sabato 30 luglio 2011

Chi è causa del suo mal...

rubata qui
Questa notizia è un esempio di come farsi amici con una ricchezza ingiusta (vv. da 1 a 9) non porta cose buone. E ancora di come chi è causa del suo mal, pianga sé stesso.
TIM

mercoledì 27 luglio 2011

Due racconti da Fratelli di razza: Al bivio e L'uomo che non voleva morire

Oggi due piccole recensioni, quelle mie, non professionali, solo suggerimenti derivati dalle mia letture.
E parliamo di due racconti inseriti nella raccolta Fratelli di razza a cura di Nicola Roserba.
Ho letto tutti lavori del volume che potete acquistare (e vi consiglio di farlo!) al link precedente per soli  €5,90, ma inizio da questi due perché gli altri li voglio lasciare per quando la rete si ripopolerà e ci potrà essere (per gli autori) più visibilità.
I racconti passati al vaglio sono due, dicevo.
Il primo è Al bivio di Federica Maccioni.
Siamo in Sardegna, in un medioevo moderno, immersi nell'atmosfera di un villaggio dove il tempo è fermo, cristallizzato all'interno di realtà che ad una mentalità illuminista potrebbero sembrare veramente fuori dal mondo reale, fatta di spiriti, buoni e cattivi, di donne che fanno nascere e accompagnano a morire. Donne che vivono però anch'esse tutti i sentimenti dei comuni mortali.
Chi ha conosciuto determinate realtà rurali, di campagna o montagna, non solo sarde come nel nostro caso, ma di ogni posto in Italia e, penso, nel mondo, sa che queste persone esistono realmente. Io personalmente sono vento a contatto con personaggi simili scorribandando per i monti e le colline calabresi. Non sto dicendo che i poteri riconosciuti a loro siano reali (a queste cose bisogna credere; ma se crediamo a vampiri e zombi vari non vedo perché non dobbiamo farlo anche in questo caso!), o che uccidessero materialmente quelli affidati alle loro cure; ma dico che ci sono donne considerate alla stregua degli psicopompi, chiamate al capezzale dei morenti per accompagnarli nell'ultimo viaggio. D'altra parte S. Michele Arcangelo e S. Pietro hanno la stessa funzione nella fede cattolica.
Chiusa questa parentesi antropologica, torniamo al racconto. Dicevo che siamo in un medioevo moderno dove le favole si vestono di realtà e viceversa. Una storia, come si suol dire, d'amore e di morte, o forse meglio ancora d'amore oltre la morte. Una lotta tra una giovane accabadora, ancora allieva alle dipendenza di una maestra anziana, e le potenze del male, sotto le spoglie di una bambina che diventa subito ragazza, che cercano di sedurre il suo uomo. Non vi dico di più sulla trama e sul finale, perché il racconto è costruito veramente bene e si fa leggere tutto d'un fiato.
La scrittura è perfetta, senza sbavature, affascinante, si sente la mano di chi è nato per scrivere (anche se l'autrice è perito elettronico e fa l'infermiera!).
Insomma: placet. Voto 8.
Il secondo racconto è L'uomo che non voleva morire, di Simone Lega.
In questo caso ci troviamo nel 1789 e una ragazza di buona famiglia lascia il convento dove ha ricevuto la sua educazione in vista dell'ingresso in società. Il suo mondo è riempito completamente dal sogno di ogni ragazza della sua eta: trovare il principe azzurro. E la sua famiglia organizza una festa in cui questo avverrà. Ma Viviana ha una certezza: il suo futuro sposo lei lo conosce già, e l'ha visto in un quadro appeso nella sua cella. Chiunque sia, dovrà assomigliare all'Arcangelo Michele con cui ha convissuto per otto anni. Spesso, come accade in tutte le favole, il sogno si tramuta in incubo e quando Viviana incontra l'uomo della sua vita... leggetevi il resto!
Anche questo racconto si fa leggere, non al livello della precedente, ma c'è la storia, c'è il mistero, c'è il finale (quasi) a sorpresa. La scrittura ha qualche piccola sbavatura (ad un certo punto si legge: adducendo il suo pallore; ma penso dovrebbe essere: imputando...) e mi permetto di segnalarla perché io non faccio il critico o il recensore, perciò mi prendo la licenza di farlo.
Anche questo: placet, ma con  voto 7.
Ora due parole sul volume digitale. Ne ho discusso anche con Glauco (che è presente nella raccolta col suo Neque cruore imbibo, di cui parlerò alla riapertura delle danze dopo le vacanze): sono rimasto molto deluso dalla sua qualità. L'impaginazione è un disastro: è un continuo di trattini di separazione delle sillabe; ad ogni cambio pagina compare titolo e autore in mezzo alla pagina; le note (nel racconto di Glauco) poi, interrompono continamente la lettura, visto che la pagina del lettore non coincide necessariamente con la pagina del testo. In alcuni punti mi sono ritrovato a dover passare due pagine per ritrovare il testo del racconto, e meno male che sono in corsivo. Forse si poteva fare diversamente, magari non scegliendo come formato unico il PDF. Ho trovato lavori, anche autoprodotti, impaginati molto meglio e quindi molto più leggibili dal mio lettore. E anche l'editing lascia un po' a desiderare. Non so se sia stato lascito alla buona volontà degli autori (ma non credo, visto l'importanza -e il prezzo- del prodotto) ma comunque una lettura ulteriore ci andava perfettamente.
Questo è quanto.
I giorni delle mie vacanze si avvicinano, ancora più o meno una settimana. Il garage chiuderà per ferie dal 6 di agosto, ma dovrebbe riaprire già il 16, anche se sicuramente a mezzo servizio, un po' come ora.
Alla prossima.
TIM

lunedì 25 luglio 2011

Un post per... rovinarci la giornata

rubata qui e
dedicata a Ferru
E' un lunedì, di fine luglio, di questo 2011 in cui -ci hanno detto mostrandoci gli zuccherini- siamo praticamente fuori dalla crisi, l'economia italiana è più o meno salda (toh, pensavo in saldo, visti i tempi!) e il default greco, quello portoghese e, prossimamente, quello di zio Sam ci fanno un baffo.
Perché noi siamo sereni, niente può scalfire la granitica tranquillità di spirito di un popolo che sa che probabilmente Kakà tornerà al Milan, che sono iniziate nelle piazze (grande novità!) le selezioni per il Grande Fratello 11 (o 111?) e che ha smaltito la botta della separazione di Eli da George.
Siamo sereni e tranquilli, un po' lo stato d'animo che bisogna assumere preparandosi ad una seduta di training autogeno.
Se è così allora siamo pronti a leggere il pezzo del mio amico Luke the Duke su un personaggino niente male, uno di quelli che tiene per le palle un popolo, un governo e probabilmente anche l'ultima papi girl. Vi consiglio vivamente poi di andare a cliccare sul link riportato a fine post così da finire di rovinarvi la giornata e, se siete di stomaco debole, le vacanze.
Sibilantemente vostro
TIM

venerdì 22 luglio 2011

Le interviste possibili: Daniele Lapenna

una delle facce (ma quale?) di Daniele
Con Daniele siamo su un altro pianeta. Un pianeta che non riesci ad afferrare, perché Daniele Lapenna ha tante facce per quanti blog gestisce. E sono sei! Ma allo stesso tempo Daniele non è sei persone! Sembra un rompicapo, ma non è così; quello che voglio dire è che questo ragazzo è poliedrico e riesce ad interessarsi a qualunque cosa gli capiti sotto mano, dal buddhismo alla sessualità, passando per l’attualità e la poesia. E tutto con la peculiarità e l’entusiasmo della giovinezza, che porta ad impegnarsi sempre a fondo e in prima persona, mettendoci la faccia (o quasi; guardate un po' la foto!). Per molti di voi Daniele sarà una sorpresa, che sono sicuro piacevole, perché non fa parte del solito giro blogger tematici, quindi iniziamo subito.



Ciao, Daniele, dacci qualche notizia anagrafica per cominciare.


