. Si tratta di una battaglia fatta con soldatini e dadi e il signore qui sta cercando di spiegarti che si parla di eserciti che cercano di sfondare le linee nemiche… “
Tutt’un botto si sentì uno scatafascio provenire dal piano di sopra. Un rumore di piccoli oggetti caduti a terra e poi un tonfo di qualcosa di più pesante. A seguire, un bisbiglio di voci concitate.
“Ecco, lo sapevo!” Commentò Mana. “Non li posso lasciare da soli neanche per un istante senza che quei due ne combinino una delle loro!”
Poi, come tagliando corto una discussione che sembrava annoiarlo, si rivolse nuovamente al ragazzo:
“E tu come pensavi di risolvere la cosa? Quella dello sfondamento, dico.”
“L’altra notte ho pensato che se si prova ad attaccare l’ala sinistra e contemporaneamente… “
Davide Mana fece qualche passo indietro verso la scala e poggiò un piede sul primo gradino. Poi tornò a guardare il ragazzo.
Ti piacla zuppa di jalisco?”
“ Ehm … Cos’è?”
“Benissimo! Tu mi sembri avere le idee chiare!” esclamò Mana che non sembrava essersi reso conto della risposta del ragazzo. “Andiamo, c’è un sacco di lavoro da fare!” decretò dirigendosi verso i gradini.
“Dottor Mana, aspetti!” intervenne Tim Guerrini che non aveva ancora afferrato veramente quello che stava succedendo. “E la questione della consegna dei pacchi?”
“Ma cosa vuole che me ne importi dei pacchi! Di questo parli con Max Giusti!” sbotto l’uomo ormai a metà scala. “Su, ragazzo, animo, seguimi!”
Benny si girò un attimo verso il gruppo sulla porta, fece un gesto con le braccia allargate a palme in su che voleva dire: avete capito allora quali sono le cose importanti della vita! Che ci posso fare! e poi si precipitò dietro l’uomo col panama.
Il gruppo dei tre poliziotti restò muto a guardare Benny e Mana scomparire al piano superiore.
“Max Giusti?” fece interrogativo Bacone rivolto a Bellagamba. L’agente rispose con un eloquente gesto: poi lei spiego.
Ma ingegner Ciambotti! Cos’ha fatto!” (nel frattempo la voce di Mana).
E quando uscite chiudete la porta! Che là fuori è pieno di furfanti e lestofanti! E non parlo solo dei politici!” Questa volta l’invettiva era rivolta agli uomini della legge.
I quali si scrutarono con l’aria di non aver ancora capito bene quello che era appena successo.
Poi Bellagamba guardò l’orologio; quindi si rivolse al commissario Bacone:
“A che ora è l’appuntamento per il pranzo col suo amico? Mi sa che si sta facendo tardi.”
Anche Bacone guardò l’orologio. Quindi concordò:
“Eh, ci siamo quasi, forse è meglio andare.”
“Dove?” chiese Tim Guerrini curioso.

(esterno casa)
Tre uomini gesticolano e parlottano tra loro. Poi salgono su una Simca 1000 arancio Coupé Bertone e si allontanano, uscendo di scena. Da lontano, nella direzione da cui è scomparsa l’auto, si sente una musica. Sembra un cantante neomelodico napoletano.

- fine -

(ringrazio Davide bodhisattva Mana per l'autorizzazione all'utilizzo del...  suo personaggio)

TIM

lunedì 16 aprile 2012

Racconto a puntate: Una gita fuori porta... (III)

