martedì 10 gennaio 2012

Lezioni di... giallo

Qualcuno mi ha appena fatto notare che somiglio a Philiph K. Dick; fisicamente dico, il volto. Voi che ne dite? Ah, già... non avete mai visto una mia foto di come sono adesso! Beh, sì, ho la barba più lunga rispetto a quell'altra foto, quella... avete capito, no? Quella che è stata anche riciclata da un altro amico qualche giorno fa, suvvia! Ma se volete... così... per un confronto... ah, non vi interessa? evvabbè amici come prima!
Perciò oggi vi intrattengo con qualche citazione... citabile (madonna quanti punti sospensivi stamattina!) riguardante la scrittura.
Li prendo tutti da Elementi di tenebra. Manuale di scrittura thriller, di Andrea Cappi, di cui ho parlato qui.
Vado ad capocchiam, a caso, senza un nesso logico, tanto per riempire questa pagina e offrire qualche spunto di riflessione, prima che tassino il pensiero e l'intelligenza. 
Partiamo con il perché scrivere gialli, nell'interpretazione di Piero Soria:
Io scrivo per divertirmi e per cercare di divertire. Il giallo è un modo per raccontare tutto: la commedia umana, il nostro vicino, un viaggio... qualsiasi cosa. Si parte dall'intrattenimento, intendo dire un libro che sul comodino ci sta molto poco, che si deve incominciare a leggere, arrivando tutto d'un fiato fino alla fine. La parte gialla serve per portare da un quadro all'altro di questa commedia, la rappresentazione di quello che siamo. Quindi ci vuole un trucco iniziale, il trucco del giallista, se vogliamo, che si mette in opera subito, nelle prime pagine. E poi si prosegue per cento, duecento, trecento pagine creando una serie di tavole. Alla fine bisogna trarre le conclusioni, tutto deve essere molto logico. E quindi nelle ultime pagine c'è il disvelarsi del trucco, della soluzione, del colpo di scena. Ma in mezzo c'è veramente il racconto della vita.(o.c., pg 124)
Ecco, questo è quello che volevo dire ieri nel mio post su Mankell: mi piace perché riesce a raccontare storie di vita quotidiana tenendo attaccato alla pagine con l'escamotage di un mistero.
Ma da dove si comincia? dalla tipologia e modalità del delitto, da un'idea per la soluzione del mistero che fa ripercorre a ritroso la storia? dall'ambientazione? Elizabeth George dice:
Mi è capitato di cominciare da ciascuno di questi quattro elementi. Dipende dal romanzo. Quando ho scritto Scuola per omicidi ho cominciato dal luogo: volevo scrivere una storia ambientata in una scuola britannica (...) Quando ho scritto Dicembre è un mese crudele, che si svolge nel Lancashire, sono partita da un'intenzione: volevo raccontare l'assassino di una brava persona per mano di un'altra brava persona. In Agguato sull'isola il punto di partenza erano i personaggi (...). (o.c., pg126)


