sabato 31 dicembre 2011

La saggezza e il coraggio

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Penso che alla fine l'Italia ce la farà. Chi di noi tra 20-30 anni avrà resistito all'usura del tempo e agli assalti dei reality scassamaroni (a cominciare dai TG), leggerà di questo 2011 come di un piccolo tassello della storia, quella con la S maiuscola, su qualche rivista di settore o su qualche testo scolastico. Sarà forse ricordato come l'anno della svolta, il primo obbligato mattone nella costruzione di un nuovo ordine, quello che volete voi; ma sarà passato e, per certi versi, dimenticato. Anche se abbiamo visto la caduta di diversi dittatori, vissuto la tragedia di un gran numero di famiglie ridotte in povertà. Ma ci sarà anche chi lo ricorderà come l'anno dell'ennesimo calcioscommesse, dell'addio tra Clooney e la Canalis, del tentato suicidio di Lele Mora. Ognuno vive in un suo mondo.
Dicevo che l'Italia ce la farà. E, ne sono convinto, il merito va ad una sola persona, che con saggezza e coraggio ha vissuto e giudicato questi momenti con la mente di chi guarda proprio alla storia con la S maiuscola: Giorgio Napolitano.
E' per questo motivo che voglio chiudere questo 2011 con l'augurio che le stesse qualità umane che, secondo me, hanno sorretto e guidato Mr. President possiamo tirarle fuori anche noi.
Certo ci vuole una storia che Giorgio Napolitano sicuramente ha alle spalle; ma quando vedo e sento quello che questo vecchiaccio di 85 anni fa e dice mi dico: ce la posso fare anch'io. E ce la possiamo fare tutti.


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Non so cosa dirà questa sera nel consueto messaggio di fine anno, non li ho mai ascoltati questi discorsi da che ho memoria e da quando ho avuto un televisore (forse solo una volta, uno di Sandro Pertini, il presidente che fumava la pipa durante la finale dei mondiali del 1982). Ma se potessi essere io a dire qualcosa a lui, sicuramente sarebbe un semplice e sincero: grazie!
E a tutti noi faccio un solo augurio: tiriamo fuori le palle! riscopriamo la saggezza e il coraggio di essere uomini!









TIM

venerdì 30 dicembre 2011

Altro commento a Dell'essere e del sembrare

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E dopo il commento di (ma sì, lo posso dire!) Glauco, ecco a ruota il parere di Angelo su Dell'essere e del sembrare racconto di presentazione del commissario Bacone. Questo perché vi voglio annoiare coi fatti miei; d'altra parte perché gestiamo un blog, forse per fare vedere come siamo bravi ed esperti in qualche scienza particolare conosciuta solo alle sette segrete dei sacerdoti egizi?
Così vi copioincollo la mail del dr Benuzzi, senza commenti.
Chiarisco subito una cosa, la storia per quanto minimale sta in piedi da sola. Quindi è vero che fa da primo episodio di una serie ma ha comunque senso di per sé. Tuttavia quando svilupperai altri episodi, probabilmente lo stai già facendo, andrebbero tenuti in considerazione alcuni elementi.
1) la storia è nel presente e per quanto un commissario possa essere all'antica mi sembra stiracchiato che sia un semi analfabeta dell'informatica; capisco il feeling vecchio stile ma le comunicazioni interne delle questure passano in via elettronica, per tacere di tutti i crimini per i quali si vanno ad esaminare le attività delle persone in Rete;
2) alcuni elementi di Bacone sanno di sfondi di cartone. La sua casa, tanto per fare un esempio. Col tempo andrebbe caratterizzata o resa dettagliata in qualche aspetto;
3) delle minime procedure di polizia occorre tenere conto. Tu stesso lo fai notare nella postfazione. Se vuoi evitare qualche elemento, puoi sempre dare la colpa alle lentezze burocratiche, all'indisponibilità di fondi e/o materiali e/o personale. Una questura periferica come quella da te presentata non è certo in alto sulle priorità del ministero;
4) un'autopsia completa comporta come sai moltissimo lavoro e proprio per questo viene eseguita di rado. In un ambito come quello che hai descritto ci si sarebbe limitati a uno screening tossicologico e a un esame esterno della salma. In assenza di indizi di morte violenta normalmente non si va oltre. I tempi sono nell'ordine di 3-4 giorni lavorativi per esami semplici, 10-20 per autopsie più estese.
5) Anche avere i tabulati telefonici non è facile. Deve richiederli un magistrato e le compagnie non rispondono in fretta. 2-3 giorni post ricezione del decreto per Telecom, 5-10 per gli altri operatori. Fanno eccezione le utenze già sotto controllo per qualche motivo.
6) formalmente ci sono diversi refusi, qualche termine 'monco'. Giustificherei meglio il testo, così risulta squilibrato nella lettura.
7) Giusto, dove diavolo è il magistrato inquirente? Potrebbe essere una bella figura da usare, un comprimario divertente da giocare.
Dopo le bastonate :-) c'è anche lo zucchero.
1) mi piace il feeling provinciale che traspare dalla storia, riesci a far intravedere la differenza con scenari più cupi e problematici;
2) mi piace il creare un luogo che non c'è, una sorta di Vercelli ideale. Occhio a mantenerla coerente!
3) ti sembrerà strano ma mi piace che non si sia vista una pistola o simili, né altri segni di violenza;
4) i tempi della narrazione, la mancanza di fretta, sono un bel contraltare a tante storie giocate stile TV. bravo!
5) si sente che ti diverti e che ti proietti in quello che scrivi.
Ho risposto in privato ad Angelo, dicendo essenzialmente che concordo perfettamente con tutte le osservazioni che ha fatto. Il suo commento è stato utile anche perché mi ha fatto comprendere, tra l'altro, di come non ho la minima idea, per esempio, di quali siano le fasi tecniche di un'indagine di polizia. E scrivendo di un commissario mi sembra il minimo!
Ho cercato di dire (e dirmi!) che in questo caso la storia poliziesca è marginale e funzionale solo allo sviluppare una trama, ma la scusa non regge lo stesso: avrei potuto scrivere di qualche altra cosa, magari di una passeggiata in un parco.
Ecco un motivo in più per dire che i feedback sono importanti: non solo perché gonfiano il nostro ego (qualcuno mi ha letto!), ma anche perché ci aiutano a vedere cose che altrimenti non vedremo, o vorremmo vedere, mai.
E chiudo con un appello interessato, legato proprio a quest'ultimo aspetto: qualcuno di voi mi sa indicare un testo o un sito dove recuperare informazioni su come funziona un commissariato, come si svolgano tecnicamente le indagini di polizia e cose del genere?
Ringraziando in anticipo, resto in attesa di un cortese riscontro.


