venerdì 5 novembre 2010

Facciamo un po' di silenzio

Non sappiamo cosa sia successo realmente (e forse non si saprà mai) a Subiaco; non tanto la dinamica materiale quanto quella psicologica. Cosa abbia spinto il Maresciallo dei Carabinieri -irreprensibile ed equilibrato, a detta dei colleghi, a sparare contro le figlie e poi ad uccidersi. Con molta probabilità un altro 'giorno di ordinaria follia', un momento in cui uno come noi, esasperato da tutto ciò che di negativo è costretto a sopportare dalla vita e, soprattutto, dagli altri, non riesce a restare al di qua della sua porta mentale e decide di 'uscire'. Sicuramente non è Facebook in sé ad aver messo in mano all'uomo la pistola o ad aver ucciso la ragazza e il padre, ma pare che il suo utilizzo sia stato la causa dell'ennesima lite finita come sappiamo. Questo blog non è una testata giornalistica, non mi interesso direttamente di etica, non sono un moralizzatore, non sono neanche capace, in questo momento, di fare un'analisi sociologica o psicologica precisa dell'accaduto. Allora mi sono messo nei panni di quelle ragazze, e di tutti i ragazzi e non che passano ogni istante della loro giornata col telefonino in mano in attesa della vibrazione che gli annuncia che il suo compagno di banco (che è seduto al suo fianco) ha voglia di una coca cola; o a chattare con la propria ragazza prima di incontrarla di li a pochi istanti; o a giocare con la PS3 in attesa di chissà cosa. E ho detto: ma cosa passa nella loro (ma anche nostra) testa che li/ci fa vivere dentro questo mondo virtuale? che ci obbliga, spesso compulsivamente, a 'mandare una mail', 'inviare un sms', 'messaggiare su FB', e altre cose che neanche conosco, quando non ce n'è effettivo bisogno? E' forse l'horror vacui che ci fa girare la testa quando non c'è qualcosa che ci riempie quell'istante? E' la voglia di 'comunicare'? ma cosa intendiamo in questo caso con comunicare? Troppe domande con poche risposte, almeno da parte mia. E allora mi sono chiesto (un'altra domanda!): come sarebbe per una settimana, per due giorni, per un'ora, non collegarci ad Internet (se non per lavoro), non mandare messaggini, neanche quelli con le sole faccine, non postare alcunché sul blog, addirittura non usare il telefonino se siamo in casa e abbiamo a disposizione l'apparecchio fisso (a prescindere dal costo della telefonata), scrivere una lettera a mano invece che una mail? Vogliamo fare una prova, proprio noi?
TIM

9 commenti:

  1. C'è chi dice che sia la "paura" di comunicare a mettere degli strumenti tra noi e il prossimo. Io ho paura di dire ciao al mio compagno di banco e allora gli mando un sms, e lui mi risponde via sms alla stessa maniera.
    E' come se, nell'era della comunicazione, l'uomo non sapesse più comunicare.

    Ricordo che da piccolo, quando volevo vedere il mio amico preferito, prendevo la bici e andavo a casa sua, senza avvisare. Quando arrivavo e suonavo il campanello, venivo accolto in casa sua come fossi anche figlio loro. Se il mio amico non c'era, attendevo lì il suo ritorno, oppure lo raggiungevo, non prima di aver dovuto accettare una fetta di pane e nutella.

    Oggi, da quello che vedo, due amici per vedersi devono organizzare l'incontro, verificare la loro agenda, e alla fine decidere di vedersi in chat, perché andare da una casa all'altra è troppo complicato.

    Non so se sia una visione semplicistica dei giovani d'oggi. E' probabile, del resto questa analisi l'ho letta sulla pagina della cultura di un quotidiano nazionale. A ogni modo... credo che in tutto ciò ci sia una realtà di fondo innegabile.

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  2. Penso che tu abbia ragione. Probabilmente si è spostato il centro di interesse. Una volta (ma usare questi parametri temporali può essere fuorviante) 'io' ero al centro di un mondo che comunque sorreggeva la mia esistenza, 'io' non esistevo se ciò che mi circondava non mi rimandava dei segnali della mia appartenza a quel territorio, fisico e umano. Oggi 'io' esisto solo al di fuori del mondo che mi circonda e ci metto piede solo 'se mi va', gli altri al massimo 'riflettono' la mia figura, se io glielo permetto. Quello che hai raccontato (la nutella è sempre stata un must!) rimanda l'immagine di un ragazzino che interagiva col mondo a tutto tondo: la famiglia dell'amico, la corsa in bicicletta, tutto fatto per raggiungere la persona, che sapevi ti avrebbe dato retta anche se inatteso. D'altra parte 'esistere' significa (o significava?) essere in atto in una realtà, quindi un atto complesso che implica la presenza sulla scena non solo del soggetto, ma anche di tutto ciò che gli sta intorno; e il soggetto cambia in proporzione all'interazione che ha col mondo.
    Temistocle

