martedì 25 settembre 2012

Lo spretato (racconto)

qui
... avvolto da una nebbia
giallo-lampione...

Lo spretato

Dieci di fiori.
Maledizione, pensò Jimmi. Il progetto di full andava a farsi fottere.
Tenne ancora un attimo le carte in mano, poi provò.
“Vedo” e avanzò un paio di banconote al centro del tavolo.
“Tris” predicò Dinone.
Jimmi bestemmiò davanti alla sua inutile doppia coppia.
“Non si bestemmia qui dentro!” intervenne il Palo. “Fate quello che vi pare ma non si bestemmia!”
Ma cosa ne sai tu di bestemmie, di dio e di madonne! penso Jimmi. L’hai forse tenuto in mano qualche volta, dio? L’hai fatto scendere sulla terra solo chiamandolo? No! E allora smettila, per favore!
Pensò, ma non disse, Jimmi.
Scrosciò con la sedia, raccattò quello che era rimasto davanti a lui, mise tutto in tasca e uscì dalla stanza.
Sicuramente era passata anche l’ora delle puttane, perché la piazza dell’Orto era vuota. E sullo sfondo il nero del cielo cominciava a prendere sfumature più chiare.
Jimmi mise la mano in tasca e tirò fuori qualche banconota spiegazzata. Ad occhio e croce trecento. Un paio di giorni.
Ora a casa, se quella si può chiamare casa. Non c’è acqua né corrente elettrica, ma c’è un materasso a terra. Va bene, è più che sufficiente.

****

Jimmi mise la mano davanti agli occhi per non farsi abbagliare dal riverbero del sole su tutti quei marmi bianchi. Affrontò la gradinata e contò 8 scalini, quelli di sempre.
Poi il fresco dell’interno della chiesa, misto all’odore della cera per legno sui banchi, gli fece una bella impressione.
Chissà se quest’odore copre la mia puzza, pensò mentre suonava il campanello per chiamare il confessore.
Pochi istanti e una camminata veloce stava attraversando la navata.
“Prego, chi è che ha bisogno di me?” chiese don Cesare mentre con occhi vivaci cercava il peccatore di turno pronto a redimersi.
Poi vide l’uomo in piedi vicino l’acquasantiera e si fermò, facendo scivolare le braccia lungo i fianchi.
“Tu” disse senza esclamare né chiedere. Solo un dato di fatto: sei ancora qui.
“Sì, sono io, Jimmi.”
“Jimmi. Anche del tuo vero nome hai schifo e ribrezzo?”
“No, ma è così che mi chiamano adesso. Una volta i frati e le suore quando morivano al mondo, come dicono loro, cambiavano nome. Adesso anch’io sono morto al mondo e ho cambiato nome. Tu chiamami pure come vuoi.”
“Che vuoi” ancora una volta senza chiedere, perché la risposta don Cesare la sapeva già.
“Lo sai.”
“E allora conosci anche la mia risposta.”
Poi don Cesare mise le braccia conserte e continuò:
“Perché continui a venire a chiedere soldi se sai che non te ne darò mai?”
Jimmi lo guardò, poi girò gli occhi verso un quadro in una nicchia alla sua destra. Fece spallucce e si voltò per andarsene.
“Dove mangerai oggi?” chiese don Cesare.
“Ho ancora un paio di giorni di buono. Perché, vuoi invitarmi a pranzo?”
“Se vuoi… “
“No, non voglio dover ingoiare spaghetti e prediche. Ne ho fatte e sentite tante che mio escono dalle orecchie.”
“Come vuoi.”
“Non come voglio io, ma come vuoi tu!” ribatté l’uomo.
“Che fai, citi la bibbia?”
Jimmi sorrise all’idea di aver risposto con una frase banale, ma che nella bibbia ha un significato preciso, e questo don Cesare lo sapeva bene. E sapeva anche che Jimmi sapeva.
“Arriverà il giorno in cui qualcuno dovrà impedire a voi preti di citare in ogni momento la bibbia, non se siete degni!” La voce di Jimmi s’alzò impercettibilmente di tono.
“Ma sai che sei ridicolo! Proprio tu mi vieni a fare questi discorsi! Tu che la bibbia l’hai citata per anni, dall’altare e in chissà quanti altri posti. E ora vai in giro a chiedere l’elemosina per i tuoi traffici poco puliti!”
“Io chiedo i soldi per mangiare. E tutto quello che faccio è solo per questo motivo. Ma questi non sono fatti tuoi!” e fece un passo avanti.
Don Cesare assunse una posizione guardinga, ergendosi sulle spalle e facendo un mezzo passo indietro.
“Hai paura? Di me? Ma sei scemo! Che vuoi che ti possa fare! E poi non ho voglia di sporcarmi le mani con te.”
Don Cesare accusò il colpo e fece a sua volta un passo avanti.
“Caso mai sono io che non voglio sporcarmi le mani con te!”
“Ah, ah, ah, ah” cadenzò Jimmi. “Risposta sbagliata! Non sai che i preti devono sporcarsi le mani col mondo, coi reietti, con gli ultimi? Quante belle parole: i reietti, gli ultimi!” e ogni parola suonava scherno.
“Questo dovresti saperlo anche tu! Solo che tu le mani te le sei sporcate con altre cose!” ora don Cesare stava riprendendo coraggio.
“Diciamo che io sono stato beccato, perché a qualcuno andava bene così. Sei d’accordo, frocetto del cazzo?”
“Non ti permetto… “
“Perché pensi che tutto ad un tratto sia arrivata la convocazione di sua eccellenza” e storpiò le parole con enfasi “in cui si diceva che la mia presenza e i miei servizi non erano più graditi? Sua eccellenza non ha avuto neanche il coraggio di dirmelo in faccia!”
Jimmi stava cominciando ad agitarsi, e forse la causa non era solo la discussione col prete. Sentiva vampate di calore e qualcosa stringergli lo stomaco.
“Chi pensi che abbia soffiato a sua eccellenza qualcosa sul mio conto?” ringhiò. “Sì, lo ammetto, era tutto vero, perché a me le donne sono sempre piaciute, anche quelle giovani, molto giovani. Ma questo non mi ha mai impedito di svolgere nel migliore dei modi il mio lavoro. È un crimine desiderare un corpo giovane e flessuoso? Va bene, allora sono io che me ne vado, né tu né il tuo sua eccellenza mi potete cacciare!”
“Ma non ti rendi conto dello scandalo che c’è stato!” disse don Cesare alzando il dito contro Jimmi.
“No! Non me ne rendo conto, non me ne voglio rendere conto! Lo sapevo e sapevo pure che prima o poi si sarebbe scoperto, ma non me ne sono voluto rendere conto.”
Jimmi ebbe uno scatto, poi improvvisamente si calmò.
“Allora non se ne fa niente? Non hai niente da darmi?” chiese con voce suadente.
“No.”
“E allora vai a fare in culo con chi più ti aggrada. Finché qualcuno non spiffererà tutto a sua eccellenza… “
“Non ti permetto di… “
“Ancora con questo non ti permetto! Ma chi sei tu!”
Jimmi avanzò un passo e afferrò il prete per la camicia, spingendolo fino a farlo cadere su una panca.
Don Cesare rimase impietrito e ora guardava Jimmi da sott’in su.
“Ricordati, prete: puoi continuare fino a quando qualcuno non mormorerà a voce più alta del dovuto. Dopo di che non ci saranno sua eccellenza che terranno!”
Jimmi se ne andò, lasciandolo afflosciato sulla panca col viso rosso e un sudore improvviso.
Prima di uscire dalla chiesa si avvicinò ad un inginocchiatoio in legno per la raccolta delle offerte. Tirò fuori dalla tasca un cacciavite, ruppe il piccolo lucchetto e arraffò quello che c’era dentro.
“Fai segnare anche questo sul mio conto” disse a voce alta girandosi verso il prete e mostrando la mano con qualche spicciolo. “Diciamo che è la mia buonuscita dopo anni di onorato servizio, frocetto!” Poi uscì.