TIM


P.S.: Rileggendo il post prima della pubblicazione, una domanda mi è ri-sorta spontanea: perché teniamo un blog?
P.P.S.: la foto di copertina non c'entra niente, ma ormai la rete è talmente inflazionata di immagini di belle gnocche, che un po' di depurazione non fa male!

mercoledì 28 dicembre 2011

Primi commenti sul commissario Bacone e qualche notiziola

copertina di Luca Morandi

Avete digerito cenone, natale e santostefano?
Bene, allora siete pronti per leggere anche qualche notizia dal mondo fantastico dell'immaginario che pian pianino prende il posto della realtà. Ma cos'è la realtà?
Boh! domanda da un milione di dollari come si diceva una volta quando ogni cosa aveva il suo valore e il suo prezzo. Oggi basta una risposta sbagliata, senti un click e sfuma il sogno di una vita. Perché continuano a farci credere che basta un po' di memoria e fortuna per attingere alla cornucopia. Col cavolo! se non te la sudi e te lo conquisti con le unghie  e con i denti, nessuno ti regala niente!
Ma finito il pistolotto iniziale, veniamo alle cose di casa nostra.
E' arrivato il primo commento al mio lavoretto Dell'essere e del sembrare! Evviva!
Sarà stata la mia campagna a spaccamento di c***ni, sarà stato perché cominciate ad avere pena di un povero scribacchino derelitto come me, qualcuno si è fatto sentire. Così una mail campeggiava ieri mattina nella mia posta elettronica. Una graditissima mail! Qualcuno (non faccio nomi ma se vuole l'interessato può farsi vivo!) mi ha mandato il suo commento (feedback si dice? è lo stesso!) sul primo episodio della serie del commissario Bacone. Vi riporto il testo così com'è (i puntini di sospensione sono suoi).
Come dici tu, la storia è secondaria... sono Conci e Bacone che guidano la narrazione. Bacone mi sembra ben costruito... forse un po' troppo dimesso per il ruolo che gli compete... ma comunque solido. Conci, invece, mi è parso un po' frammentato... lucido e calcolatore a momenti, inconcludente in altri... specie se di fronte a una gonnella. Nell'insieme, comunque, funzionano e... sarebbe bello vederli in azione dentro a una storia complessa.L'ebook presenta qualche problemuccio... qualche d eufonica, e alcuni termini, come database, che scrivi in modo differente durante la narrazione. (...) complimenti per il racconto.
Naturalmente quello che dice è tutto vero e mi servirà, spero, per affrontare il secondo episodio che è già in cantiere, anzi già alle battute iniziali: esiste una trama generale e un primo capitolo che introduce la storia. Ci sarà un personaggio, che era marginale in Dell'essere e del sembrare, che qui prenderà la scena e si scoprirà forse diverso da come era stato presentato all'inizio.
Visto che oggi mi sento in vena buonista, vi omaggio con qualche riga (provvisoria!) del primo capitolo.
Il commissario Bacone si era preso una mattinata di libertà. ... Qualche giorno prima aveva consegnato il rapporto sul caso Mirella Forti e ora non stava seguendo niente di particolare. Coordinava più che altro il lavoro su alcuni episodi di danneggiamento delle fioriere in centro storico, ma le telecamere a circuito chiuso installate nei punti strategici stavano dando una grossa mano.Normalmente per Bacone una mattinata di libertà significava passare il tempo su qualche panchina o davanti a qualche vetrina guardando ogni cinque minuti l’orologio in attesa dell’ora di tornare in commissariato, l’unico posto che riconoscesse come casa sua.Ma quella mattina era diretto al Libro-Caffè, il locale che gli aveva fatto conoscere il suo amico Lucà, quello con l’accento sulla a, anche se non era francese.Lo rilassava ascoltare musica in sottofondo sorseggiando un orzo all’anice o un caffè attorniato da libri e libri che aspettavano di essere presi, sfogliati e magari acquistati.Quattro o cinque stanze (non le aveva mai contate) con pareti ricoperte da semplici scaffali in legno carichi di volumi, e tavolini al centro dove le ragazze con la divisa nera servivano l’ordinazione. In una sala più grande  faceva bella mostra di sé un bancone in legno massiccio, col lavandino in marmo, probabilmente recuperato da qualche vecchio bar ormai chiuso.Non che Bacone leggesse molto o fosse un amante dei libri, come certa gente che sostituisce la morbosità verso il culo di una ragazza con quella di una prima edizione autografata di Cesare Pavese. Nella vita, rifletteva a volte, fare di una cosa il centro assoluto della propria esistenza (che sia il libro o il culo della ragazza) diventa una malattia, non un interesse; è patologico, non ricreativo.
Bene. Ora che ho fatto la mia cattiva azione quotidiana, butto lì qualche notizia.
Mi hanno regalato un... non so cosa sia! Un tablet? un i-phone? un iPad? comunque è un Akai MID7024 con sistema android, che userò però solo per poter leggere e modificare testi. Ho scaricato il mio bel programmino quickoffice pro (che era anche in offerta per le feste a 3,80 euri!) e da ieri sera non ho più scuse per dire che non posso scrivere dove e quando voglio.
Infine una segnalazione. Per chi avesse letto il racconto del commissario, ad un certo punto Nino Geremicca sta leggendo un'avventura poliziesca di un investigatore privato napoletano. Questo libro esiste davvero. Si tratta di Il testimone. La prima (vera) indagine di Gennaro di Palma, di Gaetano Amato, un libretto spassosissimo, godibilissimo e nello stesso tempo un giallo ben congegnato. Lo trovate anche in questi giorni in edicola a poco più di 5 euro per la Armando Curcio Editore, nella collana BM Noir, in accoppiata con The Ritual di Gioia Hooper. Vi assicuro che da solo vale più del prezzo totale!
Avrei qualche altra piccola considerazione da fare, ma mi sembra che poi sia troppo.
Perciò, per ora, buona giornata a tutti!
TIM

sabato 24 dicembre 2011

E' Natale anche qui!

Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa!
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Che poi se a battersi il petto è, che so, quella della foto alla vostra destra, vorrei anche aspettare a vedere l'effetto che fa! La mano che rimbalza su tutti quei centimetri quadrati di carne, dico.
So che più di qualcuno è arrivato qui solo per le fanciulle in copertina, ma c'è dell'altro.
Dicevo, mea culpa.
Inseguito ferocemente dal post di Gianluca di oggi, sono arrivato alla conclusione che è meglio una recensione oggi che una crisi di coscienza domani. Così ho deciso di appestarvi il natale con un pensierino su un ebook letto ultimamente ma di cui non ho avuto tempo e modo di parlarvi.
Si tratta de La prigionia del cielo di Davide Cassia.
La trama dall'introduzione di Daniele Bonfanti:
Ed Carini è il capo della polizia di San Patrizio e si trova a indagare su una serie di omicidi brutali riconducibili ad una vendetta meditata e studiata in ogni particolare. Parallela all’indagine, la sua vicenda sentimentale: a quarant’anni è in piena crisi di mezza età, con un matrimonio che va in pezzi, un’amante che cerca spazio e la sua famiglia che gli sfugge di mano.

