lunedì 31 dicembre 2012

Un esagramma per il 2013

Secondo la tradizione di Shao Young, così come evidenziato e ricavato dallo studio di D.F. Hook*, ad ogni anno è possibile associare un esagramma degli I Ching.
Per chi non conosce l'I Ching, lascio il link tratto da Wikipedia, dove poter iniziare ad apprezzare questo metodo esperienziale, spirituale ed esoterico allo stesso tempo, che aiuta a capire in che momento della storia, personale e universale, ci si trova e come fare a seguire la retta strada del Tao.** Ma sull'argomento penso di tornare in un futuro anche prossimo.
Dicevo del collegamento tra I Ching e calendario. La Hook assegna, tenendo conto appunto dele intuizioni di Shao Young, all'anno 2013 l'esagramma 42: l'accrescimento. Ciò vuol dire che, leggendo e interpretando quest'esagramma, possiamo avere un'idea di quelle situazioni che durante l'arco di tempo dei prossimi 12 mesi avremo davanti e con le quali ci troveremo a convivere.
Attenzione, non si tratta di dire: cosa succederà nel 2013? Infatti l'I Ching non è un metodo strettamente divinatorio, come ad esempio l'Astrologia; anche se per molti, purtroppo, sta diventando così, sminuendo il suo l'aspetto spirituale!
L'I Ching ci mette in contatto con la realtà invisibile del mondo e della storia, con tutti i suoi collegamenti nascosti all'occhio umano, ma veri e reali in una dimensione in cui non siamo riusciti a penetrare apertamente e che riusciamo a svelare solo attraverso la lettura di segni e simboli.
E ora vediamo di cosa parla l'esagramma 42.
Per essere sintetico e il più chiaro possibile, eviterò di ricorrere a spiegazioni e termini tecnici, ma andrò subito al sodo. Questo 2013 sarà un anno importante. Sarà un anno in cui ci saranno molte possibilità da sfruttare (ripeto: l'I Ching non ci dice cosa farò, ma quali sono le strade da percorrere che mi si aprono davanti; sarò io a fare la scelta). Ma sarà anche un anno fatto di impegno e di impegni. Saranno mesi in cui dobbiamo scoprire attorno a noi gli esempi positivi che esistono e dovremmo imitarli e assimilarli fino a farli diventare nostra materia di vita. Ma dovremmo anche scorgere gli esempi negativi e capire cosa in noi va sdradicato. (Tecnicamente, infatti, è scritto che la prosperità deriva dal fatto che "il vero dominare deriva dal servire": una linea del trigramma superiore va a rafforzare quello inferiore). Questo mutamento etico è il più importante accrescimento che potremmo avere; ma proprio un comportamento etico (senza connotazioni religiose!) sarà l'impulso per una riuscita.
Saranno tempi di ascesa, che dovrà però essere conquistata col lavoro serio. A volte continuiamo a vivere in un certo modo ma non vediamo risultati. Questo tempo invece sarà propizio, le circostanze cioè si metteranno in modo da essere favorevoli, e proprio per questo dovremmo sfruttarlo prima che, inevitabilmente, passi
Ci aspettano grandi cose, allora, in quest'anno che sta per iniziare. Ma ci aspetta anche tanto lavoro serio. Dobbiamo mettere da parte tutto il fancazzismo che abbiamo spesso sviluppato negli anni passati, quando abbiamo visto solo certezze sgretolarsi e crescere disonestà e malcostume. Dobbiamo eliminare espressioni tipo: "ma chi me lo fa fare", "ma si... tanto", e cominciare a riprendere in mano la nostra resposabilità e volontà positiva di cambiamento.
Con questo post chiudo il 2012 e vi do appuntamento al prossimo anno. Sono impliciti gli auguri a tutti e l'invito a chiedermi, se avete voglia e curiosità, di consultare per voi personalmente l'I Ching. A lato trovate il mio indirizzo mail, altrimenti chiedete nei commenti.
Che il 2013 vi sia propizio!