Vivo in Sardegna da un paio d'anni. Ho lasciato la Puglia, la mia terra natìa facendo il biglietto per la nave una settimana prima di partire. Non sapevo chi incontravo, cosa incontravo, e che avrei fatto. Sono partito su due piedi. Erano anni che volevo fuggire. Alla fine ci son riuscito. Soddisfatto? Al 100% (anzi per esser pignolo al 99% perché mi manca giusto la ciliegiona sulla torta: un lavoro stabile! - ma mi sa che chiedo la Luna)
Complimenti per il coraggio! Sembra di essere in uno di quei romanzi della beat generation, quando si partiva all’avventura su macchine scassate per traversare l’America da costa a costa. Rispetto a noi più… attempati, tu sei di un’altra generazione, perciò parlami della letteratura, del cine-tv, della musica con cui sei cresciuto. E la tua famiglia ha influito?


Sono nato nell' 86, e come tutti di quell' epoca sono cresciuto con valori sani, con i Puffi, i Power Rangers, Bim Bum Bam ( quando c' era Bonolis ), le ultime musiche dei Queen, le prime degli 883 e Jovanotti. I miei genitori amano (ovviamente) la musica anni '70 e '80, ma già da piccolo sentii quest'attrazione che grazie al web si è rafforzata. Quando da adolescente sentii dei Queen, ricordai una musica che avevo in testa da piccolo. Mi piaceva troppo. E anche il modo di cantare del cantante. Con il mio primo computer la cercai e scoprii che era Freddie Mercury, Living on my own. I Queen diventarono la mia prima band preferita.

Ah, Freddy Mercury! Penso che con Ian Gillian dei Deep Purple sia una delle voci più belle del panorama musicale della mia generazione. Ma Mercury è sicuramente al primo posto, ascoltarlo fa venire la pelle d’oca. E ora come sono cambiati i tuoi gusti?

Beh si sono solamente aggiunti altri preferiti a quelli esistenti. Aggiungo musica degli anni '90, musica punk con gli Ska-P, la musica lirica e classica con tutti i migliori e non artisti della musica classica e cartoni come i Simpson e Dragon Ball (periodo di un bel po' d' anni fa). Ovviamente non c'è di mezzo né cantanti (si fa per dire) come Negramaro, D' Alessio, e alcuni stranieri che sembrano più pagliacci da circo che artisti musicali con la A maiuscola. Se mi capita una canzone nuova io la ascolto con lo stesso spirito di una canzone che amo. Come diceva un saggio “La monotonia è la morte della vita”. Poi se non è di mio gusto, la elimino dal mio repertorio. Ma di certo non mi piacciono due tre generi musicali eh!
Sei cresciuto in Puglia e poi scappato in Sardegna. Ti piacciono questi due mondi (dove sei cresciuto e dove ora vivi) e come ti ha influenzato?

Il posto dove sono nato e cresciuto è stupendo “fisicamente” e “tavolamente” (tutto ciò che ti trovi sulla tavola a colazione pranzo e cena) ma non mi ci sono mai trovato bene nel vivere. La mentalità retrograda (e di parecchio) è il punto più pesante che affonda il mio luogo natìo e personalmente anche tutto il sud in generale. C'è gente che ancora crede che la propria figlia diciottenne sia vergine, c'è chi si scandalizza di una ragazza che si fidanza con un ragazzo e precedentemente ne ha avuti anche altri tre, c'è chi si scandalizza se sei ateo (sarai per loro solo Satana, con i pantaloncini made in China, ma sempre Satana!), se sei gay (diranno che sei malato), se non ti sposi o sei contro il matrimonio (ti guarderanno da lontano sparlando di te e puntandoti il ditino). E poi ci si chiede perché il sud è indietro. Se non va avanti con la mentalità, il progresso negli altri campi è gettato alle ortiche. E quelle pungono sai!? Dove vivo ora beh... (non posso sparlarne sennò nessuno mi assume!!) innanzitutto è un altro mondo. Qui sembra che l'orologio scorra più lentamente (e ho scoperto di recente che lo dice chiunque venga qui), la vita è rilassante, sembra non ci sia stress, e forse per questo i nonnini arrivano a vivere fino ai 100 anni. Certo, se si guardano le strade, l’ organizzazione, i mezzi di trasporto, sembra l’Italia degli anni ’60. Questo muoversi lentamente e non sfruttare bene il fattore turismo (ad ottobre girano ancora i tedeschi per Cagliari) penalizzano l’isola. E’ una regione con un’ ala sola che rimane a terra guardando dal basso un mondo migliore. La Puglia, che come ho detto non mi piaceva, ha influito nel mio modo di pensare e scrivere di parecchio. Il senso di ribellione, ingiustizia, la ricerca della verità e dei diritti. La Sardegna ha invece unito gli aspetti elencati amalgamandoli con la calma e la serenità (altrimenti non avrei MAI potuto scrivere articoli su Berlusconi sul mio blog senza omettere insulti e parolacce!).
Da quello che ho capito hai praticamente tagliato i ponti con la tua vita precedente. La tua famiglia, invece, si interessa a quello che fai ora, come blogger, scribacchino, artista…

Non voglio entrare nel merito... ma dico solo che non sono per niente valorizzato. E a me non importa perché anche il Buddha insegna che i complimenti a volte gonfiano. E' così che si diventa più forte.
In questa nuova esperienza di vita ti sarai fatto sicuramente nuovi amici. Come li scegli? E loro, i colleghi di lavoro, condividono i tuoi stessi interessi, conoscono la tua passione per la scrittura o sanno che gestisci un blog?

Prima sì. Facevano pubblicità anche al (anzi ai miei) blog. Tutti apprezzavano il mio modo di scrivere poesie, di disegnare (uno stile che è completamente diverso dalla pittura)… Gli amici non li ho mai scelti. Li ho presi per com' erano. Ma mi sarebbe piaciuto trovare amici che la pensassero non solo come me, ma che avessero i miei stessi hobby, passioni, idee e ideali, ma purtroppo non è andata così. Di recente ho chiuso con gli amici con la A maiuscola. Attualmente penso non esistano. E' difficile se non impossibile trovare chi ti apprezza per quel che sei, è sincero con te, non ti pugnala alle spalle, non ti rinfaccia nulla, e non pretende mai nulla in cambio.
Ti faccio ugualmente questa domanda anche se penso di conoscere già la risposta, se ho capito bene che tipo sei. Daniele Lapenna è credente? in un dio o in qualcosa che sta al di fuori di lui?
Assolutamente NO. E non per sfizio. Già da quando ero bambino (costretto come tutti a fare comunione, cresima e messe varie) mi ponevo tantissime domande. Ricordo ancora quando mi chiedevo: “Ma se Gesù ha come papà Giuseppe, che c'entra dio?!? E' un altro papà?” Essendo timido (completamente l'opposto di come sono oggi) non domandavo nulla. Uscivo con un mio amico dall'uscita di dietro della chiesa di domenica, e non mi fermavo a dire “Ah è un miracolo?”, no, ho sempre fatto domande. Ero agnostico, poi mi sono avvicinato al Buddhismo ( che non è assolutamente una religione – non venera nessun dio, ma chiede aiuto a Buddha che era solo un uomo come noi) che mi ha aiutato tantissimo (e lo fa ancora ora), ma adesso sono Ateo. Anche se ho libri di Buddhismo e la penso come un Buddhista Puro, non mi ritengo Buddhista perché, amando esser coerente, non appartengo a qualche comunità e non rispetto tutti i princìpi del Buddhismo. Le altre religioni le vedo come società organizzate a comandare la mente del popolo per propri interessi. Ammiro di più chi dice “Credo in un dio, non credo nella Chiesa e nelle religioni. Sono coerente: non vado a messa ma prego a casa mia”. E non chi dice di esser cattolico e poi appena esce dalla chiesa va con l' amante, ammazza qualcuno, violenta un bambino, o non rispetta l'orientamento omosessuale. Sono ateo, ma amo aiutare sempre chiunque. Lo amo fare una volta e basta, perché la gente se ne approfitta. Come diceva Er Pomata in Febbre da cavallo “Paganini nun ripete!”
Anche tu scrivi, anche se non è un aspetto preponderante, o almeno che metti molto in mostra. Da dove vengono fuori le tue storie? qual è un tuo personaggio, o lavoro, a cui sei particolarmente affezionato?

Non scrivo racconti, ma poesie. Però da un anno ho (re)intrapreso un racconto poesia Il Cavaliere di ghiaccio. L' ispirazione viene grazie al mio amore per la natura e il periodo medievale (stile Robin Hood ). Ogni poesia, racconto o personaggio è come un figlio. Lo si ama da quando nasce a quando muore. Tutti per una loro particolarità.
Mettendo da parte la scrittura e parlando invece di storia, c’è un personaggio o un fatto a cui ti senti particolarmente legato che ha influito e influisce sulle tue scelte?