Alex Carini è il figlio tredicenne di Ed, sognatore e artista, fin troppo strano. Saranno i suoi sogni – spettri che attraversano la sua stanza fluttuando a diverse altezze, convergendo in un unico punto in mezzo al bosco – a condurlo in mezzo a una storia di fantasmi e a un orribile delitto sepolto. Mentre a scuola deve imparare a farsi rispettare dai bulli e conquistare la bella Mara.

Ma sono solo visioni e incubi, come crede sua madre, oppure c’è qualcosa di vero? Perché lo psicanalista da cui lo mandano in cura è così sconvolto dalle sue confidenze?
Tra sedute spiritiche, incubi e visioni, vicende scabrose, tradimenti e corruzioni, ognuno dietro la tranquillità di San Patrizio ha qualcosa da nascondere.

Ho acquistato questo ebook all'esorbitante prezzo di 0.99 euro un paio di mesi fa, ho iniziato a leggerlo subito e non sono riuscito a smettere fino a che non l'ho finito. Sembra la consueta menata pubblicitaria di un editore in cerca di facili guadagni, e invece è proprio così.
E' una bella storia, calibrata in ogni suo punto, la trama è lineare e i diversi personaggi si ritrovano a recitare mai sopra le righe. Ed Carini è quello che mi ha impressionato di più, sempre preso tra le sue vicende personali e la ricerca della verità sugli omicidi che ha di fronte. Anche l'elemento fantastico non fa per niente a pugni con la durezza dell'argomento e il sangue che viene abbondantemente versato, e anzi vi si amalgama perfettamente.
La prigionia del cielo non lascia un attimo di sosta e, a mio modestissimo parere, si inserisce bene nella tradizione del giallo italiano, dove la violenza non è spiattellata a buon prezzo sul foglio, ma nasce (purtroppo) da quell'intreccio continuo e cangiante che è la vita quotidiana.
La scrittura è piana e sempre lucida. Se un piccolo appunto mi posso permettere di fare è sulla parte riguardante Alex, il figlio del poliziotto: la sua vicenda sembra in alcuni punti scritta da un altra mano, un po' meno felice dell'altra. Ma è una mia impressione.
Questo La prigionia del cielo mi ha ricordato molto un altro bell'ebook letto durante le vacanze, La Bella Napoli, di Giuseppe Mazzotta, che vi consiglio caldamente di andare a recuperare; anche perché è gratis, il che non guasta, specie in questo periodo di vacche magre.
A margine delle riflessioni sul libro di Cassia, devo riferire di una cosa che mi ha dato il segno della professionalità e onestà di Davide. Durante la lettura dell'ebook, avevo notato molti svarioni ortografici, tecnici e d'impaginazione. Ma dopo soli un paio di giorni, mi arriva una sua mail in cui si scusa, mi comunica di aver provveduto a rimborsarmi del prezzo pagato e di aver altresì mandato un'altra copia del testo emendata degli errori e imperfezioni. Era capitato, infatti, che era stata mandata in stampa una versione non definitiva dell'ebook. Onore all'uomo Davide Cassia.
Questo post, nonostante le mia ultime dichiarazioni pubbliche, serve anche a farvi i miei AUGURI di buone feste. Come dite? che sono contraddittorio e inaffidabile? No, sto solo studiando per fare il politico! 
E perciò AUGURI a tutti voi per.. tutto quello che vi passa per la testa, tutto quello che pensate di meritare e ancora non è arrivato.
Il prossimo sarà un anno difficile, secondo me peggiore di quello che sta finendo; ma nelle nostre case ci sono tante realtà quotidiane che non hanno niente a che fare con l'economia, lo spread e la corruzione di politici e calciatori. AUGURI che la serenità vostra e della vostra famiglia vengano prima di ogni altra cosa.
E AUGURI anche a tutti quelli che da Atlanta e dagli USA, da Groeningen e dalla Germania, dal Belgio, dall'Olanda, dalla Francia, persino da Corea, Ucraina, Russia, Giappone, Brasile, Perù, Singapore (spero di non aver dimenticato nessuno!) almeno una volta a settimana se non di più, vengono a visitare il mio garage. Non vi conosco e non so se siete italiani all'estero o indigeni che per sbaglio arrivano qui. AUGURI anche a voi!
Vi lascio con un po' di musica, come ai vecchi tempi di questo garage. In fondo anche il testo di questa canzone è un augurio, anche se con un finale amaro!


TIM




giovedì 22 dicembre 2011

Anti-auguri di Natale

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Smaltita la sbornia  baconiana , con annunci, presentazioni e facezie varie, torniamo un po' sulla terra. Il racconto adesso l'avete e fatene quello che volete.
Oggi volevo segnalare una strana (ma non troppo) mail arrivatami un paio di giorni fa. E fare qualche riflessione con voi.
Vi  propongo il testo della mail integralmente, omettendo solo i nomi e i riferimenti ai siti.
Ciao!
Volevo solo ringraziarti per questo blog ottimo ilgaragedidemetrio.blogspot.com.
Ho letto il primo post "Racconto a puntate VI°" e dopo di questo ho trascorso con un gran piacere un ora sul tuo blog :) Tutto č scritto correttamente, č interessante e di facile lettura. Mi č piaciuto molto il tuo post "Mario Monti e il parlamento tecnico".
Ti racconterņ un po' su di me) Io lavoro nella societą ..., č un motore di ricerca del lavoro in tutto il mondo. Il mio lavoro č quello di convincere i blogger d'inserire il link del nostro sito nei loro blog. A me piace molto il mio lavoro. Abbiamo un team amichevole e una buona direzione, ma purtroppo io non ho idea come convincere un blogger d'inserire il link nel suo blog, e temo che mi possono rimuovere per questo motivo :( Ed ora, invece di inviare mila delle lettere per i blogger diversi, stavo leggendo il tuo blog. A dire il vero, non sono proprio sicura che il mio link "..." "...", sarą opportuno per il tuo blog, ma se lo ritieni possibile - ne sarņ molto GRATA!!! Il nostro sito č davvero bello ed utile, aiuta di grande a trovare il lavoro. Ti auguro una buona giornata! Grazie ancora per il blog interessante. Scrivi piu'!
P.S. Sei lo segno zodiacale di "Leone"? Sono sempre molto contenta di parlare con qualcuno di questo segno.
Io ho risposto con:
Gentilissima Maria (chiamiamola così), ti consiglio anzitutto di imparare l'italiano. Poi ne riparliamo.
Al che lei ha controrisposto con:

Gentilissimo Tim,io parlo bene la lingua italiana. Le Sue osservazioni sono poco delicati.Grazie di aver dedicato un po’ del Suo tempo.Buona giornata!
Finito qui. Ora mi chiedo: perché la gente deve cadere così in basso pur di lavorare e guadagnare qualcosa? Perché penso (e spero) che la persona in questione mandi queste mail spinta da un vero bisogno. Oppure la Maria di turno pensa veramente che questo sia un modo per accalappiare clienti? E allora vuol dire che certe aziende fanno man bassa di personale lì dove capita.
(Oppure sono mail buone per tutto il mondo che una persona sola invia e i traduttori automatici fanno il resto. Boh?)
Voglio essere buono e credere nella buona fede di Maria, che in fondo mi fa tenerezza col suo italiano approssimativo e i suoi tentativi di captatio benevolentiae.
qui
Mi fa invece inc***are il fatto che il mondo stia rotolando così in basso per colpa di gente senza scrupoli, che pensa che tutto finisca a un centimetro dal suo buco del c**o e che sia una bella giornata solo perché può aggiungere ogni tanto una mazzetta di banconote verdi al suo conto in banca.
Pensate che io sia arrabbiato? Anche se siamo sotto Natale?
Sì, avete ragione. E anzi, se mi girano come si deve, per quest'anno non vi faccio neanche gli auguri; che poi alla fine non frega neanche a nessuno. Ci sentiamo e leggiamo tutti i giorni, conosciamo gli uni degli altri anche i peli che abbiamo sulle braccia (eufemismo!), di conseguenza dovremo augurarci tutti i giorni che tutto vada bene, che siamo in salute, che abbiamo un lavoro o almeno un modo per sostenerci, che le persone che ci stanno vicino stiano bene e crescano e migliorino ogni giorno di più.
La mia non è controretorica festaiola, che poi diventa retorica lo stesso. E' che mi sono realmente stancato di certe cose. 
Prendiamo gli auguri. A natale ti dico: tanti auguri di un buon natale. Cosa vuol dire, che per tutti gli altri giorni dell'anno ti manderei felicemente a quel paese (altro eufemismo!)? Vuol dire che a natale (o capodanno o per il compleanno, ecc. ecc.) si apre una finestra temporale in cui ti si riversa addosso tutta la fortuna del mondo e tu la puoi acchiappare al volo?
Perché siamo più contenti a natale (o capodanno, ecc. ecc.)? Perché ce ne stiamo a casa al calduccio a scartare regali e mangiare ... (ognuno metta il piatto tipico della sua regione)? E magari ci scappa una tombolata col nonno e soprattutto la vicina di casa dalle curve generose-perché-no? O perché posso passare la giornata davanti alla PSP3/4/5/6?
Sarebbe ben misera cosa.


TIM





martedì 20 dicembre 2011

Francesco Bacone, commissario: Dell'essere e del sembrare

copertina di Luca Morandi
Non ce la faccio più a leggere, rileggere, correggere le virgole ed eliminare gli avverbi che i puristi della critica mi bollerebbero come superflui. Perciò a questo punto mi vedo costretto, mio malgrado, a dare via libera al racconto che ha per protagonista il commissario Francesco Bacone.
Come ormai sapete sicuramente, poiché vi ho massacrato i maroni (nel senso dei didimi, non del politico) per giorni e giorni, è il mio primo approccio col genere poliziottesco, anche non ci saranno inseguimenti, lame di coltello che spuntano nel buio e arresti in flagranza di reato; almeno per questo episodio. Al mio commissario queste cose non interessano, queste cose lui le  lascia fare all'ispettore Conci che ha più, come dire, le phisique du role per certe cose.
Come e perché è venuto fuori questo racconto?
Essenzialmente perché cominciavo ad averne abbastanza (e qui aspetto gli anatemi, le scomuniche, i ritiri delle amicizie su FB e la cessazione totale delle visite al blog di più di qualcuno!) di zombie, vampiri, sangue ed emoderivati vari. E' pur vero che sto terminando il mio contributo al Survival Blog e penso di partecipare al Concorso pandemico di Alex, ma scrivere e leggere di queste cose cominciava a darmi la nausea letteraria. Sapete che io dico le cose come le penso, pane al pane e orzo all'orzo! E visto che qualcuno ha detto che se vuoi leggere un buon libro te lo devi scrivere da solo, eccolo qua.
Naturalmente scherzavo! (ma non sul fatto degli emoderivati) Ora parliamo seriamente.
Come leggerete nella (lunga) postfazione dell'Autore che troverete alla fine del racconto, 


l’idea del commissario Francesco Bacone è nata circa tre anni fa, durante una mia vacanza estiva sul lago Maggiore. Lasciata a dormire sul notes per moltissimo tempo, ho ripreso in mano la storia nel mese di agosto di quest’anno, anche questa volta durante le vacanze, quando, complice un caffè-libreria di Bassano del Grappa, ho finito di scriverla.Si trattava di poche pagine che io pensavo ingenuamente di poter proporre così com’erano. Ho fatto circolare tra alcuni amici blogger quelle poche paginette, e l’idea principale che mi è tornata indietro dai loro pareri è stata essenzialmente: ma ti sembra un racconto? Dove sono i personaggi? Non si capisce cosa sono, cosa vogliono, non si sa neanche se sono alti o bassi!E così ho rimesso mano al tutto dall’inizio e ne è venuto fuori questo ebook.
C'era poi la sfida lanciata da Mauro Bianchi: perché un bolognese doc sì, e un povero immigrato nella polentonia no?
E così eccomi qua, e soprattutto ecco qua Dell'essere e del sembrare, primo episodio delle avventure del commissario filosofo.
Ci sarebbero altre considerazioni, ma non vi faccio perdere altro tempo, anche perché altri dettagli, seri, li troverete alla fine dell'ebook.
Solo un attimo per ricordare che la splendida copertina è opera, naturalmente, del mago Luca Morandi, e che l'editing è dell'ottimo Ariano Geta (ma che, come sempre, tutti gli errori e imprecisioni sono imputabili solo a me, che ho fatto l'ultima revisione del testo).
Buona lettura e... fatemi sapere, mi raccomando. Sarebbe il più bel regalo per Natale!
TIM

domenica 18 dicembre 2011

Racconto a puntate VII°

Ed eccoci alla fine!
I miei lettori saranno finalmente contenti di sapere se ho rispettato i canoni del racconto classico e se è tutto plausibile. Ma c'è qualcosa di plausibile nella vita? Nella vostra vita? Perché se è così, io mi dare una guardatina dentro, magari con l'aiuto di Capitan Alex.
Una sola domanda, oltre a quelle ovvie (vi è piaciuto? che voto gli dareste da 0 a 10?): voi come l'avreste concluso?
Perciò, senza mettere tempo in mezzo, buona lettura del VII° e ultimo capitolo di 

