qui ... avvolto da una nebbia giallo-lampione... |
Lo spretato
Dieci
di fiori.
Maledizione,
pensò Jimmi. Il progetto di full andava a farsi fottere.
Tenne
ancora un attimo le carte in mano, poi provò.
“Vedo”
e avanzò un paio di banconote al centro del tavolo.
“Tris”
predicò Dinone.
Jimmi
bestemmiò davanti alla sua inutile doppia coppia.
“Non
si bestemmia qui dentro!” intervenne il Palo. “Fate quello che vi pare ma non
si bestemmia!”
Ma cosa ne sai tu di
bestemmie, di dio e di madonne! penso Jimmi. L’hai forse tenuto in mano qualche volta, dio?
L’hai fatto scendere sulla terra solo chiamandolo? No! E allora smettila, per
favore!
Pensò,
ma non disse, Jimmi.
Scrosciò
con la sedia, raccattò quello che era rimasto davanti a lui, mise tutto in
tasca e uscì dalla stanza.
Sicuramente
era passata anche l’ora delle puttane, perché la piazza dell’Orto era vuota. E
sullo sfondo il nero del cielo cominciava a prendere sfumature più chiare.
Jimmi
mise la mano in tasca e tirò fuori qualche banconota spiegazzata. Ad occhio e
croce trecento. Un paio di giorni.
Ora
a casa, se quella si può chiamare casa. Non c’è acqua né corrente elettrica, ma
c’è un materasso a terra. Va bene, è più che sufficiente.
****
Jimmi
mise la mano davanti agli occhi per non farsi abbagliare dal riverbero del sole
su tutti quei marmi bianchi. Affrontò la gradinata e contò 8 scalini, quelli di
sempre.
Poi
il fresco dell’interno della chiesa, misto all’odore della cera per legno sui
banchi, gli fece una bella impressione.
Chissà se quest’odore copre la mia
puzza, pensò mentre suonava il campanello per chiamare il
confessore.
Pochi
istanti e una camminata veloce stava attraversando la navata.
“Prego,
chi è che ha bisogno di me?” chiese don Cesare mentre con occhi vivaci cercava
il peccatore di turno pronto a redimersi.
Poi
vide l’uomo in piedi vicino l’acquasantiera e si fermò, facendo scivolare le
braccia lungo i fianchi.
“Tu”
disse senza esclamare né chiedere. Solo un dato di fatto: sei ancora qui.
“Sì,
sono io, Jimmi.”
“Jimmi.
Anche del tuo vero nome hai schifo e ribrezzo?”
“No,
ma è così che mi chiamano adesso. Una volta i frati e le suore quando morivano al mondo, come dicono loro,
cambiavano nome. Adesso anch’io sono morto al mondo e ho cambiato nome. Tu
chiamami pure come vuoi.”
“Che
vuoi” ancora una volta senza chiedere, perché la risposta don Cesare la sapeva
già.
“Lo
sai.”
“E
allora conosci anche la mia risposta.”
Poi
don Cesare mise le braccia conserte e continuò:
“Perché
continui a venire a chiedere soldi se sai che non te ne darò mai?”
Jimmi
lo guardò, poi girò gli occhi verso un quadro in una nicchia alla sua destra.
Fece spallucce e si voltò per andarsene.
“Dove
mangerai oggi?” chiese don Cesare.
“Ho
ancora un paio di giorni di buono. Perché, vuoi invitarmi a pranzo?”
“Se
vuoi… “
“No,
non voglio dover ingoiare spaghetti e prediche. Ne ho fatte e sentite tante che
mio escono dalle orecchie.”
“Come
vuoi.”
“Non come voglio io, ma come vuoi tu!” ribatté l’uomo.
“Non come voglio io, ma come vuoi tu!” ribatté l’uomo.
“Che
fai, citi la bibbia?”
Jimmi
sorrise all’idea di aver risposto con una frase banale, ma che nella bibbia ha
un significato preciso, e questo don Cesare lo sapeva bene. E sapeva anche che Jimmi
sapeva.