L' unico personaggio al quale mi sento legato è Siddhartha Gotama (e non c’è bisogno di dire chi sia). Per i fatti storici, nessuno. Sono accaduti tantissimi fatti importanti, fatti che hanno cambiato il modo di pensare della gente, fatti che hanno portato i nostri Paesi (e quindi noi cittadini) ad avere una libertà, un ideale, un'intellettualità e pensiero di un certo tipo. Ma sinceramente, le mie scelte, o semmai le mie idee, sono condizionate solo dai fatti che riguardano la potenza di Madre Natura. Tutti gli avvenimenti degli ultimi anni lo stanno dimostrando. Non stanno dimostrando che c'è il riscaldamento globale in atto. Non stanno dimostrando che esiste un dio. Ma stanno dimostrando come sia prezioso ciò che abbiamo, come non lo apprezziamo, lo diamo per scontato, e poi dopo ci accorgiamo che essendo maltrattato, lui reagisce. Gaia ci culla da miliardi di anni. E noi la stiamo distruggendo. Giorno dopo giorno...
A proposito di Madre Natura (non quella di Bonolis, ma quella vera che è molto più bella e... vera!), il dissesto idrogeologico è una delle piaghe del nostro territorio, e tutto ciò è dovuto proprio alla mano dell’uomo che invece usufruisce dei doni della Terra, in tutti i sensi. E’ un altro degli aspetti poco edificanti della nostra società italiana. Ma a te piace l’Italia oggi? Quali sono, secondo te, i suoi pregi, i difetti, le potenzialità?

Aaaah!! Sì, sarò in controtendenza, mi prenderete per matto ma... MI PIACE! Mi piace solo perché oggi c'è più libertà, c'è meno pensiero preistorico nella gente, non ci sono schiavi (più o meno). Ma poi c'è tanto, troppo, anzi tutto da cambiare. Non c'è partecipazione del popolo. C'è menefreghismo totale. Tutti seguono la via del “dare per scontato” e del “tanto non cambierà mai niente”. E così niente cambia. Il mio pensiero è che sì, i politici sono tutti marci, tutti mafiosi, tutti corrotti, ma per cambiare bisogna partire dalla base. E la base siamo NOI. Qui in Sardegna abbiamo detto a maggio “NO al Nucleare” in 97%. E l' affluenza è aumentata di molto rispetto agli ultimi anni. E questo è un dato positivo da cui partire. Confesso che negli ultimi anni non ho votato (e sinceramente non voto per mandare in poltrona senza fare una mazza un politico), ma ora che decidiamo la nostra sorte DOBBIAMO votare. Dobbiamo differenziare i rifiuti (anche se i sacchi e secchi li paghiamo noi e l' imposta di immondizia è altissima con servizi per il cittadino SCARSISSIMI). Noi ragazzi di oggi siamo la chiave per aprire un futuro migliore al domani.
Non importa se i cambiamenti ci saranno quando saremo vecchi. L' importante è cercare di cambiare il mondo, iniziando a convincere chi ci è vicino a fare altrettanto. Certo la pecca sta in chi è milionario e miliardario. Se ne fregherà sempre di tutto e tutti. Ma quelli di certo non porteranno nella loro tomba il loro denaro, mentre i nostri ideali possono rimanere nel cuore della gente in eterno. Proprio come hanno fatto i grandi eroi del passato, chi ha lottato per la “libertad” o contro la mafia. Bisogna combattere.
C’è tutto l’entusiasmo della tua gioventù in queste parole e vorrei poterle fare mie al 100%. Ma mi rendo conto che la vita mi ha reso cinico e stanco di combattere battaglie che, finora, ho quasi sempre perso. E mi rendo conto che è solo colpa mia che ho mollato, perché a volte è più comodo così. Restando in argomenti impegnativi, cosa pensi dei flussi migratori che negli ultimi venti anni stanno cambiando gli equilibri culturali, sociali e politici d’Italia e d’Europa?

Sono per Este puto mundo no es de nadio y es de todos, cinco continentes en un mismo corazón (cit. da Mestzaye degli Ska-P – 2000 Planeta Eskoria). Dovremmo essere un unico grande Continente, una nazione. Senza disparità fra ricchi e poveri, fra neri e bianchi, fra europei e africani. Dove abitavo prima avevo una coppia di vicini di casa marocchini, marito e moglie. Lui era muto. Gente per bene, che voleva cercare di farsi una vita e crescere bene i loro due bambini. Le culture non possono esser cambiate, ma ci si può aiutare. Dare soldi a chi dall'Africa arriva qui? C'è chi dice che qui in Italia ne avremmo bisogno prima noi che loro. Nonostante in mezzo a loro ci siano anche bambini, le solite vittime innocenti. Ecco dove sta il problema. Ormai esiste il mio, il tuo, il suo. La mia ricchezza, la tua povertà, il mio Paese, il tuo Paese. Un modo di pensare delle società che non potrà esser cambiato. Penso che ci saranno solo svantaggi. E come accadde in Puglia con l'ondata degli albanesi negli anni '90, tutto finirà sepolto, e se fra venti anni vedremo un africano, un libico, un marocchino al tabaccaio, non ci faremo neanche caso. Faremo così come ogni italiano fa ogni giorno. Lo guarderà dall'alto in basso con sguardo di disgusto e passerà avanti come se non l' avesse mai visto. E forse quel tipo era padre di famiglia per bene. O forse un assassino di professione. Ma noi resteremo sempre radicati nel pregiudizio.
Sei giovanissimo ma sin da ora cosa vorresti restasse di te, una cosa sola.

La spensieratezza. La vita va vissuta leggera e in allegria. Altrimenti non si vive. Anzi si è morti nonostante si è vivi. Una vita senza sorriso è come una penna senza inchiostro.
Bella questa definizione! E che si adatta proprio benissimo ad uno scribacchino, tra l’altro. La tua è l’ultima intervista prima del riposo a mezzo servizio estivo. Tu dove andrai in vacanza?

Ma... e me lo chiedi pure!? Sono in Sardegna!! Faccio qualche chilometro e sono arrivato ad uno dei mari più belli d' Italia!! Almeno questo vantaggio fatemelo godere eh! Ehehehe!
Alla fine voglio lasciare un consiglio per chi mi ha seguito finora:
Io ho tante di colonne sonore nella mia vita ma forse questa è quella che davvero mi rappresenta e che rispecchia alla perfezione la mia vita negli ultimi anni.
Vivi la vita nel presente. Se sei tornato a casa dal lavoro (è sabato) e tuo figlio ti chiede di portarlo al parco: vacci. Se stai pensando al lavoro da fare lunedì, resetta la mente, altrimenti non ti godi il presente. E' come fare un viaggio per il mondo e pensare per tutto il viaggio alla destinazione. Non ti godi tutto ciò che ti regala il viaggio. E quelle cose bellissime non ripasseranno mai più. Vivile e tienile dentro. Ti serviranno...

Come dicevo sopra, con Daniele interrompiamo per la pausa estiva le nostre interviste possibili (ma il garage resta ancora aperto). E sono contento che sia così, perché Daniele è un ragazzo pieno di vita, con tanti progetti e tanta voglia di realizzarli, veramente un esempio specie in un paese come il nostro dove la gente resta fino a quarant'anni a casa dei genitori con le scuse più disparate. Cambiare si può e si deve!

