venerdì 7 marzo 2014

Maria Valtorta, una donna in ascolto di Dio

Maria Valtorta
Sono moltissime le persone che, nel corso del tempo, hanno detto di ricevere messaggi da... qualche altra parte che non sia la terra. Scartati quelli che si sono poi rivelati ciarlatani o persone con problemi psichici, sono comunque una ben nutrita schiera quelli che restano.
Oggi voglio parlarvi brevemente di una di queste, conosciutissima e sicuramente al di sopra di ogni sospetto.
Che poi quello che ha lasciato sia tutto da credere, è un altro discorso, che lascio alla sensibilità di ognuno di voi.
Penso infatti che lo Spirito, le Entità Spirituali o Angeliche parlino ad ognuno di noi, sempre, ma che nella maggior parte dei casi noi non siamo pronti ad ascoltare. La nostra vita è talmente presa da tanti altri discorsi, tante altre realtà che pensiamo siano importanti e che invece soffocano la voce dello Spirito che è lì a guidarci, a svelarci la strada, che ogni altra voce ne è coperta.
E forse questa è la nuova Era: imparare ad entrare in contatto in modo normale con la realtà vera, scavalcare le barriere dello spazio e del tempo che il nostro vivere in un corpo ci impone e scoprire che è possibile, appunto, unirsi alla Grande Anima che pervade l'Universo.
Coloro che noi conosciamo come chi entra in contatto con realtà extrasensoriali sono semplicemente coloro che questo passaggio, questo salto, l'hanno già fatto. Ricordo solo Gustavo Rol e la sua celebre frase, quella che segna la linea di spartiacque nella sua vita: "Ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musicale ed il calore. Ho perduto la gioia di vivere. La potenza mi fa paura. Non scriverò più nulla!" Dopo di allora, la materia per Rol non fu più una barriera, ma un mezzo, un substrato.
Per tornare al discorso, oggi accennerò alla figura di Maria Valtorta.
Nata nel 1897 a Caserta e morta nel 1961 a Viareggio, è considerata una delle più grandi mistiche italiane.
Costretta a letto dal 1934 a seguito di un'aggressione subita nel 1920 che la rese paralizzata dalla vita in giù, Maria Valtorta ebbe così molto più tempo per approfondire la sua fede cristiana, e cattolica in particolare. Nonostante la sua condizione di immobilizzata potè comunque impegnarsi nell'Azione Cattolica di cui fu anche delegata.
Dobbiamo però arrivare al 1943 per trovare la svolta nella vita di Maria Valtorta. In quell'anno conosce un sacerdote che diviene il suo direttore spirituale, Romualdo Migliorini, un ex missionario dell'ordine dei Serviti, che gli chiede di scrivere la propria atubiografia; Maria obbedisce.
Ma soprattutto in quello stesso anno, il Venerdì Santo, Maria sente una voce (che le identifica con quella di Gesù) che le ordina di scrivere sotto dettatura.
Così dal 1943 al 1951 questa donna paralizzata e immobilizzata a letto scrive di getto 122 quaderni.
A detta di Maria, pian piano alla voce di Gesù nella dettatura si aggiungono quella stessa di Dio, dell'Angelo custode, di Maria madre di Gesù, che le dettano attraverso visioni mistiche un'opera grandiosa e corposa in cui viene descritta la vita di Gesù e poi di Sua madre Maria fino all'Assunzione. Vengono riportati episodi e fatti di vita quotidiana che non compaiono nei Vangeli canonici o che vi compaiono in forma breve. 
