martedì 29 maggio 2012

Chi è Odette?

Odette non è una sposa con gli occhi pieni di speranze per un futuro radioso, innamorata del suo uomo, bello nella sua divisa nera e con le sue idee chiare su ogni cosa. Non porta rose all'altare, ma desideri imparati dalle tradizioni: figli, umiltà, obbedienza.
Odette non è un'impavida pilota di bolidi fumosi e rombanti che tagliano le italiche strade. Non indossa cappelli di cuoio a mo' di casco e occhialoni che le fasciano il viso. 








Odette non è un'intrepida paladina dei diritti delle donne che si avventura sulla spiaggia sbeffeggiando la morale vecchia e incanutita, mostrando gambe nude sotto costumi da bagno all'avanguardia.








Odette non è una diva che fa sognare gli uomini e fremere d'invidia le donne. Non ha sguardi persi nel nulla del destino ignoto, cerchi di perle che le incorniciano il volto pallido.














Odette è il mio tumblr.
Leggete e diffondete.














TIM

sabato 26 maggio 2012

Spero, promitto e iuro...

provocato da Nicola,
ecco la mia risposta!
... vogliono l'infinito futuro, come sanno i cultori della lingua di Cicerone, Virgilio e, perché no?, Tito Maccio Plauto!
Che significa? vuol dire che i tre verbi succitati reggono sempre il modo infinito del tempo futuro. Ma vuol anche dire che ho preso l'impegno (giuro, prometto, o almeno spero) di fare alcune cose tra qui e fine agosto.
Ho una marea di arretrati di lettura e scrittura e complici le due settimane di meritatissima vacanza spero -appunto!- di azzerare tutto.
Naturalmente dovrò cominciare nei prossimi giorni, altrimenti...
Cominciamo dalla scrittura, che è più semplice.
In dirittura d'arrivo (ma è già la seconda settimana che lo dico!) il secondo racconto breve col commissario Bacone, ho già una mezza idea per il terzo, non so se si è capito qualche post fa... quell'accenno alla macchina in panne... .
Il racconto lungo... come si dice quando non si riesce a cavare un ragno dal buco? ce l'ho tutto qui, in testa! eppure, porcamiseria, ho il plot, i personaggi,  ho addirittura un contributo a sorpresa da parte di un grosso personaggio. Ma ogni volta che apro quel maledetto file mi si intrecciano i diti, come direbbe Fracchia!






Ah, dimenticavo, ho anche il mio contributo al Survival Blog. Come ho già detto altre volte, è praticamente finito; devo scrivere l'ultimo capitoletto (anche lui ce l'ho tutto in testa! sarà per questo che mi restano pochi capelli sul cranio? per mancanza di spazio vitale?) e poi una bella revisione. Che poi ci tengo a finirlo, se non altro per l'intervista che mi spetta a casa di Gianluca. Immaginate che figata: io intervistato! sarebbe la prima volta, per me che lo scorso anno ho rotto le scatole a 20 blogger tutti insieme!
Piccola annotazione: ho notato che mi piace molto scrivere sul mio tablet Akai! anche se ancora non padroneggio bene Quick Office. Perciò penso che in vacanza dovrei riuscire a rifarmi un po' del tempo perso!
E per la scrittura mi sembra che possa bastare così.
Veniamo alla lettura.
Non parlo dei libri cartacei, che anche lì ci sarebbe da darsi da fare, ma mi soffermo sugli ebook che riempiono il mio Cybook Opus Booken (tra l'altro: ottima macchina che consiglio a tutti, ricordando anche che lo scorso anno è uscito il modello che permette di scrivere!).
Beh, vediamo di stilare una lista, seppur provvisoria e manchevole.
Devo terminare di leggere: Ucronie Impure, Deinos, Baionette Librarie e Fratelli di Razza, tutte raccolte di Autori Vari. E poi ho anche Unico indizio la luna piena di Stephen King.
Devo finire la lettura di 1936 (ma l'ho iniziato tanto di quel tempo fa' che dovrò riprenderlo dall'inizio) e poi iniziare 1937 di Alex.
Quindi, in ordine sparso: 1Q84 di Murakami; 2033 di Dmitri Glukhovsky; L'Alfabetista di T. Pettersson; l'appena scaricato Le 5 giornate di Enzo Milano; I negromanti di Alessandro Forlani (e alcuni altri suoi racconti brevi); Nuovi racconti sensazionali e Shakespeare noir di Ariano Geta; i vari contributi a Risorgimento di Tenebra del gruppo Moon Base.
(Ci sarebbe anche Medium di Giuseppe Genna. Qualcuno mi saprebbe dare qualche indicazione? perché io ho iniziato la lettura, ma non riesco a trovare il bandolo della matassa)
Sono messo male, vero?
Purtroppo sì, anche perché ogni volta che apro l'ereader scopro materiale che è lì da secoli. Ho anche pensato di stilare un elenco di tutto quello che trovo di non ancora letto, ma poi ho avuto pietà di me stesso e ho rinunciato.
Non ho messo in conto tutti gli altri romanzi di autori per così dire celebrati, ad esempio, Ken Follett, che ho. Non che l'autore nella fattispecie mi attiri tanto, ma almeno I pilastri della terra vorrei provare a leggerlo (ed è lì che mi aspetta!).
Per finire un omaggio ad un grande attore comico del passato. Come forse avrete visto, ho cambiato la foto del mio profilo facebook. Io non ne cambio una al giorno, quindi se l'ho fatto è stata una scelta particolare.
Buon fine settimana!




TIM

giovedì 24 maggio 2012

Libertà (omaggio a Francesco Guccini)

Tu dietro al vetro di un bar impersonale,
seduto a un tavolo da poeta francese,
con la tua solita faccia aperta ai dubbi
e un po' di rosso routine dentro al bicchiere:
... se lor signori vogliono gradire...