TIM

(le altre interviste possibili: Nick, Simone M., GlaucoAlex, Edu, Ariano, Elvezio, Luca, Gelostellato, Enzo,  Davide, Gianluca, Ferruccio e Angelo)

giovedì 21 luglio 2011

Via da Las Vegas di John O'Brien


rubata qui

Questo che vi segnalo oggi è uno di quei libri che si leggono quasi per scommessa e si finiscono per amare. O comunque per farseli piacere molto.
Sto parlando di Via da Las Vegas di John O'Brien, uno che potremmo definire tranquillamente uno scrittore maledetto, uno che ha scritto di quello che sapeva perché l'aveva sperimentato.
Come ho avuto il libro. Qualche settimana fa il mio amico Luke the Duke arriva ad uno dei nostri rendez vous settimanali (andiamo a mangiare il lunedì in una tavola calda) con questo libro e mi dice: leggilo, è una bomba. Io mi fido dei suoi gusti, soprattutto della sua capacità di capire quando ha in mano una schifezza e quando un capolavoro. In principio la trama mi aveva lasciato un po' perplesso, perché è un genere che non mi è molto congeniale. O meglio: avendo poco tempo da dedicare alla lettura, come ho detto infinite volte, preferisco dirottare le mie scelte su SF e company. E anche le primissime pagine mi avevano lasciato un po' così, per il loro linguaggio crudo e duro. Ma l'amico mi dice che è proprio quella la colonna portante del libro. Così mi fido ancora una volta... e non me ne sono pentito.
Riassuntino del libro:
Sera è una prostituta che vive bene il suo mestiere, quasi con accettazione della propria condizione. Ben, un alcolizzato, decide di passare i suoi ultimi giorni a bere e si trasferisce a Las Vegas dove trova da comprare alcoolici 24 ore su 24. Qui incontra Sera, che si sta liberando da Al, il suo protettore, e tra i due nasce un amore fondato sul reciproco rispetto e accettazione dell'altro. Fino all'epilogo naturale.
Un commento. Come ho già detto è un libro che ti colpisce dalla prima pagina diritto allo stomaco, per quello che racconta e per come lo racconta. Ma ti accorgi pian piano che quella storia non si potrebbe che raccontare in quel modo, con quelle espressioni e quelle scene. Il racconto esplicito dei rapporti sessuali di Sera la prostituta non sono pruderie per accontentare lettori guardoni, ma fanno parte integrante della storia, sono quelli che descrivono il personaggio prima ancora che le parole dell'autore. E così per le cadute e gli svenimenti di Ben l'ubriacone: quello è Ben, al di là di tutte le parole che si potrebbero spendere per descriverlo.
Sera e Ben si incontrano, si amano e si rispettano da subito, perché non cercano di cambiarsi a vicenda, nessuno vuole redimere l'altro. Ed è su questo che si fonda la loro unione: Ben non può che essere un alcolizzato agli occhi di Sera, e lei deve continuare a fare la vita perché lui possa accettarla. Ma in tutto questo non c'è né fatalismo né rassegnazione. Entrambi si vogliono per quello che sono e non per altro. Sera soffre, è vero e naturale, perché sa cosa aspetta Ben, ma lo accetta perché è così che lo ha conosciuto ed è così che lo sta amando. E Ben, in fondo, ha bisogno di una donna che lo ama perché non lo vuole strappare all'inevitabile fine. Ambedue devono colmare un vuoto. Ecco come l'autore descrive il loro primo incontro:
Chiacchierando tranquillamente al ristorante, continuano a mantenere la conversazione nella traiettoria tangenziale che conviene ad una conoscenza appena acquisita. Questa conoscenza tuttavia, sta maturando più in fretta di altre. Entrambi sostengono un'urgenza inespressa che li spinge verso l'amicizia. Al di là dell'ovvio fattore tempo che Ben ha presente, quest'impazienza è dovuta a un bisogno ancora più immediato e condiviso da tutti e due. Un vuoto, su cui Sera da tempo non si affacciava e che per Ben è sempre stato fondamentale, viene ora osservato e preso in esame. I due valutano l'opportunità di evitare una tragedia emotiva. Combattono contro lo smarrimento che li prende nello scoprire che una cosa data da tempo per scontata potrebbe non esserlo affatto. Contemporaneamente si presentano per la prima volta ai loro occhi decisioni che forse hanno già preso e opzioni inaspettate che forse hanno davanti ora. (pgg. 151-152)
Dal libro è stato tratto un film, che non ho visto e di cui, quindi, non posso dire niente. Ho visto comunque su Youtube diverse scene e se il risultato complessivo è come questa, deve essere un bel film, perché la trasposizione è molto fedele al libro (almeno per quel che ho visto io).
Un'ultima segnalazione. Il libro ha ispirato anche questa canzone. Purtroppo non conosco l'inglese, quindi non so dirvi qual'è il contenuto e se rispecchia effettivamente la storia di Ben e Sera.
In conclusione, sicuramente un libro che placet. Voto: 8.
O'Brien, come avete forse potuto leggere nella biografia che vien fuori dall'intervista con la sorella, si è ucciso dopo aver scritto altri tre libri e dopo due settimane dalla firma per la cessione dei diritti per la realizzazione del film.
Evidentemente, per lui c'erano cose più importanti della fama e dei soldi. Anche se non sempre possono essere cose condivisibili.
TIM

mercoledì 20 luglio 2011

Tre segnalazioni: Enzo, Giuseppe e Angelo al lavoro

Le segnalazioni di oggi non sono solo dei riempitivi, tanto per scrivere qualcosa, ma si tratta di spunti interessanti, a mio vedere.
- Cominciamo con Enzo Milano (che è stato ospite del mio garage  un mesetto fa) e le sue Cinque giornate di... Milano, ma questa volta nel senso della città meneghina.
Si tratta di un “serial” a episodi ambientato nel Risorgimento e, più precisamente, durante le Cinque Giornate di Milano per usare le sue stesse parole. Sarà un’opera con fondamento storico, quindi, ma che conterrà anche un po’ di retro-fantascienza e horror. Enzo ha preso e manipolato i reali protagonisti di quel fatto, rendendoli adatti a una trama che, dopotutto, sarà dalla profonda matrice action. Insomma, siamo nello steampunk più puro e per sottolineare ancor di più l'importanza del progetto gli ha dedicato addirittura un sito. Mi sembra che ci siano tutte le basi per un lavoro da seguire passo passo, specie se lo sponsorizza Alex von Girola che in queste cose sa dove mettere le mani.
- E veniamo alla seconda iniziativa, che per la verità era un po' che stava maturando. Finalmente ha visto la luce la Pyra Edizioni di Giuseppe Tararà, che era stato anche lui ospite di questo garage quando l'ho intervistato proprio mentre fervevano i preparativi per la costruzione di questa casa editrice digitale, che si pone grandi mete e spera in grandi risultati. Certo smuovere il mercato editoriale italiano è un'impresa da rifondazione del mondo, ma ogni contributo è benvenuto. Come diceva il buon Totò è la somma che fa il totale. Sul blog di Edu (da cui ho appreso la notizia) troverete anche il comunicato di Giuseppe dove spiega il tutto.
- Infine, ultimo ma non per questo meno interessante, vi propongo di andare a dare un'occhiata a questo post di Angelo Benuzzi. Anche lui è passato sotto i riflettori del mio garage da pochissimo e questo mi fa pensare che non mi resta che andare a chiedere un'intervista al Dalai Lama e avrò esaurito la lista gli uomini più importanti della terra!
Angelo fa un discorsetto molto interessante, in linea con i miei interessi e, penso, con quelli di moltissimi di voi. Vi anticipo qualche cosa.
L'editoria italina si interroga sul calo delle vendite e che soluzione trova? Pubblicare meno titoli. Come se ad una persona che ha difficoltà a mangiare, invece di variargli la dieta continui a dargli le stesse schifezze ma in minore quantità! Altro punto: il costo. E' normale che la gente, che ormai non ha i soldi neanche per la sopravvivenza, non spenda 20 euro per un libro, anche se lo desidera. E io mi chiedo: siamo sicuri che non sia possibile avere prezzi più bassi per lo stesso prodotto? E' proprio necessario la copertina cartonata, la sovraccopertina bella lucida? Quando guardavo nella biblioteca (ormai estinta) di mio padre tutti quei volumi anni '50-'60, di autori che sarebbero diventati, o già lo erano, mostri sacri della letteratura italiana e mondiale, solenni nella loro semplicità, l'istinto mi diceva che doveva essere un'avventura entusiasmante aprirli e buttarsi a capo fitto in quelle storie. Allora cosa è che fa il capolavoro? la copertina con la coscia lucida dell'autrice in quarta o quello che c'è dentro il libro? La carta patinata o la storia impressa sopra? In qualche modo siamo al discorso sugli ebook, che potrebbero essere venduti a prezzi più che abbordabili dalle case editrici e invece hanno una differenza di pochi euro con l'edizione cartacea. Infine lo spunto forse più interessante dell'articolo di Angelo: perché non rifornire le biblioteche con i resi editoriali, invece che mandare tutto al macero? Io sono un romantico e penso che un libro sia non solo un oggetto ma la sua importanza vada al di là delle pagine di cui è composto. Evidentemente invece per chi il libro lo pubblica è solo merce più o meno commerciabile e anche un reso si può tramutare in danaro sonante.
TIM

