venerdì 2 marzo 2012

Philip K. Dick, 16.12.1928-2.3.1982

Sapete che io non sono né un esperto né un critico letterario, quindi per parlare di Philip Dick nell'anniversario ventennale della sua morte (2 marzo 1982) racconterò semplicemente del perché lo ritengo personalmente uno tra i migliori scrittori che abbia mai letto.
I primi lavori che me lo hanno fatto conoscere erano dei racconti, non ricordo neanche quali; anzi per la precisione un racconto che si trovava in un'antologia di FS, insieme ad  Asimov  (di questo sono sicuro) e  Simak , che già conoscevo.
A quei tempi avevo l'abitudine (rimasta ancora oggi) di comprare essenzialmente antologie nei mercatini dell'usato, perché avevo l'opportunità di conoscere autori nuovi e di non perdere eventualmente la spesa se uno scrittore non mi fosse piaciuto.
La lettura di quel racconto fu per me una folgorazione. Il modo di raccontare una realtà diversa dalla nostra come se fosse cronaca di tutti i giorni e il linguaggio semplice che nascondeva più significati stuzzicarono subito la mia attenzione. Non c'erano (almeno in quella storia) astronavi mirabolanti, mostri che spuntavano dallo spazio; eppure la lettura mi calò subito in un mondo altro prima ancora che in un altro mondo.
Ricordo ancora che segnalai subito ad un amico questa scoperta e gli prestai il libro. L'amicizia con Luca (l'amico, appunto) è nata proprio scambiandoci opinioni di lettura alla macchinetta del caffè nella pausa lavoro: c'è chi parla di inter-milan-juve, chi dell'isola-dei-riciclati e chi di libri. Inutile dire che anche lui restò spiazzato da questo nuovo autore.
Erano i tempi in cui Fanucci (quella casa editrice che una volta si interessava di scrittura e oggi di bilanci aziendali) aveva comprato da qualche anno i diritti sui libri di Dick e ne stava cominciando la ristampa con nuove edizioni.
Alla prima occasione di un nuovo mercatino (nella mia città c'è ogni prima domenica del mese -quindi anche la prossima) saccheggiai la zona Urania con tutto quello che trovai del mio nuovo autore preferito e ricordo che portai a casa una decina di libri con pochi euro, trattandosi di edizioni degli anni '60-'70 a 50 centesimi - 1 euro ciascuno.
Fu l'inizio di una storia d'amore intensa. Devo ammettere che all'inizio ero disorientato perché mi aspettavo racconti e romanzi con più storia, cioè dove succedevano delle cose, con colpi di scena, buoni e cattivi, ecc.; e quasi quasi rimanevo deluso. Però dopo aver letto un libro o un racconto mi sentivo meglio, mi ritrovavo a pensare in modo diverso sulle cose che vivevo ogni giorno. Soprattutto cominciavo a rendermi conto che niente è mai come sembra.
Avevo imparato la prima lezione di Dick.
Nel frattempo mi informavo su internet sulla sua vita, cercavo bibliografia a man bassa e visto che non avevo il collegamento alla rete a casa, approfittavo a sbafo di quello dell'ufficio del magazzino in cui lavoravo, visto che rimanevo fino all'una le due di notte; era anche un modo per ripagarmi.
Acquistai anche il mio primo libro nuovo di Dick, tramite un catalogo dove era in vendita al 50% del prezzo di copertina, e questa volta sono sicuro trattarsi di Ma gli androidi sognano le pecore elettriche?

A questo punto mi ero imbarcato in una grande avventura. In quel periodo frequentavo ancora la chiesa evangelica e questo faceva il pari con la comprensione della profonda religiosità di P.K. Dick, con l'aspetto trascendentale di quello che leggevo. La religiosità di Dick, infatti, era profondamente cristiana, propriamente cristocentrica, ma allo stesso tempo andava oltre e ricercava la presenza di un dio in ogni cosa creata. E anche non creata.
Sicuramente la Trilogia di Valis è, sotto questo aspetto, un testo illuminante e forse non a caso è l'ultimo scritto di Dick, che morì a soli 54 anni, quasi a voler dire che con quei tre volumi aveva terminato la sua ricerca terrena della verità.
Ecco, la Trilogia di Valis. Devo confessare di non essere riuscito a leggerla per intero. Ne trovai un'edizione in cofanetto (e anche in sconto!) a Cattolica, durante le vacanze estive di due anni fa. Si era messo a piovere all'improvviso e ci eravamo rifugiati con mia moglie nel primo posto che avevamo trovato: una libreria. Appena entrato l'occhio mi cadde sul primo scaffale a vista e lì troneggiava il cofanetto! Non ci potevo credere: lo cercavo la tempo e anche su ebay non c'erano tutti e tre i volumi, perciò avevo aspettato a comprarli. Ma ora ce l'avevo davanti; e furono miei.
Lessi subito il primo volume, sotto l'ombrellone, e la sua lettura, per quanto ostica, mi appagò completamente: avevo davanti veramente il lavoro di un uomo che aveva raggiunto alcune certezze e ne parlava nel modo più piano che aveva potuto trovare. 
Ma tornato a casa, a fine vacanze, l'inizio del secondo volume non fu fortunato. Non riuscivo a prendere più il ritmo (anche se in questo libro di mezzo c'è una parvenza di storia che nel primo testo manca quasi completamente) e a collegarmi con quanto avevo appena finito di leggere. Lasciai il libro alle prime 50 pagine in attesa di essere ripreso; cosa che ho fatto diverse volte. Ma non c'è stato più niente da fare: pare che Dick mi abbia maledetto e non mi voglia rivelare più i suoi segreti di uomo, prima ancora che di scrittore. Non riesco più ad entrare nei tempi, nei significati nascosti, nelle realtà che vivono dietro i personaggi; insomma non riesco più a capirlo. Sicuramente gioca il fatto che in questi ultimi tempi la mia memoria e la mia attenzione siano calate di brutto (e questo mi preoccupa, anche dal punto di vista della mia salute), ma fatto sta che ho riposto il cofanetto sullo scaffale e ogni volta che ci vado, è lì che mi guarda e quasi mi sfida.
Ecco, Dick per me è tutto questo: un'esperienza di vita prima ancora che uno scrittore; un uomo che ha fatto delle esperienze e le racconta (non bisogna comunque tacere dell'uso di stupefacenti che ha fatto per quasi tutta la sua vita, anche se questa esperienza l'ha aiutato, a suo dire, nella sua ricerca della verità sulla realtà).
Ho letto quasi tutti i suoi libri, forse me ne mancano 3-4 e pian piano spero di trovarli. Solo i testi mainstream non mi piacciono. Ne lessi uno e mi lasciò estremamente deluso: forse mi aspettavo qualcosa che lui non aveva voluto metterci dentro.
Ecco, ho parlato di Philip Dick raccontando la mia avventura con i suoi libri. E raccontando di questa ho parlato anche di me. Penso che lui sia contento.


