martedì 8 febbraio 2011

Un parere non vincolante

Oggi volevo lasciarvi i compiti a casa. Quello che segue è l'inizio di un raccontino che sta venendo fuori in questi giorni. Ho già in mente l 'argomento e la trama, quindi spero di portarlo a termine a breve; tutto sta nel riuscire a mantenere lo stile fino alla fine. Il vostro compito è dirmi quali sono le vostre impressioni di primo acchitto. Non voglio sapere se vi piace o no, ma cosa suscita in voi, quali sentimenti, quali storie evoca nella vostra mente. So che il testo è poco per un parere completo, ma proprio per questo voglio un vostro giudizio di prima impressione, la prima cosa che vi passa dentro. Tenete conto, comunque, che è una primissima stesura. Non metto poi nessuna foto o commento musicale proprio perché voglio che sia il testo a parlare, se ci riesce.
Confido nella vostra pazienza e amicizia. Potete rispondermi, se volete, qui sotto o in privato.
TIM


Perché ho questa fiala di polvere bianca in mano?

E perché ho i pantaloni sporchi di sangue?
E le braccia? Anche questo è sangue?
E poi, dove sono? Dov’è questo posto pieno di nebbia in cui mi trovo?
Vedo solo qualche albero e cammino su un tappeto di foglie. Ho sempre avuto paura di camminare su un terreno così, dove un serpente può saltarti alle gambe, sbucando da sotto una pietra o qualche radice.
Ma non penso proprio sia tempo di serpenti con questo freddo e soprattutto questa umidità.
Continuo a guardare intorno a me ma non trovo nessun punto di riferimento, non riconosco niente di familiare: un albero, una scarpata, un traliccio dell’enel. Almeno per quel che posso vedere nel giro dei 50 metri che la nebbia mi permette.
Non c’è sole qua sotto, forse per la nebbia, forse per gli alberi che immagino molto alti sopra di me.
Non è un sogno; ma vorrei che lo fosse.
Mi guardo ancora la mano che stringe la fiala, e mi accorgo che anche l’altra è chiusa attorno a qualcosa. E’ un materiale freddo, forse metallico.
Percepisco prima il tatto, come se i miei sensi funzionassero con una priorità: primo uno, poi l’altro, poi l’altro ancora, ma non fossero capaci di interagire e cogliere la realtà della cosa nella sua interezza.
Anche l’olfatto mi dice che c’è odore di ferro vicino a me e che non viene dalla terra o dall’aria, ma dalla mia mano.
Allora guardo, e vedo un coltello, lungo, come quello dei cacciatori, almeno penso, immagino; io non ne capisco di queste cose, non mi intendo di armi in generale.
E vedo anche il sangue sulle mani, anzi ne percepisco pure adesso prima l’odore.
Chissà come faccio a sapere che quello è l’odore del sangue. Sin da bambino mi sono sempre rifiutato di annusarlo, il mio o quello di altri, per scoprire che odore avesse. Né ho mai voluto assaggiarne il sapore, come facevano i miei amici, per dimostrare la loro virilità davanti alle ragazzine del gruppo.
“Assaggia su, è dolce, sembra quello del maiale quando si fa il sanguinaccio! Hai paura vero? Femminuccia, sei una femminuccia!”
Avrei quasi voglia di leccare ora quel grumo rosso che vedo vicino l’impugnatura del coltello. Ma tanto non c’è nessuna femmina qui attorno a cui provare la mia virilità.
Anzi, non c’è proprio nessuno.
Devo camminare, continuare ad andare avanti, prima o poi troverò una strada o una casa, per quanto questo bosco possa essere grande.
O magari incontro un fiume, anche piccolo, e allora forse avrò più possibilità di arrivare in salvo da qualche parte.
Non saprei neanche come, in verità, ma in tutti i libri che ho letto e in tutti i film che ho visto, chi trova un corso d’acqua finisce per trovare la via d’uscita.
Provo a tendere l’orecchio, ma nessuno dei rumori che sento mi sembra lo scorrere dell’acqua sulla pietra o sulla terra. E non ne sento neanche l’odore, dell’acqua corrente.
Ma solo dell’umidità che viene fuori dalla terra, da sotto quello strato di foglie che calpesto ad ogni passo.
Mi sforzo di collegare queste sensazioni (l’odore del sangue, il freddo del metallo, l’umido dell’aria e della terra) a qualche ricordo, per cercare di capire dove mi trovo, perché sono lì, come ci sono arrivato, cosa è successo.
E perciò, e soprattutto, per capire come venirne fuori.
Ora percepisco un fruscio, diverso dallo strascinare dei miei piedi sulle foglie.
E mi fermo per isolarlo, cristallizzarlo, nelle orecchie.
E’ un fruscio senza spigoli, senza suoni rotti, infranti.
E’ piuttosto una risonanza continuata, quasi musicale, umana; una voce che canta una nenia in mezzo al suono del vento che schiaffeggia le foglie sui rami.
Sì, ecco cos’è.
Ora lo sento meglio. L’ho isolato e lo seguo, ma non capisco da dove arriva.
Mi volto in tondo, e qualsiasi direzione i miei occhi prendono, sento il suono, la voce, venire da lì.
E’ ovunque.