Contemporaneamete a quest'opera, Maria andava scrivendo un suo Evangelo con cui integrava il primo scritto.
Padre Migliorini, contro la volontà di Maria Valtorta e della voce che dettava, comincia a far circolare copie di queste dettature, finché queste arrivarono al Santo Uffizio *, che ne ordinò il ritiro. Tuttavia il papa del tempo, Pio XII, lesse e approvo gli scritti, e decise che potessero essere pubblicati, anche dietro parere di molti teologi.
Solo nel 1956 si decise di raccogliere ufficialmente in volumi gli scritti della Valtorta e se ne iniziò la pubblicazione col titolo di Il poema di Gesù. In seguito il titolo fu cambiato in Il Poema dell'Uomo Dio. 
Ma nel 1959, nonostante il passato parere di Pio XII, il Sant'Uffizio condannò l'opera e l'iscrisse tra i libri proibiti alla lettura dei cattolici. Le motivazioni non vennero date (com'era uso della Congregazione del S.U.) ma un articolo dell'Osservatore Romano, quotidiano del Vaticano, nel 1960 dice che: "l'Opera per la sua natura e in conformità con le intenzioni dell'autore e dell'Editore, potrebbe facilmente pervenire nelle mani delle religiose e delle alunne dei loro collegi. In questo caso, la lettura di brani del genere, come quelli citati, difficilmente potrebbe essere compiuta senza pericolo o danno spirituale." Inoltre questo scritto, dice il giornale, non è altro che la stampa dei dattiloscritti che a suo tempo erano stati vietati dall'autorità ecclesiastica, quindi si è in questo caso contravvenuto ad un divieto della chiesa.
Da allora, la chiesa ufficiale non ha cambiato idea sugli scritti di Maria Valtorta.
Infatti nel 1985 l'allora cardinale Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (ex Santo Uffizio) scrive in veste ufficiale sull'opera dicendo che: "non si ritiene opportuna la diffusione e raccomandazione di un'Opera la cui condanna non fu presa alla leggera ma dopo ponderate motivazioni al fine di neutralizzare i danni che tale pubblicazione può arrecare ai fedeli più sprovveduti."
Evidentemente i cristiani appartenenti alla chiesa cattolica romana non hanno le capacità per farsi un'idea di ciò che leggono! O meglio è la chiesa cattolica a non ritenerli capaci di intendere e volere per paura che il fedele si formi una propria idea anche in difformità dai dettami papali.
Ma lasciamo da parte le... polemiche.
Maria Valtorta dette poca importanza sino all'ultimo momento a tutte le censure della chiesa di Roma riguardo i suoi scritti. Morì a Viareggio nel 1961 e lì sepolta. Nel 1973 la sua salma fu traslata a Firenze nella Sala Capitolare della Basilica della Santissima Annunziata.
Recentemente è stato richiesto alla chiesa cattolica di iniziare il processo per la sua beatificazione, ma il vescovo di Viareggio ha passato la palla all'Arcivescovo di Firenze, il quale si è rifiutato di portare avanti la causa senza darne motivazione.
L'ultima pubblicazione, revisionata, del Poema risale al 1993. Si tratta di dieci volumi che hanno preso il titolo de L'Evangelo come mi è stato rivelato.