Una gita fuori porta per il commissario Bacone

Prima la Prinz, poi la Ritmo 105
e ora la Simca 1000 Coupè.
Questa di chi sarà?
Benny bevve ancora un sorso della sua bibita.
“Dovevo consegnare una busta a De Franchi, che ha una villa cinquecento metri dopo quel casolare. Quando ho visto l’indirizzo ho cominciato ad aver paura e ho chiesto a qualcuno dei miei colleghi se ci andavano al posto mio. Ma nessuno ha voluto prenderla, neanche dietro pagamento di una piccola mancia. Allora ho pensato di saltare la consegna con una scusa, ma poi mi sono detto che era meglio non calcare troppo la mano con queste situazioni, perché i capi non sono tanto scemi e non ci mettono molto a prenderti di mira. Così mi sono fatto coraggio e ho imboccato la stradina. Ho chiuso tutti i finestrini, anche se faceva caldo, ma nonostante questo, a cinquanta  metri dalla villetta, ho cominciato a sentire strane urla che, avvicinandomi, sembravano risate  di animali, tipo una iena… capite quello che voglio dire?”
Benny aveva gli occhi rossi, spiritati, e continuava a girarsi ora verso l’uno ora verso l’altro dei presenti quasi a chiedere comprensione e appoggio. Poi, dopo un altro sorso di orzata, continuò.
“D’un tratto vedo qualcosa che mi attraversa la strada e inchiodo il furgone, ma quando guardo, questa cosa era già sparita.”
“Ma quanto era grossa?” domandò curioso Bellagamba. “ Più di una gallina, meno di una gallina?”
“All’incirca co… come una gallina” spiegò il ragazzo.
“Non sarà stata proprio una gallina?” suggerì Bacone.
Benny sembrò confuso:
“Beh, veramente… a ripensarci… potrebbe anche essere.” Il ragazzo si fermò un istante quasi a riflettere sulla possibilità suggerita dal poliziotto.
Poi riprese convinto: “Comunque riparto e vado a fare la consegna. Sulla strada del ritorno, sento nuovamente quei suoni strani e poi un rumore e qualcosa che si schianta contro il vetro. Non vi dico la paura!”
“E che era? Ti sei fermato?” domandò ancora Bellagamba.
Benny cominciò a muoversi sulla sedia, come se scottasse.
“Manco per niente! E mica ero scemo! Prima sono arrivato sulla strada comunale e solo dopo che sono uscito dal paese mi sono fermato.”
“E quindi?”
“Quindi cosa?”
“Cosa c’era sul vetro, no!?” quasi urlò spazientito Bellagamba.
Benny Guerrini a questo punto fece un’espressione di chi è preso in fallo. Ma riuscì ugualmente a dire:
“Era stato un uccello. L’aveva fatta e aveva centrato il vetro.”
“E tutta questa storia per la cacata di un uccello?”  intervenne il padre poco meno che infuriato.
“Ma era grossa, dovevi vedere quant’era grande, prendeva mezzo parabrezza!” s’infervorò Benny che non ci stava a fare la figura dello scemo.
Poi si accasciò sulla sedia e bevve d’un fiato quello che era rimasto dell’orzata.
Bacone si alzò, seguito da Bellagamba.
“L’unica è andare a vedere di persona. Avete il tempo di accompagnarci?"
Bellagamba intervenne: “Ma non dovevamo andare dal vostro amico?”
“Sì, ma se il ragazzo dice che non arrivano fin lì perché c’è qualcosa prima della sua villa, direi di andare a dare un’occhiata; tanto alla fine siamo di strada.”
“Evvabbè, andiamo” consentì Bellagamba.
Tim Guerrini, vedendo che i due stavano già avviandosi verso l’auto, si alzò a sua volta e li chiamò.
“Commissario, agente! Un attimo! Certamente che veniamo anche noi! Voi non sapete neanche dove andare! Ci guiderà Benny.” Poi girandosi verso il figlio che era rimasto seduto intimò: “Vero che ci guidi tu?” e più che una domanda era un ingiunzione.
I quattro si ritrovarono al centro della piccola piazza.
Bellagamba guardava dalla parte della sua Ritmo 105 TC, mentre Bacone cercava con gli occhi Tim Guerrini. Il quale ruppe gli indugi e disse:
“Andiamo con la mia auto.”
Bacone allora si volse verso Bellagamba allargando le braccia,come a dire: “Ci hanno invitato… ”
Guerrini direzionò verso un furgone chiaro e sparì dietro la sua sagoma.
Quando uscì con l’auto in retromarcia, Bellagamba rimase letteralmente a bocca aperta: Tim Guerrini era, raggiante, al volante di una Simca 1000 Coupè Bertone color arancio chiaro, tirata a lucido in ogni sua parte.
Bacone nascose a stento una risata davanti allo spettacolo dello sguardo sbalordito del suo agente.
Quando tutti furono saliti in auto, (ma per Gennaro fu quasi un’onta salire su quel modello; e per di più arancione!) Guerrini partì e si diresse verso l’uscita del paese, guidando con la stessa concentrazione con cui avrebbe pilotato un 747.
Durante il breve viaggio, solamente il poliziotto alla guida parlò col figlio, chiedendogli che, una volta sul posto, gli indicasse la strada.
Alle prime case, Benny disse che avrebbero dovuto attraversare tutto il centro e arrivare in fondo al paese. Poi d’un tratto invitò il padre a girare a sinistra e proseguire dritto.
L’auto con i tre poliziotti e il giovane corriere espresso superò le ultime abitazioni e poi cominciò a viaggiare nelle campagne assolate. D’un tratto il ragazzo puntò il dito davanti a lui e, indicando una ripida stradina alla destra della carreggiata:
“Ecco, è lì!” disse, e sembrò raccogliersi sul sedile.
Tim Guerrini rallentò e azionò l’indicatore di direzione dell’auto, poi si fermò all’imbocco del vicoletto.
Uno strano cartello in legno e una cassetta delle lettere all’americana, sempre in legno, salutavano gli ospiti.
Guerrini padre si sporse dal finestrino e lesse dal cartello:
“Davide Mana abita qua” lesse testualmente. “Ah, è così che si chiama?” disse rivolto al figlio.
“Sì, è proprio lui.”
“E la casa del mio amico, il dottor Eugenio Scafati, dove sta?”
“Mi sembra di ricordare che abiti cento metri più in là.”
"Allora, siamo arrivati, andiamo a vedere" propose il commissario Bacone.

