sabato 12 febbraio 2011

Sembrava la fine del mondo e invece ... sono ancora qua

Questa mattina ho acquistato (usato,  2 € e 95 ) Il regno del sangue di Simon Clark, Newton Compton ed.. Non  avevo mai sentito parlare né dell'autore né del libro, ma la presentazione nel risvolto di copertina, che vi riporto più avanti, mi ha intrigato e convinto. Sarà che a me il mistero acchiappa moltissimo e appena sento parlare di cose strane scatta in me la molla. (Per Rick Kennedy è un momento felice: stanotte sarà una notte memorabile, ci sarà suo fratello che non vede da anni, e forse riuscirà a sedurre Kate la ragazza di cui è innamorato. Ma nel buio Rick crede di vedere una strana creatura dal volto grigio aggirarsi nel bosco e scrutarlo, pensa sia solo un'allucinazione. Ma il risveglio sarà terribile. Il giorno seguente la città è invasa da migliaia di uomini e donne scampati da un misterioso cataclisma: la terra si riscalda, le città bruciano, l'acqua dei laghi ribolle. Sembra la fine del mondo. E chi è riuscito a evitare l'orrore scatenato dalla natura è disposto a tutto pur di sfuggire all'ira dei misteriosi Demoni Grigi.)
La mia riflessione però è un po' diversa e in qualche modo aggancia il Survival Blog.
La storia narrata nel libro che ho acquistato è, da quel poco che ho capito, legata ad un periodo post-apocalittico, in cui la realtà così come la conosciamo noi ora non c'è più. E' più o meno lo stesso scenario del nostro SB, anche se qui ancora non so bene dove l'autore voglia andare a parare e soprattutto da quale punto di vista vede la storia. Ma avendo Clark già pubblicato due o tre storie di vampiri, presumo che siamo da quelle parti.
La mia domanda però è: perché leggiamo o raccontiamo storie al limite, dove  il limite è inteso sia come narrazione di singoli fatti (una violenza descritta nei minimi particolari, una morte narrata in diretta, ecc.), sia come quadro generale che rasenta una realtà diversa dall'attuale, nel futuro come nel presente? In altre parole, perché scegliamo di leggere o scrivere di pandemia o di ucronia o di zombie e non di prati fioriti su cui scorazzano cavalli bianchi condotti da bionde principesse? Abbiamo una qualche malattia strana? i nostri neuroni girano al contario? da bambini abbiamo subìto un trauma?
Ecco, spesso me lo chiedo, specie quando mia moglie vede le copertine dei libri sul comodino e mi dice: è normale che di notte hai gli incubi se leggi queste cose! Forse avrà pure ragione.
Però per me la realtà non è mai quella che si vede, ma sta sempre un passo più in là, e le storie normali mi sembrano troppo superficiali per nascondere una verità sulla vita e sul mondo.
Poi magari mi sbaglio.
O forse è che una storia al limite contiene quel chè di misterioso che, dicevo, mi acchiappa e mi tiene avvinghiato al libro.
Non so. Voi che mi dite? Qual'è il vostro rapporto con il limite delle storie?
Vi lascio il week end per pensarci. Eh ... già, sembrava la fine del mondo e invece sono ancora qua.
TIM

5 commenti:

  1. Beh, le emozioni forti necessitano di situazioni forti. Andare a cavallo al trotto è piacevole, ma non può darti l'adrenalina del galoppo.
    Ovviamente il galoppo può far paura, come pure il budge jumping o l'arrivo degli zombie. Ecco che la lettura di certi libri "al limite" permette di immaginare certe sensazioni estreme senza viverle. Io considero la lettura come la forma più antica di realtà virtuale.

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  2. Quoto Ariano...per il resto, un pò di curiosità ed immedesimazione fanno il resto.

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  3. @ Ariano: bella la definizione di lettura come 'forma più antica di realtà virtuale'. E che dire allora di quelli a cui piace il cavallo principesco al galoppo sul prato fiorito? vivono una vita senza adrenalina (la mia non è una domanda retorica né provocatoria, solo di richiesta di parere)?
    @ Mark: allora voler leggere di morti ammazzati in maniera violenta è un modo per non uscire di casa con una mannaia e fare fuori il capufficio?
    Temistocle

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  4. Io amo le letture thriller, orror e inquietanti, anche se magari non ci dormo la notte! e me lo chiedo spesso anche io perché (se hai letto i miei post sull'argomento, lo sai già).

    Cito qui, come ho fatto sul mio blog, queste parole di S. King:
    "Davanti ad un racconto dell'orrore non riusciamo a credere veramente a quello che leggiamo. Non crediamo nei vampiri, nei lupi mannari e nei camion che improvvisamente si mettono in moto e si guidano da soli. Gli orrori ai quali tutti crediamo sono (...) l'odio, l'alienazione, la vecchiaia senza amore, l'avanzare in un mondo ostile sulle gambe malferme dell'adolescenza... Il racconto di mostruosità e terrore è come un cesto riempito alla rinfusa di fobie: quando l'autore passa accanto a voi, prendete dal cesto uno dei suoi orrori immaginari e deponete, al posto di quello, uno dei vostri orrori reali... almeno per un po' di tempo."


    Come se le persone leggessero di orrori immaginari, per sostituirli a quelli quotidiani e non pensarci per un po'... mi è sempre piaciuta questa cosa (tratta dalla prefazione di "A volte ritornano").

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  5. Certo King in queste cose è maestro, quindi un suo parere dovrebbe essere verità. Come dicevo nel commento ad Ariano, ci sono poi sempre quelli che non leggono e non amano questo genere. Per quelli evidentemente la vita non deve riservare sorprese o forse non hanno voglia di aprire gli occhi e guardare in faccia la realtà. E avranno un brutto risveglio quando questo succederà.
    Temistocle

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