Libertà 
(omaggio a Francesco Guccini)

Le note del bandoneon vennero fuori dal jukebox appena la porta si richiuse dietro di lui.
Lilly si alzò e iniziò a ballare, da sola.
Gino gli fece un cenno col capo e lui rispose un col mento.
Il mega poster della squadra di calcetto cominciava a pendere vistosamente dalla bacchetta superiore, ma a nessuno importava più di tanto.
Bruno sedette al suo tavolo e Gino fu lì col quartino di rosso, il solito, forte e secco.
La musica copriva a mala pena il brusio che saliva dai tavoli e Lilly continuava a danzare quel tango (ma era poi un tango? se c’è un bandoneon ci deve essere per forza un tango?) più a memoria che a tempo.
Bruno mise una mano nella tasca della giacca di fustagno verde alla ricerca di qualcosa per accendere il mezzo sigaro che aveva in mano. Poi si sporse fino al tavolo vicino e prese la scatola di fiammiferi familiari.
Quando il fumo gli formò un velo davanti agli occhi, un sorriso gli aprì leggermente le labbra.
Era a casa sua. 




Un sax contrappuntò e il tango si fece ancora più triste; e Lilly ora volteggiava tra i tavoli. Sarebbe arrivata anche da lui.
Gino era poggiato al bancone reggendosi con i palmi delle mani e non guardava niente in particolare, sentiva solo scorrere l’acqua nel lavandino. Parve scuotersi un attimo, facendo un movimento con le labbra, come a seguire il filo dei pensieri. Poi forse decise che non era importante e riprese a sciacquare bicchieri.
Mimma, la maestrina gentile e sensibile, occupava i pensieri di Bruno.
Ma ora i suoi occhi erano fissi su Lilly: tra lei e quell’altra non sapeva cosa fare.
Lui era un animale notturno, solitario, incontrollabile, un po’ francocalifano, amava dire di sé quando non voleva impegni.
Per tutti gli altri era solamente un orso.
Ma quella sera avrebbe deciso: la farfalla o la formica, la fantasia o la sicurezza, l’una o l’altra.
Lilly si stava avvicinando con la sua cadenza ritmica e il suo battere a tempo le mani.
Qualche tavolo più in là il mormorio aumentò di volume; una sedia strascicò sul pavimento di graniglia. “Aspetta!” supplicò una voce, ma la porta del bar si chiuse senza sbattere.
Il bandoneon si lanciò in una scala furiosa, che cominciava, finiva e ricominciava.
A Bruno parve che il maxi poster si fosse mosso ancora. Bevve ancora un sorso dal bicchiere dove aveva travasato il rosso. Fissò Lilly arrivata un tavolo più in là.
Il sax finì la frase e la musica cessò.
Lilly si gettò con una movenza plateale sulla sedia impagliata, quasi a chiudere la danza. Prese il bicchiere di Bruno, lo alzò verso di lui e bevve.
Non doveva farlo, ruggì a sé stesso Bruno.




La serata era andata, ormai. Tutti i buoni propositi erano svaniti dentro di lui.
Gli restava solo malumore e rabbia; sì, anche rabbia. C’aveva quasi sperato e ce l’aveva messa tutta.
“Aspetta!” stava supplicando ora Lilly.
Bruno si era alzato strascicando la sedia; poi fece richiudere la porta dietro di sé.
La sua vita non era abbastanza grande da far posto a qualcun altro.



(Queste poche righe possono essere lette sulle note di Scirocco o Autogrill di Francesco Guccini)

TIM

mercoledì 23 maggio 2012

Io mi ricordo

Io mi ricordo... 
Non voglio fare una commemorazione per la data di oggi, per l'omicidio di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
L'Italia è il paese in cui si fanno ogni anno decine di commemorazioni, ma (quasi) zero processi da cui esca un colpevole. Vorrei sapere, ad esempio, prima che le mie ceneri vengano gettate da qualche parte (ho scelto di venire cremato, possibilmente dopo morto), chi ha messo e fatto mettere le bombe alla Banca dell'Agricoltura, a Piazza della Loggia, a via dei Georgofili, e via così.
Di quel maggio 1992 ricordo che era da pochi giorni terminata l'America's Cup, e che Il Moro di Venezia di Raoul Gardini (altro caso mai veramente risolto) era stato sconfitto in finale dagli americani. In quegli anni in cui ancora non avevano invaso il mercato e le nostre teste tutte le tv specializzate e i canali tematici che ora infestano l'etere, gli eventi sportivi potevi vederli tranquillamente accendendo il televisore, senza bisogno di avere card, abbonamenti giornalieri, mensili e/o annuali. Pagavi il canone e vedevi tutto quello che volevi, magari a mezzanotte, in una differita della differita, ma lo vedevi. E così la gente si appassionava per la vela, il tennis (le partite interminabili con Panatta che correva correva correva alla ricerca della pallina che faceva plop nel silenzio irreale del Foro Italico o del Rolland Garros, e poi vinceva anche), il festival internazionale della canzone... . L'URSS non c'era già più e agli europei di calcio era presente come CSI, che non era ancora l'acronimo di Crime Scene Investigation, ma di Comunità degli Stati Indipendenti.
Il 1992 era anche l'anno della consacrazione politica de La Rete di Leoluca Orlando, Carmine Mancuso, Diego Novelli, Nando Dalla Chiesa. E a distanza di 20 anni Orlando torna prepotentemente alla ribalta con la sua elezione a sindaco (la prima volta fu nel 1993). La Rete, per chi la ricorda, era una speranza per la politica italiana, un movimento diverso da quello dei grillini di oggi, perché non contestava il ruolo dei partiti, tanto è vero che nasceva all'interno della Democrazia Cristiana e si richiamava ai principi cattolico-democratici, ma rivendicava fortemente un modo diverso di fare politica, lontano dagli inciuci trasversali di palazzo e vicino alla popolo. Soprattutto era un'esperienza che nasceva a tempo, cioè con la consapevolezza che tutto sarebbe terminato ad un certo punto. Cosa che accadde nel giro di pochi anni.
E quel 1992 fu anche l'anno di Capaci (anzi dell'Isola delle Femmine) e di via D'Amelio, di quelle immagini di lamiere contorte e del giudice Caponnetto che, uscendo dall'obitorio dove aveva salutato il corpo di Borsellino, tra le lacrime dice: è tutto finito.
Il 1992 per me fu l'anno della svolta, o almeno l'anno in cui cominciai a pensare consapevolmente che avevo sbagliato qualcosa nella mia vita. Ci misi ancora qualche anno a prendere certe decisioni, ma alla fine eccomi qua.
Cosa c'entra tutto questo con Falcone e Borsellino?
Forse niente. Nella mia testa, in quell'anno successero tante cose, ma quelle auto distrutte sull'orlo di un cratere che una volta era stata una strada, evocano rabbia, impotenza. E a distanza di 20 anni queste sensazioni non si sono diluite. Pur essendo attenuate nel ricordo, dall'altra parte, ogni volta che ci penso, la frustrazione è sempre maggiore perché anche in questo caso non sappiamo; la legge, lo stato non è riuscito a sapere davvero chi è stato e perché.
Ma io mi ricordo e mi ricorderò sempre di Falcone, di Borsellino, della strage di Piazza della Loggia, di Emauela Orlandi, di Livatino, di tutti quei parlamentari che hanno sempre votato contro la concessione del mandato d'arresto per loro colleghi oggettivamente collusi con la mafia o incriminati per reati tra i più vari. E finché mi ricorderò lo dirò a tutti e lo scriverò dovunque posso.
Hegel diceva che la storia rappresenta l’orizzonte e la dimensione fondamentale della realtà stessa. Solo guardando al passato si può comprendere il presente, visto che c’è uno stretto legame tra le due dimensioni temporali: la necessità che determina il divenire storico. La realtà è divenire, continua Hegel, è processo.
E in questo divenire, in questo processo, noi ci troviamo a vivere.
Ricordare è vivere, perché è ripercorrere la propria storia, che ha un punto di partenza e una direzione precisa.
Io sono il mio popolo, lo eredito e lo costruisco.
Vorrei che a scuola, prima ancora dell'uso del PC, insegnassero questo. E poi magari insegnassero anche ad usare internet, per scrivere tante mail a tutti i bambini del mondo con l'oggetto: io mi ricordo.


