mercoledì 12 gennaio 2011

Cronache da un altro mondo 10

E' già qui un altro messaggio.


12 GENNAIO 2016

Non corriamo più ora, ma camminiamo velocemente. Quel tanto che basta per allontanarci dai Gialli e poter pensare a cosa fare adesso. A dove andare anzitutto. A un posto per riorganizzare le idee con tranquillità.
Il vecchio negozio forse. No. La mia cartoleria è troppo vicina all’ospedale, o a quello che ne resta: una struttura così grande, e soprattutto piena di cadaveri (cibo ottimo per gli infetti), sarà sicuramente meta di gite organizzate per quei cosi. E poi per entrare in negozio dovrei tirare su le serrande, e capirebbero subito che c’è qualcuno. Entrare dalla porta sul retro, quella che da nel condominio, non se ne parla nemmeno. Se qualcuno ci dovesse scoprire, anche per caso, saremo bloccati, come topi in trappola, senza un buco da cui scappare.“Non ti preoccupare. Gesù ci salverà. Manderà i nostri angeli custodi e ci porteranno in salvo.”
Anche questa volta Carlo ha la soluzione.
Dio ci salverà, anzi Gesù ci salverà. Non so se lui conosce la differenza tra Dio e Gesù. Ma spero non lo chieda a me.
Da quel che ricordo, ogni volta che il Dio del catechismo ha voluto salvare il popolo, l’ha distrutto. Ha distrutto il vecchio, ha abbattuto la superbia dei governanti corrotti, la protervia dei giudici ingiusti, la falsità dei suoi sacerdoti diventati peccatori.
Come si chiama quel profeta, quello famoso? Isaia. Sì, proprio Isaia. Dice che Dio avrebbe fatto nascere un virgulto dalla vecchia pianta, come segno di amore verso il suo popolo.
“Dobbiamo solo fermarci, metterci con le mani giunte, chiudere gli occhi e pregare Gesù che ci mandi gli angeli. Così dice sempre la mamma. Come si chiama il tuo angelo custode?”
Forse una volta avevo anch’io un angelo custode. Poi visto che non lo chiamavo più se ne deve essere andato. Da qualche parte. Da qualcun altro che lo voleva. Forse si sentiva solo a stare con me.
“Si chiama come me, Theo. E il tuo?”
“Che domande, si chiama Carlo!”
E allora perché lo hai chiesto a me? Vorrei domandargli. Ma i bambini non seguono una logica nelle cose, O forse non è la nostra logica, quella degli adulti, che evidentemente è diversa dalla loro. Così come è diverso il loro Dio dal nostro. Perché non so se il mio Dio verrà a salvarmi.
Se è vero che il mio Dio lo farà, sicuramente dovrà fare una mossa, mandare un segno, prendere l’iniziativa.
Forse è Carlo il segno, il virgulto che verrà, anzi che è già qui.
Il Dio del catechismo vuole essere invocato, vuole che io dica: “venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà”. Ma perché? Lui non sa che cosa sta succedendo? Non sa che sono in pericolo?
Il Dio del catechismo vuole che io riconosca che solo lui può fare qualcosa. Allora l’iniziativa deve essere mia? Funziona che io chiedo e lui risponde? E se fosse come con Mosè, che ha fatto quello che il suo Dio gli ha detto, ha condotto per quarant’anni quei quattro esiliati sporchi e mezzi nudi nel deserto e alla fine non è entrato nella terra promessa? Il suo Dio gliel’ha fatta vedere da lontano e poi gliel’ha tolta di mano per darla ad altri. Come in un coito interrotto epocale. Dovrò forse io condurre il suo popolo, il suo virgulto, ai confini della terra promessa e poi morire?
Allora sono io il vecchio, il governatore superbo? Il giudice ingiusto? Il sacerdote peccatore?
Il creatore di mostri genetici? L’avvelenatore di aria e d’acqua? L’usurpatore della libertà di popoli deboli e indifesi, di donne, bambini, emarginati?
Ma il Dio del catechismo esiste? O è un Dio diverso? O è tutta un’invenzione di preti e suore per farci sentire in colpa e sfruttare la nostra debolezza quando ci mettono nell’angolo con i loro ricatti morali?
“Allora dove andiamo ora?” vuol sapere Carlo.
Siamo ancora troppo vicini a casa per rallentare la marcia. E non ho idea di cosa fare. Non mi viene in mente nessun posto più o meno sicuro. Forse dovrebbe essere Carlo a dirmi qualcosa, lui è amico di Dranwall e sa sempre cosa fare.
“Andiamo a trovare i tuoi amici del disegno sul muro?” butto lì.
Sembra rianimarsi. Anche se ha dovuto abbandonare i suoi fumetti.
“Sì, Sì, bravo, andiamo. Se prendiamo da dietro il supermarket torniamo dove eravamo prima e possiamo seguire i disegni.”
Facciamo come dice lui, troviamo altre case delineate, con altri piedi, ora girati verso destra e ora verso sinistra. E alla fine arriviamo davanti ad una casa a un piano con un grosso e rozzo disegno fatto sul portone: due cose che somigliano a due ossa incrociate; praticamente la bandiera dei pirati.
“E’ qui?” chiedo non so se con paura o speranza.
“Si, il segno è questo.”
Resta fermo in mezzo alla strada ad osservare la casa, come se volesse sbirciare dietro i muri e capire se c’è davvero qualcuno che ci aspetta.
Mi chiedo se tutta questa messa in scena dei disegni non potrebbe essere diventato anche un segnale per qualche infetto un po’ più sveglio degli altri, magari del tipo nuovo di cui parlava qualche blogger superstite. E se entriamo ed è una trappola?
“Cosa facciamo, bussiamo al campanello?” i bambini non sono paranoici, vivono però di un sano ottimismo che rasenta l’incoscienza.
Devo fare l’adulto io, ora.
“No. Forse è meglio dare prima un’occhiata da fuori e poi decidere cosa fare.”
“Sì, hai ragione.” Probabilmente il suo angelo custode gli ha suggerito di fidarsi di me.
Non mi sembra che ci sia qualcuno in casa, né buoni né cattivi. Non si sentono rumori, ma questo non vuol dire che non ci possa essere qualche ospite del prione coreano. M’invento qualcosa.
“Ci possiamo mettere dall’altra parte della strada e tiriamo qualche pietra alle finestre. Se c’è qualcuno sicuramente si farà vedere. E se è qualche uomo cattivo abbiamo tutto il tempo di scappare.”
Passiamo all’azione e Carlo sembra divertirsi a centrare gli angoli delle finestre. Ma non si affaccia nessuno. Così decidiamo di entrare. Il portone è accostato. Gli dico di aspettare giù mentre io salgo al piano di sopra. Cerco di fare più rumore possibile per non avere sorprese una volta in cima alle scale.
Carlo mi chiama, per sentire che ci sono ancora, che non l’ho abbandonato.
Alla fine, come dicevano nei telefilm le squadre d’assalto, è tutto “libero”. Faccio salire Carlo che corre a guardare in tutte le stanze.
Sembra deluso, forse pensa di aver fatto brutta figura con la sua teoria dei disegni che non ha portato a nulla.
“Probabilmente il tuo amico è andato via o è solo uscito e tornerà presto.” Gli dico per non fargli pesare la cosa.
“Ma ti assicuro che è così. Noi ci facciamo i disegni per strada!”
Ci credo, lo rassicuro. Il fatto che non ci sia nessuno ora non vuol dire che prima non ci fosse qualcuno.
“Anche noi abbiamo dovuto abbandonare la casa, eppure stamattina eravamo ancora là.”
Si rassicura. La sua autostima riprende a correre: mi ha dimostrato di essere utile anche lui alla compagnia.
Il lato positivo della cosa è che adesso abbiamo un tetto e soprattutto una marea di vettovaglie. Non so se il padrone di casa è solo a caccia e tornerà; o se è diventato preda di qualche altro cacciatore; in quest'ultimo caso questo può diventare sicuramente il nostro rifugio per un buon periodo di tempo.
E Carlo ha trovato uno scaffale ricolmo di fumetti, mi dice dall'altra stanza. E ci devono essere anche quelli di Dranwall, lo capisco dall’”hiuhu” che lancia all'improvviso.

