mercoledì 19 dicembre 2012

Racconto a puntate: Il commissario Bacone e il bombolone di Moebius (finale)



Queste sì che sono auto!

Scrivendo questo racconto mi sono sempre chiesto: ma il bombolone, che idea si è fatta di noi? Certo la varia umanità che ha incontrato nel folto del bosco (o era una savana presitorica?) gli avrà dato un'idea; ricordate nella terza puntata:

"???" Si chiese il bombolone guardando con curiosità l'uomo e la donna sotto di sé.

"!!!" Rifletté alfine, pensando a quegli strani ramoscelli che si agitavano senza un filo di vento.


Ma non sappiamo effettivamente quali siano stati i suoi pensieri, se non che ha indovinato a dire che l'uomo è come un fuscello che si muove anche in assenza di vento. Ma sarebbe troppo mettere un pensiero filosofico di tal guisa in testa ad un artropode qualsiasi? Che poi chi l'ha detto che gli artropodi qualsiasi non siano capaci di pensiero e pensiero filosofico in particolare? Quanti bipedi di razza umana conosciamo che riescono ad azzeccare un congiuntivo o sanno chi è Ban Ki-moon? O chi è capace di svolgere un binomio di II° grado (anche i partecipanti al cosiddetto concorsone si sono lamentati che tra le domande c'era da risolverne alcuni)?
Ma bando alle ciance.
Qui di seguito la quarta ed ultima parte del racconto che è anche il mio regalo di Natale per tutti quanti voi!



IL COMMISSARIO BACONE
E IL BOMBOLONE DI MOEBIUS




Personaggi
Francesco Bacone        commissario

Nino Geremicca             agente

Alex Girola                      blogger e scrittore

Cristina Riccione           fotografa, compagna di Alex


*** (Ringrazio l'amico Alex per avermi permesso di utilizzare il suo nome per il personaggio di questa storia e, soprattutto, di avermi concesso di saccheggiare lo scenario del suo bellissimo racconto Il treno di Moebius)

… all’improvviso Girola si fermò, e con lui gli altri.
“Ma non sentite quest’altro suono?” disse, tendendo l’orecchio agli alberi.
“È vero” disse Bacone. “C’è un altro motivetto che viene da quella parte” fece indicando alla sua destra. “Ma non riesco a capire cos’è!”
È Minnie the Moocher!” esclamò Nino Geremicca. “Seguiamolo!”
“Ma perché? Cosa ci dice che siamo sulla strada giusta?” disse Cristina.
“Non lo so” rispose Nino, “ma è sempre meglio di quella nenia insopportabile che ci segue da stamattina!”
I quattro ripartirono, questa volta in direzione del suono sospirato del sax.
La formazione era sempre la stessa: Girola, Bacone, Riccione e Geremicca, che stava prendendo gusto al sobbalzare dei muscoli delle natiche della ragazza che lo precedeva. E, da buon devoto della cultura classica, questo gli fece venire in mente la Venere callipigia*).
“Ma lei sa dove sta andando?” chiese tra un rantolo e uno sbuffo Bacone a Girola.
“Penso di sì” rispose lo scrittore, anche lui in affanno.
“Ma pensa vuol dire che lo sa?”
“No, che lo spero.”
Dopo un centinaio di metri di corsa tra alberi e cespugli che continuavano a flagellare i pantaloni di Geremicca, Bacone cercò di approfondire l’argomento:
“E dove stiamo andando?”
“Ma è chiaro! Seguiamo la musica che ci porterà fuori da qui!”
“E perché proprio questa musica?”
“Semplice, dove si trovano facilmente le battone?”
“Nei viali, agli incroci… “
“… e vicino a posti dove potersi appartare, tipo casolari, catapecchie e via dicendo.”
La discussione stava portando via il poco ossigeno rimasto nei polmoni dei due.
“Non la seguo. Che c’entrano le battone e i casolari?”
Dalle retrovie intervenne la voce di Geremicca, minata dalla corsa.
“Commissario! La musica! Minnie the Moocher significa Minnie la battona, quindi seguendo la battona torneremo al casolare e da lì saremo fuori da qui!”
L’almeno spero però, Nino lo scandì a voce molto bassa.
Cristina stava pensando che pur essendo un poliziotto, il siciliano non ragionava per niente male. Avrebbe dovuto conoscerlo più a fondo. Almeno non si sarebbe ritrovata in altri guai simili.
La musica si faceva sempre più forte e guidava la corsa dei quattro.
“Chissà che ore saranno?” chiese la ragazza.
“Ma perché ha qualche appuntamento, signorina?” domandò Geremicca tra il serio e il faceto nonostante il fiatone.
“Ma che dice? È che mi sembra che stiamo correndo da un giorno intero!”
Fu Bacone a rispondere:
“Mancano due minuti a mezzogiornocavolo! Continui a correre e risparmi il fiato!”
D’un tratto gli alberi si diradarono e in fondo ad un piccolo spiazzo si stagliò il casolare.
Questa gradita sorpresa fece accelerare la corsa al gruppo che in pochi minuti giunse alla casa diroccata, infilò la porta rimasta aperta e uscì dall’altra parte.

*****

I due ragazzi appoggiati alla dyane rossa, nonostante la pioggia, con la musica a palla e i finestrini aperti, si ritrovarono all’improvviso davanti una scena da serial di sopravvissuti.
Un uomo con una maglietta sbrindellata con un superpippo sanguinante sopra, gettato a terra a pancia all’aria e con le braccia distese a croce.
Un altro uomo con un loden verde a cui mancavano completamente le maniche ma col cappello ancora saldamente in testa.
Una donna con i capelli alla Marcella Bella dei tempi migliori e, in mano, un paio di scarpe col tacco, che stava scivolando di spalle lungo il muro della casa abbandonata.
Un poliziotto magro e basso che, sotto l’acqua torrenziale, cercava di togliere macchie di fango dalla divisa con la canna di una pistola.