“Arriverà
il giorno in cui qualcuno dovrà impedire a voi preti di citare in ogni momento
la bibbia, non se siete degni!” La voce di Jimmi s’alzò impercettibilmente di
tono.
“Ma
sai che sei ridicolo! Proprio tu mi vieni a fare questi discorsi! Tu che la
bibbia l’hai citata per anni, dall’altare e in chissà quanti altri posti. E ora
vai in giro a chiedere l’elemosina per i tuoi traffici poco puliti!”
“Io
chiedo i soldi per mangiare. E tutto quello che faccio è solo per questo
motivo. Ma questi non sono fatti tuoi!” e fece un passo avanti.
Don
Cesare assunse una posizione guardinga, ergendosi sulle spalle e facendo un
mezzo passo indietro.
“Hai
paura? Di me? Ma sei scemo! Che vuoi che ti possa fare! E poi non ho voglia di
sporcarmi le mani con te.”
Don
Cesare accusò il colpo e fece a sua volta un passo avanti.
“Caso
mai sono io che non voglio sporcarmi le mani con te!”
“Ah,
ah, ah, ah” cadenzò Jimmi. “Risposta sbagliata! Non sai che i preti devono
sporcarsi le mani col mondo, coi reietti, con gli ultimi? Quante belle parole: i reietti, gli ultimi!” e ogni parola suonava scherno.
“Questo
dovresti saperlo anche tu! Solo che tu le mani te le sei sporcate con altre
cose!” ora don Cesare stava riprendendo coraggio.
“Diciamo
che io sono stato beccato, perché a qualcuno andava bene così. Sei d’accordo,
frocetto del cazzo?”
“Non
ti permetto… “
“Perché
pensi che tutto ad un tratto sia arrivata la convocazione di sua eccellenza” e storpiò le parole con
enfasi “in cui si diceva che la mia presenza e i miei servizi non erano più
graditi? Sua eccellenza non ha avuto
neanche il coraggio di dirmelo in faccia!”
Jimmi
stava cominciando ad agitarsi, e forse la causa non era solo la discussione col
prete. Sentiva vampate di calore e qualcosa stringergli lo stomaco.
“Chi
pensi che abbia soffiato a sua eccellenza
qualcosa sul mio conto?” ringhiò. “Sì, lo ammetto, era tutto vero, perché a me
le donne sono sempre piaciute, anche quelle giovani, molto giovani. Ma questo
non mi ha mai impedito di svolgere nel migliore dei modi il mio lavoro. È un
crimine desiderare un corpo giovane e flessuoso? Va bene, allora sono io che me
ne vado, né tu né il tuo sua eccellenza
mi potete cacciare!”
“Ma
non ti rendi conto dello scandalo che c’è stato!” disse don Cesare alzando il
dito contro Jimmi.
“No!
Non me ne rendo conto, non me ne voglio rendere conto! Lo sapevo e sapevo pure
che prima o poi si sarebbe scoperto, ma non me ne sono voluto rendere conto.”
Jimmi
ebbe uno scatto, poi improvvisamente si calmò.
“Allora
non se ne fa niente? Non hai niente da darmi?” chiese con voce suadente.
“No.”
“E
allora vai a fare in culo con chi più ti aggrada. Finché qualcuno non
spiffererà tutto a sua eccellenza… “
“Non
ti permetto di… “
“Ancora
con questo non ti permetto! Ma chi
sei tu!”
Jimmi
avanzò un passo e afferrò il prete per la camicia, spingendolo fino a farlo
cadere su una panca.
Don
Cesare rimase impietrito e ora guardava Jimmi da sott’in su.
“Ricordati,
prete: puoi continuare fino a quando qualcuno non mormorerà a voce più alta del
dovuto. Dopo di che non ci saranno sua
eccellenza che terranno!”
Jimmi
se ne andò, lasciandolo afflosciato sulla panca col viso rosso e un sudore
improvviso.