Capitan Alex e i giochetti di Remigio
“Come sarebbe a dire che stasera si esce? Io…”
“Tu, per il momento, fai ancora quello che dico e voglio io” risposi con tono seccato. Poi cercai di indorargli la pillola. “E comunque ti porto a fare un giro verso la periferia, così potrai ammirare qualche bellezza locale e, se siamo fortunati, anche qualcuna straniera.”
“Eh, ma sempre ammirare, ammirare, qui non si conclude mai niente di serio” sembrava intristito. Mi faceva quasi pena.
“Stai calmo, quando ci saremo scambiate le parti e toccherà a te guidare la baracca deciderai cosa fare, come e perché. Per adesso ti devi accontentare. Scusa ma io più di tanto non riesco a fare. Prenditela con Remigio che ti ha messo in questa situazione.”
“Va bene, meglio di niente” rispose tra lo sconsolato e l’interessato.
E così uscimmo.
Salii in auto dimenticando di allacciare le cinture di sicurezza (capirete poi perché), lasciai il mio palazzo di mattoni rossi col giardino verde, passai contromano (era sera tardi) davanti al palazzo di mattoni verdi col marciapiede rosso a fianco al mio e imboccai il corso principale.
Era il momento di mettere in pratica il mio piano.
Misi su un po’ di musica; naturalmente andava: Certe notti la macchina è calda e dove ti porta lo decide lei. Certe notti sei solo più allegro, più ingordo, più ingenuo e coglione che puoi. Quelle notti son proprio quel vizio che non voglio smettere, smettere mai.
“Ma come fai a sentire certe porcherie io non lo capisco proprio.”
Non era il momento di impiantare una discussione con lui, così gli lasciai correre l’osservazione nei riguardi del poeta. Anche per questo l’avrebbe pagata. Presi ad accelerare lentamente, finché arrivai alla prima rotonda che già ero sui sessanta orari. Alla seconda facevo già gli ottanta e dovetti frenare bruscamente per svoltare a sinistra e imboccare il lungo viale, dove accelerai nuovamente fino ai novanta.
“Non ti sembra di correre un po’ troppo, ragazzo”.
“Tu mi hai sempre ripetuto che sono un pappamolle, che non amo rischiare e tutto il resto e ora hai paura?”
“No che non ho di certo paura! Ma questa velocità non si addice ai tuoi riflessi e al tuo coraggio.”
“Bisognerà pure che cominci una volta. Stasera mi sembra la volta buona per farlo. E poi non c’è nessuno per strada.”
Non gli lasciai il tempo di rispondere. Dovevo costringerlo a restare concentrato sulla sua paura per evitare che entrasse nei miei pensieri.
Ormai correvo a folle velocità per i viali deserti, con l’unica speranza di non incappare in qualche pattuglia di polizia o carabinieri, non per il timore che mi beccassero ma per non dover mettere fine al mio tentativo. Mi sembrava che il posto migliore dove andare fosse quello da cui era iniziato tutto: l’arrugginita statua simboleggiante il riso nella piazzetta vicino casa.
Dalla stazione ferroviaria risalii per il corso che parte dalla caserma della Guardia di Finanza e giunge proprio sotto il monumento. Sentivo che Capitan Alex era completamente in balia della sua paura ma non osava dire niente per non fare la figura del fifone; meglio di così non poteva andare.
Adesso veniva la parte più difficile: dovevo tirare fuori, per una volta nella mia vita (non è che Remigio avesse poi completamente torto, eh!), i cosiddetti e mettercela tutta.
Arrivai alla rotonda ad una velocità esagerata, non avevo neanche il coraggio di guardare il contachilometri; l’affrontai con la forza della disperazione e con tutta la mia voglia di riscatto per tutto quello che questa storia aveva comunque fatto venire fuori di me.
Vedevo il rondò davanti e puntai dritto alla statua. Capii che Capitan Alex era cotto al punto giusto e stava per saltare fuori di me se io fossi morto nello schianto. Io però non avevo nessuna intenzione di crepare e, secondo il mio piano, sarei dovuto balzare fuori dall’auto all’ultimo istante. Questo però non bastava, perché il mio ospite non si sarebbe mosso da dentro di me finché non fosse stato sicuro della mia morte. Doveva perciò essere questione di un attimo.
Ed è qui che entrava in gioco Punto. A poche decine di metri dal posto dello scontro cominciai a pensare intensamente al gatto, tanto che anche l’attenzione di Capitan Alex fu catapultata verso di lui.
“Punto! Punto! Il gatto, il gatto nero della bella vicina di casa!” presi ad urlare dentro di me, creando una situazione confusa ed esasperata per Capitan Alex che era preso tra due fuochi: sapeva che se continuava in quel modo io mi sarei schiantato a tutta birra contro la base del monumento morendo sul colpo e lui, prima di scappare da me rimanendo in vita nel suo spazio e nella sua eternità, avrebbe comunque sofferto fisicamente con il mio corpo. Oppure poteva filare via prima che ciò accadesse ma con la prospettiva di ricominciare a vagare, in attesa di qualche altro corpo da abitare. Sentivo però che il mio richiamo al gatto (e soprattutto alla bella padroncina) stava dando i suoi frutti, perché anche la sua attenzione si stava spostando sul felino.
“Punto, il gatto, Punto, la vicina di casa… sì, sì, mi piace la vicina di casa!” stava urlando anche lui.
L’istante era arrivato. Mi giocavo tutto. Quando ormai il muso dell’auto era a meno di un metro dalla base del monumento aprii lo sportello e mi gettai dalla macchina, rotolando come avevo visto fare nei migliori film d’azione. Non so quanto tempo passò, ma vidi chiaramente l’auto urtare violentemente contro la ferraglia arrugginita. Il monumento ebbe un sussulto, sembrò piegarsi da un lato, poi si riprese e tornò in orizzontale. Ma fu per un attimo, perché cominciò a piegarsi dalla parte opposta, ormai sganciato dalla sua base, e lentamente si accartocciò su se stesso rimanendo lì, a terra, segno, tra l’altro, di una vendetta consumata a favore dell’arte.
E Capitan Alex?
Non sentivo nulla. Oltre al dolore fisico della spalla, dico.
Chiamai. “Capitan Alex! Capitano!”
Nessuna risposta. Rimasi a terra contemplando quel che restava della mia macchina e della statua. Ma non sentivo alcuna reazione dentro di me.
Era fatta! Ero libero finalmente da quell’incubo, libero dalla paura di diventare un altro! Ma ero anche libero di ritornare al mio tran tran quotidiano, alle mie pantofole, alla mia musica, ai miei film in prima serata con una birra e una busta di patatine per compagnia.
Ecco, questa è la storia che vi volevo raccontare. Una storia certamente difficile da immaginare e ancor più da credere. Ma è la mia storia.
A questo punto penso che vi starete chiedendo che fine abbia fatto Capitan Alex. Sinceramente non lo so, o almeno non ne ho la certezza, anche se una mezza idea me la sono fatta.
Ogni volta, infatti, che dal mio balcone vedo Punto, mi pare che mi guardi in modo particolare; mi sembra di riconoscere qualcosa nei suoi occhi, o meglio qualcuno. Mi sembra di distinguere quello sguardo penetrante e impertinente, goloso e soddisfatto. Sarà per questo che è un bel po’ di tempo che non si vede più da queste parti il fidanzato della bella vicina di casa?

