mercoledì 7 marzo 2018

Di elezioni ed... elezione

L'importante è non perdere il ritmo, quindi queste poche righe servono per dirmi che ho di nuovo (o ancora) un blog e che in qualche modo lo devo usare.
(Nel titolo ho giocato un po' con le parole e forse non tutti capiranno, ma ci sono i commenti per chiedere eventuali lumi... )
Domenica siamo andati a votare, almeno io ci sono andato. Abbiamo 'commesso' il nostro dovere (come dice un amico) e ci siamo ritrovati come stavamo prima del 4 marzo: senza la possibilità di avere un governo stabile.
Colpa, dico io, della mancata approvazione della legge elettorale proposta dal vecchio governo; non quella poi passata dal voto, il Rosatellum bis, ma quella che i partiti dell'opposizione non hanno accettato per principio (leggi: per ripicca), il primo Rosatellum.
Il tutto a sua volta colpa della mancata approvazione della Riforma Costituzionale col referendum del 4 dicembre (il 4 porta decisamente male a certi politici!) 2016.
Adesso tutti a chiedere la riforma del voto e della Costituzione, senza rendersi conto (o forse sì) che per avere quello che reclamano e pretendono a gran voce bastava votare SI a tutte e due le cose: referendum e prima proposta di legge elettorale.
Ma andiamo avanti restando in argomento elezioni.
Il Partito Democratico ha clamorosamente perso le elezioni. Voglio sperare che gli italiani abbiano votato gli altri partiti perché sono stati convinti dai loro programmi. E dico questo perché, se così non fosse, vuol dire che sono semplicemente andati dietro a miraggi più o meno succulenti; che come ogni miraggio svanirà nell'arco di un giro di lancette d'orologio. Posso (e devo) democraticamente accettare che altri la pensino diversamente da me; ma non accetto che ci sia gente che decide per sé e soprattutto per gli altri (il loro voto peserà su tutti i cittadini italiani, anche su di me) solo solleticati da promesse da marinaio perniciose che già dal lunedì successivo sono state smentite o dichiarate irrealizzabili da coloro che le avevano fatte. Evidentemente in mala fede.
E a proposito di fede, sono alle prese col mio solito dilemma, che non interesserà a nessuno: calvinismo o arminianesimo? libero o servo arbitrio? la mia decisione/volontà servirà a qualcosa o tanto ormai è tutto stabilito con l'elezione?
Alla prossima.

lunedì 26 febbraio 2018

Dj Fabo, Roberto Saviano, la normalità e la libertà

Fabio Antoniani / Dj Fabo

Ho visto ieri sera qualche minuto dell'intervista a Roberto Saviano in un programma TV e ho fatto qualche riflessione che voglio condividere con voi.
Saviano ad un certo punto ha dichiarato (citazione testuale per quel che mi consente la memoria, ma si può andare a recuperare il video in rete): "Dj Fabo era un ragazzo come tanti, che ogni tanto eccedeva con alcool e droga".
Ora questo mi fa chiedere anzitutto che idea ha Saviano di quale dovrebbe essere la normalità per i giovani d'oggi. Se cioè per lui un ragazzo qualsiasi ('come tanti' dice lui) normalmente si debba drogare e bere in modo eccessivo.
Spero che i ragazzi di oggi non siano così nella loro ‘normalità’, altrimenti nei prossimi 10-15 anni la nostra società sarà composta da drogati e alcolizzati.
Seconda osservazione.
La vita (e soprattutto il fine-vita) di Fabiano Antoniani è diventato ormai un paradigma di un certo tipo di riflessioni sulla vita, la sua qualità e sulla possibilità di scegliere liberamente come agire.
Non entro nel merito della correttezza o meno della scelta di quella persona. Anzitutto perché è stata una scelta sua personale; e poi perché non mi trovo nella sua condizione e non conosco personalmente altri che stiano vivendo quel dramma.
Non posso però non notare, e far notare, che ci sono (purtroppo) centinaia di persone nel mondo nella sua situazione, e che non tutte prendono o hanno preso la sua decisione.
Ci sono di quelli che continuano ad andare avanti, lottando allo stremo, subendo una malattia così terribile, magari con rabbia e senza accettazione.
E ci sono di quelli, e sono tantissimi anche se non fanno notizia, che accettano con fatica ma anche con serenità di vivere quell’esperienza terribile. Anzi diventano un esempio di vita per quelli che stanno loro attorno, i parenti, coloro che li assistono quotidianamente, le persone che riescono a raggiungere con i mezzi che la tecnologia mette a loro disposizione.
Perciò mi chiedo non cosa sia giusto fare (queste sono scelte personali) ma quale possa essere una risposta ad un dramma di questo tipo.
Perché se riuscissimo a porre la domanda in modo diverso (ad esempio: abbiamo un altro senso, che non sia quello corrente, da dare alla vita? Cos’è e cosa implica la libertà di scelta?) arriveremo forse a dare una risposta diversa.
Aspetto un vostro parere.
(Con questo post forse ricomincia l'avventura del Garage di Demetrio. Per esserne sicuro vorrei però aspettare di scrivere il prossimo pezzo, per spiegare il perché e il percome.)

