Riprendo le fila dal commento fatto agli interessantissimi post di Simone e, come avevo annunciato, lo faccio diventare un articoletto. Che è questo. Troverete perciò di seguito alcune cose già dette nel commento a Simone.
Lo stesso Simone nella replica al mio commento dice una cosa interessante: "c'è sempre qualcun altro che ha studiato le stesse cose, c'è chi non capisce determinati contenuti ma sa riconoscere il valore di quello che gli metti davanti (da un piatto di pasta a un'opera darte, intendo) e c'è chi ci vuole bene e magari non capisce e non è nemmeno interessato, però un po' di sforzo lo fa anche solo per restarci vicino". E' verissimo; per certi versi è proprio quello che volevo dire io e che non ho fatto perché ... lui è più bravo di me! (la concisione è un'arte). Dicevo nel commento "si tratta forse di rispondere alla domandina: che ci stiamo a fare in questo mondo? Infatti perché noi scriviamo? alla fin fine anche lo scrittore più grande del mondo (mettici tu il nome che vuoi), alla fine è morto e sepolto. Magari gli hanno eretto statue, intitolato scuole, dedicato libri, ma è morto, o morirà. Allora se scriviamo non è per essere immortali fisicamente (del resto dell'immortalità culturale o della notorietà non me ne importa niente). Allora perché scriviamo? forse per far sapere agli altri quello che pensiamo, che visione abbiamo delle cose e del mondo. Questo sì, su questo ci sto. Quante persone posso raggiungere con un ebook gratuito in PDF da far scaricare dalla rete? 10, 50 100 persone? OK, mi possono bastare. Con quante persone riesco a 'sentirmi' scrivendo un post o rispondendo ad uno di un amico? 1, forse 3, al massimo 10. OK, mi può bastare. La mia vita (quella di Temistocle, intendo) è la trama delle piccole cose che sto facendo adesso, e se mi viene in mente di scrivere un racconto sul gatto che stamattina mi aspettava fuori dal cancello lo faccio per il gusto di dire: anche stamattina ho incontrato il gatto che mi conosce e mi aspetta. Non voglio dire che non credo nell'aldilà, nell'immortalità dell'anima e cose del genere; a 50 anni devo ancora farmi un'idea in proposito, o meglio ne ho avuto talmente tante finora che non so più da che parte cominciare. Siamo soli, come dici tu? Di fronte a queste cose, sì, siamo soli e l'unico modo per non esserlo totalmente è condividerle come stiamo facendo in quest'istante. Che siamo intellettuali, scrittori di fama, capi di stato, siamo solo noi, davanti alla nostra coscienza e a testa alta possiamo andare anche a spalare letame in una cascina del veronese in mezzo ai tamil o ai sick esiliati dalla loro terra e dalla loro guerra. E' vero che ci possono essere posti o situazioni che facilitano, ma per restare in ambito letterario Stephen King ha dato il meglio di se quando lavorava in una lavanderia e rubava il tempo ai panni sporchi che la gente gli portava. Sono 'uno di sinistra' e conosco bene le discussioni gramsciane sull'intellettuale organico al partito, sull'unione operai-intelletuale per la crescita del socialismo ecc. Ma essere intellettuali, come essere scrittori, non è un mestiere, è un modo di essere del nostro spirito. Per questo possiamo essere soli in mezzo ad una folla o in compagnia su un'isola deserta. Essere intellettuali o scrittori non ci abbandona mai, anche quando (come nel mio caso) ho forse 2 lettori fissi del mio blog e ancora nessuno -scusate la ripetizione ossessiva- ha mai letto un mio lavoro. Certo fa piacere dal punto di vista dell'orgoglio sapere che c'è qualcuno che sa che esisti (torniamo all'inizio: la domanda è: che ci stiamo a fare qui?), però la realtà è quella che viviamo giorno per giorno."