TIM

sabato 17 dicembre 2011

Comunicato stampa della NGUEP

qui
Riceviamo e pubblichiamo questo comunicato stampa della Nino Geremicca Usual Electronic Publisher:


La Nino Geremicca Usual Electronic Publicher è lieta di annunciare l'imminente pubblicazione di


DELL'ESSERE E DEL SEMBRARE


primo episodio della nuova serie, che è già un cult tra i lettori italiani e lettoni Francesco Bacone Commissario!
Il genere che lega alla poltrona milioni di persone in tutto il mondo!
Dallo stesso autore di "Un giorno lungo quarant'anni", "Quel che resta", "Lucia" e tanti altri indimenticabili best seller!


Riportiamo dalla quarta (e in parte quinta) di copertina:
Il Commissario Francesco Bacone nasce su precisa richiesta di Loriano Macchiavelli, creatore di Sarti Antonio.In una sua lettera del 20 agosto 2008, Macchiavelli scriveva all'autore: "Con la scomparsa di Sarti, Cantoni, Rosas, il giallo italiano rischia di spegnersi. E' per questo che ti scrivo, conscio del fatto che solo tu puoi ridare fiato a questo genere. Troppi scribacchini stanno affossando il vero giallo all'italiana, occhieggiando coi loro racconti e romanzi solo ad un pubblico di bocca buona, quello a cui basta un coltello piantato nella schiena e un paio di tette messe generosamente in mostra."
D'altra parte anche Umberto Eco in un articolo su "La Gazzetta di Arkam" del 13 ottobre 2010 chiama a gran voce il nostro autore: "Vengano presto salvatori del poliziesco italiano. E so per certo che c'è già chi ci sta lavorando e con ottimi risultati." Infatti qualche settimana prima, incontrando l'autore alla presentazione del prequel de "Il nome della rosa" ("Il nome del bocciolo di rosa", N.d.R.) Eco restò positivamente impressionato dal plot del racconto del commissario Bacone, e incoraggiò l'autore a proseguire la sua opera.
Finalmente questo primo episodio dell'ennalogia del Commissario Francesco Bacone è pronto e fra pochissime ore sarà tutto vostro!
Appuntamento qui, su questo blog! A presto!


Il blog Il Garage di Demetrio, pur avendo accettato la pubblicazione del presente comunicato (per motivi economici), prende le distanze dal suo contenuto, rimettendo alla sola Nino Geremicca Usual Electronic Publicher la responsabilità delle proprie affermazioni.
TIM

venerdì 16 dicembre 2011

Racconto a puntate VI°

Ci avviciniamo alla fine della storia, con Capitan Alex che pian piano sta prendendo possesso del nostro eroe. E bisogna fare qualcosa in fretta. Già, ma cosa? Al mio alter ego viene un'idea.
Sesta puntata di

Capitan Alex e i giochetti di Remigio
Senza starci a pensare due volte spensi la luce; quella voce mi aveva riempito la testa già abbastanza e, se era vero quello che mi aveva appena detto, non mi restava molto tempo per organizzare una strategia di sopravvivenza. Finché potevo, dovevo cercare di fare qualcosa, prima che la mia volontà fosse completamente messa da parte in qualche posto oscuro e nascosto del mio corpo. Finché potevo dovevo… fare qualcosa, qualunque cosa.
Anzitutto dovevo evitare di passare davanti a qualsiasi specchio ci fosse in casa; anzi se potevo dovevo proprio eliminarli. Sapevo che questo era solo un rimedio apparente, ma almeno riuscivo a non perdere tempo stando a sentire le tirate di Capitan Alex ogni volta che sbucava fuori, a non farmi prendere dall’angoscia ancor più di quanto non ne avessi.
Si, certo potevo distruggere tutti gli specchi di casa mia, ma gli altri? Potevo forse dissolvere nel nulla ogni cosa che nel mondo era capace di riflettere la mia immagine? E se passavo davanti ad una vetrina a specchio che facevo? Andavo in giro con le tasche piene di mattoni sempre pronti all’uso? E poi, anche se avessi distrutto gli specchi e tutto il resto, avevo risolto il problema di quella cosa che si stava impadronendo del mio corpo, della mia anima, di tutta la mia vita?
Stavo uscendo fuori di testa. Praticamente non c’erano soluzioni, almeno stando a quello che aveva detto Alex.
Oddio, una soluzione c’era. Drastica, ma c’era. Potevo sempre licenziarmi in tronco e definitivamente dal mio ruolo di essere umano più o meno pensante e così sbattere fuori anche lui di nuovo nell’infinito.
“Non ci provare o me la pagherai! Io non torno a svolazzare per il nulla per qualche altro secolo” sentii urlare dentro di me una voce, e non era difficile capire di chi fosse.
“Fai silenzio” sbraitai a mia volta senza proferire parola.
Se pure, come voleva Remigio, io avessi cambiato vita, mi fossi dato una mossa per usare il linguaggio del mio amico, avrei impedito che l’evoluzione di Capitan Alex andasse avanti? Sicuramente no, anche perché lui era lì proprio per quello: fare di me un viveur a sua immagine e somiglianza. Anzi, gli avrei anche fatto un piacere. E allora?
Bene, dovevo darmi da fare seriamente se volevo uscire da questa situazione. E allora punto e a capo.
Punto e a capo.
Punto e…
Punto! Certo, come non avevo fatto a non pensarci subito! La soluzione era a portata di mano, anzi di balcone!
Si, perché Punto era il gatto dei nostri vicini, che passava tutte le giornate sula veranda ad ammirare la varia umanità che transitava per la strada e quella, come me, che spuntava dai balconi. Non è che Punto fosse il suo nome, non sapevo come si chiamava, ma era identico ad un gatto che avevo avuto molti anni prima e a cui avevo dato quel nome perché appena nato era un batuffolo di pelo nero. Si diventa stupidi quando ci si scopre romantici! E anche Punto era stupido, il più stupido della compagnia, si faceva sempre fregare i migliori bocconi dalla comitiva degli altri gatti del vicinato, e forse per questo io ci ero affezionato. Quando ero andato ad abitare nella mia nuova casa, quella dai mattoni rossi e il giardino verde, Punto, quello della vicina, era stato il primo essere vivente che mi avesse degnato di un’attenzione. Magari interessato (una scatoletta di tonno vuota da leccare non si nega a nessun gatto) ma il suo era stato pur sempre uno sguardo dato con considerazione.
Dovevo architettare un piano, fattibile e sicuro; anche se in questa storia, come avrete capito, di sicuro non c’è proprio niente, visto che la realtà sembra essersi presa un periodo di riposo prolungato.
Ma soprattutto dovevo evitare che Capitan Alex percepisse qualcosa. Il che era alquanto complicato, visto che poteva leggere tranquillamente dentro di me. Perciò dovevo aggirare l’ostacolo.
Decisi di sfruttare la sua, diciamo così, propensione per le donne.
E così uscii a fare una passeggiata. Appena ebbi a tiro una bella ragazza cominciai a fissarla, col pericolo di essere preso per un maniaco; ma dovevo rischiare. Non che fosse difficile trovarne una all’altezza da dare in pasto al Capitano. Non so se avete notato, ragazzi, che il livello di qualità della gioventù femminile oggigiorno, è decisamente salito. O almeno sono diminuite le misure dei loro abbigliamenti, il che in certi casi non guasta per niente. Tuttavia ero li per risolvere un grave problema personale, come dire per lavoro, perciò i miei sguardi erano più che giustificati, e al di sopra di ogni sospetto. Sentii immediatamente che Capitan Alex partiva in quarta: percepivo chiaramente dentro di me i suoi fischi di compiacimento, i suoi ammiccamenti e persino le sue fantasie. Certo che doveva essere un bello sporcaccione davvero!
Ero comunque riuscito ad allontanare la sua attenzione dai miei pensieri. C’erano momenti in cui capivo che la concentrazione del Capitano andava scemando, perciò ero costretto a tornare a fissare qualche bellezza locale. E la faccenda si ripeteva.
Dopo un po’ il nostro amico si rese addirittura autonomo e prese a scegliere da solo le sue muse ispiratrici. So che non ci crederete, ma riuscì a interessarsi anche ad un noto travestito che stava sorseggiando un caffè in un bar in compagnia dell’Assessore alla Cultura (che, quindi, in qualche modo era sicuramente coinvolto nella collocazione della statua del riso che abbiamo incontrato all’inizio di questa storia). Vi rendete conto adesso in mano a chi ero andato a finire?
Ma questa diversione mi dette il tempo di elaborare il piano. Era certamente rischioso, sia per la dinamica in sé, sia perché se non avesse avuto successo sarei rimasto in balia di un Capitan Alex molto ma molto arrabbiato. Restava da scegliere il momento, che doveva essere né molto lontano (per non far procedere troppo irreversibilmente la metamorfosi), né troppo vicino (per non far sorgere dei sospetti).
Nei giorni che seguirono cercai di rabbonirlo e blandirlo il più possibile, arrivando a mangiare persino cose per me disgustose come le rane fritte e la carne di cavallo di cui, mi aveva fatto sapere, lui era invece molto ghiotto.
Arriviamo così ad una sera in cui mi era sembrato molto disponibile e pareva aver abbassato di molto le sue difese nei miei confronti.
Mi stavo vestendo intenzionato ad uscire per fare, ufficialmente, un giretto in macchina.
“Che fai?” mi chiese.
“Stasera si esce” gli risposi.
( ... continua .. )