TIM

lunedì 21 maggio 2012

Appunti

(qui) beato lui!
quanto tempo ha davanti
a sé per leggere 
Qualche piccolo appunto in tema scrittura.
Ma proprio poca cosa, eh, non pensate di trovarvi di fronte ai poderosi e ponderosi articoli di quelli che dirigono blog che sono sancta sanctorum della materia. E non lo dico con ironia o sufficienza, ma anzi con rispetto e ammirazione, visto che molti di loro alla teoria uniscono una pratica eccellente e godibile.
Cominciamo con un po' di polemica, che per me è il sale di queste cose.
In questi giorni sto facendo un po' di pulizia nell'ereader. Quando a suo tempo lo comprai, oramai un anno fa', lo riempii di quasi qualsiasi cosa trovavo in giro. Quindi moltissimo materiale pubblicato da La Tela NeraScheletriKult Virtual Press e via dicendo. Nomino queste editrici come esempio e non perché ritenga che i loro prodotti non valgano una cicca, anche se un'occhiatina prima di pubblicare la qualunque farebbero bene a darcela!
Bene, dicevo che rimestando in tutti i file di cui sopra, mi sono accorto di aver scaricato, tra l'altro, delle ciofeche abnormi, scritte in un italiano che al confronto Lapo Elkann e Tonino di Pietro sono accademici dell Crusca; dove basta a loro dire, anzi a loro scrivere, che ci sia un verme che striscia dall'orbita vuota di un cadavere in putrefazione perché si possa parlare di un racconto horror; dove se i personaggi non camminano con un'ascia piantata nel cranio o non hanno la pelle che pende dalla carne (faccio esempi reali!) non sono ascrivibili alla letteratura di genere; dove... avete capito insomma quel che voglio dire.
Ma, mi chiedo, ci può essere gente così ingenua da pensare di aver scritto un racconto solo perché ha riempito di insulsaggini simili qualche pagina? Penso proprio di sì, specie se vediamo cosa pubblicano le case editrici classiche, quelle che troviamo sugli scaffali delle librerie. Chi sente il bisogno di comprare l'ultimo libro della Clerici scritto (si fa per dire e per ridere!) con Bruno Vespa? o la serie dei libri del miracolato Paolo Brosio, che piange ad ogni programma a cui partecipa, forse per la pena che gli fanno gli pseudo giornalisti che lo stanno intervistando?
Altra tipologia di racconti che non sopporto è quella in cui in una paginetta, max due, ti raccontano di come si svegliano al mattino e di quello che stanno ascoltando alla radio e/o cosa mangiano per colazione e/o del viaggetto che hanno fatto in auto... . Anche questo è un esempio reale, di uno scrittore che per il resto pubblica regolarmente romanzi a tutto spiano e, forse, vende anche. Posso capire se alla fine del racconto ci sta una cosiddetta morale, o un colpo di scena che da' il senso al tutto. Ma arrivare al termine con ancora la domanda delle prime righe: ma questo dove vuole andare a parare? è frustrante. Sinceramente facevo di meglio io quando, alla scuola elementare, il maestro ci dava tutte le settimane da scrivere la Cronaca: come hai passato la domenica? Almeno lì dovevo inventare tutti i sabati qualcosa (sì, li facevo sabato perché tanto sapevo già cosa sarebbe successo il giorno successivo e così domenica non dovevo arrivare a sera con la paginetta da riempire) e la fantasia volava tra campi di margherite, spiagge assolate o montagne innevate, a seconda della stagione.
Stop alla polemica.
Sto leggendo un bel libro, forse l'avete visto nella bandella laterale alla voce: Sto leggendo. Si tratta di Due casi per Maffina, di Annamaria Fassio. Si tratta della ristampa dei primi due romanzi pubblicati dalla scrittrice, e tra l'altro il primo, il suo romanzo d'esordio (Tesi di laurea) ha vinto nel 1999 il Premio Tedeschi, trovandosi così nella lista insieme a gente del calibro di Macchiavelli ('80), Lucarelli ('93), Nerozzi ('01). Per quel che ho potuto vedere dalle prime 100 pagine circa, è un libro scritto molto bene, con le sue continue intromissioni di testi di registrazione, cambio di voce narrante e di periodo storico di riferimento. Eppure, nonostante queste che potrebbero sembrare distrazioni dalla narrazione, il tutto coagula al meglio. E la scrittura, poi, ti culla e ti trasporta nella storia senza scosse, tanto che ad un certo punto mi è capitato di pensare: non sembra proprio un romanzo d'esordio! Questa sa scrivere davvero! Non so se è tutto merito dell'editor, non so se il suo secondo romanzo manca le aspettative (ma lo saprò presto, visto che è nello stesso volume), ma tant'è: mi sta proprio piacendo! 
A questo punto però non vi dico di più altrimenti non saprò cosa scrivere quando farò un post apposito per dirvi le mie impressioni di lettura.
Mi sembra di aver finito per oggi.
Lasciatemi solo fare un'ultima osservazione fuori tema scrittura.
Tutti abbiamo visto quel che è successo sabato: l'attento alla scuola di Brindisi. Tutti in un modo o nell'altro abbiamo reagito, penso, provando indignazione, rabbia, piangendo, qualcuno invocando in silenzio la pena di morte. Eppure a distanza di poche ore in prima serata gli amici di maria hanno fatto il loro show, sull'altra rete il chelsea ha conquistato la coppa dei campioni, il giorno dopo il napoli ha battuto la juventus vincendo la coppa italia. Sempre in prima serata.
Ma siamo sicuri che all'Italia ufficiale sia dispiaciuto veramente per la morte di Melissa?