lunedì 18 luglio 2011

Il ritorno di Mauro Bianchi

E' notizia di oggi, che l'amico Glauco ha dato in libera lettura l'ultima avventura di Mauro Bianchi. Avevo già parlato del detective bolognese e delle sue prime tre avventure il mese scorso, e da allora ecco altre due storie: Tre anni e Per un pugno di mosche.
Come ci tiene a precisare Gluaco, le storie non seguono un ordine cronologico, cioé i vari racconti balzano avanti e indietro nel tempo senza un filo logico, tanto è vero che Tre anni, fresco di stampa, precede (o quanto meno dovrebbe coincidere, se ci ho capito qualcosa) nella serie degli avvenimenti Chi ha paura del buio e segue Per un pugno di mosche.
In Tre anni, M.B. non c'è; sono appunto tre anni che nessuno ne sa niente e sul palcoscenico del bar di Gigi va in scena un atto unico in cui il barista e Alex, l'amico poliziotto, se la raccontano, come si suol dire. E così facendo raccontano a noi chi è e da dove viene l'investigatore privato le cui storie stanno riempiendo le calde notti bolognesi di questo 2011. E così sappiamo qualcosa in più di cosa ha spinto M.B. a mettersi in proprio, che rapporto c'è con Laura e col capitano Alex. E capiamo anche perché M.B. non è propriamente a posto fisicamente.
Per un pugno di mosche, invece, vede in azione il nostro eroe, che si vede costretto (ma scopriremo un giorno che è proprio così?) a chiedere aiuto alla sua vicina giapponese per fronteggiare due loschi figuri che vogliono da lui... . Non si racconta mai la trama di un poliziesco, quindi andatevelo a leggere!
Ma veniamo alle mie personalissime impressioni sui due racconti.
Devo dire che Mauro Bianchi, o almeno l'idea di un M.B., sta cominciando a piacermi. Avevo scritto il mese scorso ... ben venuti questi tre racconti che definirei di presentazione di Mauro Bianchi e del suo mondo; aspettiamo che maturino i personaggi, gli equilibri tra di loro, le situazioni. Due raccontini brevi come questi di sicuro non possono dipanare tutte le matasse, visto anche il metodo-puzzle che Glauco sta usando, ma comincio a capire qualcosa in più dei personaggi, del perché sono lì e si comportano in un daterminato modo. Devo confessare di non essere abituato a questo modus scrivendi, ma d'altra parte ogni autore ha le sue trovate e sicuramente a qualcosa portano.
La scrittura di Glauco è, come sempre, misurata e le perplessità che avevo un mese fa sullo stile stanno svanendo: ho capito che di M.B. si scrive così. Un autore che si rispetti, infatti, deve saper variare le danze a seconda dei ballerini.
Ora aspettiamoe una prova più lunga, un bel racconto che superi le 15-20 pagine (e Glauco ce lo ha promesso), per capire di che pasta è fatto veramente questo personaggio, e se reggerà anche alla prova dell'intreccio. Ma già i tasselli messi finora con i vari racconti sono la certezza che le carte sono state giocate per bene.
Un'ultima segnalazione: le pagine dedicate a M.B. all'interno del sito di Glauco sono fatte davvero bene, funzionali ed esaustive; un bravo anche per questi che non sono proprio dettagli!
Mi sono accorto, rileggendo quanto scritto fin qui, di aver avuto l'aria del critico saccente, ma non è così, ve l'assicuro. Parlare di M.B. porta con se uno stile quasi 'aulico', perché è un personaggio poetico, un tutt'uno con la città, il sottobosco umano che la abita, dai gangster alle tipe innamorate, dalla mafia russa ai gatti che vengono, forse, da un altro mondo. Le mie non sono sviolinate all'amico scribacchino, ma impressioni di lettura vere e sincere. Che ci volete fare, io sono fatto così...
TIM

giovedì 14 luglio 2011

Le interviste possibili: Angelo Benuzzi

Le idee, Angelo Benuzzi da Modena, ce l’ha chiare. Su tutti gli argomenti a cui ci ha risposto ha dimostrato di avere delle certezze. Non certezze preconfezionate, di quelle che si leggono sui giornalucoli ad autonomia controllata, ma di quelle che derivano da una visione propria delle cose e della vita.



Angelo, come leggerete e come potete visivamente constatare dalla foto alla vostra destra, dà l’impressione di uno che ha sempre voluto toccare con mano le situazioni prima di imbarcarsi in avventure, di uno che ha fatto la trafila in ogni campo prima di arrivare ad una conclusione. Un uomo, insomma, abbasato, come diciamo nel dialetto delle mie parti, nel senso che ha delle basi.
Il sior Benuzzi l’abbiamo conosciuto, almeno nel mio garage, ai tempi del Survival Blog, quando ci raccontò le avventure della Stone Cold Company, che poi ha raccolto e ampliato nell'ebook con lo stesso titolo, ma è anche l’autore di diversi altri lavori che potrete trovare a questa pagina del suo blog.
Così oggi abbiamo l’occasione di conoscerlo meglio e di poterci confrontare con le sue idee e la sua visione della vita.


Ciao, Angelo, anzitutto presentati.



Sono un modenese d.o.c., d.o.c.g., d.o.p.; ho 43 anni (classe 1968). Sposato in seconde nozze con Elena, abbiamo un figlio di quattro anni che si chiama Morgan (detto MoMo o minisword). Faccio il programmatore, lavoro dal 1988. Per la mia attività sono stato parecchio in giro e ho avuto la sincronicità di incontrare parecchia gente interessante. Dato il settore sono in giro per la Rete dai tempi delle BBS, di Mosaic e dei modem elettromeccanici.


Tutta roba fantascientifica, almeno per me che non ci capisco niente! Ma questa passione viene da lontano? Cioè con che tipo di letteratura, cinema tv sei cresciuto? C’ero lo zampino della tua famiglia nelle tue scelte?



Parto da lontano. Ho avuto la fortuna di crescere in una casa piena di libri, condizione essenziale per avere un terreno fertile dove sviluppare la propensione alla lettura. Ho praticamente imparato a leggere su Topolino e in seguito sulle edizioni ridotte dei classici (credo della Longanesi) dove per classici si intendono i due Dumas, Stevenson, Salgari, Verne. Poi sono passato alla Christie, Conan Doyle, Stout, Chandler, McBain. Lo stacco l'ho fatto con la SF classica, stiamo parlando di Asimov, Van Vogt, Heinlein. La televisione contava, ma meno. Data la generazione mi sono vissuto la prima ondata di cartoon giapponesi (no, non li si chiamava 'anime' allora), mi ricordo Saturnino Farandola, Spazio 1999, le prime ondate di telefilm a stelle e strisce. La mia famiglia non mi ha ostacolato, anzi posso dire che mi ha agevolato in questo senso. Il cinema nella mia infanzia / adolescenza ha contato meno. Ricordo i western di Sergio Leone, i film di Terence Hill e Bud Spencer, l'aver mancato nel 1977 il primo Guerre Stellari (mi portarono a vedere Bianca e Bernie, ero ritenuto troppo piccolo).
Vedo che abbiamo molto in comune, almeno per gli inizi, forse perché il decennio di provenienza è quello; pensa che mio fratello ha solo tre anni più di te. E poi come sono cambiati, se lo sono, i tuoi gusti?



I miei gusti si sono allargati nel tempo. La narrativa horror, tutti i sottogeneri della SF, i generi spy, action e thriller. Ho 'scoperto' la saggistica che per me è una miniera di cose meravigliose, specialmente in ambito storico. Poi da adolescente è arrivata la 'mia' musica. Sono partito dagli AC/DC per spazzolarmi hard rock, heavy metal, prog. In anni successivi ho allargato anche qui, includendo classica, blues, jazz, soul, r&b. La cifra comune è l'emozione. Quello che lasciato fuori sono alcuni sottogeneri che non patisco, tipo la narrativa 'rosa' o certi libri che non riesco a capire (hai presente Moccia?). Sempre meno TV, quasi solo trasmissioni di informazione. Cinema in piccole dosi, i film mi piacciono ma ho sempre avuto poco tempo.
Un periodo a parte sono gli ultimi quattro anni. Da quando sono diventato padre il concetto di tempo libero è diventato pura SF. Leggo molto, scrivo quando posso ma per il resto sono rimaste solo le briciole.
Immagino che un pupo porti via molto tempo e soprattutto molte energie. Hai detto di essere nato a Modena; e poi com’è che sei finito a Livorno? Come ti hanno influenzato questi posti? E lo hanno fatto anche per la scrittura?