venerdì 29 maggio 2015

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venerdì 6 febbraio 2015

Intanto, non perdiamoci di vista...

A volte si cambia per ricominciare.
A volte si cambia perché tutto resti com'è.
Ho pensato che il post numero 600 andasse bene per mettere la parola fine a quasi sette anni di Garage.
Perché?
Non lo so di preciso, così come non so se ricomincerò da qualche altra parte, con un altro titolo, un'altra piattaforma, un'altra copertina...
Sono stati begl'anni, sicuramente, in cui ho postato ogni giorno per mesi e sono stato via per settimane.
In cui ho scritto, recensito, polemizzato, ca**eggiato, ironizzato: ho detto insomma quello che mi passava per la testa.
In cui ho conosciuto tantissima bella gente; qualcuno continua a bloggare ancora, qualche altro ha smesso, qualche altro ha cambiato registro. *
La vita, insomma.
E poiché, come dice il poeta, la vita continua anche senza di noi, mi inchino al mondo e al suo fluire e vi saluto.
Ah, e come diceva il Serg. Esterhaus ai suoi uomini dopo il rapporto giornaliero in Hill Street giorno e notte: «State attenti là fuori».






Nino e Juan Segundo 

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* però qualcuno devo ricordarlo, è d'obbligo.
In ordine strettamente "come capita": Glauco, Ariano, DavideNick, AlexDonataSimoneDanieleGianlucaAngeloLucaFerruccioFrancescaEnzoEduAlessandro, Eddy... 
Sicuramente qualcuno l'ho dimenticato, perdonerete la mia memoria, ma con me ci siete tutti... 

AGGIORNAMENTO: se qualcuno dovesse essere interessato, ci siamo TRASFERITI QUI

martedì 13 gennaio 2015

Paolo, Giobbe e i "doni" di Dio

“Certo, se volessi vantarmi, non sarei insensato, perché direi solo la verità; ma evito di farlo, perché nessuno mi giudichi di più di quello che vede o sente da me.
Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia. A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l'allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo.”
(2Cor 12,6-9)


