lunedì 23 agosto 2010

Ho letto ...

... l'Alligatore ... e placet. Eccome. Mi ha fatto passare  lunghe e proficue ore di lettura sotto l'ombrellone. Placet perché Marco Buratti (l'Alligatore, appunto) non si da arie alla Humprey Bogart e non ha la nevrosi alla Adrian Monk. E' sfigato ma al punto giusto, senza sdolcinature; è intelligente ma ha sempre bisogno di Beniamino Rossini (conosciuto al gabbio anni prima) e Max la Memoria (rivoluzionario convinto, ma che invece della pistola usa il computer) per quagliare le soluzioni e fare il lavoro sporco. Insomma, è uno qualsiasi davvero, non solo un personaggio letterario.
Quelle di Marco Buratti sono storie plausibili, che potrebbe essere fatti di cronaca vera, raccontate da un testimone imparziale, che fa sentire il puzzo di urina quando l'eroe se l'è fatta sotto dalla paura.
Certo alla fine vince sempre lui, ma non è scontato che ne esca pulito e contento. In fondo nella vita si può anche vincere e con ragione, ma restare con l'amaro in bocca per come sono andate a finire le cose.
I personaggi di Massimo Carlotto non sono buoni o cattivi per partito preso o perché così fa comodo a lui e alla storia, ma perché ci sono diventati nell'arco della loro vita. E così anche i cattivi, a volte, ti fanno pena, e quando -invariabilmente- fanno una brutta fine, ti dici che forse era meglio così, per la società, per chi gli sta intorno e per loro stessi; e se muoiono è perché devono morire, non perché in quasi tutti i romanzi i cattivi muoiono.
L'edizione che ho avuto sotto mano era un I Super e/o, che raccoglie due racconti e cinque romanzi (quest'ultimi in ordine d'uscita, anche perché così si capisce chi sono e come vengono fuori i vari personaggi).
Non avevo ancora letto niente di Carlotto, ma penso che mi andrò a cercare qualsiasi altra cosa ci sia in giro per i mercatini, e metterò i suoi volumi insieme a quelli dei miei autori preferiti. Perché quando leggere un libro mi fa venire voglia di scrivere, anche se non è il mio genere, è segno che mi piace davvero.
L'Alligatore è un ex cantante di blues a cui la galera 'ha seccato la voce', che vive in un suo locale, e che beve esclusivamente calvados. Così ho pensato di fargli un omaggio, proponendo a voi un  maestro del genere; sono sicuro che Marco Buratti ne sarebbe contento.
TIM

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