TIM







venerdì 18 maggio 2012

Sulle cravatte, essenzialmente: cravatte

è lei, praticamente identica
Cosa ci fanno Alex Girola e Cristina Riccione su un auto in panne, di notte, sotto la pioggia, in mezzo alle risaie tra Pavia e Vercelli?
Mah.
Oggi, a quasi 52 anni, per la prima volta in vita mia, ho indossato una cravatta.
Ne ho quattro che ho comprato (sotto forte pressione di mia moglie) in questi anni, ma che non ho mai indossato.
È la prima volta, dicevo. Neanche nel giorno della discussione della tesi avevo indossato giacca e cravatta, non era obbligatorio. E nel giorno del matrimonio sono riuscito a scansarla per un pelo quando ho avuto l'idea: e se metto il cravattino? Accettato.
Questa mattina ero quasi pronto per uscire di casa, quando vedo l'anta dell'armadio aperta e lì, sul ripiano, le quattro cravatte.
È un attimo: ne prendo una rossa, di seta indiana, con elefantini marroni stampati sopra, acquistata da un indiano (appunto) in un banco di una fiera. Pagata 3 euro.
Delle quattro che possiedo, questa è una delle due che ha già il nodo, che ha gentilmente fatto l'indiano, visto che io non sono assolutamente in grado di farlo. Penso perciò che le altre due, quelle sciolte dico, resteranno a vita sulla mensola dell'armadio, a meno che qualcuno non si prenda di pena e provveda ad annodare.
Non so se la cravatta arriverà fino a sera al mio collo, ma ci sono buone possibilità, visto che comunque ho lasciato il colletto della camicia sbottonato e il nodo molto lento. Io infatti non sopporto di avere collo e polsi stretti, per questo motivo non allaccio mai i polsini delle camicie e non compro mai maglie o giubbotti con i polsini elastici. Li odio a morte.
Per il resto come va?
Si sopravvive. A stento. È un po' che non frequento tutte le celle degli amici del blogroll, non per mancanza di tempo o di interesse, ma perché non ho gana, come dicono a Napoli; termine intraducibile che forse solo un campano verace può fare, quindi lascio a loro il compito, se passano di qua e ne hanno voglia.
***Oddio, in effetti per qualche blog non provo più l'interesse di qualche tempo fa. Niente di personale, siete tutti bravissime e simpaticissime persone! Ma alcuni argomenti non li frequento più e leggere alcuni articoli non mi attira quanto prima.***
Si scribacchia. Nell'ultimo fine settimana ero riuscito a dare una bella botta al racconto breve del mio commissario, e pensavo di chiudere la prima stesura per questi giorni. Ma c'è una scena che ho scritto un paio di giorni fa che non mi convince. Non ce lo vedo proprio Francesco Bacone, commissario pacifico e col pizzetto a reagire in quel modo per una stupidaggine. Penso proprio di dover buttare nel cestino quelle mille parole e riscrivere il siparietto. Oppure vuol dire che avrò scoperto un aspetto del carattere di Bacone che non conoscevo. Vedremo.
Capisco che alla gente non interessa alcunché dei fatti miei. La gente vuole sapere se ho letto qualcosa, cosa ne penso, se ritengo che l'ultima serie di Battlestar Galactita abbia un futuro. Oggi però non è giornata, oggi non ho tempo, oggi voglio stare spento.



È ancora ferma lì quell'auto?

TIM

lunedì 14 maggio 2012

È solo un gioco!

È lui, è lui
il gioco risolutore
!
È da un po' di tempo che butto il tempo con un giochino di quelli dementi, da decerebrati; di quelli che cominci e ti dici: questa è l'ultima partita, e invece appena ti compare il the end, tu sei già col mouse su restart. Se qualcuno è interessato, si tratta di questo e, se non volete perdere tempo ad andare a vedere il link, col rischio magari di restare impigliati nella rete delle maledette palline colorate, eccovene la descrizione: un "Forza 4" diverso dal solito, dovrai spostare le sfere colorate che man mano appariranno sullo schermo e formare gruppi (non solo lineari) da 5 sfere in modo da cancellarle e liberare spazio. Puoi muovere le sfere in qualsiasi posizione basta che ci sia un passaggio libero da percorrere (copiato dalle istruzioni del gioco).
Ma se sono qui a confessarvi come perdo il mio tempo invece di scrivere il capolavoro del secolo (parlo di questo, non del passato) non è per fare outing, ma per raccontarvi di come, alla fine, anche il giochino mi è servito a risolvere un problema... da scribacchini.
Partiamo dal giochino. Se siete andati a dare un occhiata e avete fatto anche solo una partita (non è a tempo, quindi potete interromperla mentre rispondete al vostro capo al telefono o mentre state decidendo se usare un pugnale da combattimento o uno da pesca per far fuori il vostro cattivo di turno) vi sarete accorti che man mano che si procede, il campo di battaglia si riempie di palline e diventa sempre più complicato scegliere quale parte curare e quali combinazioni lasciar andare perché ormai destinate ad essere soffocate dalla mancanza di spazio per il movimento. Bisogna puntare sulla cinquina viola che si sta formando o su quella gialla che ha più spazio di manovra? E poi ci sono le palline color senape: quelle mi fanno impazzire perché sembrano panini!
Scivolando nella psicologia si potrebbe dire che qui si pone un problema di elasticità mentale: si è pronti a cambiare strategia in corsa, lasciando posizioni quasi sicure ma da poco, schemi facili insomma, per avventurarsi in situazioni che invece potrebbero evolvere dando risultati maggiori?
Ecco, proprio questa dinamica mi ha risolto un problemino di scrittura.
In questo fine settimana sono riuscito a fare un bel po' di lavoro sul racconto breve del commissario Bacone che potrebbe intitolarsi: È solo un gioco, commissario Bacone! (guarda un po' tu il caso: videogioco-gioco!); diciamo che ho scritto più di un migliaio di parole.
Per questo racconto, col plot davanti, sto lavorando a scrivere le scene base che poi ricucirò con siparietti riempitivi. Ora, la trama non è molto complessa, ma c'è una situazione che va giocata bene per fare l'effetto voluto alla fine. Ho sempre seguito la storia iniziale, ma ora, rileggendo tutto lo scritto finora, mi sono accorto che il filo della storia non... filava bene.
Ed è qui che è sopraggiunto l'aiuto del giochino. Mi sono detto che dovevo cominciare a guardare la storia con un'altra cronologia degli eventi, e la cosa ha funzionato!
Ora sono qui, pronto a proseguire la mia scrittura col quadro della narrazione ben chiaro.
A volte un giochino non rovina l'estro creativo!