Simone scriveva: "Se nella vita ho capito qualcosa, forse è proprio che restare soli è il primo passo per finire inchiappettati." Sacrosanta verità anche questa. Noi siamo soli nelle scelte profonde (ci possono dare 100 consigli ma alla fine sceglieremo quello che ci va di più, e in quella scelta siamo soli) ma viviamo in mezzo alla gente, è nella nostra natura socializzare. Sin dall'epoca della cosiddetta 'età della pietra' gli uomini si organizzavano in gruppi e ogni cosa era finalizzata al bene proprio e comune. Ma, e non voglio fare retorica, si sta bene in gruppo quando si sta bene con se stessi.Mi accorgo di essere andato forse aldilà di quello che era l'argomento proposto da Simone. E d'altra parte la mia non è una risposta a lui e alla sua proposta di discussione; è solo il mio modo di vedere alcune cose. Devo ammettere in modo abbastanza confuso. E' una chiacchierata attorno a un tavolo, facendo una partita di backgammon, nel mio posto segreto, il mio garage, il garage di Demetrio.
TIM
L'essere soli è una condizione del tutto personale. Ci si può sentire soli pur essendo circondati da persone che ci amano, magari proprio perché loro si sforzano per capircim na non ci capiscono. Ci si può invece sentire uniti a degli estranei, quando seduti al banco di un bar si condividono pensieri che stranamente, con le persone care non riescono a rivelarsi. La solitudine è interiore e non esteriore. Io mi sento solo in discoteca. Ma quando scrivo, in casa da solo, non provo alcun senso di solitudine perché sto nel mio mondo.
RispondiEliminaEssere soli non corrisponde all'essere inchiapettati. E' un concetto che credo superficiale perché costringe l'individuo a omologarsi alla massa pur di scacciare una sensazione di debolezza. Ma se uno non segue il proprio io, come può essere felice, come può realizzarsi, come può crescere interiormente. Se io decidessi di non essere più me stesso e omologarmi al gruppo di persone che saltuariamente frequento, che parlano di calcio dalla mattina alla sera, che giocano a poker la notte, che fanno cose che non sento mie... come potrei sentirmi in compagnia se la mia personalità è stata sopita così brutalmente?
Siamo esseri sociali... ma ciò non significa che si debba essere omologati. Se ci si sente soli, pur facendo ciò che amiamo, allora dobbiamo cercare altre persone che condividono le nostre passioni, membri del nostro insieme, del nostro clan... e non appoggiarci alla prima spalla che incontriamo, foss'anche amichevole, se non è uguale a noi. Nasciamo soli, muoriamo soli... la vita è un viaggio che serve a crescere noi stessi, a conoscere il mondo e a scegliere quale sia il nostro piccolo ruolo in un ingranaggio tanto grande da non essere comprensibile in toto. Se nell'anima abbiamo l'amore per la scrittura e la lettura, allora è giusto che alimentiamo quell'amore. Sopirlo perché "fare lo scrittore" è da "sfigati" sarebbe un errore. Dal mio punto di vista, lo sfigato è quello che passa ore e ore inchiodato davanti alla tele a vedersi una Soap (che comunque è stata scritta da qualcuno) o il grande fratello (che comunque è stato studiato a tavolino da dei copywriters).
Ovvio... la solitudine fa male. Sono anni che mi barcameno tra gruppi di lettura, gruppi di scrittori in erba, alla ricerca di qualche amicizia che mi sia affine. Spesso scopro persone che preferiscono parlare di cibo e sport, nonostante affermino di amare i libri. Spesso scopro di trovarmi di fronte a lettori fossilizzati su un solo autore (Benni, solo Benni, sempre e soltanto Benni. Hai letto l'ultimo di Benni?).
E' dura... difficile... ma è pure una sfida. E comunque, durante questo viaggio, imparo qualcosa e scopro personalità che non avrei mai immaginato di incontrare.
Sono completamente daccordo. Il problema è, forse e anche, che non abbiamo una visione d'insieme di quella cosa chiamiamo 'vita', di qual'è il nostro posto, il nostro scopo, ecc.. I buoni vecchi I Ching direbbero che mi devo immettere nella strada del Dao (cioé della giusta conoscenza) per assecondare il corso delle cose e riuscire in ciò che voglio.
