giovedì 13 dicembre 2012

Racconto a puntate: Il commissario Bacone e il bombolone di Moebius (II)



Eccoci alla seconda puntata. Non so se avete letto la prima o avete pensato che tanto non ne valeva la pena, visto che il 21 p.v. faremo tutti un bel viaggetto da qualche parte nell'universo. Se, invece, siete ottimisti e credete che i Maya si facessero troppe canne, allora avete l'opportunità di godervi queste altre 1500 parole dove si entra nel vivo della storia e appaiono altri due personaggi che... conoscete bene sicuramente!
Buona lettura!


Il commissario Bacone
e il bombolone di Moebius


Personaggi
Francesco Bacone: commissario
Nino Geremicca:   agente
Alex Girola:          blogger e scrittore
Cristina Riccione: fotografa, compagna di Alex

*** (Ringrazio l'amico Alex per avermi permesso di utilizzare il suo nome per il personaggio di questa storia e, soprattutto, di avermi concesso di saccheggiare lo scenario del suo bellissimo racconto Il treno di Moebius)

La Prinz si giostrò nel poco traffico della mattinata e attraversò il ponte per uscire dalla città. Bacone non aveva mai voluto percorrere la nuova tangenziale che gli avrebbe risparmiato un bel po' di tempo; per imboccarla, infatti, avrebbe dovuto attraversare il centro città e questo lo metteva sempre di cattivo umore: odiava le code in auto, dover vedere tutta quella gente guidare tranquillamente col telefonino in mano o senza cintura di sicurezza. Fosse stato per lui avrebbe mandato tutti i giorni una pattuglia a fare esclusivamente questi controlli, ma dall'alto avevano detto che era meglio non calcare troppo la mano. E comunque c'erano i vigili urbani che erano preposti a queste cose. Solo che lui non aveva mai visto un vigile fermare qualcuno per un qualunque motivo, immaginiamoci per queste cose!
Geremicca, che evidentemente aveva avuto il tempo di studiare il percorso (ma quando?, si domandò Bacone), si era improvvisato navigatore e, una volta usciti dalla città, stava ora guidando il commissario in mezzo a stradine e viottoli tra le risaie.
"Siamo quasi arrivati."
Ad un tratto con un gesto perentorio del braccio e un "lì" altrettanto definitivo Geremicca annunciò che erano a destinazione.
Infatti sul tratturo a poche decine di metri da loro, tra due risaie, apparve l'auto segnalata.
Bacone diede un occhiata per capire come arrivare al punto e alla fine trovò il viottolo che li portava alla Rexton.
Lasciarono la Prinz all'imbocco della stradella e raggiunsero il SUV a piedi. Geremicca continuava a salterellare per evitare il fango che gli inzaccherava scarpe e fondo dei pantaloni, ma si rese conto che era una battaglia persa dopo solo pochi metri.
Tutt'intorno non c'era niente se non risaie e ancora risaie.
Il SUV era vuoto, chiuso e non c'era nessuno nelle vicinanze. I due poliziotti girarono attorno all'auto, guardando anche sotto, ma non c'era niente di particolare: era solo un'auto abbandonata.
In quel mentre squillò il telefonino di Bacone.
"Sì... ah, allora niente... ma il gps? Ah... va bene... pronto... pronto... Gennà... mi senti...Bellagamba... mi senti... Maledizione! Siamo in mezzo alla campagna, come fa a cadere la linea?” Dopo qualche altra imprecazione si rivolse a Geremicca: “Era Bellagamba. Mi stava dicendo qualcosa a proposito di quel Girola, l'intestatario dell'auto, ma è caduta la linea."
Nino Geremicca tirò fuori il suo cellulare.
"Niente, non c'è proprio campo."
Poi sembrò annusare l'aria.
"Commissario, non sente anche lei quest'odore di ozono?"
"Ozono?"
"Sì, ozono, quello dei fulmini. Mi sembra che venga da quella parte." E indicò un punto alle spalle del commissario.
Bacone si girò e vide qualcosa che lo lasciò perplesso.
"Ti ricordi di aver visto quella casa quando siamo arrivati?"
"Quale casa?"
"Quella" disse indicando un casolare dietro di lui, lontano un centinaio di metri e circondato da qualche albero spelacchiato.
"Non mi sembra che ci fosse prima."
"Certamente non è possibile che sia comparsa all'improvviso. Non conosco nessuna impresa edile così veloce."
I due rimasero a guardare la casa, poi come per un tacito accordo si incamminarono verso il punto.
Percorsero le poche centinaia di metri in un paio di minuti e quando furono davanti al rudere si resero conto che a parte i muri esterni, doveva esser rimasto ben poco all'interno.
Entrarono ed ebbero la conferma alla loro ipotesi: restavano solo le mura perimetrali. La cosa strana era che il tavolo, un paio di sedie e qualche piccolo utensile (ridotti ormai a pochi pezzi di legno che stavano su a fatica) avevano una foggia antica, ma di un'antichità risalente non a qualche anno o decennio prima, bensì anche a secoli.
Bacone e Geremicca videro quel che restava di una porta sulla parete opposta a quella d’entrata.
"Nino, vai a dare un'occhiata là fuori" disse il commissario indicando quell'uscita.
"E perché io?" protestò velatamente Geremicca, che si sentiva addosso qualcosa di molto simile ad un brutto presentimento.
"Siamo io e te, a chi dovrei chiederlo?"
"Volevo dire, con tutto il rispetto, che potremo andare insieme."
"Hai paura di andare da solo?"
"No, non è paura... "
"Ho capito, è fifa!"
"Diciamo che ho una brutta sensazione. Prima questa casa che compare dal nulla, poi tutte queste cose antiche forse di secoli e che non possono essere rimaste qui ad aspettarci."
"Va bene, allora usciamo insieme" concesse il commissario.
Bacone e Geremicca aprirono quello che restava di una porta che poggiava su strani cardini e videro qualcosa che...