Sono illogicamente orgoglioso di essere modenese e da questa identità emiliana derivo molto. La Modena che ricordo io non esiste più, sono 13 anni che non ci vivo, ma rimane dentro di me. Dopo aver lasciato la mia regione ho vissuto in Piemonte, Lombardia e Veneto prima di trasferirmi in Toscana dove risiedo tuttora. Tutti questi luoghi mi hanno in qualche modo formato, così come le persone che vi ho incontrato e le esperienze che ho fatto con loro; per fare un esempio capisco diversi dialetti e conosco diverse tradizioni locali molto interessanti. Nella mia scrittura ci va a finire di tutto, anche scampoli di cose fatte 20 anni fa. Il mio romanzo, Hamburg Blues, è stato anche un modo per venire a patti con le mie esperienze in terra tedesca, con tante idee stratificate negli anni e con un paio di persone che non ci sono più. Dico sempre che scrivo per non impazzire, non è mai stata una battuta di spirito. Nel prossimo romanzo ci saranno anche un po' di Piemonte, qualche sfumatura ligure e Roma che è una delle mie ossessioni (in un lavoro corale che si chiama Valpurga l’ho nuclearizzata, avrò esagerato?). A Livorno ci sono finito per amore, una volta incontrata la mia Signora non ho avuto dubbi e sono partito.
Come entra la tua famiglia in tutto questo?



La mia famiglia di oggi, ovvero mia moglie, si interessa di quello che combino. Il mio bestiolino è ancora troppo piccolo per capire, in seguito spero si possa divertire. Anche Elena scrive piuttosto bene oltre ad avere capacità artistiche di non minimo rilievo. La mia famiglia d'origine sa che scrivo, credo gli faccia piacere. Della Rete non si interessano granché.

Amici, conoscenti, colleghi di lavoro. Questa seconda fascia di persone che ruota attorno a te condivide i tuoi stessi interessi, conosce la tua passione per la scrittura, sa che gestisci un blog?
La parola amico la uso di rado. Conoscenti ne ho a bizzeffe, amici veri pochissimi. Credo che la scelta sia avvenuta per affinità elettive, per quella sensazione rettile che ti dice chiaramente che la persona con cui stai parlando/comunicando è in grado di capirti. Per tendenza ascolto molto e parlo poco, quelli che chiamo amici fanno quasi tutti lo stesso. I miei amici sanno cosa faccio, dentro e fuori la Rete, molti di loro condividono le mie passioni e gli altri comunque seguono le cose che combino. Diverso è l'ambito lavorativo. Tendo a essere riservato, mi apro con poche persone. Questi colleghi diventano conoscenti, loro sanno quello che faccio. Quasi tutti approvano.
Sei credente? In un dio o in qualcosa che sta al di fuori di te?
L'argomento religione andrebbe trattato in spazi ampi, ti faccio la sintesi. Sono più vicino a filosofie come il buddismo che a religioni di stampo fideistico. Penso che esista un intero ecosistema di forze superiori, a vari livelli, fino ad arrivare alle origini dell'universo che conosciamo. Mi definisco damanhuriano.
E' la prima volta che ho a che fare con un damanhuriano, e so che ci sono molte polemiche sulle loro attività. Tu che li conosci sicuramente meglio di me, cosa puoi dirci in proposito?
Tutto e niente allo stesso tempo. Mi definisco damanhuriano perché ho frequentato la comunità e seguito diverse loro iniziative oltre che per appartenenza filosofica. Per il resto suggerisco sempre di informarsi per proprio conto, senza affidarsi ad altre fonti o a pareri altrui. Damanhur è una realtà complessa che spazia dall'esperimento sociale all'esoterismo, dalla green economy alle cure alternative. Andate a vedere con i vostri occhi.
Abbiamo appurato sopra che sei uno scribacchino, se mi posso permettere quest'espressione ormai entrata nello slang delle chiacchierate che si fanno nel mio garage. Allora anche per te è d’obbligo questa domanda: da dove vengono fuori i tuoi personaggi e le tue storie? Qual è un tuo personaggio, o lavoro, a cui sei particolarmente affezionato?
I personaggi e le storie nascono dallo stesso serbatoio. Dietro il mio spesso osso frontale c'è un calderone da strega dove si riversa tutto. Cronaca, storia, libri, persone, sogni, musica, tecnologia e magia. Dal pentolone ogni tanto emerge qualcosa che vuole essere raccontato e si batte finché non lo uccido o non lo metto su file. Sono legato a un personaggio, Nicola Bresciani, a cui ho dedicato un romanzo e due racconti. Come lavori ci sono due racconti che mi rappresentano più degli altri, uno si chiama 'L'Onda', l'altro 'L'ombra del potere' (pubblicato da Curcio nell'antologia L'Ombra della Morte). Sono molto legato alle tematiche militari, uno dei fili che permettono di capire la storia.

Ecco il perché della tua partecipazione al SB con la Compagnia delle Stone Cold! Ma c’è un personaggio o un fatto a cui ti senti particolarmente legato, che ha influito e influisce sulle tue scelte?
Sempre dal calderone che dicevo prima emergono civil servant di rilievo assoluto. Se ho delle stelle polari sono loro. Dovendo indicarne uno solo vado su uno dei padri costituenti: Alessandro Pertini. Essere degno di un esempio del genere è impossibile ma è un nume tutelare. Come fatti importanti ce ne sarebbero a caterve da citare, scelgo la vicenda della famiglia Englaro.
Hai citato Pertini, il presidente degli italiani per antonomasia, e la famiglia Englaro, la cui storia ha scosso e invitato a riflettere tutta l’Italia, e che è tornata d’attualità dopo l’approvazione da parte della Camera della legge sul biotestamento. Ma a te piace l’Italia di oggi? quali sono, dal tuo punto di vista, i suoi pregi, i difetti, le potenzialità?
L'Italia di oggi è quello che abbiamo voluto che diventasse. Non mi piace ma non posso fare finta di venire da Marte. Siamo un paese senza memoria e senza una vera classe dirigente, senza una direzione di sviluppo e una visione condivisa dei problemi da affrontare. Ho scritto anche un saggio di recente sul sentirsi cittadini e sul senso dello Stato, per me questa è una ferita aperta. I pregi ci sono e risiedono nella nostra capacità di creare isole di pensiero razionale davvero sopra la media, il potenziale che ne deriva è incalcolabile. Va aggiunto che la coesione sociale ha dimostrato di poter reggere oltre il ragionevole, fattore che ha finora impedito drammi ancora peggiori di quelli già in corso. Possiamo fare tutto come popolo ma abbiamo paura che i nostri vicini, gli altri italiani, ne possano avere beneficio più o prima di noi. L'ultimo peso da toglierci dalla schiena si chiama Vaticano, considero inaccettabili le loro interferenze con lo Stato.
Penso anch’io che la qualità della nostra classe dirigente, di governo e opposizione, sia uno dei flagelli che non ci porterà lontano. Specie in questo momento in cui c’è bisogno di avere delle guide sicure e non di gente che pare goda a vivere come in una continua fantozziana lite condominiale. E dei flussi migratori che negli ultimi venti anni stanno cambiando gli equilibri culturali, sociali e politici d’Italia e d’Europa, che idea ti sei fatto?
La Storia vive di cicli. Gli italiani sono emigrati per secoli, abbiamo smesso di farlo negli anni '60 del secolo scorso. Adesso lo fanno altri, per i nostri stessi motivi: fame e voglia di futuro. Quello che è cambiato è la velocità, le masse si spostano in maniera più brusca e gli stati faticano ad adattarsi alle ondate migratorie. Una serie di fattori sono stati sottovalutati: nessuno poteva prevedere la primavera araba ma da quanto tempo i governi del centro Africa e del Corno d'Africa sono instabili o inesistenti? Abbiamo messo la testa sotto la sabbia per troppo tempo e adesso la realtà ci morde il sedere. Come cambierà il primo mondo? Se tutto va bene diventerà meticcio, più ricco di lingue, idee e di tradizioni. Quello che è veramente pericoloso è il fattore economico, impossibile assorbire ondate rilevanti di emigranti se non c'è sviluppo. Se l'Europa non riparte ci sarà una guerra tra poveri come non se ne sono mai viste. In Italia abbiamo già stroncato una generazione con il precariato, stiamo per rovinarne un'altra e c'è chi soffia sulle fiamme per far scoppiare un incendio senza rendersi conto che non c'è ritorno da una condizione come quella.
E’ proprio vero che il precariato ha ucciso una generazione, o comunque l’ha ferita gravemente, per usare una metafora azzeccata. Ho l’esempio di mia cugina, che vive al Sud. E’ laureata in lingue da quasi vent’anni, ha già vinto due concorsi per l’abilitazione a ruolo e invece per poter lavorare deve girare tutti gli anni per i paesi limitrofi, con la neve e il ghiaccio, a insegnare nelle scuole serali. E ogni anno a luglio non sa cosa l’aspetta a settembre. Che fiducia può avere, una persona che vive queste cose sulla propria pelle, nello Stato? Una certezza comunque c’è: la nostra politica è tornata ai tempi del feudalesimo puro (almeno una volta una scelta chiara!). Vedi infatti le successioni a Bossi, che si porta appresso il figlio come un cagnolino, e a Berlusconi, che ha democraticamente scelto il suo avvocato a segretario del PdL. E tutti ad osannare sia nell’un caso che nell’altro! Ma se andiamo avanti così è come sparare sulla Croce Rossa, quindi torniamo alle nostre domande. Dimmi una cosa, una qualunque, che vorresti restasse di te.
Casi come quello che citi stanno diventando comuni, ci stiamo abituando anche a cose assurde e a dimenticare tutti i diritti che lo Stato dovrebbe garantire ai cittadini. Il precariato non è la flessibilità che ci chiedono i partner europei da vent’anni, questo sistema è fatto solo per emarginare le nostre forze migliori che non a caso appena possono se ne vanno. L'unica forma di immortalità a cui aspiro è lasciare buoni ricordi nella mente delle persone a cui voglio bene. Avendo un figlio è chiaro che spero di potergli trasmettere il più possibile e che possa ricordarmi con un sorriso.
Siamo ormai a luglio. Dove andrai in vacanza?
Vacanze? Vivo a Livorno e non ho grandi mezzi economici, quindi credo che approfitterò della costa labronica insieme alla mia famigliola.
Lasciamo Angelo con negli occhi la splendida spiaggia toscana e andiamoci ad ascoltare la sua musica. Anche qui scopro che abbiamo molto in comune: Kashmir dei Led Zeppelin è uno dei miei brani preferiti, uno di quelli che mi ha iniziato alla vera musica, quella con la M maiuscola. Ed è quello che Angelo ha scelto per noi.