7 commenti:

  1. Io come "autore" non faccio più leggere cose che non ho ancora terminato, almeno non a tutti, e ti consiglierei di fare lo stesso. Poi ovviamente fai come vuoi ^^.

    In quello che leggo trovo un buon livello di scrittura, ma è uno stile un po' pesante. Trovo che specie nell'horror e nel thriller chi scrive spesso associ al genere uno stile molto "denso" (non so come definirlo meglio) fatto di pensieri, ripetizioni, suggestioni, domande, pause eccetera eccetera. Se leggi Matheson, invece, scopri che in realtà con poche parole si può spaventare molto di più.

    Insomma "denso" va bene come sensazione? ^^

    Simone

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  2. Grazie del parere. Sono daccordo con te sul discorso del non far leggere nulla in anteprima. La mia era una richiesta che riguardava più cosa la storia (per quanto appena accennata) trasmetteva che sullo stile adoperato. La tua osservazione ('denso') comunque calza benissimo. Conosco Matheson e per me è un meastro; questo genere per me è nuovo, sono i primi passi e visto che mi intriga parecchio, vorrei provarci.
    Temistocle

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  3. Letto così trasmette un senso di mistero, quindi acuirei questa sensazione con frasi più brevi, magari eliminando alcune congiunzioni e preposizioni e mettendoci un bel punto per separare certi periodi.
    Per quanto riguarda la scrittura mi sembra impeccabile.

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  4. ti hanno istallato un microcip nel cervello, e mentre provavi ad iniettarti un liquido per distruggerlo hai perso conoscenza, ora vaghi sporco e confuso alla ricerca di te stesso...forse era solo un'extra dose sentimentale.
    Cosa ne penso? Un senso di ansia mi pervade, con una immancabile curiosità per l'evento.
    Dimenticavo scrivi per te stesso e non per un risultato. Un salutone....:-)

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  5. @ Ariano: hai perfettamente ragione; quella delle frasi brevi, spezzettate, era il mio intento originale. Poi mi sono lasciato prendere dalla mia logorrea letteraria. Proverò a riscrivere.
    @ Mark: la mia idea era meno fantascientifica e più sul mistery, ma l'ansia di cui parli era quella che volevo instillare nel lettore.
    La mia richiesta è per capire se queste poche righe trasmettono le sensazioni che prova il mio personaggio.
    Temistocle

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  6. sono l'ultima persona che può "criticare" uno scritto altrui, dato che non riesco nemmeno a completare i miei racconti... :(
    comunque, ti dirò che a me intriga, secondo me le sensazioni del personaggio le trasmetti e ne leggerei volentieri il seguito.
    poi concordo con la definizione di "denso" che ha dato Simone e poi... soprattutto con quella di Mark che ha detto che tu scrivi per te stesso.

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  7. @ Fra: beh, non so quanti 'critici' anche famosi abbiano mai anche solo provato a scrivere una riga di qualcosa, quindi non vuol dire che non si possa dare un parere. Da quello che mi avete scritto, sono riuscito nell'intento che mi ero posto (anche se solo qualche decina di parole buttate lì non vogliono dire niente). Sì, è vero che scrivo per me stesso, perché voglio misurarmi con le mie sensazioni (in questo caso ho iniziato a raccontare la storia dal punto di vista dei sensi) e le mie paure e se riesco a esternarle, riesco anche a controllarle.
    Temistocle

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