*****
“Signor Girola, aveva ragione! Ce l’abbiamo fatta!” disse Bacone appena ripreso un po’ di fiato.
“Certo che avevo ragione” rispose orgogliosamente l’uomo rialzandosi. “Anche se non tutti mi stimano” e la battuta era chiaramente rivolta alla donna.
“È meglio che per un po’ non parliamo, noi due” fece l’interessata. “Almeno fino a che non sarò andata dalla parrucchiera e dall’estetista, sperando che si possa ancora recuperare qualcosa.”
“Se mi posso permettere” intervenne Geremicca “anche così lei fa la sua figura. È quello che c’è dentro che conta, non quello che si vede da fuori.”
Bacone guardò il suo agente, stupito: quello era un chiaro complimento di uno che, nonostante la situazione, ci stava provando! E meno male che non era presente Bellagamba, altrimenti Nino sarebbe diventato lo zimbello del commissariato in pochi minuti!
Cristina Riccione, ancora visibilmente scossa dall’incubo da cui erano appena usciti, si rimise le scarpe e rassettò gli abiti. Il complimento di Geremicca aveva fatto centro, e ora non sapeva cosa dire.
“Ecco da dove proveniva la musica!” esclamò il blogger-scrittore rivolto alla macchina coi due giovani, che continuavano a guardare il gruppo come fossero alieni appena scesi dall’astronave di ET.
In effetti dall’autoradio della 2 cavalli stavano uscendo le note finali di Minnie the Moocher.
Una breve pausa e, sulla chitarra di Matt Murphye che iniziava Sweet Home Chicago, i ragazzi all’unisono pronunciano un Miiihhh!!! sbalordito.
“Cosa avete da guardare! Su, sgomberare! E abbassate quella musica!” fece Geremicca. I due risalirono sull’auto e mentre ripartivano a razzo, il poliziotto urlò: “E allacciate le cinture di sicurezza!”
Rimasti soli, i quattro si guardarono per qualche minuto, ognuno con i propri pensieri, in silenzio. Ma tutti e quattro avevano un solo obiettivo immediato: tornare a casa.
“Da che parte si arriva alle auto?” chiese la fotografa.
Geremicca diede uno sguardo a 360° e individuò le auto.
“Per di là!”
La donna si tolse le scarpe e guidò il gruppo verso la direzione indicata dal poliziotto.
Sembrava che nessuno avesse voglia di commentare l’avventura appena passata, né di fare domande sull’accaduto.
Impiegarono pochi minuti per arrivare alla Rexton.
“E se ora non riparte?” domandò Cristina.
“Mi permetta” si fece avanti Nino. “Le chiavi” chiese poi a Girola.
L’uomo tirò fuori le chiavi e le passò al poliziotto, il quale aprì l’auto, salì e provò a mettere in moto, ma senza riuscirci.
“Mi permetta” disse ancora rivolto a Girola. “Lei salga, mi apra il cofano e provi a far partire.”
Lo scrittore obbedì. L’auto continuava a non mettersi in moto. Poi Geremicca toccò qualcosa nel motore e dopo qualche altro colpo a vuoto, il motore cominciò a rombare.
 “Bravo!” squittì la fotografa battendo le mani.
Nino richiuse il cofano, e si avvicinò allo sportello.
“Faccia controllare i filtri dell’aria, e non usi benzina agricola che, oltre ad essere vietata, rovina il motore” sentenziò ad un Girola attonito.
“Andiamo, commissario, che devo passare da casa a cambiarmi prima di tornare in ufficio. Non mi posso presentare al pubblico così” disse indicando gli abiti infangati e laceri. “Che figura ci facciamo con la gente?”
Bacone scambiò ancora qualche parola con l’uomo e con la donna, invitandoli a passare nei giorni seguenti in commissariato per il verbale.
O meglio un ipotetico verbale. Cosa avrebbero potuto veramente mettere per iscritto? Di millepiedi giganti, foreste che compaiono all’improvviso e casolari che spuntano dal nulla? Di una storia che da un libro diventa realtà? Ancora non lo sapeva neanche lui.
Cristina Riccione, con ancora negli occhi e nella mente i modi e le gentilezze del poliziotto siciliano, salì in auto e da lì salutò Geremicca e Bacone che li guardavano ripartire.
Quando la Rexton fu lontana, anche il commissario e l’agente raggiunsero la Prinx, che partì al primo colpo.
“Queste sono macchine!” disse Geremicca, facendo gongolare di gioia Bacone.

******

Ma quant'acqua c'è nel cielo? pensò il commissario Francesco Bacone, cercando di vedere qualcosa al di là delle spazzole del tergicristallo che andavano su e giù in mezzo alla pioggia dirotta.

**********************
*) callipigia= dalle bianche natiche

 
(Questo racconto è dedicato a Gianrico Testa che non so chi sia e nemmeno se esista veramente. Grazie per esserci. Forse.)

TIM

2 commenti:

  1. Auguri e figli maschi per la Riccione e per Geremicca.
    Se sono rose fioriranno... ;)

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    Risposte
    1. Noi terroni siamo sempre i favoriti nella corsa all'"accalappiamento femmineo". Anche se ultimamente alcuni abitanti di Arcore sembrano aver alzato la testa, fagocitando ventenni a tutto spiano. Ma noi resistiamo, noi siamo quelli che hanno un solo slogan: "chiu pilu pi tutti!" (che poi che c'entra tutto questo col racconto!?)

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