giovedì 24 luglio 2014

Fra Dulbino e la preghiera di Francesco



- Frate Francesco, mi insegni a pregare?
Francesco sembrò non aver sentito. Probabilmente il russare esagerato di frate Egidio aveva coperto la mia domanda, che era stata più che altro un bisbiglio.
Rimaneva con aria assorta a fissare poco lontano, dall’altra parte del piccolo fuoco, la sagoma di frate Bernardo, il suo grande amico, il primo compagno di quella stupenda avventura che era stata la sua vita. Compagno di strada prima, tra i giochi d’adolescente e i sogni di giovinetto; compagno di strada poi, quando la parola di Gesù ascoltata in quel giorno non lontano aveva scosso le loro anime: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la croce e mi segua”.
Forse Francesco rivedeva momenti della loro gioventù, anche se tante volte ci aveva ammonito di non rimanere attaccati al nostro passato, ma guardare sempre avanti, all’indomani.
Frate Egidio dormiva poco distante da Francesco, adagiato sulla schiena su una specie di giaciglio di foglie, sotto una quercia, e il rumore che usciva dalla sua gola era possente come la forza delle sue mani, che passavano tutto il giorno nei lavori più umili, a servizio di chiunque ne avesse bisogno.
Vicino a lui, nell’oscurità, si intravedeva anche il corpo addormentato di frate Masseo, che pareva invece non accorgersi del russare del compagno. Oh, frate Masseo! Quale merito hai avuto agli occhi di Francesco per essere stato chiamato, unico con frate Angelo, quel giorno alla Verna per vedere quelle piaghe che d’un tratto avevano benedetto le sue mani!
- Francesco, mi ins…
- Ho sentito, fra Dulbino! - mi interruppe, senza esser spazientito, Francesco – Pensavo a quante ne abbiamo passate con frate Bernardo…
Allora anche lui ricadeva negli errori! Anche lui, frate Francesco, si lasciava andare alle cose del passato!
- Pensi che sia sconveniente riandare alle gioie terrene vissute? – sembrava avermi letto nel pensiero.
- Veramente sei stato tu a dire…
- Hai ragione, ma è bello ogni tanto rivivere le meravigliose giornate di una volta, quando andavamo con tutto l’ardore della gioventù a lodare il Signore nelle piazze e nei campi di paesi che non ci volevano, dove ci prendevano per pazzi e ci lanciavano dietro le pietre! Dare qualche volta una piccola soddisfazione terrena alla nostra anima non penso faccia male.
Io ero proprio vicino a lui e potei vedere un sorriso allargarsi sulla sua bocca, come se dentro di lui un pensiero positivo avesse invaso l’anima. Poi continuò:
- Tu vuoi che io ti insegni a pregare, fratello Dulbino? Ma non ci sono parole per insegnare a pregare… Se credi col tuo cuore, col tuo cuore devi pregare; e chi sono io per scendere nel tuo e mostrarti il mio? Come potrei fare?
Francesco sembrava in imbarazzo per non avermi saputo dare una risposta. Poi dopo aver girato la testa da tutte le parti come alla ricerca di qualcosa, si fermò e disse, mostrando col dito il frate che dormiva:
- Vedi le mani di frate Egidio? Con quelle lui prega perché quello che fa con le sue mani è preghiera! E il suo russare? Anche quello è preghiera, perché è il segno del giusto riposo dopo una giornata di lavoro duro, anzi di dura preghiera! E le labbra di frate Filippo? - e indicò un'altra sagoma nella semioscurità - Anche quelle sono strumento di preghiera! Quando spiega le parole della scrittura con tanta dolcezza e sapienza, lui loda il Signore meglio che un intero convento di monaci di clausura!
- Ma frate Francesco! Non si dicono queste cose dei fratelli monaci!?
- Eh… fra Dulbino, ce ne sono anche tra i nostri e ce ne saranno tanti anche nei secoli a venire che avranno Dio sulle labbra ma non nel cuore… Preghiera non è parola, ma gesto, è la vita. Preghiera… - si fermò quasi a voler trovare le parole – la preghiera è un atto concreto di affidamento al Signore. Quando vedi un quadro non dici che è bello perché ogni linea è messa al posto giusto e ogni colore sta bene dov’è, ma perché fa esclamare al tuo cuore e alla tua mente: è bello! nel suo insieme.
Preghiera è quando scendi nell’abisso più profondo della tua anima, vedi le cose più brutte e invece di dannarti, prendi la rincorsa e fai un balzo verso il cielo e intanto supplichi, piangi, ringrazi, lodi il Signore. Quella è preghiera! E tutti capiscono che sei un uomo di preghiera, perché leggono in fondo ai tuoi occhi il desiderio del Signore.
Parve aver perso il suo fervore per un istante, ma poi continuò:
- Preghiera è accettare che Dio c’è, che è Signore di tutto e che io lo riconosco, in qualsiasi modo.
La sua risposta mi aveva spiazzato. La mia mente non era in grado, ancora, di capire pienamente quelle cose. Perciò lo incalzai:
- Ma qual è la preghiera, quella da dire anche con le labbra intendo, che tu ami di più?
Francesco frugò nella tasca del suo saio ma tirò fuori le mani vuote.
Si fermò un attimo a riflettere, poi cercò qualcosa con lo sguardo nell’oscurità.
Si alzò evitando di far rumore e andò verso il buio. Lo seguii con gli occhi e cercai di aguzzare la vista.
Francesco si chinò su qualcuno, lo smosse delicatamente e, quando questi si tirò su reggendosi sui gomiti, gli parlò a bassa voce. Costui mise le mani in tasca e tirò fuori qualcosa.
Francesco lo prese e tornò al fuoco.
- Chi è che hai svegliato? E cosa ti ha dato?
- Hai ragione! – rispose imbarazzato - ho interrotto il suo riposo. Domani farò penitenza per questo!
- Ma no... non volevo dire questo… - balbettai imbarazzato a mia volta.
-Non ti preoccupare, sono cose che riguardano me e Lui… - e fece cenno verso il cielo.