TIM

(le altre interviste possibili:
Nick, Simone M., GlaucoAlex, Edu, Ariano, Elvezio, Luca, Gelostellato, Enzo,  Davide, Gianluca e Ferruccio)

mercoledì 13 luglio 2011

Biotestamento e libertà di autodeterminazione

rubata da qui
Ieri sera, alla Camera, è stato approvato con parecchie decine di voti di scarto il testo della legge sul biotestamento. -ho scelto proprio questo link non per motivi ideologici (l'Unità è un giornale di una parte politica) ma perché è un articolo riassuntivo della legge senza commenti. Ora la palla passa al Senato.
Avevo già espresso in questo post quello che penso riguardo al biotestamento e all'eutanasia e da allora non ho cambiato idea. Vi riassumo quello che dicevo lì:
- biotestamento: ognuno deve essere libero di decidere, finché è in grado di intendere e volere, come porre fine alla propria vita. Sì al biotestamento come documento in cui si dica semplicemente: nel momento in cui si palesano certe situazioni io voglio che qualcuno, se non posso farlo io, 'stacchi la spina' per me.

- eutanasia:  un uomo sente quando è il momento di andarsene, se l'esistenza gli è troppo pesante. Nessuno può, a qualsiasi titolo, instillare nelle persone il terrore di scegliere come e quando morire, con la motivazione che 'la vita non è nostra', che dobbiamo rispettare leggi scritte e non scritte che ci proibiscono di vivere (e quindi morire) serenamente. Io rispetto allo stesso modo chi dedice di lasciarsi morire perché stanco di vivere e/o soffrire e la mamma malata di cancro che decide di portare a termine la gravidanza pur sapendo che alla fine morirà, e anche tra atroci sofferenze non potendo usufruire di terapie per il dolore.
E l'unico filo conduttore di quelle mie riflessioni era il concetto di libertà personale.
Cosa che la legge approvata alla camera non rispetta. Il concetto base infatti che permea tutto il testo è che le ultime volontà della persona non sono vincolanti.
Io, cioé, posso dichiarare per iscritto (il cosiddetto DAT) cosa voglio fare della mia vita, ma alla fine non saranno quelle mie volontà ad essere valide, né quelle delle persone che hanno vissuto insieme a me fino a quel momento. Infatti un eventuale mio 'tutore' ha partita persa rispetto al medico che deve valutare «in scienza e coscienza in applicazione del principio dell'inviolabilità della vita umana». Unica concessione, se così vogliamo chiamarla, è per lo stop all'idratazione e alimentazione, ma solo per quei casi in cui, comunque, non servirebbero più a niente.
E allora mi chiedo: una società che non mi lascia libero di morire, in che modo mi potrà lasciare libero di vivere? E, soprattutto, in che modo mi farà vivere se è consapevole che può fare di me quello che vuole fino a che campo?
L'art. 13 della nostra Costituzione recita che
La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge .
e la giurisprudenza, anche straniera, legge in quest'articolo, che parla essenzialmente di libertà fisica (carcerazione), anche la possibilità di vedere il concetto di libertà personale in senso lato, quindi anche libertà di espressione (vedi anche l'art. 21), decisione ecc..
La Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo all'art. 3 dice che
ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona
e all'art. 12 afferma che

Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, nè a lesioni del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.
E potremmo andare avanti così, di citazione in citazione.
Ma ora concludo, perché non voglio continuare a mettere troppa carne al fuoco che svierebbe dal punto focale che voglio affrontare. E il punto, o i punti, su cui riflettere in questo caso, secondo me, sono questi: la morte dell'uomo è un fatto personale o pubblico? L'uomo ha il diritto di morire come e quando ne sente il bisogno, o anche in questo caso deve essere considerato un tassello della società civile e quindi sottostare ad una qualsiasivoglia legislazione pubblica? E' possibile stabilire per legge come si deve vivere e di conseguenza eventualmente morire? E in questo caso, la morte deve essere considerata un momento (per quanto particolare) della vita o un'esperienza a sé stante?

TIM

martedì 12 luglio 2011

Le interviste possibili: Ferruccio Gianola

Un altro amico che è una certezza, quanto a continuità, peso e spessore degli interventi. Ma non è un medico chirurgo.
Per la gioia di molti, oggi è ospite di questo garage Ferruccio Gianola, per gli amici Ferru, che proprio ultimamente ha deciso di rubarmi il mestiere. E così chi di spada ferisce, di spada perisce.
Non saprei come definirlo: scrittore qui, qui e anche qui (fresco fresco!) per esempio, blogger, uno dei fortunati vincitori del banner di bookandnegative, il fratello di Livio il chitarrista
Sarà come sarà, ora è il suo turno, la scena è sua. Signore e signori (chissà perché bisogna sempre mettere prima le donne, non è discriminazione questa?), abbassate i riflettori, silenzio in sala e iniziamo.


Ciao, Ferru. Dacci qualche breve informazione su di te.


Sono nato il 7 agosto (in casa, come una volta) di qualche anno fa, in un paesino delle alpi Orobie dove ancora ci dormo (lavoro a Lecco) ma la mia effettiva età non conta assolutamente nulla. A volte ho la sensazione di avere ancora quindici anni, in altri momenti sembro un vecchio di cento. Ho subito un paio d’incidenti gravi che nonostante non mi abbiano lasciato menomazioni evidenti mi hanno levato almeno dodici anni di vita attiva e quindi prendo le cose con molta filosofia. Sono lunatico più della luna. Ho fatto un po’ di tutto, l’operaio, l’artigiano, il venditore di sistemi cad. Ora lavoro in una scuola “privata” e faccio ancora un po’ di tutto: dalla docenza, al tecnico informatico, al fotografo nei momenti ufficiali e al buttafuori visto le generazioni del giorno d’oggi.
Bene, siamo quasi coetanei; io però ti batto di un anno, anche se pure il mese è quello giusto. Quindi per lavoro sei sempre a contatto con giovani e adolescenti. Quando è toccato a te esserlo (prima o poi tocca a tutti esser giovani; poi ci sono quelli che ci rimangono e vengono normalmente detti rincitrulliti) che tipo di letteratura, cine-tv, musica animava le tue giornate? E la tua famiglia entrava nelle tue scelte?