Prima
di uscire dalla chiesa si avvicinò ad un inginocchiatoio in legno per la
raccolta delle offerte. Tirò fuori dalla tasca un cacciavite, ruppe il piccolo
lucchetto e arraffò quello che c’era dentro.
“Fai
segnare anche questo sul mio conto” disse a voce alta girandosi verso il prete
e mostrando la mano con qualche spicciolo. “Diciamo che è la mia buonuscita
dopo anni di onorato servizio, frocetto!” Poi uscì.
****
Di
nuovo quelle vampate di calore e quella morsa allo stomaco.
Sapeva
cos’era ed era pronto.
L’aveva
sempre saputo, sin dalla prima volta.
Quando
la polverina gli serviva per restare sempre sulla corda, per non cadere
nell’avvilimento, nella delusione forse.
Perché
sapere che qualcuno ti vieta una cosa che vuoi a tutti i costi, ti da’ rabbia,
ma anche delusione.: delude la persona che guardi allo specchio tutti i giorni,
e a cui devi delle spiegazioni.
Quella
roba poteva fare miracoli (ghignò al pensiero di un miracolo lontano dal cielo):
un bicchiere d’acqua, ed era come prendere un’aspirina solubile. Ma questa
funzionava meglio, eccome.
E
ora, avvolto da una nebbia giallo-lampione, seduto con le spalle al muro, un
cartone per sedile (perché morire per terra come un barbone: questo no, mai!),
una bottiglietta d’acqua accanto, guardava il cartoccio grigio e croccante che
aveva in mano.
Com’era
quella frase che aveva detto qualche ora prima al tizio coi pantaloni
abbassati? Quella che gli era venuta proprio bene?
Non sono fatti miei cosa fai del
tuo buco del culo oltre che andarci al cesso, ma mi interessa quando tieni quel
pezzo da cento in mano.
Proprio
così aveva detto e ne rideva ancora soddisfatto.
Il
pezzo da cento che era diventato come per miracolo, (un altro, nuovo miracolo!),
il cartoccio grigio e croccante.
Ma
sarebbe stato l’ultimo buco del culo e l’ultimo pezzo da cento.
Non
per stanchezza o vergogna. E neanche per un rigurgito di dignità –quella, lui,
non l’aveva mai persa; ma perché sapeva che era l’ultimo, era la liberazione.
Armeggiò
con l’acqua e la polvere, mischiando e shakerando; razione tripla questa sera,
dovrebbe bastare.
Poi
tirò fuori dalla tasca un libriccino nero, ruvido, dall’aspetto antico.
Ne
sfogliò qualche pagina, e prese a fissare un cielo buio, muto.
E,
sorseggiando, iniziò:
Dominus pascit me, et nihil mihi deerit:
in pascuis virentibus me collocavit,
super aquas quietis eduxit me,
animam meam refecit.
in pascuis virentibus me collocavit,
super aquas quietis eduxit me,
animam meam refecit.
Deduxit me super semitas iustitiae propter nomen suum.
Aveva sempre più freddo.
Aveva sempre più freddo.
La mano che
tremava ormai non reggeva più la bottiglia.
E il cielo
restava muto e buio.
Nam et si ambulavero in valle umbrae mortis,
non timebo mala, quoniam tu mecum es.
Virga tua et baculus tuus,
ipsa me consolata sunt.
Forse non l’aveva immaginato così, ma era così.
non timebo mala, quoniam tu mecum es.
Virga tua et baculus tuus,
ipsa me consolata sunt.
Forse non l’aveva immaginato così, ma era così.
Parasti in conspectu meo mensam
adversus eos, qui tribulant me;
impinguasti in oleo caput meum,
et calix meus redundat.
Le parole vagavano sulla pagina; Jimmi non riusciva più a fermarle.
adversus eos, qui tribulant me;
impinguasti in oleo caput meum,
et calix meus redundat.
Le parole vagavano sulla pagina; Jimmi non riusciva più a fermarle.