Il punto vista personale (io scrivo di me stesso travestito da protagonista) può essere o non essere preso in considerazione. Michael Connelly parlando del suo Henry Bosh confessa che:
L'unica cosa che abbiamo in comune (col poliziotto) è il fatto che siamo entrambi mancini. (o.c., pg 128)
Jeffery Deaver invece afferma:
Credo che sia molto importante per uno scrittore entrare nella mente di tutti i personaggi, tanto i buoni quanto i cattivi. Noi scrittori abbiamo un lavoro0 davvero meraviglioso. Siamo pagati per raccontare storie. Non credo che ci sia niente di meglio. Ma questo non significa che non si debbano rispettare certi obblighi. E uno di questi è diventare i personaggi di cui scriviamo, perché i nostri lettori possano vivere l'esperienza più emozionante possibile. (o.c., pg 128)
E che dire della struttura del racconto? C'è chi come Donald E. Westlake dice che per lui è
Improvvisato, tutto improvvisato. Io sono il mio primo lettore. Non faccio mai un progetto, non faccio mai un outline. Mi racconto la storia giorno per giorno: "Chissà cosa succede adesso?" Mi racconto da solo la storia e peso che, se piace a me, forse piacerà anche a qualcun altro. (o.c., pg 136)
Chi invece, come la già citata Elisabeth George, programma tutto fin nei mini particolari.
Comincio da quello che definisco "soggetto di base": chi è l'assassino, chi è la vittima, qual'è il movente. Una volta stabilito il rapporto tra assassino e vittima, la domanda ovvia è "perché?" E quindi: "Come?" e infine: "Dove?" Queste domande e le risposte che si evolvono da esse costituiscono un "soggetto esteso", lungo un paragrafo. Basandomi su questo paragrafo, stendo una lista generica dei personaggi. Chi sono i personaggi rappresentati da tutte queste domande? Poi do a ciascuno di loro un nome. Quindi do vita a tutti questi personaggi. la loro creazione mi permette di sapere  quali saranno le sottotrame e quindi l'aspetto generale del romanzo. A questo punto costruisco l'esatta ambientazione in cui il delitto avrà luogo. Fatto questo, comincio a scrivere l'outline della vicenda. Quando arrivo a scrivere effettivamente la prima stesura della storia ho a disposizione una quantità significativa di materiale che ho già elaborato e su cui mi posso basare per scoprire quale sarà lo sviluppo della trama... Dall'idea originale alla conclusione della prima stesura passano circa quindici mesi. (...). (o.c., pg. 132)
E mi pare che per oggi materiale su cui riflette ce ne sia abbastanza. Almeno per me.


TIM



8 commenti:

  1. In 3 foto sembri 3 persone diverse... sicuro che non sono dei "sosia" che trovi in giro e che vuoi usare come copertura? ^^

    Su questa ultima hai la faccia simpatica. Quella in bianco e nero non ho capito se sei tu quando eri più vecchio oppure un tuo parente.

    Simone

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  2. Un multiplo di te stesso fa sempre comodo, poi nei contenuti mi rimetto alla clemenza della corte.

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  3. Direi che è la riprova che ognuno scrive come gli viene più spontaneo, e se ha talento, volontà, impegno e mestiere alla fine riesce a essere convincente per una parte di lettori che poi diventeranno il suo pubblico.
    P.S.: Si, qualcosa di P.K. Dick ce l'hai.

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  4. @ Simone: quello in b/n e l'originale, nel senso di PK Dick! per le foto diverse, è che bisogna adattarsi ai climi e freddi paesi!
    @ Mark: elegante come sempre! ma ogni scarrafone è bello a mamma soia!
    @ Ariano: almeno uno che commenta l'argomento del post! in effetti quello che esce fuori dalla lettura del libro è proprio questo: l'importante è avere voglia e talento, poi ognuno la vede come vuole!

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  5. Io direi che alla fine mi sento più vicino a Jeffery Deaver come concezione.
    Ciao.
    Ti simile a Dick ?
    Madaaaaiiiii! :) :) :)

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  6. @ Nick: ha parlato lui! e comunque anch'io sono d'accordo con te. Poi alla fine ognuno si regola come gli pare, l'importante sono i risultati.

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  7. Cavoli... ma allora non sei di colorito scuro e con tutti i peli ispidi come Nick? Ma che meridionale sei?

    In effetti assomigli a Dick... anche tu sogni pecore elettriche? A scrutarti bene sei molto oscuro... piuttosto cUBIKo. Adesso non dirmi che ti sei fatto colpire da un raggio rosa e vedi gli ufo, eh!?

    ok, ok... mi auto-tiro le orecchie e esco senza fare rumore... :B

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  8. @ Eddy: i peli ispidi ce li ho, ma in altre parti nascoste. Non sogno pecore elettriche, ma a volte volo su Marte dove cerco inutilmente di comprare lotti di canyon desolati nella speranza che ci costruiscano. Uscendo, chiudi la porta. Grazie.

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