****

Di nuovo quelle vampate di calore e quella morsa allo stomaco.
Sapeva cos’era ed era pronto.
L’aveva sempre saputo, sin dalla prima volta.
Quando la polverina gli serviva per restare sempre sulla corda, per non cadere nell’avvilimento, nella delusione forse.
Perché sapere che qualcuno ti vieta una cosa che vuoi a tutti i costi, ti da’ rabbia, ma anche delusione.: delude la persona che guardi allo specchio tutti i giorni, e a cui devi delle spiegazioni.
Quella roba poteva fare miracoli (ghignò al pensiero di un miracolo lontano dal cielo): un bicchiere d’acqua, ed era come prendere un’aspirina solubile. Ma questa funzionava meglio, eccome.
E ora, avvolto da una nebbia giallo-lampione, seduto con le spalle al muro, un cartone per sedile (perché morire per terra come un barbone: questo no, mai!), una bottiglietta d’acqua accanto, guardava il cartoccio grigio e croccante che aveva in mano.
Com’era quella frase che aveva detto qualche ora prima al tizio coi pantaloni abbassati? Quella che gli era venuta proprio bene?
Non sono fatti miei cosa fai del tuo buco del culo oltre che andarci al cesso, ma mi interessa quando tieni quel pezzo da cento in mano.
Proprio così aveva detto e ne rideva ancora soddisfatto.
Il pezzo da cento che era diventato come per miracolo, (un altro, nuovo miracolo!), il cartoccio grigio e croccante.
Ma sarebbe stato l’ultimo buco del culo e l’ultimo pezzo da cento.
Non per stanchezza o vergogna. E neanche per un rigurgito di dignità –quella, lui, non l’aveva mai persa; ma perché sapeva che era l’ultimo, era la liberazione.
Armeggiò con l’acqua e la polvere, mischiando e shakerando; razione tripla questa sera, dovrebbe bastare.
Poi tirò fuori dalla tasca un libriccino nero, ruvido, dall’aspetto antico.
Ne sfogliò qualche pagina, e prese a fissare un cielo buio, muto.
E, sorseggiando, iniziò:
Dominus pascit me, et nihil mihi deerit:
in pascuis virentibus me collocavit,
super aquas quietis eduxit me,
animam meam refecit.
Deduxit me super semitas iustitiae propter nomen suum.
Aveva sempre più freddo.
La mano che tremava ormai non reggeva più la bottiglia.
E il cielo restava muto e buio.
Nam et si ambulavero in valle umbrae mortis,
non timebo mala, quoniam tu mecum es.
Virga tua et baculus tuus,
ipsa me consolata sunt.
Forse non l’aveva immaginato così, ma era così.
Parasti in conspectu meo mensam
adversus eos, qui tribulant me;
impinguasti in oleo caput meum,
et calix meus redundat.