TIM


-----
* I King e Voi, di D.F. Hook, Astrolabio-Ubaldini Editore, 1973, pg. 99
** Scrive la Hook: "Che cos'è esattamente l'I Cing? È un libro della vita, che contiene una spiegazione di tutte le leggi dell'universo, dalle quali sono governate tutte le cose; e fornisce istruzioni esplicite sul modo in cui l'uomo deve comportarsi per rimanere continuamente in armonia con tali leggi." (o.c., pgg 7-8)

giovedì 27 dicembre 2012

Qualche idea per cominciare

Vota Antonio, vota Antonio, vota Antonio!
Siamo in piena campagna elettorale (basta vedere i TG velatamente o apertamente schierati) e le ricette per la soluzione della crisi si moltiplicano.
Non sto qui a fare pubblicità per questo o per quello, sono il primo ad essere disorientato, ma cerco di mettere dei paletti nella mia mente.
Non sono un economista, né un politologo, né un sociologo, ma un uomo della strada e ragiono come tale.
Quel che ho visto, girandomi indietro e passando in rassegna gli ultimi 30-40 anni, ma forse anche di più, è stato anzitutto una corsa alle/delle ideologie, uno sparare sentenze a prescindere, come direbbe il grande Totò. Io sono il primo che ho fatto questo: nei miei giudizi, spesso nel momento di andare a votare, nelle analisi. Ciò non vuol dire che un'ideologia non debba guidare un giudizio, perché un'ideologia è un modo di guardare al mondo e alla sua realtà. Ma un'ideologia diventa deleteria quando mette e fa mettere il paraocchi. Ricordo sempre la lezione del mio professore di filosofia al liceo quando ci spiegò che il termine critica derivava dal greco krino, cioé passare attraverso il crivello, come si fa con la farina: perché ci sia criticità e quindi giudizio si deve passare tutto alla lente di un metro di giudizio; ma bisogna che la largezza delle maglie del crivello sia adeguata alla cosa (alla realtà) che voglio giudicare, perché potrebbe essere troppo stretta (e allora tutto sarà da buttare) o troppo larga (e allora passerà e sarà giustificato di tutto).
Ecco, in questi ultimi anni le ideologie, di qualunque tipo, razza e religione, hanno detto i loro sì e i loro no senza tener conto della realtà che volevano e dovevano giudicare. Per cui spesso si è buttato, come suol dirsi, il bambino con  l'acqua sporca. Un'ideologia, penso, deve essere un punto di partenza flessibile, che tiene conto di tutti i parametri; deve essere un punto di vista sempre pronto ad accettare ciò che di buono trova attorno a sé. Pena la propria morte e quella di chi la segue ciecamente.
Quel che ho visto, girandomi indietro, è stata un epoca e un momento storico in cui tutte le categorie hanno richiesto, giustamente, il rispetto dei diritti. Ma non ho mai sentito un partito, un sindacato, un associazione rivendicare per i propri iscritti anche il rispetto dei doveri. Abbiamo viaggiato spediti come se la vita (sociale e privata) fosse fatta di sole cose che ci spettavano, non tendo in alcuna considerazione se il mio diritto, in quel momento, ledeva quello di un altro o metteva in difficoltà la cellula sociale in cui vivevo. Io so che in ogni famglia esiste il rispetto delle opinioni e della vita di ogni compnente, ma questo non deve mai scavalcare quello della nucleo famigliare in sé. Purtroppo ho visto partiti, sindacati, associazioni, esultare o protestare con manifestazioni oceaniche per il diritto a qualcosa, ma senza chiedersi mai se l'attuenuare o il procrastinare quella richiesta potesse servire a far crescere tutto il resto della società o anche solo una parte di essa. Non abbiamo, spesso, tenuto conto che la nostra vita e, conseguentemente, il nostro lavoro sono svolti in un gruppo più esteso che si chiama Stato Italiano.
Per contro ho visto partiti e governi cavalcare le proteste di piazza e dare contentini alla gente. Ma in questo noi italiani siamo bravi, siamo discendenti dagli antichi romani e dal loro panem et circenses. Ho visto pochi governi fare programmi per un futuro che andasse al di là del proprio quinquennio: destra e sinistra hanno governato come se il mondo dovesse finire il giorno dopo la scadenza legislativa; oppure promettere opere e provvedimenti che, palesemente, non avrebbero potuto mantenere. Io so che per costruire bisogna mettere le basi, una pietra per volta, una trave per volta. Tutti hanno cercato di abbelire la casa, ma non hanno badato a sistemarla, puntellarla, fare opere di risanamento.
E veniamo, per concludere, ai singoli politici, quelli che da anni noi deleghiamo per il nostro governo. Conosco un onorevole in pensione che ha 99 anni. È stato tra quelli che hanno inaugurato il parlamento, votando prima la costiuzione e cercandio di dare poi un volto al nostro Stato. Naturalmente ha conosciuto ed è stato amico personale dei vari Napolitano, De Gasperi, La Malfa. Pertini, Nenni, Almirante, ecc. . E mi raccontava di quei tempi quando non c'erano i telefonini o le auto blu o i ristoranti in parlamento. E mi diceva di come tutti facessero a gara a segnalarsi l'un l'altro il ristorante dove si mangiava bene e si spendeva poco o quello che faceva gli sconti per i parlamentari; di come facessero la fila per telefonare alle poche cabine vicino al parlamento; o di come chi aveva l'auto personale dava un passaggio magari da Milano a Roma a un altro con cui magari il giorno dopo avrebbe litigato per questioni politiche. Ed erano i tempi di Peppone edon Camillo!
Quello che, voltandomi indietro, non ho visto nei nostri politici degli ultimi decenni, è stato il senso della politica come servizio. Sì, lo so che sono frasi fatte, entrate forse pure in qualche dizionario; ma per me è così, non ci posso fare niente. Specie quando sento, ad esempio, aspiranti politici tumultuare contro i condoni fiscali e poi averne usufruito per ben tre volte in passato. E mi fermo qui per non cadere nel particolarismo che non è il senso di questo post.
Ho voluto chiarire a me stesso solo alcuni punti con i quali dovrò fare i conti quando andrò a votare e prima ancora quando andrò a leggere i programmi dei singoli politici e dei singoli partiti o movimenti. Perché questa volta cercherò di partire da quello che mi verrà proposto e che cercherò di vagliare a partire dalla mia sensibilità e. perché no, ideologia. Ma senza i paraocchi.

