Io mi ricordo... |
L'Italia è il paese in cui si fanno ogni anno decine di commemorazioni, ma (quasi) zero processi da cui esca un colpevole. Vorrei sapere, ad esempio, prima che le mie ceneri vengano gettate da qualche parte (ho scelto di venire cremato, possibilmente dopo morto), chi ha messo e fatto mettere le bombe alla Banca dell'Agricoltura, a Piazza della Loggia, a via dei Georgofili, e via così.
Di quel maggio 1992 ricordo che era da pochi giorni terminata l'America's Cup, e che Il Moro di Venezia di Raoul Gardini (altro caso mai veramente risolto) era stato sconfitto in finale dagli americani. In quegli anni in cui ancora non avevano invaso il mercato e le nostre teste tutte le tv specializzate e i canali tematici che ora infestano l'etere, gli eventi sportivi potevi vederli tranquillamente accendendo il televisore, senza bisogno di avere card, abbonamenti giornalieri, mensili e/o annuali. Pagavi il canone e vedevi tutto quello che volevi, magari a mezzanotte, in una differita della differita, ma lo vedevi. E così la gente si appassionava per la vela, il tennis (le partite interminabili con Panatta che correva correva correva alla ricerca della pallina che faceva plop nel silenzio irreale del Foro Italico o del Rolland Garros, e poi vinceva anche), il festival internazionale della canzone... . L'URSS non c'era già più e agli europei di calcio era presente come CSI, che non era ancora l'acronimo di Crime Scene Investigation, ma di Comunità degli Stati Indipendenti.
Il 1992 era anche l'anno della consacrazione politica de La Rete di Leoluca Orlando, Carmine Mancuso, Diego Novelli, Nando Dalla Chiesa. E a distanza di 20 anni Orlando torna prepotentemente alla ribalta con la sua elezione a sindaco (la prima volta fu nel 1993). La Rete, per chi la ricorda, era una speranza per la politica italiana, un movimento diverso da quello dei grillini di oggi, perché non contestava il ruolo dei partiti, tanto è vero che nasceva all'interno della Democrazia Cristiana e si richiamava ai principi cattolico-democratici, ma rivendicava fortemente un modo diverso di fare politica, lontano dagli inciuci trasversali di palazzo e vicino alla popolo. Soprattutto era un'esperienza che nasceva a tempo, cioè con la consapevolezza che tutto sarebbe terminato ad un certo punto. Cosa che accadde nel giro di pochi anni.
E quel 1992 fu anche l'anno di Capaci (anzi dell'Isola delle Femmine) e di via D'Amelio, di quelle immagini di lamiere contorte e del giudice Caponnetto che, uscendo dall'obitorio dove aveva salutato il corpo di Borsellino, tra le lacrime dice: è tutto finito.
Il 1992 per me fu l'anno della svolta, o almeno l'anno in cui cominciai a pensare consapevolmente che avevo sbagliato qualcosa nella mia vita. Ci misi ancora qualche anno a prendere certe decisioni, ma alla fine eccomi qua.
Cosa c'entra tutto questo con Falcone e Borsellino?
Forse niente. Nella mia testa, in quell'anno successero tante cose, ma quelle auto distrutte sull'orlo di un cratere che una volta era stata una strada, evocano rabbia, impotenza. E a distanza di 20 anni queste sensazioni non si sono diluite. Pur essendo attenuate nel ricordo, dall'altra parte, ogni volta che ci penso, la frustrazione è sempre maggiore perché anche in questo caso non sappiamo; la legge, lo stato non è riuscito a sapere davvero chi è stato e perché.
Ma io mi ricordo e mi ricorderò sempre di Falcone, di Borsellino, della strage di Piazza della Loggia, di Emauela Orlandi, di Livatino, di tutti quei parlamentari che hanno sempre votato contro la concessione del mandato d'arresto per loro colleghi oggettivamente collusi con la mafia o incriminati per reati tra i più vari. E finché mi ricorderò lo dirò a tutti e lo scriverò dovunque posso.
Hegel diceva che la storia rappresenta l’orizzonte e la dimensione fondamentale della realtà stessa. Solo guardando al passato si può comprendere il presente, visto che c’è uno stretto legame tra le due dimensioni temporali: la necessità che determina il divenire storico. La realtà è divenire, continua Hegel, è processo.
E in questo divenire, in questo processo, noi ci troviamo a vivere.
Ricordare è vivere, perché è ripercorrere la propria storia, che ha un punto di partenza e una direzione precisa.
Io sono il mio popolo, lo eredito e lo costruisco.
Vorrei che a scuola, prima ancora dell'uso del PC, insegnassero questo. E poi magari insegnassero anche ad usare internet, per scrivere tante mail a tutti i bambini del mondo con l'oggetto: io mi ricordo.
TIM
Finchè avremo memoria potremo avere una speranza, segno che non ci hanno ancora del tutto lobotomizzato.
RispondiEliminaCiao.
Noi forse no, ma prova a chiedere ad un ragazzo delle medie cosa è la shoà o chi era Falcone e cos'è stata la strage di Bologna. sapranno rispondere?
EliminaRicordare è importante. Probabilmente è per questo che, oltre alla campagna dell'oblio, c'è anche la campagna della falsa memoria. Quanti film hanno raccontato delle stragi rappresentandole in maniera maldestra e/o imprecisa? Quanti le hanno romanzate e addirittura "cambiate" per renderle più poetiche? E come mai che, ogni tanto, compaiono dei libri di storia che alleggeriscono i giudizi su fatti che dovrebbero essere ricordati con orrore?
RispondiEliminaMa soprattutto... com'è che ancora nel 2012, non ci sia nessuno che ha spiegato com'è possibile che i pantaloni di Hulk non si rompano completamente come fa la camicia (questo... per sdrammatizzare, ovviamente!)
Ho seguito anch'io la questione dei tanti libri di testo dell'era Berlusconi con la riscrittura di anni e anni della nostra storia passata. E tutti quelli che continuano a dire che il 25 aprile non è una festa di tutti? E i nostri politici che non partecipano a celebrazioni dello stato (vedi anche 2 giugno) perché non la sentono come propria? e non parlo solo della Lega, quella è gente che non ha una spina dorsale autonoma,ma va dove li porta il vento e prima o poi saranno spazzati dalla storia.
EliminaPurtroppo abbiamo un sistema giudiziario penoso e politicizzato, e una politica ancora più penosa. Però - doloroso da ammettere - sono l'espressione della maggioranza delle persone diquesto paese, gente che per secolare tradizione "vive alla giornata", e dunque non può avere memoria del passato (e neppure progetti per il futuro).
RispondiEliminaAnche questo è vero, e proprio per questo bisogna ripartire dalla gente, specie dai bambini e dai ragazzi. Purtroppo è proprio quello l'anello debole della catena, basta vedere i programmi televisivi, gli spot pubblicitari, le iniziative rivolte a loro: per la maggior parte servono solo a creare falsi bisogni ('apparire' per essere qualcuno, sentirsi invincibile, appagare false necessità), a inculcare idee vuote ed egoistiche.
EliminaNon si possono non condivdere queste parole bellissime...
RispondiEliminagrazie!
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