C'è modo e modo di raccontare una storia, a maggior ragione di raccontare la storia, che di storie è fatta.
Quella che voglio raccontarvi di oggi è la storia di un uomo e della sua lotta contro il potere. Che non è solo la lotta contro un gruppo che ha il comando, ma contro un modo di leggere, intendere la realtà.
Parlo di Francesco di Assisi, tornato pubblicamente sulla bocca di tutti oggi, dopo l'elezione del nuovo capo della chiesa di Roma che ha scelto per se proprio il suo nome, per quella che dovrebbe essere (nelle sue intenzioni senz'altro condivisibilissime, almeno dai cattolici) un'operazione di restyling profondo.
Ma prima di arrivare all'oggi, voglio tornare all'uomo di Assisi e alla sua storia vera. Per vera intendo non quella agiografica, ufficiale, ma quella che si può intravedere dalla lettura di tutti gli scritti dell'epoca che lo riguardano. Scritti che si possono trovare nelle cosiddette Fonti Francescane. *
Sappiamo tutti della sua vocazione alla chiesetta di san Damiano d'Assisi (chi non ne ricorda il crocifisso, ormai simbolo di Francesco e comparso in tutti gli innumerevoli film girati sulla sua storia?) quando, mentre era in preghiera, sentì le parole di Cristo che l'invitavano ad andare a riparare la sua chiesa che, come lui poteva vedere, era in rovina. La semplicità dell'uomo-Francesco gli fece credere che l'invito era a restaurare materialmente quell'edificio; cosa che lui fece, andando a rimettere in sesto anche altre due chiesette abbandonate nelle vicinanze.
Ma l'opera che gli era stata richiesta era ben più grande, come Francesco capì ben presto: si trattava di rimettere in piedi la chiesa gerarchica, l'istituzione, fatta di papi, vescovi, cortigiani, preti.
Il rapporto di Francesco con l'istituzione e quindi anche con la chiesa gerarchica, fu sempre particolare, se non difficile: egli accettò di sottomettersi, ma solo per una sorta di convenienza, per avere le mani libere di agire. Ed infatti ecco cosa accadde.
Siamo tra la fine del 1100 e l'inizio del 1200 e sono moltissimi i movimenti cristiani formati da semplici credenti che stanno nascendo; pensiamo anche solo ai catari (o albigesi), per fare l'esempio di un gruppo molto conosciuto. Tutti questi gruppi sono considerati eretici dalla chiesa ufficiale, perché professano dottrine contrarie a quelle dogmatizzate dalla curia papale (e perciò imposte a tutti i cristiani). In verità i catari, come anche i valdesi e i dolciciani -per restare più o meno nell'epoca-, professavano una sola, essenziale, volontà: la possibilità di leggere personalmente la bibbia, senza il passaggio attraverso la spiegazione data dalla chiesa di Roma. Dalla lettura diretta della bibbia, queste comunità traevano insegnamenti spesso contrari a quelli predicati dai preti e dai vescovi, specie per ciò che concerneva l'autorità all'interno della chiesa stessa, la povertà, e anche questioni teologiche di non poco conto ma che qui non mi interessa affrontare.
A noi oggi quest'aspetto della lettura personale della bibbia può sembrare marginale se non ridicolo, visto che chiunque può andare in un qualsiasi centro commerciale e acquistare una copia della bibbia a 3 euro e 90. Ma se ci pensiamo bene non lo è. Anzitutto c'è da tenere conto che a quei tempi non esisteva ancora la stampa e possedevano una copia della bibbia solo i ricchi che si potevano permettere di farsene fare una copia a mano. Questo aveva come conseguenza che nessuno (tranne appunto i pochi ricchi e i preti) conoscevano il testo vero della scrittura: la stragrande maggioranza dei credenti conosceva della rivelazione cristiana solo ciò che i professionisti della scrittura sacra, i preti appunto, divulgavano.
Francesco, ricco di famiglia prima di fare la sua scelta, era riuscito ad entrare in possesso di una copia del vangelo da un mercante francese che era in affari col padre. Ed è lì che viene a conoscenza diretta delle parole e della vita di Cristo.