TIM
 

sabato 22 dicembre 2012

Stati confusionali di fine anno. E comunque: BUON NATALE!

L'idea l'avevo avuta qualche giorno fa, ma il sublime Davide Mana mi ha preceduto col suo post di oggi, perfetto, inappuntabile e inarrivabile.
L'idea era di dire che: visto che la fine del mondo non c'è stata (ma qualcuno ci credeva veramente?) possiamo ricominciare da capo.
E cosa ci mettiamo in questo ricominciare da capo?
È un po' il vecchio propositi per il nuovo anno, ma in questo caso assume toni più apocalittici e propone riflessioni più profonde.
È come quando hai un brutto incidente e dopo qualche minuto capisci che l'hai scampata bella e, mentre ancora senti quel qualcosa che ti pizzica al centro di quel posto dove non batte mai il sole (tranne che per Belen), pensi: ca**o, che c**o che ho avuto, è possibile che la mia vita stava per andare tutta a put***e? (in questo casi pare che il dire parolacce aiuti a smaltire l'adrenalina e a migliorare la condizione di dolore fisico e psicologico; lo dice la scienza).
Io non filosofeggio ormai più da un pezzo, perché ho preso coscienza di non essere che un povero essere allo sbando in questa strada che chiamiamo vita ('azzo che pensiero profondo!), perciò non posso che fare un semplice resoconto cronistorico di quello che ho fatto in quest'anno.
Non delle cose che ho agito, ma degli stati confusionali in cui ho viaggiato, attraverso che le cose che ho agito.
Come sempre ho iniziato troppe cose e ho dato l'adesione ha troppe iniziative:
** il round robin (di cui potete scaricare gratuitamente il bellissimo ebook con tutto quello che c'è da sapere e da leggere, compresa la storia, naturalmente) dell'amico Alex;
** il concorso Hydropunk di Mr Giobblin's di Minuetto Express;
** ho aperto un nuovo blog perché volevo tagliare i ponti col vecchio garage e tutto ciò che conteneva e rappresentava;
** ho dato vita ad una pagina Tumblr, che ho già chiuso.
Orbene, come dicono i classici e gli snob, è tutto miseramente andato a farsi... strabenedire.
Il nuovo blog è in chiusura (che apro a fare una nuova pagine se poi alla fine continuo a parlare delle stesse cose e negli stessi termini?); al round robin non ho partecipato perché dopo un paio di mesi di capitoli pubblicati mi sono reso conto di due cose: la prima è che non era il mio genere, la seconda che il livello scritturevole era troppo alto per me; il racconto per l'Hydropunk è stato ad un passo dall'essere presentato, ma la storia (che pur mi intrigava) non sono riuscita a portarla a compimento.
Questo è essenzialmente il mio problema: penso che si possa cambiare semplicemente cominciando a fare altro. E invece si cambia cambiando il modo di intendere e fare le cose di sempre. Oddio, sicuramente aiuta iniziare qualcosa di nuovo, ma sempre e solo se lo si fa con uno spirito nuovo. Oppure se si trovano mezzi e strumenti che facilitano il processo (sì, lo so, sto continuando a filosofeggiare, ma abbiate pazienza: tutti ce l'hanno con me perché sono piccolo e nero!).
E forse in zona cesarini per quest'anno qualcosa ho trovato. È una novità nel panorama dei social network (ormai parlo come un socio-informatico!) e si chiama Twoorty.