******

"Cri."
"Cri."
L'uomo cercava inutilmente di parlare con la donna ormai da diversi minuti, ma lei continuava a rimanere poggiata ad un enorme albero, le braccia conserte e i piedi ben piantati nel fango.
"Cri. Ascoltami. Capisco che sei arrabbiata con me, ma... non potevo prevedere che saremo andati a finire in un posto così."
"Arrabbiata? Io non sono arrabbiata, sono furiosa!" Esclamò senza voltarsi la donna. "Avevi detto che si trattava di una deviazione di pochi minuti, per un sopralluogo, come li chiami tu. Ma non hai letto da nessuna parte che esistono in rete le mappe e le webcam di qualsiasi posto al mondo?"
“Beh, veramente ci sono almeno cinque località su tutta la terra che non sono coperti da… “ iniziò l’uomo di slancio. Poi capì che non era il momento di snocciolare tutto il suo sapere sull’argomento.  “Ma sai che io preferisco sempre guardare coi miei occhi quello di cui devo scrivere... “ continuò ridotto a più miti consigli dall’atteggiamento della donna. Che rispose:
"Bene, ora l'ha visto: qui c'è solo fango, alberi che non si riesce a vedere il cielo e questo maledetto suono di flauto. È da ieri sera quando ci siamo persi che va avanti 'sta nenia."
"Ma noi non ci siamo persi... "
"E allora portami via di qui! Adesso!" Ed era un brutto adesso quello che aveva sibilato; e Alex l'aveva capito.
"Si certo, basta ritrovare la cascina in cui ci siamo riparati stanotte."
"Tu riesci a vedere qualcosa oltre a questa foresta?"
Cri adesso si era girata verso l'uomo con la t-shirt di Superpippo in versione zombie e aveva gli occhi fiammeggianti.
"Quando mi guardi così assomigli a... " iniziò Alex in solluchero, nonostante la situazione affatto bella in cui si trovavano.
"Io non somiglio a nessuno!” sbottò l’altra ormai al limite di una crisi di nervi. “Io sono solamente una povera disgraziata che vorrebbe essere a casa sua, dopo aver fatto una doccia, sul suo divano e con una buona vodka in mano!"
"Anch'io vorrei... "
"E, soprattutto, a mille miglia da te!" tagliò corto Cri.
Alex a quel punto capì che le cose si erano messe proprio male.
E non solo perché si trovavano nel bel mezzo di una foresta, senza nessun punto di riferimento per tornar indietro, ma- e lo stava vedendo solo ora – anche perché erano tenuti d'occhio da qualcosa che strisciava da un ramo all'altro sulle loro teste.
Naturalmente pensò bene di non dire niente alla donna su quest’avvistamento.

******

Bacone uscì per primo e ristette. Geremicca che era dietro di lui lo urtò, sorpreso dalla sua fermata improvvisa.
Poteva essergli sfuggita la casa, ma non quella foresta impenetrabile che avevano davanti.
"E questo cos'è?" sbalordì Geremicca.
"Alberi" provò a rispondere Bacone.
"Ma quanti sono?" L'agente Geremicca era stupefatto.
"Molti, moltissimi, anche troppi" concluse il commissario.
"E ora che facciamo?"
La domanda del siciliano era sensata, ma Bacone avrebbe voluto avere una risposta per un'altra questioncella: da dove erano spuntati fuori?
"Nino, siamo venuti qui per cercare di trovare i proprietari dell'auto abbandonata là fuori" e indicò qualche posto dietro la casa, pur sapendo che ormai ogni punto di riferimento e ogni certezza erano aleatori. "Perciò facciamo almeno un tentativo e andiamo avanti."
Geremicca, suo malgrado, seguì il commissario che si addentrava nel groviglio di rami, rampicanti e arbusti.
Da uomo prudente, e a scanso di equivoci, l'agente Nino Geremicca - che nei momenti liberi studiava per diventare agente scelto sotto la supervisione di Gennaro Bellagamba - estrasse la pistola d'ordinanza e la tenne ben in pugno.

*******

"Cosa stai guardando?" chiese la donna.
Alex Girola cercò di dissimulare lo stupore e la paura e gracchiò un insignificante: "Quegli alberi" indicando nella direzione opposta a quella dove una specie di bombolone gigante li stava fissando con occhio vigile.
"Gli alberi del giardino di mia nonna!" sbottò Cristina.
Poi anche lei inquadrò il mostro che penzolava da un enorme albero poco distante.
"Cos'è... quello?" squittì Cristina; all’improvviso l’intensità della sua voce si era alzata di molti toni.
"Non lo so" rispose Alex, che invece sapeva benissimo, purtroppo, di cosa si trattava.
"Qualunque cosa sia, voglio andare via di qui... " piagnucolò la donna; e cadde svenuta nel fango.
Alex era preso tra l'esigenza di far rinvenire la donna e quella di prender tempo per elaborare un piano che li portasse via da lì; ma per far questo era indispensabile che la donna rimanesse svenuta e tenesse la bocca chiusa. Lui sapeva infatti benissimo cos'era quella scolopendra gigante che sembrava aspettare il momento giusto per gettarsi su di loro.
Un suono, però, attrasse la sua attenzione.

(continua)

TIM

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