“Quando
vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate,
perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri
peccati” (Mc 11,25)
Perdonare è, per un uomo, la cosa più difficile al mondo.
È infatti un atto che presuppone la totale rinuncia al proprio ego; e l’ego è ciò che rende “uomo” la creatura divina.
Così, perdonare veramente significa mettere completamente da parte la nostra personalità con le sue richieste (anche sacrosante) di esser presa in considerazione, di essere portata in palmo di mano, di essere messa sempre al primo posto, anche in senso positivo e non, per l’appunto… egoistico.
Perché se dobbiamo perdonare, è comunque vero che qualcuno ci ha fatto qualcosa (o almeno di ciò siamo convinti), ha calpestato un nostro diritto, ha inferto una ferita più o meno profonda alla nostra vita.
Proprio per questo motivo il perdono è un atto volontario e gratuito, per niente scontato.
Perciò esso non può venire solamente dall’uomo. La creatura umana, per quanto possa fare, non troverà mai in sé stessa la forza di perdonare.
Perché non si tratta di “dimenticare” quello che è stato; a questo si può anche arrivare con un enorme sforzo di volontà. Ma qui non interessa la psicologia; il nostro è un discorso spirituale.
Perdonare è cancellare l’offesa e tornare ad amare l’altro come un nostro fratello. E solo Dio può darci questa forza, perché Egli è puro Amore. Dice Isaia:
«Su, venite e discutiamo» dice il Signore.
«Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto,
diventeranno bianchi come neve.
Se fossero rossi come porpora,
diventeranno come lana. (Is 1,18)
Dio cancella il peccato dell’uomo e quindi può perdonare, perché allora il peccato, l’offesa, non esistono più.
È scritto nel libro del Siracide: (Dio) vede e conosce che la loro sorte è misera,
per questo moltiplica il perdono. (Sir 18,11)
Lo stesso viene richiesto a noi: perdonare perché ci rendiamo conto che apparteniamo tutti alla famiglia umana, la cui sorte è misera, cioè piccola e debole davanti a Dio.
E perché come ricorda Gesù: Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato. (Lc 6,37)
Anzi addirittura, riporta il Vangelo di Marco: Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati. (Mc 11,25)
Senza preghiera, perciò, non ci può essere perdono.
Dobbiamo pregare Dio che ci doni la forza di farlo, anzi che lo faccia Egli stesso attraverso noi, che sia Egli stesso a perdonare quella persona per ciò che riteniamo lui abbia fatto a noi; proprio perché sappiamo che da soli non riusciremmo mai a farlo.
Ma ci rendiamo anche conto che questo cammino è lungo, doloroso per il nostro ego. E quindi finché Dio non ci avrà insegnato a perdonare cosa dobbiamo fare?
Dobbiamo agire “come se” avessimo già perdonato.
Sappiamo infatti che se chiediamo qualunque cosa a Dio, Egli ce la concede: “Questa è la fiducia che abbiamo in lui: qualunque cosa gli chiediamo secondo la sua volontà, egli ci ascolta.” (1Giovani 5,14).
Con questa certezza nel cuore, perciò, la nostra vita deve andare avanti senza fermare il nostro cammino spirituale a causa di un inciampo, per quanto grande.
Scrive Paolo: “Quindi, miei cari, obbedendo come sempre, … , attendete alla vostra salvezza con timore e tremore. È Dio infatti che suscita in voi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni. Fate tutto senza mormorazioni e senza critiche, perché siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita. (Fil 2,12-16)
Il fratello che ci ha offeso deve essere trattato “come se” l’avessimo già perdonato.
È difficile, certamente; ma non significa che non dobbiamo fargli capire chiaramente che siamo stati feriti dal suo comportamento. E che tutto ciò che stiamo facendo (il perdono che vogliamo concedere) è volere di Dio, davanti al quale chiniamo il capo come unico e vero Signore, che con i suoi comandi indica la strada giusta.
A questo punto mi chiederete: dopo tutto questo discorso, tu hai mai veramente perdonato?
Vi rispondo francamente: non lo so. Forse non ho mai veramente perdonato chi mi ha offeso. Quindi non posso insegnare niente a nessuno.
Ma io non sono qui ad insegnare, bensì a ricordare le parole del Signore.
Juan Segundo
Perdonare è, per un uomo, la cosa più difficile al mondo.
È infatti un atto che presuppone la totale rinuncia al proprio ego; e l’ego è ciò che rende “uomo” la creatura divina.