= Parentesi pubblicitario-divulgativa completamente gratuita, nel senso che non becco un quattrino per farla e che nessuno mi ha chiesto di fare. Twoorty è un misto intelligente tra FB, un blog e Tweeter. Praticamente non ci si iscrive per chiedere l'amicizia a qualcuno con cui credi di avere qualcosa in comune, ma incontri persone che hanno i tuoi stessi interessi, nel senso che il sistema, una volta che tu hai dichiarato i tuoi argomenti preferiti, ti dice chi sono quelli che parlano di quelle cose e ti segnalano i loro post relatvamente a quella cosa.
Es.: se io dico che mi piace la scrittura vengo messo in contatto con tutti quelli che amano la scrittura, nel momento in cui pubblicano qualcosa sull'argomento. Ma se il tizio in questione nel post parla di, ad esempio, calcio che a me non interessa, non mi viene segnalato niente. È una comunità di idee più che di persone.
Altro aspetto interessantissimo: collegandolo al blog, Twoorty segnala i tuoi post sul blog direttamente alle persone che potrebbero essere interessate, quindi anche se non seguono direttamente la tua pagina o il tuo sito.
E poi, ultimo ma non ultimo, è un prodotto interamente made in Italy: ideato e realizzato in Italia da italiani e (e forse può essere per ora un limite) aperto solo agli italiani. Ma prossimamente dovrebbe sbarcare anche all'estero. È attivo da pochi mesi ed ha circa 2700 contatti: sono pochissimi ma, sono sicuro, aumenteranno presto. Chiusa parentesi. =
Ma torniamo al mio post. Il cui argomento era: propositi per domani (un domani generico, non nel senso di domenica 23 dicembre 2012).
I due lettori del blog avranno notato che ho aggiunto un bel po' di siti al blogroll laterale. Sono tutti blog che si interessano di gialli e di scrittura. Sono tutti in prova, nel senso che dopo qualche settimana in cui li terrò d'occhio deciderò se continuare a seguirli o meno. E contemporaneamente ho iniziato ad eliminare (e continuerò a farlo) blog che seguivo da tempo ma che ora non mi dicono più niente; non perché i rispettivi proprietari dall'oggi al domani abbiano cominciato a starmi sui cabasisi (eufemismo siculo), ma perché gli argomenti che trattano (anche magnificamente e professionalmente) non mi interessano più. Quindi non sentitevi offesi se non troverete più il vostro blog tra quelli che seguo: non ce l'ho con voi ma ho semplicemente deviato da quella rotta. E amici come prima. Spero.
Dovrò scrivere di più nel nuovo anno. In questi ultimi mesi ho prodotto un po' di cose, da solo o insieme ad Ariano, sia della saga del commissario Bacone che di altro, ma pur sempre in chiave poliziesca. E ho in cantiere un romanzo breve sempre col quel personaggio e che vede anche il contributo del carissimo amico Glauco. Ma di queste cose parlerò in un post a parte, magari dopo Natale.
Ah, già, è quasi Natale! Tenendo conto che domani sono off line e che lunedì è la vigilia, e che questo post è diventato chilometrico (quindi nessuno sarà arrivato fin qui senza aver subìto qualche trauma a livello psico-fisico) la chiudo adesso. Ma tornerò a breve.
E vi auguro BUON NATALE, con tutto quel che segue, recuperando questo gioiellino di Francesco De Gregori.