TIM


P.S.: volevo ricordare che ho sempre dichiarato di non voler partecipare a meme o liste di qualsiasi genere. Quindi non offendetevi se non accetto i vostri inviti.

sabato 12 maggio 2012

Un paese gambizzato

Così descrive il quadro l'autore:
due contadini s'avanzano verso  lo spettatore,
sono i due designati dall'ordinata massa
di contadini che van dietro
per perorare (...) la causa comune
Parto dalla discussione venuta fuori ieri dal post (R)evolution di Angelo Benuzzi per fare alcune osservazioni sull'attualità storico-politica.
Do' per scontato, dal mio punto di vista, che la crisi economica europea e soprattutto italiana sia stata generata (o quantomeno ne abbia avuto una forte spinta) da una crisi della società. E tutti i movimenti e gruppi che stanno nascendo per discutere, e spesso cavalcare, la protesta chiedono più trasparenza nella gestione della cosa pubblica, volti nuovi in politica, più equità, ecc. ecc. . Una forte commistione, insomma, di elementi sociali, politici ed economici.
Ora esiste un concetto sociologico, espresso da Francesco Alberoni, che è quello di stato nascente, che lo stesso autore applica sia alla dinamica della società che a quella personale (esempio: l'innamoramento è lo stato nascente dell'amore, per dirla in soldoni).
Copioincollo dall'articolo citato di Wikipedia:
Lo stato nascente germina solo nel seno di istituzioni mature, dove condizioni economiche, sociali e culturali determinano un'ambivalenza, una frattura tra gli individui e l'ordine vigente.
Lo stato nascente è un'ispirazione, una rivelazione, una conversione, ma non è uno stato di beatitudine che si raggiunge, per esempio, con la meditazione o le pratiche ascetiche: nasce da un disagio e dalla voglia di elaborare una nuova solidarietà.
Può essere un'esperienza solo collettiva: da essa può svilupparsi il movimento, il quale è definito come processo storico, che porta all'istituzione e termina quando si riproduce una quotidianità.
(L'ultimo paragrafo, in effetti, parla di esperienza solo collettiva, ma dalla lettura dei testi di Alberoni sulla fase dell'innamoramento e poi dell'amore, si nota facilmente come il termine vada applicato anche a stati individuali.)
Ecco, penso che ci troviamo in uno di quei periodi in cui ci sono tutte le premesse per poter parlare di stato nascente. O quanto meno ci sia una consapevolezza e una mentalità più pronte alla sua realizzazione.

È sicuramente vero, per esempio, che anche il famoso '68 con tutti i suoi strascichi (vedi il '77) possa rientrare in questa fase, ma allora il disagio percepito non toccava ancora l'aspetto economico su una scala così vasta come quella di oggi. Potremmo forse dire che quel movimento (ne parlo generalizzando alla grossa e mettendoci dentro tutto) sia stato un'avanguardia di quello che stiamo vivendo. *Forse non a caso stiamo vivendo in questi giorni rigurgiti di violenza con le stesse modalità di allora.*
La storia è sempre stata piena di movimenti di rinnovamento a tutti i livelli, ma qui siamo su un altro piano; qui si presuppone che le basi esistono già e che l'effervescenza possa facilmente sboccare in qualcosa di concreto.

La mia domanda, però, e quella che si sono posti quelli che hanno commentato l'articolo di Angelo, è: esiste veramente questa consapevolezza? sappiamo quali sono le cose che non funzionano? non quelle che tutti vediamo ogni giorno (disservizi pubblici e privati, corruzione e malaffare, assenza di stato sociale... ) ma quelle che rendono, il nostro, un paese gambizzato.
Un paese gambizzato è l'insieme dei cittadini che non ha più idea di quali siano i propri diritti e i propri doveri, non solo a livello giuridico, ma anche di vita vissuta. È un paese in cui l'egemonia di una classe spesso occulta, latifondista nel senso che ha potere sulle nostre scelte d'acquisto, crea attraverso pubblicità ingannevoli falsi bisogni. Un paese in cui la religione (non la fede! e su questo penso di fare un riflessione in un altro post) diventa un'arma di persuasione e di indirizzo delle coscienze. Un paese in cui esistono persone che hanno in mano tutto ciò che può servire ad un comune cittadino: banche (quindi economia a tutti i livelli), informazione, attività di commercio di generi d'uso quotidiano... .
Si toglie la possibilità di camminare con le proprie gambe alla gente quando gli si indica una meta illusoria, che allontana dall'obiettivo principale, che è, a mio modo di vedere, la fondazione di una società basata sull'uomo e i suoi bisogni primari, e non sull'accumulo di ricchezza di una piccola parte a scapito dell'altra (ci sono 10 persone in Italia che hanno ricchezza quanto 3 milioni di poveri).
Queste sono alcune cose che mi sembra di vedere con lo sguardo del cittadino che si interroga sul momento che stiamo vivendo. Ma ci sono sicuramente tanti altri aspetti che ognuno di voi potrà aggiungere.
Lo stato nascente, l'effervescenza della novità, deve quindi avere la consapevolezza di dove vuol andare, di quali obiettivi vuole raggiungere. E deve avere la capacità di analizzare la situazione in cui agisce. Per far questo è indispensabile che questi movimenti, senza fare nomi perché non mi interessa stare da una parte o dall'altra, abbiamo non una guida illuminata, ma metri di giudizio chiari e libertà intellettuale e interiore.