Le parole vagavano sulla pagina; Jimmi non riusciva più a fermarle.
Ma la voce continuava a recitare, perché la memoria è bastarda. Non dimentica, per definizione.
Etenim benignitas et misericordia subsequentur me
omnibus diebus vitae meae,
et inhabitabo in domo Domini
in longitudinem dierum.
*
… per lunghi, lunghissimi giorni e notti. 

_______________
Testo del salmo cosiddetto del buon pastore:
Il Signore è il mio pastore:/non manco di nulla./Su pascoli erbosi mi fa riposare, /ad acque tranquille mi conduce./Rinfranca l'anima mia,/mi guida per il giusto cammino/a motivo del suo nome./Anche se vado per una valle oscura,/non temo alcun male, perché tu sei con me./Il tuo bastone e il tuo vincastro/mi danno sicurezza./Davanti a me tu prepari una mensa/sotto gli occhi dei miei nemici./Ungi di olio il mio capo;/il mio calice trabocca./Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne/tutti i giorni della mia vita,/abiterò ancora nella casa del Signore/per lunghi giorni.

-FINE-

Prendetelo per quel che è e, se volete, riscrivetelo a modo vostro.

TIM



10 commenti:

  1. Allora, ho letto tutto e devo dirti che l' inizio non è male,la figura dello spretato è ben costruito,la cosa si legge bene.
    Ho dei problemi col finale, problemi nel senso che non lo trovo per niente compiuto.
    Magari puoi dargli un seguito o considerare il tutto come una prima parte,magari puoi fare incontrare lo spretato con sua eccellenza, oppure con la donna con cui era stato scoperto assieme.
    Chi lo sa potresti far scoprire che in realtá era lei ad avergli teso un tranello per farlo spretare.
    Ciao.

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    1. Mi rendo conto anch'io che il finale non ha molto senso. Anzi un senso ce l'ha nella mia testa, ed è quello che ho scritto (lo spretato muore), ma evidentemente non l'ho saputo rendere. Grazie comunque per la lettura e il passaggio al blog!

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  2. Bello, sono partito scettico, ma mi ha preso, in particolare ho apprezzato lo scambio di battute fra spretato e prete nella parte centrale. Nel finale lo sfortunato protagonista và in suicidio d'overdose, right?

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    1. scusa ma blogspot mi ha mostrato solo oggi il tuo commento! Grazie per l'apprezzamento! Il protagonista, come hai visto giusto tu, alla fine sceglie di morire perché pensa che comunque troverà pace e accoglienza dall'altra parte.

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  3. Finalmente ho trovato il tempo :-)
    L'idea è buona, anche la costruzione della storia, però anch'io sono un po' perplesso per il finale. Non saprei neppure dire cosa non va, però sembra troppo sbrigativo... Ovviamente è solo la mia opinione, per quel che vale.

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    1. Il finale zoppica effettivamente. L'idea che volevo esprimere probabilmente richiedeva qualche paragrafo in più, ma poi il tutto sarebbe risultato squilibrato o avrei dovuto aggiungere qualche altro paragrafo. In effetti il mio voleva essere il tentativo di presentare uno spretato che pur affondando nella melma delle cose peggiori della vita, guarda all'aldilà, a un dio, come all'ancora di salvezza e non ritiene che il suo comportamento sia così esecrabile se c'è una fede forte; un po' il pecca forte e ama ancora più forte di Lutero, ma portato all'eccesso.
      Grazie comunque del parere.
      A presto

      Temistocle

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  4. per me invece è perfetto così com'è, l'ho letto tutto d'un fiato, e scusa Tim se non sono passata prima a farti i miei complimenti, ottimo lavoro!

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    1. grazie per i complimenti! Contento che ti sia piaciuto. Qualcosa manca nel racconto, non so ancora cosa, ma c'è. Però anche così com'è non mi dispiace del tutto.

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