TIM




12 commenti:

  1. Bella questa tua parentesi personale, perché parli sì di Dick ma anche di te! :)

    Io l'ho conosciuto al liceo con "Ubik" ed è stato amore a prima vista. Non ho letto granché di lui, però qui a sinistra ho un bel volumone intitolato "La trilogia di Valis" e chissà, presto o tardi lo leggerò (Anche se i tuoi racconti a riguardo del secondo romanzo che non sei riuscito a leggere mi mettono un pochino timore XD)

    Ciao,
    Gianluca

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  2. non avere timore ad affrontare la trilogia. Il mio è un problema personale, anche materiale, di concentrazione. Essendo volumi che non hanno una storia marcata (per cui alla fine ti puoi leggere anche solo il raccontino) c'è bisogno di una mente fresca e agile; e tu sicuramente ce l'hai. Vai tranquillo e Dick ti ripagherà!

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  3. Ho letto la Trilogia di Valis e ne sono uscito a dir poco spossato e confuso. Comprendo quindi le tue difficoltà. Concordo con te che il miglior Dick si trova fuori dai suoi testi mainstream... un vero maestro del genere.
    In casa non ho molto di Dick... ma su Calibre ho una notevole collezione (legale!) di ebook dell'autore ^^

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  4. Esistono addirittura delle versioni audio (purtroppo in inglese!) dei testi di Dick. Penso che la grandezza (a mio modo di vedere!) di Dick stia nel fatto che ha sempre scritto quando aveva qualcosa da dire e perciò ogni libro abbia un suo significato e corrisponda ad una sua esperienza vera.

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  5. Si, lui sarebbe stato contento della tua disanima.
    Devo essere sincero, come autore non è completamente nelle mie corde.
    Però come uomo, pensando a tutto quello che ha passato specialmente negli ultimi anni, non posso che vederlo con molta umana simpatia.

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    1. ognuno hai i suoi autori, ed è giusto così, perché vuol dire che lo scrittore ha saputo parlare all'anima di qualcuno e non è uno "buono per tutte le occasioni". Conoscendoti un po' immaginavo che Dick non fosse tra i suoi preferiti.

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  6. Molto sentita questa tua ricostruzione del rapporto che hai con Dick come autore, e di quel che ti ha dato (un'opera letteraria o artistica da sempre qualcosa a chi ne fruisce).
    Io ammetto di non averlo ancora letto. Ho disponibile "Ubik" nella mia biblioteca ma ancora non ci ho messo mano. Se tu me lo consigli, entro la fine dell'anno sarà fra le mie letture.

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    1. Come posso non consigliare la lettura di Ubik! anche se per chi non ha mai preso in mano un suo libro questo sarebbe una palla nello stomaco, penso che tu riusciresti sicuramente ad apprezzarlo da subito. Ma anche La svastica sul sole (o L'uomo nell'alto castello, che è l'altro titolo) andrebbe bene per iniziare.

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  7. Sai che Dick è uno degli scrittori che più preferisco e questa tua disamina è pressoché perfetta.
    Leggere un suo libro è sempre un'esperienza, nel bene e nel male, e questa credo sia la sua più grande peculiarità: saper stupire e stravolgere.

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    1. Ho visto che abbiamo parecchi interessi letterari in comune. "Stupire e stravolgere" sono sicuramente sue caratteristiche, anche perché era uno scriveva di quel che conosceva per esperienza diretta.

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    2. A mio giudizio è il più grande scrittore mai esistito o perlomeno con il quale sono venuto a contatto. Con la metà degli spunti presenti in un suo romanzo, se ne potrebbero scrivere altri cento. Rimane il fatto che non è un tipo di lettura adatta a chiunque.Per chi si volesse avvicinare al suo genio consiglio di iniziare con una raccolta di racconti brevi.

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    3. sicuramente. la cosa del miglior autore mai esistito è sicuramente soggettiva (ma io approvo in pieno!), ma si avvicina molto.

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