Ancora un po' e, in un modo o nell'altro, tutto si risolverà. Accetto scommesse!
Alla prossima e ultima puntata!

TIM

giovedì 15 dicembre 2011

Mario Monti e il parlamento tecnico

qui
Il post di oggi doveva essere dedicato alle riflessioni di lettura di tre ebook che ho letto in queste ultime settimane. Ma non ho gana, come dicono in qualche parte d'Italia che non ricordo. Sarà il tempo uggioso, sarà qualche problemino che si fa sentire, ma non ho voglia di imbarcarmi in cose complesse.
Così, leggendo qua e la tra i blog vicini di loculo, mi è venuta in mente una riflessione che condivido con voi.
Già dal titolo del post avrete capito che parlo della situazione politica del momento, ma volevo farlo mettendo in evidenza quello che qualcuno potrebbe aver compreso come una svista nella formulazione della frase.
Perché io volevo proprio dire che il nostro è un parlamento tecnico, così come tecnico è questo governo.
Perché se il governo Monti è composto da gente non scelta tra i parlamentari dal Presidente della Repubblica per toglierci (questa è l'intenzione) dalla cacca nella quale siamo fino al collo, in egual modo nessuno di noi, per effetto dell'attuale legge parlamentare, ha realmente scelto i personaggi che scaldano i banchi del parlamento. Anche se scaldare è per modo di dire. Infatti solo fino a giugno di quest'anno, erano 121 i parlamentari che avevano cambiato partito e quindi si erano materialmente spostati da uno scranno all'altro, non avendo neanche il tempo, appunto, di scaldarlo con la presenza del loro deretano.
Quindi tutti i nostri parlamentari sono stati scelti da qualcuno che riteneva potessero far comodo (nel bene e nel male) a qualcosa.
E allora chi ha messo gente come Scilipoti (vedi in proposito il post di Angelo), solo per fare un nome noto a tutti, a rappresentarci in Parlamento?
Senza voler fare il processo alle intenzioni, la risposta è: coloro i quali hanno compilato le liste elettorali sapendo che in base alle previsioni di percentuale di voti ottenuti, il partito avrebbe potuto avere x numero di eletti. Così se sei uno di quelli che è vicino al leader, hai diritto a stare nelle prime posizioni di lista per rientrare automaticamente tra gli eletti (il cosiddetto listino chiuso). E se sei un nome famoso ti mettono in lista per portare voti, tanto poi (come ha apertamente dichiarato Gino Paoli tempo in una trasmissione televisiva) una volta eletto tu rinunci e lasci il posto a quello effettivamente scelto dal partito.
L'unica cosa sulla quale i partiti sono democratici è nello scegliere i personaggi a prescindere dai loro trascorsi o presenti giudiziari
Mi si sta intostando la nervatura, come dicono nello stesso posto d'Italia di cui sopra, perciò torno all'ennesima ultima revisione del racconto che vi ho promesso, o meglio che ho minacciato, di darvi per Natale.


Costituzione Italiana

La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto (art. 56)

I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno 
superato il venticinquesimo anno di età. (art. 58)




TIM

mercoledì 14 dicembre 2011

Racconto a puntate V°

Orbene siamo alla quinta puntata. Non è che ci sia stato molto entusiasmo attorno a questo racconto. Qualche visitina ogni tanto, qualche commento. Ma va bene così.
Avrei voluto metterci qualche tetta e qualche gamba scosciata in più, ma io sono un pudico e già pronunciare la parola ombelico mi fa arrossire.
Un po' di sangue e qualche mostro con una lunga lingua che esce da un orecchio? Dite che funziona?
Ma la storia è così, non ci posso fare niente! Capisco di andare contro corrente, ma non è colpa mia, lo giuro. Magari la prossima volta ci penso.
Ah, manca poco all'arrivo del mio commissario! Sono proprio alle fasi finali. Ho riletto e corretto per la duecentesima volta il testo e mi sembra possa andare. Ma se mi metto a rileggere per la 201nesima sicuramente ci trovo qualcosa che non va. Comunque oggi ci riprovo. E poi c'è la megacopertina di Luca Morandi, che da sola vale il doppio di tutto il racconto!
Nino Geremicca è già stufo di occhieggiare dalla sua postazione e vorrebbe qualche giorno di ferie, ma sono stato categorico: finché non si esce ufficialmente, tutti i permessi sono sospesi. 
Bene, ecco a voi la quinta puntata di