BUON NATALE A TUTTI!!!

TIM





mercoledì 19 dicembre 2012

Racconto a puntate: Il commissario Bacone e il bombolone di Moebius (finale)



Queste sì che sono auto!

Scrivendo questo racconto mi sono sempre chiesto: ma il bombolone, che idea si è fatta di noi? Certo la varia umanità che ha incontrato nel folto del bosco (o era una savana presitorica?) gli avrà dato un'idea; ricordate nella terza puntata:

"???" Si chiese il bombolone guardando con curiosità l'uomo e la donna sotto di sé.

"!!!" Rifletté alfine, pensando a quegli strani ramoscelli che si agitavano senza un filo di vento.


Ma non sappiamo effettivamente quali siano stati i suoi pensieri, se non che ha indovinato a dire che l'uomo è come un fuscello che si muove anche in assenza di vento. Ma sarebbe troppo mettere un pensiero filosofico di tal guisa in testa ad un artropode qualsiasi? Che poi chi l'ha detto che gli artropodi qualsiasi non siano capaci di pensiero e pensiero filosofico in particolare? Quanti bipedi di razza umana conosciamo che riescono ad azzeccare un congiuntivo o sanno chi è Ban Ki-moon? O chi è capace di svolgere un binomio di II° grado (anche i partecipanti al cosiddetto concorsone si sono lamentati che tra le domande c'era da risolverne alcuni)?
Ma bando alle ciance.
Qui di seguito la quarta ed ultima parte del racconto che è anche il mio regalo di Natale per tutti quanti voi!



IL COMMISSARIO BACONE
E IL BOMBOLONE DI MOEBIUS




Personaggi
Francesco Bacone        commissario

Nino Geremicca             agente

Alex Girola                      blogger e scrittore

Cristina Riccione           fotografa, compagna di Alex


*** (Ringrazio l'amico Alex per avermi permesso di utilizzare il suo nome per il personaggio di questa storia e, soprattutto, di avermi concesso di saccheggiare lo scenario del suo bellissimo racconto Il treno di Moebius)