TIM





martedì 8 maggio 2012

Tempi di mangiatura alta

ATTENZIONE! Questo post non vuol dare alcun giudizio morale sui singoli protagonisti delle storie di cui si parla, ma solo evidenziare ed analizzare, dal mio punto di vista e in modo anche provocatorio, una situazione.
qui
La cronaca dei primi mesi di quest'anno ha prodotto, tra l'altro, la spaventosa ecatombe di persone che si sono suicidate per motivi i più svariati, ma comunque legati alla crisi economica. Secondo la CGIA di Mestre siamo a 34, 12 solo in Veneto.
(Aggiornamento dell'ultim'ora: altri due suicidi)
Come ho detto in apertura, non voglio entrare nelle singole vicende, né dare un giudizio morale o religioso sui singoli protagonisti. Io non sono tra quelli che credono che la vita venga da un dio e a lui bisogna rendere conto. Ognuno è libero e perciò arbitro della propria esistenza; se vuole metter fine alla sua vita, lo faccia pure e per i motivi che crede. E non voglio neanche parlare della responsabilità che le persone si prendono coscientemente verso gli altri nel momento in cui si sposano o mettono al mondo dei figli.
La mia riflessione parte da un'osservazione: ci si uccide (o si mettono in atto azioni eclatanti, vedi il signore che si è asserragliato nell'Agenzia delle Entrate di Bergamo) perché non si riesce a far fronte ad impegni di natura economica, che siano il pagare le tasse, l'essere in difficoltà finanziaria, l'aver fatto cattivi investimenti ed essersi trovato sul lastrico, il vedersi ridotto l'orario lavorativo, ecc. .
Ma, mi sembra, da che mondo è mondo, la gente si è trovata in queste situazioni. Tutti quelli che, anche solo in Italia, hanno vissuto nel dopoguerra, si sono trovati a dover materialmente ricostruire tutto un mondo, umano e sociale, in mezzo alle macerie. Andando in giro per il mondo penso ai casi estremi della favellas brasiliane o di tutti i cosiddetti buchi del culo della terra, in cui la vita vale poco o niente perché si vive nella miseria più assoluta. O ai posti dove nascono bambini che non vedranno mai una vasca piena d'acqua (e senza l'idromassaggio!) per potersi lavare o una bottiglia di acqua altissima purissima Levissima da cui poter bere.
Mi rendo conto di aver estremizzato eccessivamente, ma quello che mi preme far notare è che queste situazioni italiane nascono, secondo me, da un fatto ben preciso: non siamo più abituati a vivere non dico nella povertà, ma nella semplice mancanza di cose che per noi sembrano essenziali e forse non lo sono.
I meridionali che negli anni '50-'60 hanno preso la valigia di cartone e sono arrivati al nord, possedevano solo quella valigia, e qualcuno un indirizzo a cui andare a bussare per chiedere una stanza. E tutti avevano, a sentire i racconti di quelle persone che conosco e che ancora sono in vita, la certezza che sarebbe stata dura cominciare da zero, ma che bisognava rimboccarsi le maniche: miseria avevano lasciato e miseria avevano trovato, ma da quella miseria bisognava venir fuori. 
Oggi possiamo dire che c'è la crisi, che ci sono troppe tasse, che si arriva a mala pena a fine mese, che c'è tanta gente che ricorre sempre più spesso alla caritas. Ma non siamo nella miseria più assoluta e non ho ancora sentito di suicidi tra quelli che vanno a chiedere dignitosamente un pasto caldo in qualche ricovero per bisognosi. Con ciò non voglio dire che dobbiamo arrivare a dover andare a mangiare tutti alla caritas, non sarebbe giusto perché vorrebbe dire che lo stato ha fallito completamente; e questa non mi sembra la nostra realtà.
Per semplificare il mio pensiero, faccio un esempio:
Ho un amico che ha un ottimo stipendio, vive in una zona residenziale di ***, conduce una vita normale, senza eccessi, vacanze alle Maldive né auto di lusso, ma ha un tenore di vita  adeguato all'ambiente in cui vive e lavora. Mi confidava tempo fa che col suo stipendio e quello della moglie ormai (dovendo pagare anche il mutuo per la casa) riescono a mala pena ad arrivare alla fine del mese e, per non far mancare ai figli lo stile di vita tenuto finora, si vedeva costretto ad arrotondare con lavori di consulenza fatti nei fine settimana. Eppure i figli, tutti e due oltre i vent'anni, non sono ragazzi pretenziosi, non hanno mai voluto un'auto solo per sé, non vestono firmato. Ma hanno la tessera della palestra, del campo di calcetto e del tennis, qualche abbonamento a riviste, qualche week end con gli amici; tutte cose normalissime. Eppure il mio amico ha deciso di sobbarcarsi di altro lavoro pur di non dover dire ai figli: non ce la facciamo, dobbiamo tagliare qualche spesa. Cosa ammirabilissima, ma che esemplifica quello che dicevo: si fa di tutto pur di conservare un certo tenore di vita, seppur non elevatissimo.
Penso che finora abbiamo vissuto da ricchi in un paese che in realtà non lo era; ed ora che la bolla è scoppiata e il giocattolo si è rotto, non sappiamo confrontarci con la realtà. Perché ci hanno insegnato che se non hai Premium non puoi ricevere gli amici a casa e passare una serata; se non spendi più di una certa cifra per avere il SUV, non sei nessuno; se non hai addosso un certo profumo non cucchi neanche a pagare; se... fate un po' voi.
Non è un caso, secondo me, che su 34 persone morte ben 12 siano del Veneto, quello che una volta era chiamato l'opulento est d'Italia.
La crisi (a proposito: in cinese l'ideogramma che rappresenta questa parola è uguale a quello che significa opportunità; e in greco la parola ha anche il significato di discernimento) ha messo in luce, a mio modo di vedere, tutte le falle del nostro modo di vivere al di sopra delle nostre possibilità. E spesso la colpa è proprio di quella generazione (anche la mia) che è ripartita da zero e ha avuto un solo motto: ai miei figli non deve mancare quello che è mancato a me!
Chiediamoci quante cose di quelle che facciamo o abbiamo sono effettivamente indispensabili, anche se ce le possiamo permettere.
Se poi non ho neanche di che comprare i libri ai figli e devo ricorrere all'assistenza dello stato o del comune, è proprio indispensabile andare allo stadio tutte le domeniche o fare l'abbonamento a Sky? O devo per forza cambiare l'auto ogni anno o il telefonino ogni 6 mesi perché tanto c'è il leasing? E faccio esempi concreti di persone che conosco direttamente.
C'è un modo di dire dalle mie parti, che traduco in italiano: avere la mangiatura bassa. In questo caso si parla di mucche, alle quali viene messo il fieno a terra, in basso appunto, e hanno quindi la possibilità di mangiare quanto vogliono e comodamente, col rischio anche di fare indigestione. Quando invece il fieno viene messo ad una certa altezza, la mucca è costretta ad alzare il collo per arrivare al cibo e mangerà quello che effettivamente gli serve.
Riportato agli umani, il detto potrebbe avere questo significato: quando si ha tutto e facilmente (la magiatura bassa) si corre il rischio di ritrovarsi, in tempi di magra, di mangiatura alta, a morire di fame solo perché non si vuol fare uno sforzo ed ingegnarsi a risolvere la situazione e di adattarsi alla situazione.