T.

6 commenti:

  1. Mi piace lo scorcio riflessivo che prende la storia.
    In effetti, di fronte a una catastrofe immane di proporzioni mondiali sarebbe inevitabile rapportare la cosa a Dio e farsi tante domande... Io me le faccio anche nella vita di tutti i giorni, e le risposte sono sempre monche perchè elaborate solo dalla mia mente. Manca l'altra metà, il commento di Dio, ma sono sufficientemente modesto da capire che sarei un illuso a sperare di ricevere una risposta diretta proprio io.
    Diciamo che le considerazioni che evochi sono tali da far quasi perdere di vista la trama della narrazione.

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  2. In effetti, come ho detto sin dall'inizio, il contesto apocalittico è per me una 'scusa' per guardare dentro alle paure e alla realtà dell'uomo. Spero che se dovessi riuscire a farne alla fine un racconto, questo aspetto sarà più comprensibile. Quanto al 'commento di Dio', come lo chiami tu, è un discorso estremamente delicato e complesso e su questo penso che ognuno abbia da dire la propria, per un verso o per un altro; è un argomento molto intimo e richiede delicatezza nella trattazione. Nel post sono rimasto nel vago, senza andare a fondo, un po' per questione di spazio, un po' perché per certe cose bisogna trovare il giusto tasto espressivo. Mi fa comunque piacere che questa pagina del racconto abbia suscitato in te (e spero anche negli altri che passeranno di qua) domande 'quotidiane'.
    Temistocle

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  3. (personaggio off)
    Notevole come sviluppo, sei tra i più intimisti e si nota come certi temi abbiano un peso reale per te.
    (personaggio on)
    Ottimo il nuovo rifugio, si potrebbe dire che hai avuto la conferma che agire è meglio che nascondersi.
    Di nuovo, buona fortuna a tutti e due.

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  4. (personaggio off) in effetti quando si parla di ciò che si 'conosce' le cose riescono sempre meglio.
    (personaggio on) sì, è una bella casa e per il momento stiamo cercando di blindarla come possiamo. C'è molto da mangiare. Unico neo è che gli unici libri presenti sono le collane Harmony. E così li sto usando per puntellare e fare spessori alle finestre!
    Temistocle

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  5. (personagio Off)
    Bravo Temistocle.
    Aggiungo il mio plauso a quello di Ariano,devo anche dire che le considerazioni che fai sul "silenzio di Dio" sono molto azzeccate nel contesto della storia.

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  6. @ Nick: grazie anche a te. Che Dio esista o no, è uno dei bisogni psicologici primari dell'uomo, come dice Maslow. Quindi era logico che in una storia come la mia dove cerco di vedere la situazione estrema da più angolazioni.
    Temistocle

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