Esistono altri scritti, ispirati e no, ma io mi son voluto soffermare solo sul principale. L'elenco degli altri li trovate sia sul sito ufficiale che sulla pagina Wikipedia a lei dedicata (da cui ho anche tratto la biografia).
Oltre al sito ufficiale, che vi ho dato come link più sopra, esistono altre pagine che parlano della vita e dell'opera di Maria Valtorta. Ve ne lascio qualcuno.
Qui potete leggere tutte le sue opere (ma è disabilitata l'opzione copia incolla!).

Questo è il file in PDF contenente il libro intero de L'Evangelo come mi è stato rivelato (è scaricabile e stampabile).

Qui trovate alcuni testi sparsi tra le opere della mistica.
Una ricerca in rete può darvi altri risultati apprezzabili. Esistono anche diverse pagine Facebook dedicate a Maria Valtorta più o meno ufficiali che trovate facilmente.


Chiudo quest'articolo riportando una pagina tratta dai libri di Maria Valtorta. **
La Purificazione di Anna e offerta di Maria, che è la Fanciulla perfetta per il regno dei Cieli
Vedo Gioacchino ed Anna, insieme a Zaccaria e Elisabetta, uscire da una casa di Gerusalemme, certo di amici o parenti, e dirigersi al Tempio per la cerimonia della Purificazione.
Anna ha fra le braccia la Bambina, tutta avvolta nelle fasce e, anzi, tutta stretta in un ampio tessuto di lana leggera ma che deve essere morbida e calda. E con che cura e amore ella porti e sorvegli la sua creaturina, sollevando di tanto in tanto il lembo del fine e caldo tessuto, per vedere se Maria respira bene, e poi raggiustandolo per ripararla dall'aria rigida di una giornata serena ma fredda di pieno inverno, non è da dire.
Elisabetta ha degli involti fra le mani. Gioacchino trascina con una corda due grossi agnelli candidissimi, già più montoni che agnelli. Zaccaria non ha nulla. È tutto bello nella sua veste di lino, che un pesante mantello di lana, pure bianca, lascia intravedere. Uno Zaccaria molto più giovane di quello già visto per la nascita del Battista, nella piena virilità, come Elisabetta è una donna matura, ma ancora d'apparenza fresca, la quale, ogni volta che Anna guarda la Bambina, si piega in estasi sul visino dormente. Anche lei è tutta bella in una veste d'un azzurro tendente al viola scuro e nel velo che le copre il capo, scendendo poi sulle spalle e sul mantello, scuro più della veste. Ma Gioacchino ed Anna, poi, sono solenni nei loro abiti di festa. Contrariamente al solito, egli non ha la tunica marrone scuro. Ma una lunga veste di un rosso cupissimo, noi diremmo ora " rosso S. Giuseppe ", e le frange messe al suo manto sono nuovissime e belle. In capo ha lui pure una specie di velo rettangolare, cinto da un cerchio di cuoio. Tutta roba nuova e fine. Anna, oh! non veste di scuro oggi! Ha una veste di un giallo tenuissimo, quasi color avorio vecchio, stretta alla vita, al collo e ai polsi da un cinturone che pare d'argento e oro. Il suo capo è velato da un velo leggerissimo e come damascato, pure trattenuto alla fronte da una lamina sottile ma preziosa. Al collo una collana di filigrana, e braccialetti ai polsi. Pare una regina, anche per la dignità con cui porta la veste e specie il mantello, di un giallo tenue bordato da una greca in ricamo molto bello, tinta su tinta.
«Mi sembra vederti il giorno in cui fosti sposa. Ero poco più che fanciulla, allora, ma ricordo ancora quanto eri bella e felice» dice Elisabetta.
«Ma ora lo sono di più... e ho voluto mettere la stessa veste per questo rito. L'avevo sempre tenuta per questo... e non speravo più metterla per questo».
«Il Signore ti ha molto amata...» dice con un sospiro Elisabetta.
«È per questo che io gli dò la cosa più amata. Questo mio fiore».
«Come farai a strappartelo dal seno quando sarà l'ora?».
«Ricordando che non l'avevo e che Dio me lo dette. Sarò sempre più felice ora di allora. Quando la saprò nel Tempio mi dirò: " Prega presso il Tabernacolo, prega il Dio d'Israele anche per la sua mamma " e ne avrò pace. E più grande pace avrò nel dire: " Ella è tutta sua. Quando questi due vecchi felici che l'ebbero dal Cielo non saranno più, Egli, l'Eterno, le sarà Padre ancora ". Credi, io ne ho ferma convinzione, questa piccina non è nostra. Nulla io potevo più fare... Egli l'ha messa nel mio seno, dono divino per asciugare il mio pianto e confortare le nostre speranze e le nostre preghiere. Perciò è sua. Noi ne siamo i felici custodi... e
di questo ne sia benedetto!».
Le mura del Tempio sono raggiunte.
«Mentre andate alla porta di Nicanore, io vado ad avvertire il sacerdote. E poi verrò io pure» dice Zaccaria. E scompare dietro ad un arco che immette in un cortilone cinto da portici.