Ma la voce
continuava a recitare, perché la memoria è bastarda. Non dimentica, per definizione.
Etenim benignitas et misericordia subsequentur me
omnibus diebus vitae meae,
et inhabitabo in domo Domini
in longitudinem dierum. *
omnibus diebus vitae meae,
et inhabitabo in domo Domini
in longitudinem dierum. *
… per
lunghi, lunghissimi giorni e notti.
_______________
Testo del salmo
cosiddetto del buon pastore:
Il Signore è il mio pastore:/non manco di nulla./Su
pascoli erbosi mi fa riposare, /ad acque tranquille mi conduce./Rinfranca
l'anima mia,/mi guida per il giusto
cammino/a motivo del suo nome./Anche se vado per una valle oscura,/non temo
alcun male, perché tu sei con me./Il tuo bastone e il tuo vincastro/mi danno
sicurezza./Davanti a me tu prepari una mensa/sotto gli occhi dei miei
nemici./Ungi di olio il mio capo;/il mio calice trabocca./Sì, bontà e fedeltà
mi saranno compagne/tutti i giorni della mia vita,/abiterò ancora nella casa
del Signore/per lunghi giorni.
-FINE-
Prendetelo per quel che è e, se volete, riscrivetelo a modo vostro.
TIM
Allora, ho letto tutto e devo dirti che l' inizio non è male,la figura dello spretato è ben costruito,la cosa si legge bene.
RispondiEliminaHo dei problemi col finale, problemi nel senso che non lo trovo per niente compiuto.
Magari puoi dargli un seguito o considerare il tutto come una prima parte,magari puoi fare incontrare lo spretato con sua eccellenza, oppure con la donna con cui era stato scoperto assieme.
Chi lo sa potresti far scoprire che in realtá era lei ad avergli teso un tranello per farlo spretare.
Ciao.
Mi rendo conto anch'io che il finale non ha molto senso. Anzi un senso ce l'ha nella mia testa, ed è quello che ho scritto (lo spretato muore), ma evidentemente non l'ho saputo rendere. Grazie comunque per la lettura e il passaggio al blog!
EliminaHai una mail in buchetta!
RispondiEliminavado!
EliminaBello, sono partito scettico, ma mi ha preso, in particolare ho apprezzato lo scambio di battute fra spretato e prete nella parte centrale. Nel finale lo sfortunato protagonista và in suicidio d'overdose, right?
RispondiEliminascusa ma blogspot mi ha mostrato solo oggi il tuo commento! Grazie per l'apprezzamento! Il protagonista, come hai visto giusto tu, alla fine sceglie di morire perché pensa che comunque troverà pace e accoglienza dall'altra parte.
EliminaFinalmente ho trovato il tempo :-)
RispondiEliminaL'idea è buona, anche la costruzione della storia, però anch'io sono un po' perplesso per il finale. Non saprei neppure dire cosa non va, però sembra troppo sbrigativo... Ovviamente è solo la mia opinione, per quel che vale.
Il finale zoppica effettivamente. L'idea che volevo esprimere probabilmente richiedeva qualche paragrafo in più, ma poi il tutto sarebbe risultato squilibrato o avrei dovuto aggiungere qualche altro paragrafo. In effetti il mio voleva essere il tentativo di presentare uno spretato che pur affondando nella melma delle cose peggiori della vita, guarda all'aldilà, a un dio, come all'ancora di salvezza e non ritiene che il suo comportamento sia così esecrabile se c'è una fede forte; un po' il pecca forte e ama ancora più forte di Lutero, ma portato all'eccesso.
EliminaGrazie comunque del parere.
A presto
Temistocle
per me invece è perfetto così com'è, l'ho letto tutto d'un fiato, e scusa Tim se non sono passata prima a farti i miei complimenti, ottimo lavoro!
RispondiEliminagrazie per i complimenti! Contento che ti sia piaciuto. Qualcosa manca nel racconto, non so ancora cosa, ma c'è. Però anche così com'è non mi dispiace del tutto.
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