TIM





lunedì 7 maggio 2012

Acquisti, avvisi, segnalazioni... uff, che fatica!

Si vabbè, è lunedì e usufruiamo ancora della riposatio domenicale, ma arrivare, aprire il blog e trovare ebook appena sfornati, storie a puntate arrivate al termine, sapere di dover dare qualche aggiornamento anch'io, è una faticaccia!
Perciò vediamo di andare con ordine.
Inizio con un avviso, per tutti coloro dei quali ricevevo gli aggiornamenti via mail: li ho eliminati.
Non perché non mi interessino più, assolutamente! È che io seguo già giornalmente i vostri blog (e lo sapete), quindi farmi riempire la posta dagli avvisi di wordpress su un nuovo post o un nuovo commento al post, è inutile.
E veniamo alle segnalazioni.
**Arcamalion ha terminato il suo NerDreamer (in verità già da un mese, ma io lo avevo dimenticato!) e ora il testo sta per diventare un libro illustrato; mi sembra di poter tradurre in questi termini light novel: sapete che quando posso conduco la mia personale lotta contro la terminologia esterofila.
Poi ci sono tre pubblicazioni ebook.
**Siamo, ahimè, al penultimo appuntamento con il ciclo narrativo di Mauro Bianchi, l'investigatore bolognese uscito dalla penna (come direbbero i recensori seri e per bene!) di Glauco Silvestri. Appena sfornato è questo Cielo nero, di cui copioincollo il contesto suggerito dall'autore: Per Mauro è una giornata da dimenticare. Ormai è sera. Ha provato a chiedere a Laura di uscire ma lei ha rifiutato. Le altre ragazze non rispondono. Fuori è già buio e mille pensieri si affollano nella mente del detective. Alla fine decide di chiudere l'agenzia. Esce, abbassa la serranda e... . Sono particolarmente legato a questo personaggio anzitutto perché mi è stato simpatico sin da subito, poi perché mi piace la scrittura di Glauco e infine perché mi ha spinto a dar vita al mio commissario Bacone.
**Passiamo nell'orbita di Alex Girola e del suo progetto 2 minuti a mezzanotte. Il buon Alex (si dice sempre così!) ha date alle stampe, anche stavolta gratuitamente, il secondo racconto autoconclusivo legato al round robin di cui sopra e a cui partecipo anch'io. Ho fatto due calcoli e il mio turno dovrebbe essere verso la metà di ottobre. Riuscirò ad inserirmi, io mediocre scribacchino di menzogne poliziesche, tra i titani della scrittura di genere? Ci proverò e ce la metterò tutta!
**Ultimo ma non ultimo, arriviamo a Davide Mana, vittima tra l'altro delle mie intemperanze scrittorie. Ma lui lo sa che se mi permetto è perché lo stimo e un idolo non si può offendere se un suo fans ne canta le lodi, anche se a modo suo! Ebbene, come sicuramente sapete, il bodhisattva ha affrontato il tempo (cronologico) e il mondo della scrittura in un suo personalissimo esperimento. E se dovremo aspettare ancora un po' per leggerne i risultati, per ora ci ha fatto un regalo: questo agile volumetto estremamente stringato in cui ha semplicemente riportato 3 articoli e 2 noterelle che gli sono stati d'aiuto nei tremebondi giorni della preparazione e della realizzazione dell'esperimento.
Infine veniamo a me. Ieri, per gentile concessione di Alex Girola (chi sa, comprende!) è stat una bella giornata di sole e sono riuscito ad andare al consueto mercatino mensile dove, tra l'altro, sono presenti diversi banchi di libri usati. E sono qui a rendicontarvi come sempre sugli acquisti e gli scambi.
Vi dirò che ho portato al mio pusher di fiducia una bustata con una ventina di Urania e Millemondi anni '70-'80, dalla cui vendita cui ho ricavato 20 euro e 20 centesimi. Aggiungendo ancora 6 euro, ho acquistato:
§ Indagine non autorizzata di Carlo Lucarelli;
§ Due casi per Maffina di Anna Maria Fassio;
§ Il professionista non è morto di Ste(fano Di Marino)phen Gunn;
§ I cani di Riga di H. Mankell;
§ Testa d'uovo, una raccolta di 5 avventure di Hercule Poirot, di Agatha Christie;
§ I classici del giallo d'azione, 3 romanzi e 5 racconti, da Rex Stout a Raymon Chandler;
§ 4 romanzi di Simenon, con protagonista J. Maigret:
%% Maigret nella casa dei fiamminghi
%% La casa delle tre vedove
%% La casa del giudice
%% Bentornato Maigret.
E con questo, per oggi è tutto.


TIM





sabato 5 maggio 2012

Boia d'un mondo cane!