… all’improvviso Girola si fermò, e con lui gli altri.
“Ma non sentite quest’altro suono?” disse, tendendo l’orecchio agli alberi.
“È vero” disse Bacone. “C’è un altro motivetto che viene da quella parte” fece indicando alla sua destra. “Ma non riesco a capire cos’è!”
È Minnie the Moocher!” esclamò Nino Geremicca. “Seguiamolo!”
“Ma perché? Cosa ci dice che siamo sulla strada giusta?” disse Cristina.
“Non lo so” rispose Nino, “ma è sempre meglio di quella nenia insopportabile che ci segue da stamattina!”
I quattro ripartirono, questa volta in direzione del suono sospirato del sax.
La formazione era sempre la stessa: Girola, Bacone, Riccione e Geremicca, che stava prendendo gusto al sobbalzare dei muscoli delle natiche della ragazza che lo precedeva. E, da buon devoto della cultura classica, questo gli fece venire in mente la Venere callipigia*).
“Ma lei sa dove sta andando?” chiese tra un rantolo e uno sbuffo Bacone a Girola.
“Penso di sì” rispose lo scrittore, anche lui in affanno.
“Ma pensa vuol dire che lo sa?”
“No, che lo spero.”
Dopo un centinaio di metri di corsa tra alberi e cespugli che continuavano a flagellare i pantaloni di Geremicca, Bacone cercò di approfondire l’argomento:
“E dove stiamo andando?”
“Ma è chiaro! Seguiamo la musica che ci porterà fuori da qui!”
“E perché proprio questa musica?”
“Semplice, dove si trovano facilmente le battone?”
“Nei viali, agli incroci… “
“… e vicino a posti dove potersi appartare, tipo casolari, catapecchie e via dicendo.”
La discussione stava portando via il poco ossigeno rimasto nei polmoni dei due.
“Non la seguo. Che c’entrano le battone e i casolari?”
Dalle retrovie intervenne la voce di Geremicca, minata dalla corsa.
“Commissario! La musica! Minnie the Moocher significa Minnie la battona, quindi seguendo la battona torneremo al casolare e da lì saremo fuori da qui!”
L’almeno spero però, Nino lo scandì a voce molto bassa.
Cristina stava pensando che pur essendo un poliziotto, il siciliano non ragionava per niente male. Avrebbe dovuto conoscerlo più a fondo. Almeno non si sarebbe ritrovata in altri guai simili.
La musica si faceva sempre più forte e guidava la corsa dei quattro.
“Chissà che ore saranno?” chiese la ragazza.
“Ma perché ha qualche appuntamento, signorina?” domandò Geremicca tra il serio e il faceto nonostante il fiatone.
“Ma che dice? È che mi sembra che stiamo correndo da un giorno intero!”
Fu Bacone a rispondere:
“Mancano due minuti a mezzogiornocavolo! Continui a correre e risparmi il fiato!”
D’un tratto gli alberi si diradarono e in fondo ad un piccolo spiazzo si stagliò il casolare.
Questa gradita sorpresa fece accelerare la corsa al gruppo che in pochi minuti giunse alla casa diroccata, infilò la porta rimasta aperta e uscì dall’altra parte.

*****

I due ragazzi appoggiati alla dyane rossa, nonostante la pioggia, con la musica a palla e i finestrini aperti, si ritrovarono all’improvviso davanti una scena da serial di sopravvissuti.
Un uomo con una maglietta sbrindellata con un superpippo sanguinante sopra, gettato a terra a pancia all’aria e con le braccia distese a croce.
Un altro uomo con un loden verde a cui mancavano completamente le maniche ma col cappello ancora saldamente in testa.
Una donna con i capelli alla Marcella Bella dei tempi migliori e, in mano, un paio di scarpe col tacco, che stava scivolando di spalle lungo il muro della casa abbandonata.
Un poliziotto magro e basso che, sotto l’acqua torrenziale, cercava di togliere macchie di fango dalla divisa con la canna di una pistola.