(... continua... )

TIM

sabato 14 aprile 2012

Racconto a puntate: Una gita fuori porta... (II)

Dopo la Prinz del commissario,
arriva la Ritmo 105 TC di Bellagamba

Una gita fuori porta per il commissario Bacone

“Veramente è mio figlio, commissario, ecco perché lo conosco bene.”
“E non c’è niente di male, anzi è fortunato ad avere un figlio che lavora. Di questi tempi… ”
“Ah, questo è sicuro!” Guerrini padre sembrava essersi ripreso. Allora dirò a mio fi… a Benny che sabato mattina si faccia trovare qui in ufficio per parlare con lei.”
“Ma no, non c’è bisogno. Ci possiamo vedere al bar più vicino al posto di Polizia. Ce ne sarà uno nelle vicinanze!”
“Certamente, è proprio dall’altra parte della strada.”
“Allora alle nove più o meno sarò lì.”
“E mi saluti Stefano Conci, se lo vede!”
“Se lo vedo, sicuramente” rispose Bacone augurandosi in cuor suo che la malattia di Stefano durasse almeno qualche settimana.
La conversazione si concluse.

“E questa sarebbe…”
“Certamente commissà! cos’ha che non va?”
“Tu non sei voluto venire con la mia Prinz e mi arrivi con una Ritmo!”
“Ritmo 105 TC, 1981. Prodotta, la Ritmo, in due milioni quarantaquattromila trecentonovantatre unità. Questa ha una cilindrata di 1585 cc e cambio automatico a tre rapporti! Ah, io naturalmente ho l’alzacristalli elettrici e, come potete notare, volante a tre razze. ‘Nu gioiello!”
Bacone rimase ancora a guardare la fiammante, per via del colore rosso acceso e della lucentezza della carrozzeria, auto di Bellagamba. Poi chiese:
“Ma ce la facciamo fino a… “
“Commissà, voi mi offendete! Con questa macchina io ci carico la famiglia e tutti gli anni vado a casa” (casa per Bellagamba era il paesello natio) “e voi dovreste vedere che figurone quando entro nella mia strada con questa macchina e parcheggio sotto al portone!”
“Va bene, Gennà. Andiamo che si fa tardi.”
I due salirono sull’auto e la Ritmo 105 TC dell’agente scelto lasciò il marciapiede davanti casa del commissario, con Bellagamba che si affacciava al finestrino per controllare che non venisse nessuno: non si era mai fidato degli specchietti retrovisori.
Anche se c’era la consegna del silenzio per quel viaggio, Bellagamba cominciò a parlare appena imboccata l’A26 direzione Genova e riassunse a Bacone lo stato di salute di tutta la famiglia fino alle parentele di terzo grado. E questo evitò di accendere la radio.
All’uscita di Alessandria Sud Bellagamba prese a  spiegare a Bacone come si lavorasse il tabacco per fare i sigari e, davanti al bar prefissato come punto di ritrovo, aveva appena terminato di tessere le lodi del mare di Napoli.
“Eh, comissà! so’ belle cose queste!”
Bacone per tutto il viaggio aveva cercato, fra un sigaro toscano e una nonna centenaria, di mettere insieme due domande da fare al ragazzo. E quando vide un uomo sorridente fuori al bar con un giovanotto al fianco, capì che li stavano già aspettando.
Parcheggiarono sotto gli alberi della piazzetta e si diressero verso la coppia in attesa.
Tim Guerrini dapprincipio assunse un’aria stralunata quando Bacone si avvicinò tendendogli la mano. Gettò uno sguardo all’auto con cui erano arrivati e poi squadrò il commissario.
“Il commissario Bacone?” chiese perplesso.
“Certamente! Dottor Guerrini? Questo è l’agente scelto Gennaro Bellagamba. Siamo venuti con la sua auto… ” ci tenne a precisare.
Uscendo dall’empasse, Guerrini esclamò:
“Oh, benvenuti! Questo è mio figlio Benny. E’ lui che fa le consegne per il corriere a Castelnuovo. Vogliamo accomodarci per un caffè?”
Il gruppo sedette ad un tavolino messo di traverso sul marciapiede. Furono fatte le ordinazioni e aspettando il cameriere Bacone cominciò a tastare il terreno.
“Allora, com’è questo lavoro col corriere? Ti piace?” chiese al ragazzo.
Benny Guerrini sembrava imbalsamato, incapace anche soltanto di aprire la bocca.
“Rispondi Benny, non ti preoccupare. Il commissario è un collega e, come ti dicevo, sono solo quattro chiacchiere. Non mi sembra che la domanda sia così difficile!” l’incoraggiò Guerrini senior.
“Beh sicuramente è faticoso, sempre sopra e sotto col furgone, le bolle, carica e scarica i pacchi. Ma sono fortunato ad avere un lavoro oggi come oggi!”
“Su questo non ci piove, hai ragione. Come certamente ti avrà detto tuo padre, qualche giorno fà… ” Bacone si interruppe per l’arrivo delle consumazioni. Quando ognuno ebbe avuto il suo continuò:
“Come ti dicevo, qualche giorno fà…” e ricapitolò la faccenda a beneficio del ragazzo. “Cosa puoi dirmi in proposito?”
Benny sorseggiò dal suo bicchiere l’orzata ghiacciata; poi cominciò a parlare, come se avesse deciso di confessare un efferato delitto.
“Sì, è vero.”
Lanciò un’occhiata al padre, quindi continuò:
“Ho saltato qualche consegna in quella zona.”
Tim Guerrini guardò il figlio come se lo vedesse per la prima volta. Poi spostò lo sguardo su Bacone e Bellagamba e tornò al figlio.
“Ma non è colpa mia!” protestò il ragazzo. “E’ che è pericoloso passare per quella strada!”
“Ma che dici pericoloso!” interruppe il padre. “E’ una strada così tranquilla, in campagna, piena di casolari!”
“Appunto! I casolari! Ce ne sono alcuni a cui è meglio non avvicinarsi! Anzi uno in particolare…”
“Ma che dici, Benny…” interruppe nuovamente Tim Guerrini. “Mi stai dicendo che non hai fatto le consegne e non hai detto niente? E nessuno se ne accorge sul lavoro?”
“Certo che se ne accorgono! Ma finché le cose vanno così come sono, danno la consegna a qualcun altro e nel giro di qualche giorno è tutto a posto.”
Tim Guerrini aveva la faccia sconvolta e continuava a fissare il figlio.
Bacone cercava un modo per uscire dalla situazione spiacevole che sia era creata, magari inventandosi una domanda che permettesse al ragazzo di giustificarsi.
“E perché non vi potete avvicinare? Dov’è sto’ casolare?” interruppe Bellagamba.
A quel punto Benny fu il classico fiume in piena:
“È una vecchia cascina ristrutturata subito all’inizio della strada. Ogni volta che si passa là davanti c’è il pericolo che qualcosa ti buchi una gomma o ti colpisca lo sportello. E poi si sentono urla, musica a tutto volume e tutti giurano di non aver mai visto il padrone di casa: al citofono risponde sempre con una specie di grugnito e tira fuori dalla porta solo la mano per firmare la ricevuta.”
“Mi sa che leggi troppi libri dell’orrore, ragazzo!” intervenne Bellagamba.
“Ma no, ma che dice!” protestò Benny.           
“Su questo la posso tranquillizzare io: l’unico libro che sfoglia mio figlio è le pagine gialle, per i rivenditori di moto! O al massimo le riviste del settore!” e il suo non sembrava un rimprovero ma un vanto.
“Vi racconto quello che è successo a me qualche giorno fa.”

(... continua... )

TIM
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