Chi più di Paolo può dire di aver ricevuto da Dio doni a non finire, come uomo (la sua eloquenza e forza d’animo) e come cristiano (le rivelazioni ricevute e, anzitutto, la conversione straordinaria)?
Eppure proprio Paolo confessa di avere un pungiglione nella carne, qualcosa che lo tiene coi piedi per terra perché non insuperbisca per la grandezza della sua situazione personale. Egli parla di un inviato di satana che lo “schiaffeggia”.
Per ben tre volte (tre è numero perfetto, come a dire che ha fatto tutto il possibile) ha pregato Dio che lo liberasse da quest’afflizione, ma Dio stesso gli ha risposto: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza”. La potenza di Dio, infatti, si serve degli uomini e della loro debolezza, non è limitata da essa.
Un altro personaggio biblico che ha ricevuto queste “attenzioni” da parte di Dio è Giobbe.
Leggiamo in Giobbe 1,6-12:
“Un giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi davanti al Signore e anche satana andò in mezzo a loro. Il Signore chiese a satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Da un giro sulla terra, che ho percorsa». Il Signore disse a satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male». Satana rispose al Signore e disse: «Forse che Giobbe teme Dio per nulla? Non hai forse messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quanto è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e il suo bestiame abbonda di terra. Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha e vedrai come ti benedirà in faccia!». Il Signore disse a satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stender la mano su di lui». Satana si allontanò dal Signore.”
Egli è “integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male” tanto che il Signore (secondo la mentalità dell’epoca) lo aveva coperto di beni materiali oltre che della bontà degli affetti familiari.
E qui interviene ancora satana, il quel dice a Dio: “Giobbe ti ama e ti serve perché tu lo ricopri di beni.” Satana è il mentitore per eccellenza, da sempre! “Ebbene, lascialo solo e povero e vedi come reagisce.”
Dio permette anche questa prova a patto che sia conservata la persona del suo servo. Così Giobbe viene colpito, ma continua ad essere un fedele adoratore e servitore (Gb 1,21: “e disse: «Nudo uscii dal seno di mia madre, e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!»”).
Tutto ciò ancora non piace a satana che allora chiede a Dio di colpirlo ancora, questa volta direttamente nella persona. E Dio lo concede a patto che sia preservato la sua vita (Gb 2, 3-6)
Conosciamo la storia di Giobbe e come Dio alla fine lo benedisse più di prima (Gb 42, 10-17) a causa della sua fedeltà anche nelle gravi avversità patite
La riflessione su Paolo e Giobbe vuol mettere in evidenza come ricevere favori e benevolenze da parte di Dio non comporta anche benessere materiale, notorietà, ricchezza; non sono questi i doni di Dio!
Anzi poiché siamo uomini, deboli e facili prede dell’egoismo, Dio stesso permette che attraverso difetti, lievi o gravi, imperfezioni, avversità, siamo “schiaffeggiati” per ricordarci che “ogni cosa buona e ogni dono perfetto vengono dall'alto e discendono dal Padre degli astri luminosi” (Giacomo 1, 17). Questo per evitare che la superbia, che come dice l’apostolo Giovanni viene dal mondo e da satana suo signore (1Giovanni 2,16), si impadronisca di noi.
L’esempio delle vessazioni diaboliche contro fra Pio da Pietrelcina ne sono la prova.
Quante volte abbiamo detto a Dio nella coscienza che “il nostro cuore non ci rimprovera nulla” (1Giovanni 3,21), sapendo di camminare nelle Sue vie: perché non riesco a vincere questo difetto? perché continuo a commettere questo peccato? Perché continuamente mi sento portato via dalla Tua luce e non sento nel mio cuore la Tua pace?
Dio non ci ha abbandonati: come potrebbe un Padre abbandonare un figlio devoto?
Crediamo invece che Egli ci ama sopra ogni cosa, e ringraziamolo di tenerci con ogni mezzo coi piedi per terra per evitarci che la superbia si impossessi della nostra vita e ci consegni al nemico.
Sappiamo infatti che “… né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun'altra creatura potranno separarci dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore.” (Rom 8, 38-39)


Juan Segundo

(post già pubblicato nel gruppo biblico La Lampada)

giovedì 11 dicembre 2014

Tutto, e il contrario di tutto (di Monica Angeli)



Ancora un dialogo con l'Angelo di Monica.
Spesso le anime che sono preda della malvagità dei lupi rapaci, si mettono esse stesse nella condizione di essere rapite e violate a causa della propria pigrizia spirituale, della propria incapacità a discernere bene e male, verità e menzogna...