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  3. Secondo me l'ossessione della comunicazione tramite tecnologia fra i giovani (e anche fra i meno giovano talvolta) é qualcosa di molto "modaiolo". Io non sono iscritto a facebook, ma conosco chi lo é, e ho notato che il 90% della sua attività é con persone con cui potrebbe comunque interagire anche nella vita reale.
    Resta il discorso che siamo tutti coinvolti. Questo dialogo sul tuo blog fra te, Glauco e io che non ci siamo mai incontrati materialmente, non é forse una forma meno compulsiva e più proficua (ma pur sempre consona al discorso) di comunicazione tramite tecnologia?
    Quando ero più giovane esisteva solo la posta, e infatti io cercavo spesso di restare in contatto con le persone tramite lettere. Purtroppo era abbastanza lenta, e spesso i rapporti si perdevano. Internet offre un vantaggio enorme da questo punto di vista, perché fornisce l'impressione di annullare le distanze materiali (che invece ancora esistono) almeno nei tempi di risposta.
    Probabilmente l'idea di scoprire persone affini a noi al di fuori della cerchia delle "solite frequentazioni" scuola-lavoro-famiglia é una tentazione troppo bella per poter essere ignorata.
    Confesso che nella mia città non conosco nessuno con ambizioni letterarie con cui poter parlare delle mie...
    Per rispondere alla tua domanda Tim, non so se riuscirei a rinunciare a internet per un mese.

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  4. @ Ariano: come sempre il problema non è il mezzo in sè, ma l'uso che se ne fa. Il problema vero, secondo me, è: come educare giovani (e meno giovani) a fare in modo da non restare schiacciati dalla modernità in generale? forse i ritmi offerti, o imposti, dalla rete non sono al passo con lo sviluppo sociale e psicologico dell'umanità.
    Temistocle

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  5. Se mi togliessero Internet per una settimana credo che impazzirei. Eh, sì, ammetto questa mia debolezza. Oramai Internet è la mia vita parallela, più che virtuale.
    In compenso farei volentieri a meno di cellulare e telefono, che infatti accendo solo per poche ore al giorno.
    Poi ovviamente ci sono i casi estremi, quelli patologici: l'altro giorno in un negozio ho visto due ragazzine che si scambiavano messaggi da un lato all'altro della corsia (10 metri di distanza l'una dall'altra), perché non avevano voglia di spostarsi dai relativi scaffali.
    Beh, questa è follia.

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  6. @ Alex: è strano pensare che tu possa esistere anche al di fuori di un computer e possa addirittura aggirarti impunemente per negozi! Scherzi a parte, pensavo che l'esempio dei compagni di banco fosse una iperbole, e invece ... Anch'io proverei un minimo di disagio ad impormi di non aprire internet per molto tempo (la domenica che sono a casa però ci riesco pure). Invece non ho problemi col telefonino, forse perché ho amici che si contano sulle prime tre di una mano (la destra o la sinistra, fai tu). E comunque ho solo il blog da gestire e aborrisco FB e cose del genere.
    Temistocle

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  7. io sono una immersa nelle nuove tecnologie, soprattutto internet... blog, facebook, tumblr, youtube, amici che ho conosciuto su forum e con cui mi sento solo via email (anche perché abitano dall'altra parte del mondo), sms, twitter, ecc. Quella prova di cui parli tu, io la faccio ogni anno per un mese di fila, quando parto per andare in vacanza, in un posto dove ovviamente internet non c'è e non prende nemmeno il cellulare... solo mare, amici e libri. Il giorno prima penso sempre "come farò?" e poi il mese passa e delle tecnologie non sento nemmeno la mancanza.

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  8. E' proprio quello che volevo dire: alla fine, così come si è abituato a usare tutte queste diavolerie (sante in sé, per carità), l'uomo può ricominciare a usare carta e penna. Non conosco la tua età e quindi in che epoca sei cresciuta, ma neglio anni '70-'80 sulle riviste impazzavano gli annunci: vorrei corrispondere con ragazzi ....; ho addirittura conosciuto due coppie, ormai grandi, che si sono innamorate tramite questo mezzo e poi, una volta incontrati, si sono sposati e sono felici.
    Temistocle
    (scusa la mia ignoranza: cos'è tumblr?)

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  9. non sono tanto giovane, tra un paio di settimane sono 39. anche io corrispondevo con tante persone quando ero adolescente e amo la carta e la penna (oltre alle divolerie tecnologiche). secondo me l'importante è non diventarne dipendenti... poi, ben vengano!
    tumblr è una specie di blog... questo: http://heidi1971.tumblr.com

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