venerdì 9 novembre 2012

Il monastero delle anime perse, di N. Wilgus


Comprato su una bancarella di Pietra Ligure per 2,50 euro e letto in un paio di giorno sotto l'ombrellone. Tempo e soldi sprecati.
Questo Il monastero delle anime perse di Nick Wilgus promette tutto quello che non mantiene. Lasciamo stare la presentazione sulla copertina («È come leggere Sherlock Holmes, Angeli e Demoni e Il nome della rosa riuniti in un unico romanzo. Pieno di spiazzanti colpi di coda e con un tocco di spiritualità.»  Bangkok Post) ché devono pure vendere, poverini, e strombazzare affiliazioni e discendenze fa bene al marketing. Ma penso che tra tutti i libri che ho letto in vita mia, questo è uno di quelli per cui il contenuto è esattamente l'opposto di quel che viene presentato.
Andiamo per ordine e cominciamo dal riassunto tratto dal risvolto di copertina:
Il monastero di Wat Yai si trova in una sperduta campagna vicino a Bangkok. Potrebbe essere il luogo ideale per trovare la calma e la pace necessarie per meditare, se l'abate Uddi non avesse deciso di costruirvi un parco di divertimenti dove sono messi in scena i supplizi che attendono i peccatori dopo la morte: Il Giardino dell'Inferno. I visitatori sono tantissimi, tutti morbosamente attratti dalle rappresentazioni raccapriccianti e dagli animali feroci che si annidano nella macchia. Ma una mattina di novembre, una tragica scoperta rende la violenza drammaticamente reale: sorella Moi è stata sbranata viva dai coccodrilli. L'abate e la polizia sembrano ben contenti di liquidare tutta la faccenda dichiarando che si tratta di un suicidio, ma non hanno fatto i conti con la determinazione di un investigatore un po' particolare. Anticonvenzionale ex poliziotto, padre Ananda ha indossato la tonaca buddhista dopo la tragedia che ha investito la sua famiglia e nel tentativo di dimenticare si è rifugiato in un monastero di Bangkok. Ma il passato non lo abbandona tanto facilmente e le sue doti sono state notate dagli alti ranghi dell'ordine. Ecco perché, insieme al suo fedele discepolo Jak, un piccolo orfano che ha salvato dalla strada, è stato inviato a Wat Yai per indagare sul sospetto suicidio. Con le sole armi della pazienza e della meditazione, padre Ananda deve affrontare il difficile compito di sollevare il velo che copre i loschi traffici nascosti nei meandri del monastero e di smascherare alcuni monaci che non seguono affatto gli insegnamenti del Buddha. L'inferno si trova anche nel cuore degli uomini... 
Già di per sé il riassunto dice più di quello che racconta il libro. Per non parlare della conclusione della presentazione:
Coniugando sapientemente spiritualità, azione e un colpo di scena dopo l'altro, Il monastero delle anime perse è un giallo originale e avvincente, dotato di un'ambientazione unica, l'esotica e misteriosa cornice di un tempio buddhista thailandese. Nick Wilgus ha davvero inventato un nuovo genere. (i corsivi sono miei)
Orbene, l'unico genere che, secondo me, l'autore ha inventato è quello del lettore sedotto, deluso e abbandonato. 
Non si capisce poi in che modo la narrazione coniughi spiritualità e azione, quando al massimo c'è la spiegazione di qualche rito e qualche termine buddista. Ci si aspetterebbe, come promesso, una lettura della storia in stile Il nome della rosa, dove il metodo filosofico di Guglielmo da Baskerville guida anche alla risoluzione del caso. E invece: zero.
Di originale e avvincente il libro non ha proprio niente: è solo una storia di sesso tra monaci, e la cosa l'ho intuita sin dalle prime pagine persino io che sono notoriamente tardo di comprendonio.
Infine l'ambientazione unica: per quanto io sia ignorante in materia, già il monastero del già citato capolavoro (quello sì!) di Eco smentisce l'affermazione; tanto per dire. 
In definitiva il libro ha quella location (sto imparando a usare anch'io termini fighi, come quelli bravi!) solo perché il protagonista è un monaco; e mostrare il lato cattivo di persone che dovrebbero essere invece buone crea sempre un minimo di attesa in più. Se poi ci mettiamo lo sfondo di natura sessuale della storia, la pruderie aumenta l'attesa.
Ma, per rimanere in argomento, in fin dei conti si tratta solo di un coito interruptus.
I personaggi sono schematizzati e nel corso della storia non cambiano di una virgola. I dialoghi sono piatti, così come gli scenari.
Sapete che io vi rimando sempre ad una recensione seria, per capire veramente di che si tratta. Perciò se volete, in questo caso, una conferma a quanto ho detto finora, andate pure a leggere questo articolo.
In definitiva, se proprio devo dare un voto, sarà sicuramente un 3.
E penso proprio che non farò nemmeno vedere a Odette questo libro: lei è capace di leggere qualsiasi cosa con anima innocente!

Nino

(pubblicato qui)

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