Tutto, e il contrario di tutto
Mi sveglio che fuori è ancora buio, ancora non sono le sei e subito nella mente affiorano  i volti di due persone che dopo il mio ultimo scritto, in cui parlavo del vero motivo della missione, si sono allontanate; e questo mi fa capire che anche se in tanti non commentano, però leggono...
Nello stesso istante affiori anche TU, quello che tanti chiamano “il nostro Sé superiore”, ma che io conosco come il mio amico di sempre.
Questa volta il dialogo avviene da dentro, nel tempio interiore.
Ti immagino seduto su una panchina sotto un gazebo, tu bello come il sole e circondato da aiuole piene di coloratissimi fiori. Ma saresti bello anche in una discarica, perché la Tua bellezza non ha nulla a che fare con l'estetica, si tratta di qualcosa di animico, differente da quella terrena, definibile o confrontabile con niente di tutto ciò che si trova sulla terra. Tra noi terreni saresti considerato anche un bel ragazzo; tu invece sei l'essenza dell'incanto, la soavità della bellezza, la purezza assoluta.
Al solito divago, poi torno a me e penso, e la risposta non si fa attendere, come sempre...
Il Tuo tono è dolce ma deciso, e comprendo che il modo e la misura hanno la loro importanza in cielo.
Ma sento pure che in quel pensiero c'è verità, e comprendo che ogni pensiero è importante, è sacro, per questo dobbiamo fare attenzione quando riflettiamo. Il pensiero crea, e dai pensieri che abbiamo possiamo capire se siamo veramente puri, e capaci di risolvere i problemi.
C’è un attimo di silenzio tra noi, poi io riprendo a parlare dicendo:
- So che sai sempre già tutto, ma voglio farti lo stesso la domanda: è possibile che solo in pochi vogliono  essere liberi? Di certo ogni mia parola è per loro, per il loro bene, ma com'è possibile che si vogliano accontentare del niente che io gli posso dare, invece che del tutto che Voi donate, dei Vostri regali che sono tutto ciò che ci serve e che fortunatamente non possiamo comprare?
- Pensa di meno.
Questa risposta mi spiazza, continuo a ripetermela nella mente, “pensa di meno”. Ma dove sbaglio? Si sbaglia forse a pensare al bene delle creature, a volere il loro bene?
La Sua risposta non si fa attendere:
- L'errore (se così vogliamo chiamarlo) consiste sul continuare a pensare dopo aver agito: se conosci la vera motivazione, se sai il perché hai fatto quello, scritto quelle cose, non dovresti continuare a preoccuparti.
- Lo so Immenso Amore.
Sento che a questo mio modo di definirlo si irrigidisce, tuttavia conosce il mio sentimento, e il mio modo di chiamarlo in questo modo non ha nulla di sacro, è una definizione terrena; anche in questo la misura è tutto.
Passa un tempo tra di noi e accade un qualcosa mai vissuto prima.
Tutto si annulla, mi trovo altrove, e precisamente su un campo di battaglia. È una scena che definirei Grigia, i morti sono tantissimi, i feriti pure, accanto ad ogni anima il proprio Maestro che li abbraccia, li bacia, li accarezza, e il dolore si respira.
Lui interrompe i miei pensieri, e mi dice:
- Vedi? Questo accade!!
Guardo meglio e nella massa di feriti e cadaveri, di tanto in tanto si intravedono figure nette ma di cui non riconosco i volti, non mi è dato (giustamente) sapere chi sono. Penso che in fondo non ho nemmeno questo tipo di curiosità che si potrebbe definire morbosa, e Lui si illumina, come quando si compiace di un mio pensiero; e io sono felice.
Ritorno alla scena. Le anime che passano di tanto in tanto tra le creature morte sono circondate da una fitta nebbia, l'aria è fredda e tutto è buio. Alle mie spalle sento il Maestro dire:
- Migliaia e migliaia di persone ogni anno vengono portate al macello.
Mi giro, lo guardo, e rimango sorpresa: il tono era fermo, serio, ma leggo nei suoi occhi il sentimento di amore, un amore mai visto prima, quasi di devozione per coloro che camminano tra i cadaveri.
Egli invece guarda con dispiacere e dolore coloro che queste persone hanno spinto nel burrone della morte, coloro che si definiscono ‘figli di Gesù’, loro stessi ‘Gesù sulla terra’, la ‘Madonna’, ‘persone prescelte’ ecc. , quelli che si mettono a capo per intenderci. Ma mentre io mi sarei arrabbiata per questo, come una normale anima terrena, Lui li guarda senza giudicare, perché questo sentimento non gli appartiene.
Accanto a loro vedo figure maestose che con maggiore amore li accarezzano e li baciano, e allora comprendo: le vere vittime sono loro, vittime di entità che le hanno deviate, e con la loro pigrizia spirituale hanno fatto si che  maggiormente si perdessero..
Ma poi torna il pensiero all'incontrario: coloro che sembrano vittime sono in realtà anch’essi carnefici, carnefici di sé stessi, perché senza coloro che sono spiritualmente pigri, non esisterebbero i maestri, i guru…
Ritorno a me, mi guardo attorno e sono nuovamente nella mia stanza, non riesco a pensare a niente, sono ancora scossa per ciò che ho visto.
Non so nemmeno se ci siamo salutati, io e il Maestro, non lo sento accanto a me né dentro di me, sarà perché sono ancora turbata, sorpresa; anche il respiro è affannato.
Piano piano mi calmo, ritorno con la mente a Lui e chiedo:
- Ci sei?
La risposta non si fa attendere:
- Sempre… bambina mia.

mercoledì 3 dicembre 2014

Chiese e libertà del cristiano



“Quanto ai pagani che sono venuti alla fede, noi abbiamo deciso ed abbiamo loro scritto che si astengano dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, da ogni animale soffocato e dalla impudicizia.” (Atti 21,25)