RispondiEliminaTemistocle
Indubbiamente è il discorso più complesso che riguarda l'uomo, ovvero: cosa devo fare? come devo comportarmi?
RispondiEliminaE da un lato ci sono le passioni individuali, dall'altro facciamo parte di una società, ed estraniarsene completamente può essere una scelta anche "pericolosa" sotto certi aspetti (e lo ammetto persino io che sono un solitario).
Però resta il fatto che, come dice Glauco, snaturare se stesso solo per essere più affine agli altri è una forzatura. C'è chi in realtà lo desidera, c'è chi vorrebbe essere "come gli altri", e allora fa bene a copiare gli amici e i loro comportamenti e a seguire le loro mode.
Io non mi sento di dare consigli a nessuno in merito perchè, detto con la massima sincerità, non credo di avere ancora capito nulla, e alla classica succitata domanda "cosa devo fare?" mi sento di rispondere solo un gigantesco "boh!"
@ Ariano: c'è posto per me nel tuo gigantesco "boh"? come dice Vasco "la vita è tutto un equilibrio sopra la follia". Ci barcameniamo tra le grandi domande della vita e i piccoli bisogni quotidiani, e non riusciamo a cogliere il nesso tra le due cose. Perché se rispondere a 'che ci sto a fare a questo mondo' non mi aiuta a cercarmi un lavoro adatto a me o a scegliere dove passare i due giorni di vacanza a natale, ho paura che vivremo e moriremo dissociati o peggio guardando la nuova edizione di X Factor.
RispondiEliminaTemistocle
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RispondiEliminaUhm, non pensavo di causare tanti ragionamenti e riflessioni. Oggi mi sono svegliato vedendo le cose in maniera diversa: perché dobbiamo o devo fare sempre lo scrittore, studente, artista o quello che è "pressato" e stanco e oberato?
RispondiEliminaPer scrivere, studiare, leggere, anche per guardare Xfactor (a me piace la musica e guardo pure quello, alla faccia degli intellettuali! ^^) dicevo per fare queste cose ci vuole una gran fortuna.
Io sono fortunato a studiare Biochimica dalla mattina alla sera, perché c'è gente che dalla mattina alla sera fa lavori merdosi e alla fine non avrà nessun compenso, nessuna laurea e nessuna "professione". Anche scrivere e pensare e sentirsi "soli" a volte è una fortuna. Certa gente è fisicamente impedita dal compiere ragionamenti coerenti, altri si rifiutano di farlo.
Io sono fortunato, e il resto magari dovrei farmelo scivolare addosso.
Riguardo al perché stare a questo mondo... ma che domande vi fate? Non lo sa nessuno, ovviamente. Anche se la vita ha più senso se la dedichi a qualcuno, secondo me.
Simone
@ Simone.
RispondiEliminaBeh, se dici che la vita ha più senso se la dedichi a qualcuno, mi sembra che ti sei dato già una risposta al 'perché stare a questo mondo'. Vedere o non vedere X Factor non è essenziale nella vita; io non guardo neanche Santoro o Vespa o qualche altro santone televisivo, anzi non guardo praticamente più la TV. Diciamo che nei nostri tempi le discussioni su 'alcuni argomenti' sono desuete e, appunto, ti fanno etichettare come 'di destra o di sinistra', 'intellettuale o fancazzista', ecc., senza vie di mezzo. Dalla mie reminiscenze di cultura classica ripesco un aneddoto. Nell'antica grecia, intorno al IV-V secolo a.c., le discussioni per le strade erano 'normanlmente' sull'ultima commedia di Eschilo o le teorie della scuola cinica o aristotelica. Questo non voleva dire che poi le stesse persone non andassero ai giochi o non fischiassero dietro la biondona di turno. Era solo che il modo di intendere le cose e viverle era diverso. Stavano meglio loro? stiamo meglio noi? Boh