Così, perdonare veramente significa mettere completamente da parte la nostra personalità con le sue richieste (anche sacrosante) di esser presa in considerazione, di essere portata in palmo di mano, di essere messa sempre al primo posto, anche in senso positivo e non, per l’appunto… egoistico.
Perché se dobbiamo perdonare, è comunque vero che qualcuno ci ha fatto qualcosa (o almeno di ciò siamo convinti), ha calpestato un nostro diritto, ha inferto una ferita più o meno profonda alla nostra vita.
Proprio per questo motivo il perdono è un atto volontario e gratuito, per niente scontato.
Perciò esso non può venire solamente dall’uomo. La creatura umana, per quanto possa fare, non troverà mai in sé stessa la forza di perdonare.
Perché non si tratta di “dimenticare” quello che è stato; a questo si può anche arrivare con un enorme sforzo di volontà. Ma qui non interessa la psicologia; il nostro è un discorso spirituale.
Perdonare è cancellare l’offesa e tornare ad amare l’altro come un nostro fratello. E solo Dio può darci questa forza, perché Egli è puro Amore. Dice Isaia:
«Su, venite e discutiamo» dice il Signore.
«Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto,
diventeranno bianchi come neve.
Se fossero rossi come porpora,
diventeranno come lana. (Is 1,18)
Dio cancella il peccato dell’uomo e quindi può perdonare, perché allora il peccato, l’offesa, non esistono più.
È scritto nel libro del Siracide: (Dio) vede e conosce che la loro sorte è misera,
per questo moltiplica il perdono. (Sir 18,11)
Lo stesso viene richiesto a noi: perdonare perché ci rendiamo conto che apparteniamo tutti alla famiglia umana, la cui sorte è misera, cioè piccola e debole davanti a Dio.
E perché come ricorda Gesù: Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato. (Lc 6,37)
Anzi addirittura, riporta il Vangelo di Marco: Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati. (Mc 11,25)
Senza preghiera, perciò, non ci può essere perdono.
Dobbiamo pregare Dio che ci doni la forza di farlo, anzi che lo faccia Egli stesso attraverso noi, che sia Egli stesso a perdonare quella persona per ciò che riteniamo lui abbia fatto a noi; proprio perché sappiamo che da soli non riusciremmo mai a farlo.
Ma ci rendiamo anche conto che questo cammino è lungo, doloroso per il nostro ego. E quindi finché Dio non ci avrà insegnato a perdonare cosa dobbiamo fare?
Dobbiamo agire “come se” avessimo già perdonato.
Sappiamo infatti che se chiediamo qualunque cosa a Dio, Egli ce la concede: “Questa è la fiducia che abbiamo in lui: qualunque cosa gli chiediamo secondo la sua volontà, egli ci ascolta.” (1Giovani 5,14).
Con questa certezza nel cuore, perciò, la nostra vita deve andare avanti senza fermare il nostro cammino spirituale a causa di un inciampo, per quanto grande.
Scrive Paolo: “Quindi, miei cari, obbedendo come sempre, … , attendete alla vostra salvezza con timore e tremore. È Dio infatti che suscita in voi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni. Fate tutto senza mormorazioni e senza critiche, perché siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita. (Fil 2,12-16)
Il fratello che ci ha offeso deve essere trattato “come se” l’avessimo già perdonato.
È difficile, certamente; ma non significa che non dobbiamo fargli capire chiaramente che siamo stati feriti dal suo comportamento. E che tutto ciò che stiamo facendo (il perdono che vogliamo concedere) è volere di Dio, davanti al quale chiniamo il capo come unico e vero Signore, che con i suoi comandi indica la strada giusta.
A questo punto mi chiederete: dopo tutto questo discorso, tu hai mai veramente perdonato?
Vi rispondo francamente: non lo so. Forse non ho mai veramente perdonato chi mi ha offeso. Quindi non posso insegnare niente a nessuno.
Ma io non sono qui ad insegnare, bensì a ricordare le parole del Signore.
Juan Segundo
Io anche non sono sicuro di aver perdonato. In alcuni casi e con certe persone proprio non ci riuscirei. Però mi rendo conto che anche il solo fatto di non voler portare avanti propositi di "vendetta" è comunque fondamentale per l'umanità, perché se tutti decidessimo di "vendicarci" del prossimo che (almeno secondo noi) ci ha fatto del male, vivremmo nel caos e nella violenza perenne.
RispondiEliminacertamente! quello che dici tu è il primo passo, quello di non esteriorizzare la violenza che scaturisce da certe situazioni. ma il perdono è, evidentemente, tutt'altra cosa, più profonda e difficile e, come ho scritto, non so se sono riuscito qualche volta a perdonare.
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