Capitan Alex e i giochetti di Remigio
“Adesso non pretendere che ti parli di Remigio. Anzitutto sarebbe troppo lungo da fare - è una lunga storia che si perde nella notte dei tempi – e poi non è che ne sappia molto. Ad ognuno è dato di sapere di lui quello che può essergli utile per la sopravvivenza. Io so solo che Remigio, per quel che ho visto, è mooolto mooolto vecchio, ha una luuunga barba bianca e sta perennemente seduto su una sedia da qualche parte lassù.”
Sembrava la descrizione di Dio che mi avevano fatto le monache all’asilo e a cui avevo creduto per anni, finché non avevo capito che … beh lasciamo perdere quello che avevo capito e quando l’avevo capito, e anche quello che credevo in quel momento.
“Ma si, puoi anche chiamarlo ‘Dio’, o ‘Papà’ o come vuoi tu” disse con tono sbrigativo. Poi con più calma continuò: “Comunque io sono Alex e l’ultima volta, come puoi vedere dal cappello, sono entrato nel Capitano Meyer. Ora non ricordo più se era un pirata o un soldato, un buono o un cattivo insomma, e non mi ricordo neanche chi erano i buoni e chi i cattivi a quel tempo. Poi anche lui è andato … e io ho ricominciato a vagare nell’indefinito spazio – temporale.”
“E’ come una specie di reincarnazione” e questa volta le parole mi uscirono dalla bocca.
“Non lo so, io non ne capisco niente di queste cose; ai miei (ultimi) tempi bisognava solo cercare di portare la pelle a casa ogni sera.”
Continuò a leggermi dentro, mentre io andavo a cercare le nozioni di religione e filosofia che avevo sull’argomento.
“Ma no, a me non interessa prendere un corpo nuovo per purificarmi, se è questo che stai pensando. E poi purificarmi da cosa?”
Per quelle poche idee che mi ero fatto di anima, corpo, spirito, ecc., anch’io non credevo in quelle cose lì. Ero convinto, anche se ‘convinto’ era una parola grossa, che ogni corpo avesse un’anima (qualunque cosa significasse ‘avere un’anima’) e che alla fine di tutto il gioco su questa terra, l’anima tornasse a Dio. Alex stava intanto continuando:
“Come ti dicevo non mi interesso di cose complicate, io sono un tipo semplice: bianco bianco, nero nero. Adesso sono qui dentro di te e, per ora, mi trovo abbastanza bene … per ora. E’ una vita tranquilla, riposante…” ebbe un attimo di esitazione “… forse anche troppo riposante. Si, è vero che è sempre meglio di quella del Capitano Meyer, però mi sembra che una via di mezzo non guasterebbe. Del tipo: ma tu, a donne come stai?”
Era stata una domanda così diretta e immediata che mi lasciò non solo senza parole, ma anche rimescolato dentro.
“Capisco che per te è una questione spinosa, ma sono due mesi che tu… insomma proprio niente, zero assoluto! Ma non hai qualcuno con cui esci, parli, ci vai a letto?”
E si, bella domanda davvero! E che gli potevo rispondere? Sandra era bell’e che andata da più di un anno, e comunque non è che ci fosse stato più di tanto.
“Tu ti devi svegliare, ragazzo mio, perché io potrei anche decidere di andarmene.”
Ecco, sarebbe stata una buonissima idea, pensai. E Alex subito di rimando:
“Ti piacerebbe, eh? Ma c’è un piccolo problema. C’è un solo modo perché io me ne vada: che anche tu esca dal tuo corpo. Allora capisci che c’è una sola possibilità: che tu muoia. E questo può avvenire in due modi: o muori per i fatti tuoi: vecchiaia, incidente, malattia o qualunque altra cosa ti aggradi, oppure io decido di andarmene. Ma anche in questo caso, e torniamo al punto di partenza, tu dovrai morire, perché io non posso lasciare un corpo che ancora vive o comunque ha possibilità di vivere; è contro le regole del gioco! Arrivati a questo punto io sono indispensabile per te: se decido di restare, tu continui a vivere; se decido di andarmene … anche tu dovrai fare le valigie. Come vedi non hai molte alternative.”
Il pedaggio! Ecco qual’era il pedaggio! Un modo come un altro per ‘invitarmi gentilmente’ a cambiare vita! Bel regalo, proprio un gran bel regalo, non c’era che dire!
Alex mi stava guardando, stupito a sua volta, dallo specchio. Poi, all’improvviso, come se avesse afferrato una verità lapalissiana nascosta dalla notte dei tempi:
“E così Lui mi ha usato per i suoi sporchi giochetti! Ma dovevo immaginarlo che era stato troppo facile trovarti, e che sei rimasto per troppo tempo sospeso tra la macchina e lassù! Il buon vecchio Remigio mi ha giocato un’altra volta! Ma perché ce l’ha tanto con me? Prima mi ha fatto divertire con quel tipo, qual’era il suo nome… Giovanni Boccaccia, Boccaccio o come diavolo si chiamasse, ma è durato una miseria, a quei tempi si campava poco e male, ma non mi potevo lamentare. Poi però mi ha dato quella mezza monaca di Lucia Mondella. Oh, ma siamo fuori di testa! Poi mi è toccato il Capitano Meyer, che perdeva pezzi un po’ alla volta: un occhio, poi la gamba, poi la mano! Un inferno, te l’assicuro! Non sapevo mai al mattino se riuscivo a tirare fino alla sera e in che percentuale corporea. E ora mi ha sbattuto dentro di te, che se non ti dai una mossa mi fai le ragnatele anche mentre cammini!”
C’era un solo modo per mettere fine, almeno temporaneamente, a quella discussione: spegnere la luce e andare via dallo specchio.
“No, ti prego!” mi urlò Alex. “Voglio parlare ancora un po’ con te. Siamo ancora all’inizio.”
“Che vuol dire Siamo ancora all’inizio?” chiesi tra l’incuriosito e il terrorizzato.
“Ah, già, tu per ora non sai ancora niente. Devo spiegarti tutto il meccanismo, ma adesso non mi va’. Ti dirò solo l’essenziale. All’inizio, quando io entro in qualcuno, posso mostrarmi a lui solo attraverso uno specchio o qualcosa del genere, perché solo poco alla volta prendo possesso totalmente del corpo in cui sono, che comunque conserva i suoi connotati. Poi, piano piano, come dire… io… maturo… e annullo la presenza del mio ospite e anche se esternamente resto Lucia Mondella o il Capitano  Meyer, in effetti sono io. Così, se voglio, ti faccio venire fuori a prendere una boccata d’aria o a scambiare qualche parola con me o, eccezionalmente, con qualche persona strettamente selezionata. Al momento però dipendo ancora da te e questo, ti posso assicurare, mi rompe parecchio le scatole.”

TIM
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