Fumetti (Tex Willer e giornaletti di guerra) e romanzi d’avventura prestissimo. Ho ancora nella mente le figure che c’erano in un’edizione di “Ventimila leghe sotto i mari” di mio papà, forse non sapevo ancora leggere. Abbonamento al Giornalino e anche a Selezione Reader's Digest. Poi telefilm in televisione, sceneggiati, film di guerra, film western e film d’avventura e fantascienza. Ho iniziato prima a suonare che a scrivere, il sassofono soprano, non riuscivo neppure a reggerlo con le mani talmente pesava. Ma anche la pittura - mio papà non lo faceva di professione, ma non era neppure un pittore dilettante- mi ha sempre attratto.
E ora come sono cambiati i tuoi gusti?



Non sono cambiati in maniera rilevante, per quanto riguarda la letteratura continuo a divorare libri di ogni genere. Forse sono stato influenzato dalla narrativa americana per quanto riguarda la scrittura, ma non credo di avere un idolo particolare. Leggevo tutto di uno e poi lo eliminavo leggendo tutto di un altro scrittore dallo stile e dal genere opposto. Naturalmente cerco di scegliere il meglio e ho una specie di detector incorporato che mi permette di eliminare da subito i libri che non mi piacciono. Con la musica mi comporto allo stesso modo, ascolto di tutto: colonne sonore, pop, rock, classica, jazz… ultimamente anche le canzoncine tirolesi.
Ecco allora l’eccletticità (accompagnata dalla versatilità) dei tuoi interessi letterari. Traspaiono anche dal blog i frequenti riferimenti alla terra dove sei nato e cresciuto. Ti piace questo posto e come ti ha influenzato anche nello scrivere?



Sì, abbastanza, ma dipende dalle situazioni. Mi ha sempre trasmesso un’aurea da ingenuotto che ancora mi porta addosso e che traspare anche nella narrativa che scrivo. Per i curiosi ho scritto un romanzo horror avventuroso ambientato a Premana. Ora se fosse possibile vorrei andarmene un anno tra i nativi americani, oppure nel deserto australiano a cercare serpenti velenosi o in Patagonia. Penso sia l’unico modo per conservare e sviluppare ancora qualcosa di spirituale ( non confonderlo con la religione, però). Anche se alla fine ho bisogno di tornare al paesello.
E la tua famiglia si interessa a come esprimi oggi le tue sensazioni ed emozioni?

Fino a un certo punto, con mio fratello musicista sì, non parliamo d’altro. Con l’altro fratello dipende dalle situazioni. Con mia madre e mia sorella non è semplice parlare di arte, ma le donne sono per la conservazione della specie e non c’è nulla di più speculativo e inutile di uno scrittore che non porta soldi.
Ahahahah, bell’osservazione che mi richiama alla mente un detto simile anche delle mie parti! Oltre alla famiglia, normalmente la nostra vita di società è popolata di amici e colleghi di lavoro. Come li scegli (gli amici, dico)? e loro e i colleghi di lavoro, condividono i tuoi stessi interessi, conoscono la tua passione per la scrittura o sanno che gestisci un blog?


Gli amici capitano per strada e in linea di massima non ho ricevuto grandi fregature, anche se i veri amici li frequento da sempre e non hanno a che fare con l’ambiente di lavoro, dove mi limito a fare il mio dovere. Comunque quasi nessuno è al corrente del mio blog.
Veniamo ad un argomento che spesso per finto pudore viene tralasciato, di cui non si parla per non fare la figura del bigotto, ma che credo abbia sempre un posto (anche attraverso la sua negazione) nella nostra vita: tu sei credente?


Boh, ci credo poco. In una risposta precedente parlavo di spiritualità, be’ per me la spiritualità consiste nell’essere in simbiosi con quello che si sta facendo. Quando scrivo ci metto tutto me stesso e c’è tutta la spiritualità di cui ho bisogno, anche se certe esperienze (Nativi americani, deserti) mi mancano.
Abbiamo accennato prima alla tua carriera di scribacchino. Da dove vengono fuori i tuoi personaggi e le tue storie?


Dalle mie esperienze, dalle mie passioni, dai luoghi dove ho vissuto, da quello che mangio a come dormo, dalla mie storie d’amore…
C’è un fatto della tua giovinezza ti ha particolarmente colpito e ha influito (e magari influisce ancora) sulle tue scelte?


A quattordici anni sono stato spedito a Milano in collegio perché non c’era altra possibilità per studiare. La scuola superiore più vicina, con i mezzi di trasporto di allora, era quattro ore di distanza. Vi giuro che per come io conoscevo il mondo è stato come entrare nella Tana del Bianconiglio.
Un po’ di attualità. Ti piace l’Italia oggi? quali sono i suoi pregi, i difetti, le potenzialità?


No, per niente. Vai a fare un giro all’estero e ti accorgi di come siamo ridotti male. Non mi levo dalla testa ciò che mi è successo l’anno scorso quando sono tornato da Edimburgo e per poco ho rischiato l’arresto per avere insultato un paio di poliziotti in servizio a una manifestazione politica, che mi avevano costretto a fare un giro dell'oca assurdo per poter recuperare l'auto per tornare a casa. Non ci vedo molte potenzialità, ma solo molta presunzione e supponenza. Siamo un popolo che vive sulla sua gloria passata (c’è stata?), carente di buona volontà. Di tutto ciò salvo soltanto l’aspetto geografico.
Dalle tue parti è molto forte quella forza politica (mi permetto di dire: populista) che fa leva sulle paure della gente di vedersi portar via le proprie cose da gente venuta da lontano. Tu cosa pensi dei flussi migratori che negli ultimi venti anni stanno cambiando gli equilibri culturali, sociali e politici d’Italia e d’Europa?


Inevitabili e bisogna avere l’intelligenza di accettarli e adeguarsi al cambiamento, presto arriveranno anche gli alieni e quelli ci spazzeranno le orecchie.
Cosa vorresti restasse di te.


Molti conoscenti mi ritengono una persona buona e generosa (non so se sia vero, anche perché di fronte a ciò che ritengo ingiustizie posso spostare il mare). Se si tratta di una cosa vera, vorrei essere ricordato in questo. Non vorrei che si parlasse di me come di un bastardo o di un figlio di puttana.
Siamo a metà luglio e la domanda è d’obbligo: dove andrai in vacanza?


Non ho idea, vivo in montagna e a luglio e ad agosto è una vacanza continua per me. Poi mi capita di girare molto per lavoro quindi a volte non sento il bisogno di evadere per staccare. Probabilmente andrò in Spagna anche perché di solito ci va mio fratello per qualche tour ed è un bel sistema per andare a scrocco, conoscere qualche artista particolare e uscire con qualche chica mucho guapa.

Senza schiamazzi, con poche parole ma molto sincere, abbiamo conosciuto qualcosa in più di Ferruccio, che ha voluto che ascoltassimo questo brano per completare la sua presentazione. Un uomo così, che vive di poche cose ma essenziali, che basa le proprie convinzioni sulle sue esperienze e non sulla prima prurigine che si incontra per la via, merita la nostra attenzione e il nostro rispetto.Ed ora tocca a voi: dite quali sono state le vostre impressioni nel leggere le sue parole; e se volete, fate le vostre domande. Ferruccio Gianola sarà contentissimo di rispondervi.


Comunicazioni di servizio: penso che l'arrivo della canicola estiva invogli al dolce far niente e a di conseguenza ritengo che la gente vada in vacanza o abbia meno voglia di tenere in mano un mouse e incollare gli occhi ad un monitor. Perciò volevo un vostro parere sul fatto di interrompere con oggi le interviste (ma la normale amministrazione del blog è garantita!) e riprenderle a fine agosto. Cosa ne pensate? Seconda cosa: molti si sono lamentati dell'evidenziazione, nei post delle interviste, del testo. Per questo ora ho lasciato tutto come si trovava. Va meglio, peggio, così così? Ditemi qualcosa.

TIM

(le altre interviste possibili: Nick, Simone M., Glauco, Alex, Edu, Ariano, Elvezio, Luca, Gelostellato, EnzoDavide e Gianluca)





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