*****
“Signor Girola, aveva ragione! Ce l’abbiamo fatta!” disse Bacone appena ripreso un po’ di fiato.
“Certo che avevo ragione” rispose orgogliosamente l’uomo rialzandosi. “Anche se non tutti mi stimano” e la battuta era chiaramente rivolta alla donna.
“È meglio che per un po’ non parliamo, noi due” fece l’interessata. “Almeno fino a che non sarò andata dalla parrucchiera e dall’estetista, sperando che si possa ancora recuperare qualcosa.”
“Se mi posso permettere” intervenne Geremicca “anche così lei fa la sua figura. È quello che c’è dentro che conta, non quello che si vede da fuori.”
Bacone guardò il suo agente, stupito: quello era un chiaro complimento di uno che, nonostante la situazione, ci stava provando! E meno male che non era presente Bellagamba, altrimenti Nino sarebbe diventato lo zimbello del commissariato in pochi minuti!
Cristina Riccione, ancora visibilmente scossa dall’incubo da cui erano appena usciti, si rimise le scarpe e rassettò gli abiti. Il complimento di Geremicca aveva fatto centro, e ora non sapeva cosa dire.
“Ecco da dove proveniva la musica!” esclamò il blogger-scrittore rivolto alla macchina coi due giovani, che continuavano a guardare il gruppo come fossero alieni appena scesi dall’astronave di ET.
In effetti dall’autoradio della 2 cavalli stavano uscendo le note finali di Minnie the Moocher.
Una breve pausa e, sulla chitarra di Matt Murphye che iniziava Sweet Home Chicago, i ragazzi all’unisono pronunciano un Miiihhh!!! sbalordito.
“Cosa avete da guardare! Su, sgomberare! E abbassate quella musica!” fece Geremicca. I due risalirono sull’auto e mentre ripartivano a razzo, il poliziotto urlò: “E allacciate le cinture di sicurezza!”
Rimasti soli, i quattro si guardarono per qualche minuto, ognuno con i propri pensieri, in silenzio. Ma tutti e quattro avevano un solo obiettivo immediato: tornare a casa.
“Da che parte si arriva alle auto?” chiese la fotografa.
Geremicca diede uno sguardo a 360° e individuò le auto.
“Per di là!”
La donna si tolse le scarpe e guidò il gruppo verso la direzione indicata dal poliziotto.
Sembrava che nessuno avesse voglia di commentare l’avventura appena passata, né di fare domande sull’accaduto.
Impiegarono pochi minuti per arrivare alla Rexton.
“E se ora non riparte?” domandò Cristina.
“Mi permetta” si fece avanti Nino. “Le chiavi” chiese poi a Girola.
L’uomo tirò fuori le chiavi e le passò al poliziotto, il quale aprì l’auto, salì e provò a mettere in moto, ma senza riuscirci.
“Mi permetta” disse ancora rivolto a Girola. “Lei salga, mi apra il cofano e provi a far partire.”
Lo scrittore obbedì. L’auto continuava a non mettersi in moto. Poi Geremicca toccò qualcosa nel motore e dopo qualche altro colpo a vuoto, il motore cominciò a rombare.
 “Bravo!” squittì la fotografa battendo le mani.
Nino richiuse il cofano, e si avvicinò allo sportello.
“Faccia controllare i filtri dell’aria, e non usi benzina agricola che, oltre ad essere vietata, rovina il motore” sentenziò ad un Girola attonito.
“Andiamo, commissario, che devo passare da casa a cambiarmi prima di tornare in ufficio. Non mi posso presentare al pubblico così” disse indicando gli abiti infangati e laceri. “Che figura ci facciamo con la gente?”
Bacone scambiò ancora qualche parola con l’uomo e con la donna, invitandoli a passare nei giorni seguenti in commissariato per il verbale.
O meglio un ipotetico verbale. Cosa avrebbero potuto veramente mettere per iscritto? Di millepiedi giganti, foreste che compaiono all’improvviso e casolari che spuntano dal nulla? Di una storia che da un libro diventa realtà? Ancora non lo sapeva neanche lui.
Cristina Riccione, con ancora negli occhi e nella mente i modi e le gentilezze del poliziotto siciliano, salì in auto e da lì salutò Geremicca e Bacone che li guardavano ripartire.
Quando la Rexton fu lontana, anche il commissario e l’agente raggiunsero la Prinx, che partì al primo colpo.
“Queste sono macchine!” disse Geremicca, facendo gongolare di gioia Bacone.

******

Ma quant'acqua c'è nel cielo? pensò il commissario Francesco Bacone, cercando di vedere qualcosa al di là delle spazzole del tergicristallo che andavano su e giù in mezzo alla pioggia dirotta.

**********************
*) callipigia= dalle bianche natiche

 
(Questo racconto è dedicato a Gianrico Testa che non so chi sia e nemmeno se esista veramente. Grazie per esserci. Forse.)

TIM

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...