 Francesco teneva in mano un libriccino, con una copertina in pelle nera segnata d'oro e pochi fogli all’interno. Lo sfogliò cercando di farsi luce voltandosi verso il piccolo fuoco che ardeva per la notte.
Alla fine esclamò:
- Ecco! La preghiera di Gesù! – e pronunciò quest'ultimo nome con enorme tenerezza, come se stesse assaporando il miele più dolce che avesse mai assaggiato.
- Vedi, nel Santo Evangelo c’è scritto che quando chiesero a Gesù con quali parole i suoi discepoli dovevano pregare, il Signore rispose così – e prese a leggere dal libriccino.


 - O santissimo Padre nostro! – lasciò un dito nel libretto e alzando gli occhi al cielo continuò: - creatore, redentore, consolatore e salvatore nostro.
Che sei nei cieli – e ancora continuò - negli angeli e nei santi, illuminandoli alla conoscenza, perché tu, Signore, sei luce, infiammandoli all'amore, perché tu, Signore, sei amore, ponendo la tua dimora in loro e riempiendoli di beatitudine, perché tu, Signore, sei il sommo bene, eterno, dal quale proviene ogni bene e senza il quale non esiste alcun bene.
Sia santificato il tuo nome – lesse, poi disse- si faccia luminosa in noi la conoscenza di te, affinché possiamo conoscere l'ampiezza dei tuoi benefici, l'estensione delle tue promesse, la sublimità della tua maestà e la profondità dei tuoi giudizi.
Francesco si fermò per qualche istante e sembrò riprendere le forze. Quindi continuò, sempre leggendo dal Vangelo e commentando:
- Venga il tuo regno: perché tu regni in noi per mezzo della grazia e ci faccia giungere nel tuo regno, ove la visione di te è senza veli, l'amore di te è perfetto, la comunione di te è beata, il godimento di te senza fine.
D’un tratto vidi che qualcuno dei frati che stava dormendo svegliarsi e volgersi ad ascoltare le parole di Francesco.
- Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra: affinché ti amiamo con tutto il cuore, sempre pensando a te; con tutta l'anima, sempre desiderando te; con tutta la mente, orientando a te tutte le nostre intenzioni e in ogni cosa cercando il tuo onore; e con tutte le nostre forze, spendendo tutte le nostre energie e sensibilità dell'anima e del corpo a servizio del tuo amore e non per altro; e affinché possiamo amare i nostri prossimi come noi stessi, trascinando tutti con ogni nostro potere al tuo amore, godendo dei beni altrui come dei nostri e nei mali soffrendo insieme con loro e non recando nessuna offesa a nessuno.
Un altro frate alzò il capo destandosi dal sonno, mentre fra Filippo, che ora riconoscevo come quello che si era svegliato prima, smosse anche il suo vicino.
- Il nostro pane quotidiano: il tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo,
dà a noi oggi: in memoria, comprensione e reverenza dell'amore che egli ebbe per noi e di tutto quello che per noi disse, fece e patì.
E rimetti a noi i nostri debiti: per la tua ineffabile misericordia, per la potenza della passione del tuo Figlio diletto e per i meriti e l'intercessione della beatissima Vergine e di tutti i tuoi eletti.
Come noi li rimettiamo ai nostri debitori: e quello che non sappiamo
pienamente perdonare, tu, Signore, fa' che pienamente perdoniamo sì che, per amor tuo, amiamo veramente i nemici e devotamente intercediamo presso di te, non rendendo a nessuno male per male e impegnandoci
in te ad essere di giovamento a tutti.
Ora anche fra Rufino, del quale tutti dicevano che pregasse anche nel sonno, si era destato e ascoltava le parole di Francesco.
E non ci indurre in tentazione: nascosta o manifesta, improvvisa o insistente.
Ma liberaci dal male: passato, presente e futuro.
Francesco si fermò, immobile, con gli occhi alti verso gli arabeschi che le stelle disegnavano in cielo e le braccia spalancate.
Un coro di voci assonnate pronunciò un Amen che era un’unica voce, che scaturiva non dalla bocca ma dalle profondità dell’anima e del cuore.
Qualcuno da dietro la quercia sia alzò; era frate Leone.
- Francesco, posso scrivere quello che hai detto? Almeno per quello che mi ricordo?
- Scrivi pure, frate Leone, e quel che non ricorderai, sarà Dio a suggerirtelo.
Francesco si girò verso di me e disse:
- E a te, frate Dulbino, ho dato la risposta che cercavi?

 Juan Segundo

2 commenti:

  1. Apro completamente il mio cuore e ti ringrazio Juan Secundo, di onorare attraverso la tua parola, la presenza dell'Altissimo, grazie.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie, Nicola! Ti rispondo come ho già fatto a Monica sulla mia pagina Facebook: "non si crea niente: si afferra quello che già esiste nell'universo. Io faccio da antenna"!

      Elimina

fatti sentire

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...