Accorciamo un po' la storia e arriviamo al momento in cui egli lascia ogni cosa, si spoglia materialmente dei vestiti lussuosi e inizia, con pochi amici, una vita di povertà, preghiera e assistenza ai poveri e lebbrosi.
Il movimento negli anni era cresciuto a dismisura, accogliendo persone di ogni ceto e di ogni cultura, e proprio per la paura che il gruppo venga considerato alla stregua di un qualsiasi movimento eretico, e quindi perseguitato, Francesco capisce che è importante avere una qualche autorizzazione da parte della chiesa ufficiale per poter andare in giro a predicare la parola della scrittura. Consigliato anche da un suo compagno esperto di diritto, decide di dare una regola al suo piccolo gruppo e di farla approvare dal papa, in modo da avere un lasciapassare per il loro progetto.
Raggruppa in una ventina di capitoletti (di cui non resta niente ma che sono conosciuti come la Regola non bollata) gli orientamenti di vita che il suo gruppo si era già dato a partire da alcuni pochi versetti tratti dal vangelo: egli descrive la vita cristiana così come viene fuori da quei documenti sacri e come egli e i suoi fratelli vogliono viverla.
E qui Francesco si scontra frontalmente col potere: il papa non accetta questa regola, ritenendola un semplice elenco di passi evangelici e, soprattutto, mancante di una qualsiasi riferimento alla chiesa e all'obbedienza che i frati devono ad essa.
È lo scontro tra due mentalità, tra due modi di intendere la fede. Da una parte Francesco, che ritiene di dover vivere secondo quello che al proprio cuore e alla propria coscienza dettano i vangeli. Dall'altra Onorio, discendente e attuale regente della gerarchia ecclessiastica, che ritiene che solo attraverso i dettami, gli obblighi e l'obbedienza alla chiesa si possa diventare cristiani.
Francesco accusa il colpo, ma pensa anche a ciò che è più importante in quel momento: avere un'autorizzazione per poter liberamente andare a predicare e vivere il vangelo.
Siamo nel 1221 e Ugolino ed Elia, due suoi compagni, esercitano una forte pressione su Francesco perché riscriva la regola inserendo i desiderata del papa. Francesco si ritira con alcuni pochi e fidati fratelli d'avventura a Fonte Colombo, vicino Rieti e qui dopo molti travagli interiori (deve controbilanciare la sua volontà di vivere il vangelo in pienezza e gli ordini papali) mette giù una nuova regola di vita (ufficiale) per i suoi frati, tale da, come suol dirsi, salvare capra e cavoli. Ma passeranno ben due anni.
Naturalmente papa Onorio III approva questo documento e il 29 novembre 1223 emette la bolla papale Solet annuere, con cui nasce giuridicamente l'ordine religioso di Francesco di Assisi: da questo momento nessuno potrà fermare i frati che potranno andare così in giro per i mondo a vivere la propria vita secondo i dettami del vangelo.
Francesco è ormai molto malato (soffriva agli occhi e al fegato) e quest'ultima battaglia ha minato ancor di più la sua salute e, soprattutto, il suo stato d'animo. Così abbandona definitivamente l'ordine e va a vivere con pochi frati nei boschi, dove continua la sua ricerca della verità evangelica.
In estrema sintesi, questi sono i passi che mi interessavano.
Oggi.
Non voglio entrare nel merito di ciò che papa Francesco fa e farà.
Ma mi preme sottolineare che, finché esisterà una chiesa gerarchica, dove i credenti sono tenuti all'obbedienza ad un uomo prima ancora che ai dettami del vangelo (il cattolico è tenuto a dare il proprio assenso del cuore e della mente a ciò che il papa dice e sentenzia in materia di fede e morale), ci sarà poco spazio per lo spirito del vangelo e della scrittura tutta.