La comitiva continua ad inoltrare per le successive terrazze. Perché, non so se l'ho mai detto, il recinto del Tempio non è su terreno piano, ma sale, a scaglioni successivi, sempre più in alto. Ad ogni scaglione siaccede mediante gradinate, ed in ogni scaglione sono cortili e portici e portali lavoratissimi, di marmo, bronzo e oro. Prima di raggiungere il posto prefisso, si fermano per liberare dagli involti le cose portate, ossia delle focacce, mi pare, larghe e basse e molto unte, della farina bianca, due colombi in una gabbiuzza di vimini e delle grosse monete d'argento, certe patacche così pesanti che per fortuna allora non c'erano tasche. Le avrebbero sfondate. Ecco la bella porta di Nicanore, tutta un lavoro di ricamo nel bronzo pesante laminato d'argento. Là è già Zaccaria, a fianco di un sacerdote tutto pomposo nella sua veste di lino.
Anna riceve l'aspersione di un'acqua, suppongo lustrale, e poi riceve l'ordine di avanzare verso l'ara del sacrificio. La Bambina non è più fra le sue braccia. L'ha presa Elisabetta, che resta al di qua della porta.
Invece Gioacchino entra dietro la moglie, tirandosi dietro un disgraziato agnello belante. E io... faccio come per la purificazione di Maria: chiudo gli occhi per non vedere sgozzamenti di sorta.
Ora Anna è purificata.
Zaccaria dice piano qualche parola al collega, il quale annuisce sorridendo. E poi si accosta al grupporicomposto e, felicitandosi con la madre e il padre per la loro gioia e per la loro fedeltà alle promesse, riceve il secondo agnello e la farina e le focacce.
«Questa figlia è dunque sacra al Signore? La benedizione di Lui sia con lei e con voi. Ecco Anna che giunge.
Sarà una delle sue maestre. Anna di Fanuel, della tribù di Aser. Vieni, donna. Questa piccina è offerta al Tempio in ostia di lode. Tu le sarai maestra, e santa crescerà sotto di te».
La già tutta bianca Anna di Fanuel vezzeggia la Bambina, che si è svegliata e guarda coi suoi occhi innocenti e stupiti tutto quel bianco e quell'oro che il sole accende.
La cerimonia deve essere compiuta. Non ho visto speciale rito per l'offerta di Maria. Forse bastava il dirlo al sacerdote, e soprattutto a Dio, presso il luogo sacro.
«Vorrei dare l'offerta al Tempio e andare là dove vidi la luce lo scorso anno».
Vanno, accompagnati da Anna di Fanuel. Non entrano nel Tempio vero e proprio; si capisce che, essendo donne e trattandosi di una bambina, non vanno neppure là dove andò Maria per offrire il Figlio. Ma, da ben presso alla porta spalancata, guardano nell'interno semiscuro, da cui vengono dolci canti di fanciulle e brillano lumi preziosi che spandono una luce d'oro su due aiuole di testoline velate di bianco, due vere aiuole di gigli.
«Fra tre anni anche tu sarai là, mio Giglio» promette Anna a Maria, che guarda come affascinata verso l'interno e sorride al canto lento. »
«Pare comprenda» dice Anna di Fanuel. «È una bella bambina! Mi sarà cara come fosse delle mie viscere. Te lo prometto, o madre. Se l'età mi concederà di esserlo».
«Lo sarai, donna» dice Zaccaria. «Tu la riceverai fra le sacre fanciulle. Io pure vi sarò. Voglio esservi quel giorno per dirle di pregare per noi sin dal primo momento...» e guarda la moglie, che comprende e sospira.
La cerimonia è finita e Anna di Fanuel si ritira, mentre gli altri escono dal Tempio parlando fra loro. Odo Gioacchino che dice: «Non due e i migliori, ma tutti li avrei dati i miei agnelli per questa gioia e per dar lode a Dio!».
Non vedo altro.
 Juan Segundo


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* Il Sant'Uffizio o Santa Inquisizione (oggi chiamato "Congregazione per la Dottrina della Fede", dopo la riforma di Paolo VI del1965, che ne ha fatto comunque un'istituzione di carattere diverso) venne istituito da Papa Paolo III 1542, con il nome di Congregazione della sacra romana e universale Inquisizione. Il suo compito era quello di mantenere e difendere l'integrità della fede, esaminare e proscrivere gli errori e le false dottrine. Praticamente chiunque pubblicamente o in privato parlasse di dottrine diverse da quelle romane faceva scattare i famosi processi che tutti conosciamo. Allo stesso modo ogni libro riguardante questioni di fede doveva ricevere il cosiddetto imprimatur ("permesso per la stampa") da parte dei vescovi. Per i volumi che non richiedevano l'imprimatur fu creato l'Indice dei libri proibiti.
**  Il testo è tratto dal file PDF sopra riportato.

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