Molte chiese e comunità cristiane hanno una lettura molto “letterale” della Bibbia, nel senso che affermano che ciò che la Scrittura dice va preso e osservato, appunto, alla lettera.
E questo ha ricadute non da poco sulla vita stessa della comunità e soprattutto su chi vuole avvicinarsi ad un gruppo cristiano per approfondire la propria fede e condividerla. Pensiamo ad esempio a tutte quelle comunità che, partendo dalle lettere di Paolo, obbligano le donne a velarsi il capo, a non usare prodotti di bellezza, ecc. . Non sto parlando di usare le normali norme di buon gusto e decenza (che il mondo di oggi pare aver smarrito per strada!), ma di veri e propri ‘obblighi’, pena l’impossibilità a partecipare alla vita della comunità. Come se queste cose fossero superiori all’amare Dio e il prossimo e al comportarsi correttamente nella vita quotidiana.
È vero che la Bibbia parla di norme particolari, quali l’abbigliamento da tenere, il comportamento da avere nelle assemblee e fuori, ma è anche vero che quando leggiamo un testo, biblico e no, dobbiamo sempre distinguere ciò che è stato scritto per la gente di quei tempi (e perché!) e ciò che invece è un principio di fede basilare.
Ho fatto all’inizio l’esempio della questione della carne sacrificata agli idoli.
Presso gli ebrei e i pagani era normale fare sacrifici rituali di animali e naturalmente mangiarne dopo le carni (sarebbe stato un peccato uccidere e cuocere un capretto e poi gettarlo nella spazzatura!). Quel mangiare, però, oltre che essere una questione pratica, aveva anche una valenza religiosa, di partecipazione personale al sacrificio appena fatto dal sacerdote a nome del fedele. Perciò se un cristiano andava a casa di qualcuno che gli offriva carne immolata agli idoli, era invitato a non mangiarne; infatti avrebbe significato ammettere che anche un cristiano poteva ‘partecipare’ indirettamente ai sacrifici pagani.
Oggi come oggi, in cui non c’è più chi fa sacrifici animali, la regola del non mangiare questa carne è ridicola, senza senso. Potrebbe però essere mantenuto il principio che è bene non partecipare a cose fatte anche da altri contro ciò che i cristiani considerano sacro (usando un linguaggio giuridico, potremmo dire ‘fare favoreggiamento’).
Proviamo ad applicare lo stesso principio, ad esempio, a 1Corinti 14,34: “Come in tutte le comunità dei fedeli, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la legge.” Sembrerebbe che le donne debbano far silenzio nelle assemblee; eppure in altre parti Paolo stesso (e Luca negli Atti degli Apostoli) raccontano di donne che dirigono una comunità. Perché questo? Perché ogni parola è rivolta ad una gruppo specifica, che ha determinati problemi e che vive in un determinato contesto.
Presso gli ebrei le donne non avevano alcuna voce in capitolo, perciò come sarebbe stata accettata una dottrina che lasciava libertà totale alle donne? Qualcuno li avrebbe mai presi sul serio?
E un’ultima osservazione.
Paolo introduce un concetto importantissimo: la libertà del cristiano. Nella lettera ai Galati, scrive: “… e questo proprio a causa dei falsi fratelli che si erano intromessi a spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di renderci schiavi.” (Gal 2,4) Secondo la mentalità (ebraica) del tempo, infatti, si poteva essere veramente credenti solo se si rispettavano per filo e per segno tutte le regole che erano scritte, e anche quelle non scritte: solo gli ebrei ne aveva 365 che erano indispensabile osservare!
Il cristiano invece, dice la Scrittura, è libero perché Dio non vuole sacrifici, ma giustizia e misericordia: «Che m'importa dei vostri sacrifici senza numero?»
dice il Signore. «Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di giovenchi; il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco. … Anche se moltiplicate le preghiere, io non ascolto. Le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, togliete il male delle vostre azioni dalla mia vista. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l'oppresso, rendete giustizia all'orfano, difendete la causa della vedova
». (Isaia 1, 11-19)
Ecco le vere priorità: la giustizia, assistere chi ha bisogno, una preghiera vera e pura. Queste cose non passano mai, tutto il resto rimane ancorato al luogo e al tempo in cui si vive.

Tuttavia se in una comunità c’è chi ancora non ha maturato una fede forte, ma risente della mentalità precedente, Paolo raccomanda di non scandalizzare il fratello. Dice 1Corinzi 8,9: “Badate però che questa vostra libertà non divenga occasione di caduta per i deboli. La libertà cristiana infatti non nasce nel momento in cui si diventa cristiani, ma è segno di maturazione. Solo chi ha maturato nella fede la propria personalità può dirsi libero di osservare la Parola di Dio pur sembrando che esteriormente non lo faccia. E quelle prime comunità erano ancora acerbe, appena nate alla fede, indifese dagli attacchi esterni (anche fisici) degli ebrei e dei pagani. Perciò avere dei ‘paletti’ indicatori aiuta a trovare più facilmente la strada. Ma una volta che si è imparata la via, questa si potrà percorre anche a occhi chiusi, senza bisogno che ci sia qualcuno che ci dica cosa dobbiamo e non dobbiamo fare.

Juan Segundo

 (pubblicato già qui)

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