= Piccola parentesi. Qualcuno sicuramente dirà che nella chiesa cattolica esistono uomini come don Gallo, don Ciotti, Peppino Puglisi e tanti altri. Ma mi si darà atto che il loro lavoro e la loro testimonianza non hanno la stessa rilevanza all'interno della chiesa di un pronunciamento papale o curiale. E non voglio neanche sfiorare altri argomenti (tipo la ricchezza dell'istituzione-chiesa) che sono davanti a tutti. Alcuni di questi discorsi, devo dire per completezza di pensiero, possono essere fatti anche per altre chiese che si richiamano a Cristo e al suo vangelo. =
Allora forse il rinovamento di una chiesa che si richiama a Cristo, dovrebbe partire anzitutto da Cristo.
Francesco (l'uomo di Assisi) l'aveva capito e aveva tratto le conseguenze.
TIM
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* Fonti Francescane: volume che raccoglie tutti gli scritti e le biografie di Francesco e Chiara d'Assisi e i documenti che su loro furono scritti all'epoca, quindi nell'immediatezza dei fatti avvenuti.
Gli insegnamenti di Francesco d' Assisi in un certo senso salvarono la chiesa di quell'epoca, certo furono anche traviati e strumentalizzati nei secoli successivi dalla curia, però rappresentarono comunque l'indicazione che un altra via era possibile.
RispondiEliminaE oggi?
Forse è ancora troppo presto per dirlo.
la chiesa come istituzione è un ostacolo di per se al raggiungimento di una purificazione dei credenti. Una stratificazione di circa 2 millenni è difficile da scrostare in pochi passi.
EliminaLa chiesa è diventata un'istituzione, e come tutte le istituzioni è costretta a regolamentare ogni cosa, organizzare il proprio lavoro, creare delle gerarchie, etc. Basta che capitino le persone sbagliate al momento sbagliato, e si finisce come lo stato italiano negli ultimi anni.
RispondiEliminaI movimenti spontanei (eretici?) tipo i francescani spesso sono serviti a riportare cellule sane in un corpo malato.
certamente c'è sempre bisogno di novità e di un ritorno alle origini. nel mio post, comunque, volevo anche dire (e mi rendo conto di non esserci riuscito) che per alcune cose come per la vita cristiana, l'istituzione non è proprio il contenitore adatto.
EliminaIl guaio però è che l'assenza di un contenitore rischia di causare una deriva incontrollata. Come diceva Chesterton, cattolico controcorrente nell'Inghilterra anglicana e agnostica di fine '800, il problema del voler leggere la Bibbia da soli è che ognuno ci trova quel che gli fa comodo: la legge un mormone e trova una giustificazione per la poligamia; la legge un testimone di Geova e trova un valido motivo per proibire le trasfusioni di sangue a costo di rischiare la vita; la legge un calvinista e basandosi su alcuni passi del vangelo crea altre regole ancora; la legge una cattolico e ci vede la giustificazione della figura papale come erede di Pietro.... Inoltre, il problema di base è la traduzione: solo pochi esperti filologi sono in grado di leggere l'antico caldeo e cogliere le implicazioni storiche, semantiche e culturali. Insomma, piaccia o non piaccia il contenitore sembra quasi necessario. E comunque ho notato che la maggior parte dei credenti è sufficientemente "eretica" da anteporre il buon senso alle regole laddove sia necessario. Certo che quando capita il credente privo di buon senso è un bel guaio...
Eliminala tua osservazione è giusta, ma se partiamo dal presupposto che la bibbia dia regole di comportamento anche civile valide per tutti. Io penso che ciò non sia esatto (altrimenti scadremmo in una teocrazia di stampo islamico e coranico), ma che nella bibbia c'è da ricercare la strada per il ricongiungimento dell'energia personale dell'uomo con quella di un dio che, in quanto energia pura, l'avvolge. Sto riscoprendo,anche grazie a Rudolf Steiner un modo nuovo di leggere la tradizione biblica e dopo 8 anni a studiare teologia e scrittura a suo tempo, solo adesso sto trovando risposte (per me) esaurienti. Quanto al discorso della "traduzione" che tu giustamente poni, essa ha rilevanza se si continua a restare attaccati alla lettera della scrittura, per cui, ad esempio, è importante sapere se Pietro è veramente la pietra su cui è fondata la chiesa (e quindi il papa deve governare su tutta la chiesa); o una traduzione più che un'altra serve per stabilire se i preti possano sposarsi, ecc.
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