Boia d'un mondo cane!
Avrete notato che è un po' che ho lasciato scivolare il blog nella palude e gli tiro fuori la testa solo ogni tanto, giusto il tempo per non farlo affogare.
Oddio, non è che non abbia qualcosa da dire; ma è che appena mi siedo e apro la pagina e inizio a scrivere qualche riga, poi mi accorgo che sono tutte puttanate incomprensibili. Così la lascio aperta un po', faccio altro, tolgo un po' di polvere dagli scaffali del negozio, ritorno a mettere le mani sulla tastiera e poi col mouse clicco: elimina.
D'altra parte è anche qualche tempo che immagino di essere uno scrittore. Quasi galvanizzato dall'aver messo insieme poche migliaia di parole su un personaggio che sta lì e mi guarda dal bordo del mio schermo Fujitsu Siemens (io lo vedo, ma faccio finta che non ci sia, per non dovergli spiegare troppe cose) adesso mi son messo in testa di scriverne la vita e le opere e lui è ansioso di raccontarmi quello che fa. Ma, imperterrito, io continuo a girare attorno alla cosa, e ogni caffè da prendere è buono per rimandare. *A proposito di caffè: si è rotta la macchinetta per l'espresso che ho in negozio, e ne ho recuperata un'altra; ma piscia una cosa scura che fa schifo. Insomma, lezione da imparare: non comprare macchinette Combi Cofee della Termozeta.*
In effetti oggi avrei dovuto parlare di un paio di racconti che ho letto qualche giorno fa', ma  in questo momento non ne ricordo nemmeno il titolo, perciò rinvio alla prossima.
Ho poi in testa l'idea di scrivere qualcosa sui massimi sistemi e i minimi termini di accoglimento, ma anche per queste cose ci vuole testa.

Questo pomeriggio dopo pranzo, seduto sulla veranda di casa, pensavo che trent'anni fa, quando avevo una vita davanti e tutte le porte aperte, mi son lasciato trascinare in decisioni sbagliate (viste col senno di poi) e ora mi ritrovo con mille rimpianti e poche mosche in mano. Però se avessi fatto quelle scelte, non avrei le poche cose buone che ora mi ritrovo ad avere. Ne avrei avuto altre altrettanto buone? Mah! Avrei dovuto conoscere il transurfing allora...
E siccome oggi è sabato, ho pensato di lasciarvi queste quattro righe; tanto sarete in pochi a leggerle e farò poco danno al patinato mondo dei blogger.
Ma se io avessi previsto tutto questo, dati causa e pretesto...


... forse farei lo stesso!
... è un casino, un gran casino...

TIM

mercoledì 2 maggio 2012

Tuchulcha, di Enzo Milano

Copertina di E. Milano,
impaginazione di Matteo Poropat
Non so come si pronunci il titolo (Tuciulcia? Tuculca?), ma so che questo Tuchulcha di Enzo Milano è proprio un bel libro.
L'ho acquistato appena uscito e, per le normali lungaggini di lettura, solo ora sono riuscito a portarlo a termine.

Indirettamente, senza fare nomi, Enzo aveva già parlato di questo suo romanzo durante l'intervista che concesse al mio blog lo scorso anno, quando disse: il mio personaggio preferito in assoluto è ancora inedito. Lo vedrete nel mio prossimo romanzo. E parlava proprio di questo protagonista: l'ispettore della Forestale Raul Marino.
Ma prima di passare alle mie (non richieste) impressioni di lettura, eccovi la trama, presa dalla sua presentazione:
Quel ponte era come una frattura tra Montecastello e il mondo intero.” Una guardia forestale trasferita da Milano, un’ereditiera in fallimento e un’ambiziosa archeologa devono attraversarlo. Ognuno per propri obiettivi e speranze, nessuno consapevole di cosa si celi in quella piccola località dell’Appennino marchigiano. E, soprattutto, nel suo bosco, dove pare ci siano delle misteriose rovine risalenti alla civiltà etrusca.
Si tratta, come lo stesso autore dice, di un thriller con elementi soprannaturali, che da' una goduria unica nel seguire la trama e nello scoprire i (tanti) personaggi che la compongono. Personaggi che via via che scorre la narrazione, non solo acquistano di spessore, ma cambiano anche di ruolo, trascinati dal filo conduttore di presenza antiche che qualcosa ha risvegliato nel piccolo borgo di Montecastello. L'autore, tra l'altro, fa risalire l'idea di partenza di questo Tuchulcha ad un altro suo lavoro, La signora dei lupi , di cui ho parlato qui.
Nella lettura sono stato preso subito dall'aspetto più mistery del romanzo, con una serie di fatti e personaggi che promettevano di... nascondere qualcosa di grosso. E tutta la prima parte della storia fila via liscia compreso anche un progetto di storia d'amore tra l'ispettore Raul e la bella Marta Orsini, archeologa giunta a Montecastello per ricerche sul sito etrusco presente in quei boschi. Ed è da qui, da un altare al centro dello scavo antico, e da un ciondolo che si tramanda di generazione in generazione, che promana ogni cosa, che si risvegliano entità che era meglio tenere a dormire. 
La bellezza della storia (non parliamo ancora della scrittura di Enzo Milano), a mio modo di vedere, sta proprio nel disvelamento progressivo della realtà. Se ad un certo punto non ci fosse stata una svolta particolare -e senza l'incipit nella villa Domus Foederis- questo Tuchulcha poteva trasformarsi in un tranquillo trhiller per appassionati di romanzi gialli.
E invece, piano piano, senza scossoni o sbalzi improvvisi, compaiono sulla scena lupi e demoni, e la storia prende una piega ben precisa, fino all'epilogo finale, per niente scontato.
La scrittura dell'autore segue questa naturalità della trama, rimanendo attaccata alla storia, con descrizioni di personaggi azzeccate e mai sopra le righe.
Enzo riesce a creare personaggi che, pur posseduti da entità soprannaturali, rimangono uomini, senza trasformarsi in grottesche figure da pessimo romanzo di genere, anche quando rispondono a realtà altre.
Qualcosa che non va? mah, veramente no.
Se proprio insistete e devo fare le pulci, la figura di don Gustavo poteva comparire prima, magari solo di contorno, come è stato per gli operai che frequentano il bar di Pietro. E poi mi è sembrato (ma anche qui: gusto e parere personali!) che l'epilogo della storia non sia stato curato a livello di scrittura come tutto il resto del romanzo, come se ci fosse urgenza di chiudere.
Ma dimenticate queste mie stupide osservazioni e andatevi a leggere Tchuclha: merita abbondantemente i 2 euro e 99 del prezzo!
Il mio giudizio: placet. Voto: 8.

TIM


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